Sentenza n.11 del 1973
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SENTENZA N. 11

ANNO 1973

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Prof. Giuseppe  CHIARELLI, Presidente

Dott. Giuseppe  VERZÌ

Dott. Giovanni  BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco  PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi  OGGIONI

Dott. Angelo  DE MARCO

Avv. Ercole  ROCCHETTI

Prof. Enzo  CAPALOZZA

Prof. Vincenzo  MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio  CRISAFULLI

Prof. Paolo  ROSSI

Prof. Giulio  GIONFRIDA, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 25, secondo e terzo comma, del d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749 (conglobamento dell'assegno mensile e competenze analoghe negli stipendi, paghe e retribuzioni del personale statale, in applicazione dell'art. 3 della legge 5 dicembre 1964, n. 1268), e dell'art. 12, quarto comma, della legge 24 febbraio 1967, n. 62 (istituzione di nuove cattedre universitarie, di nuovi posti di assistente universitario, e nuova disciplina degli incarichi di insegnamento universitario e degli assistenti volontari), promossi con ordinanze emesse il 22 ottobre 1971 ed il 17 marzo 1972 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - sezione VI - rispettivamente sui ricorsi di Attardi Aldo ed altri e di Duni Giovanni ed altri contro il Ministero della pubblica istruzione, iscritte ai nn. 161 e 284 del registro ordinanze 1972 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 158 del 21 giugno 1972 e n. 233 del 6 settembre 1972.

Visti gli atti di Costituzione di Attardi Aldo ed altri, di Duni Giovanni ed altri e del Ministero della pubblica istruzione;

udito nell'udienza pubblica del 10 gennaio 1973 il Giudice relatore Angelo De Marco;

uditi gli avvocati Leopoldo Mazzarolli e Guido Viola, per Attardi Aldo ed altri, l'avv. Filippo Lubrano, per Duni Giovanni ed altri, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Ministero della pubblica istruzione.  

Ritenuto in fatto

1. - L'art. 25 del d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749, dopo avere stabilito al primo comma l'importo delle retribuzioni spettanti agli incaricati esterni universitari, al secondo comma dispone testualmente: "La retribuzione per il secondo incarico conferito ad un incaricato esterno universitario o per il primo incarico attribuito ad un professore universitario di ruolo é calcolata in ragione del 31% della retribuzione spettante ai sensi del primo comma;... omissis...".

Il prof. Attardi ed altri professori di ruolo dell'Università di Padova, che avevano avuto l'incarico per l'insegnamento presso la stessa Università di altre materie per l'anno 1970-71, chiedevano al competente Ministero che la retribuzione per l'incarico venisse loro corrisposta non con la riduzione stabilita al secondo comma del citato art. 25 ma con quella più favorevole risultante dall'art. 99 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 2960.

Di fronte al silenzio-rifiuto del Ministero, proponevano ricorso al Consiglio di Stato in s.g. chiedendo, in via pregiudiziale, che venisse sollevata questione di legittimità costituzionale del secondo comma dell'art. 25 del d.P.R. n. 749 del 1965 per violazione del principio di eguaglianza, in relazione all'art. 99 del r.d. n. 2960 del 1923, richiamandosi alla sentenza di questa Corte n. 152 del 1970

.

Il Consiglio di Stato in s.g. (Sez. VI), con ordinanza 22 ottobre 1971 (pervenuta a questa Corte il 26 aprile 1972), accoglieva tale domanda e, richiamandosi alla sua volta alla citata sentenza n. 152 del 1970, dichiarava rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, del comma secondo dell'art. 25 del d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749, in quanto si discosta dalla disciplina generale del trattamento economico in caso di cumulo consentito di rapporti d'impiego di cui all'art. 99 del r.d. n. 2960 del 1923.

Dopo gli adempimenti di legge, la questione viene ora alla cognizione della Corte.

Si sono costituiti in giudizio il prof. Attardi e consorti di lite, il di cui patrocinio, con memoria depositata il 31 marzo 1972, richiamandosi alla motivazione dell'ordinanza di rinvio ed alla sentenza di questa Corte n. 152 del 1970, chiede che la questione venga dichiarata fondata.

Si é, altresì, costituito il Ministero della pubblica istruzione, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato che, con memoria depositata l'11 luglio 1972, chiede che la questione venga dichiarata infondata, in quanto nell'incarico conferito ad un professore di ruolo non possono ravvisarsi gli estremi di un autonomo rapporto d'impiego e quindi manca quel cumulo di rapporti al quale possa applicarsi la disciplina di cui all'art. 99 del r.d. n. 2960 del 1923.

2. - Il Consiglio di Stato in s.g. (Sez. VI), con ordinanza 17 marzo 1972 (pervenuta a questa Corte il 25 luglio 1972), pronunziata sul ricorso proposto dai professori Giovanni Duni, Marcello Capurso, Luciano Conti, Sergio Lariccia, Filippo Lubrano, Antonio Rau ed Alessandro Taradel, tutti incaricati cosiddetti interni, cioè titolari di altro rapporto d'impiego con lo Stato o altro Ente pubblico o privato, presso l'Università di Cagliari, ha dichiarate rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione:

a) del secondo e terzo comma dell'art. 25 del d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749, in quanto nel concorso di altro rapporto d'impiego con l'incarico universitario dispongono che la retribuzione per tale incarico venga ridotta, senza razionale motivo, in misura maggiore di quella stabilita per il cumulo consentito di rapporti d'impiego dalla norma generale dell'art. 99 del t.u. 30 dicembre 1923, n. 2960;

b) del quarto comma dell'art. 12 della legge 24 febbraio 1967, n. 62, in quanto stabilisce la gratuità del terzo incarico ai professori incaricati esterni di insegnamento universitario e di un secondo incarico al personale docente di cui ai commi secondo e terzo dello stesso art. 12, dato che manca una ragione giustificatrice dell'assenza di un trattamento retributivo, nonostante l'assoluta equiparazione, dal punto di vista sostanziale e formale, degli incarichi gratuiti e retribuiti.

Si é costituito in giudizio il Ministero della pubblica istruzione, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato che, con memoria depositata il 25 luglio 1972, chiede:

a) che la questione relativa all'art. 25 del d.P.R. n. 749 del 1965 venga dichiarata infondata, riportandosi, al riguardo, a quanto dedotto con le memorie relative all'altra ordinanza sopra esaminata;

b) che la questione relativa all'art. 12, comma quarto venga dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza, in quanto il prof. Conti (il solo interessato in tale questione) ha fatto valere la sua pretesa alla retribuzione esclusivamente nei confronti del Ministero della pubblica istruzione, non anche nei confronti della Università che gli ha conferito l'incarico gratuito e non ha chiarito, né risulta dall'ordinanza di rinvio, se si tratta di incarico non retribuito perché eccedente il numero degli incarichi dei quali lo Stato si é assunto il relativo onere (art. 11) o di incarico non retribuito ai sensi del denunziato art. 12, comma quarto; che in subordine venga rinviata al giudice a quo perché si pronunzi sulla rilevanza; che, comunque, venga dichiarata infondata, in base alle considerazioni svolte nella memoria riguardante i professori della Università di Messina, sopra riassunta.

Si sono costituite anche le parti private, il cui patrocinio, con memoria depositata il 13 agosto 1972, si riporta, ribadendole, alle deduzioni già svolte davanti al Consiglio di Stato e fatte proprie dalla ordinanza di rinvio.

Successivamente, in relazione al giudizio di legittimità costituzionale promosso con l'ordinanza del Consiglio di Stato 22 ottobre 1971, con memoria depositata il 28 dicembre 1972, le parti private hanno contestato l'assunto dell'Avvocatura generale dello Stato secondo il quale, nel caso di conferimento di un secondo incarico a chi sia già professore di ruolo in una Università, non s'instaura un secondo rapporto d'impiego.

Considerato in diritto

1. - I due giudizi, come sopra promossi, vanno riuniti per essere definiti con unica sentenza data la identità della questione principale che ne forma oggetto.

2. - Deve poi rilevarsi, in via preliminare, che la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma quarto, della legge n. 62 del 1967, prospettata con l'ordinanza 17 marzo 1972, in relazione al capo del ricorso proposto davanti al giudice a quo riguardante il prof. Conti, va dichiarata inammissibile per evidente difetto di rilevanza.

La norma impugnata, invero, in deroga ai divieti contenuti nei precedenti tre commi, consente che nell'ipotesi di conferimento d'incarichi dopo l'inizio dell'anno accademico ed in caso di necessità possa essere conferito un terzo incarico gratuito ai professori incaricati esterni e un secondo incarico gratuito al personale docente di ruolo o a coloro che già ricoprono un ufficio con retribuzione a carico dello Stato, di Ente pubblico o privato o che, comunque, fruiscano di un reddito di lavoro subordinato.

É pacifico, invece, che il prof. Conti é titolare di un solo incarico gratuito perché conferito per l'insegnamento di una materia complementare, non compresa fra quelle per le quali lo Stato si é assunto l'onere della retribuzione e, quindi, il suo rapporto non rientra nella previsione del quarto comma dell'art. 12 della legge n. 62 del 1967, sopra riportato.

Risulta, pertanto, ictu oculi che l'eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale di tale quarto comma non potrebbe spiegare alcun effetto ai fini della decisione del ricorso proposto dal prof. Conti davanti al Consiglio di Stato.

3. - Come si é esposto in narrativa, con l'ordinanza 22 ottobre 1971 viene prospettata, in riferimento al solo art. 3 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 25, comma secondo, del d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749, che testualmente dispone: "La retribuzione per il secondo incarico conferita ad un incaricato esterno universitario o per il primo incarico attribuito ad un professore universitario di ruolo é calcolata in ragione del 31 % della retribuzione spettante ai sensi del primo comma;... omissis...".

Con l'altra ordinanza la stessa questione viene prospettata, in riferimento anche agli artt. 3 e 36 della Costituzione, ed estesa al terzo comma dello stesso art. 25 del d.P.R. n. 749 del 1965, che dispone testualmente: "Per gl'incarichi di insegnamento conferiti, invece, a coloro che ricoprono altro ufficio con retribuzione a carico dello Stato, di Ente pubblico o privato o, comunque, fruenti di un reddito di lavoro subordinato, la retribuzione é calcolata in ragione del 38% di quella indicata nel primo comma".

Entrambe le ordinanze, peraltro, pronunziate la prima in un giudizio promosso esclusivamente da incaricati che sono già professori di ruolo, la seconda in un giudizio promosso da incaricati aventi altro impiego retribuito a carico dello Stato, della stessa Amministrazione della pubblica istruzione, di Enti pubblici e, perfino, di un Ente privato, sono motivate con il richiamo alla più volte citata sentenza di questa Corte n. 152 del 1970 e quindi sotto il profilo che le norme denunziate contengono una disciplina del cumulo di stipendio, in caso di cumulo consentito di rapporti di pubblico impiego, differenziata, senza razionale giustificazione, da quella generale risultante dall'art. 99 del t.u. approvato con r.d. 30 dicembre 1923, n. 2960, e successive modificazioni.

Questa motivazione dimostra chiaramente che l'art. 36 della Costituzione é fuori causa e che entrambe le questioni vanno esaminate soltanto sotto il profilo della denunziata violazione del principio di eguaglianza.

Pregiudiziale a tale esame é, peraltro, l'accertamento della eventuale fondatezza della eccezione sollevata dall'Avvocatura dello Stato, secondo la quale, sia nella ipotesi del primo incarico conferito ad un professore di ruolo o di secondo incarico conferito ad un incaricato esterno, ossia a personale già legato allo stesso Ministero della pubblica istruzione da un rapporto d'impiego di ruolo o non di ruolo, non si verificherebbe un cumulo di rapporti di impiego, sibbene una semplice estensione delle prestazioni dovute in forza del preesistente rapporto, estensione che può anche non superare il limite delle tre ore settimanali, fissato dall'art. 6 della legge n. 311 del 1958.

Ma a prescindere dalla considerazione che non può ritenersi semplice estensione dei doveri di un rapporto d'impiego l'attribuzione di un incarico che implichi prestazioni equivalenti a quelle del rapporto già esistente e, quindi, ne raddoppi i doveri, é evidente che la tesi dell'Avvocatura dello Stato non può certo valere per quanto riguarda il terzo comma dell'art. 25, ossia nella ipotesi che l'incaricato ricopra altro ufficio con retribuzione a carico dello Stato o di altri enti pubblici e perfino privati.

In questa ipotesi non é contestabile che di vero e proprio cumulo di rapporti d'impiego si tratti.

Ed allora, proprio argomentando da questa ipotesi ed esaminando nel suo complesso l'impugnato art. 25, non può che giungersi alla conclusione, che poi si risolve nell'affermazione dell'esistenza del presupposto sul quale poggia la motivazione delle ordinanze di rinvio, che con detta norma si é voluto deliberatamente porre in essere, per gl'incaricati di insegnamento universitario, una disciplina del cumulo degli stipendi, in caso di cumulo consentito di rapporti d'impiego, differenziata da quella generale di cui all'art. 99 del testo unico n. 2960 del 1923.

Infatti, dopo avere stabilito al primo comma per gl'incaricati esterni universitari delle retribuzioni che, come espressamente risulta dall'art. 20 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079, sono ragguagliate agli stipendi tabellari di taluni posti di ruolo, neppure iniziali, della stessa carriera universitaria  così implicitamente riconoscendo il carattere di rapporto di impiego che si instaura con l'incarico  l'art. 25 del d.P.R. n. 749 del 1965, nei seguenti commi, ne stabilisce delle diminuzioni diversamente graduate a seconda che l'incarico sia conferito a chi sia titolare di altro rapporto d'impiego di ruolo o non di ruolo nella stessa carriera universitaria o sia titolare di altro rapporto d'impiego, sempre di ruolo o non di ruolo, con lo Stato o con Enti pubblici o privati o comunque abbia un reddito derivante da lavoro subordinato.

Mentre non é da escludere che alla determinazione in minore misura della riduzione (al 38%) della retribuzione per questa seconda ipotesi non sia estraneo un certo riferimento all'art. 99 del testo unico n. 2960 del 1923, é chiara, comunque, l'incontestabilità del pieno riconoscimento e della conseguente ammissione, per l'ipotesi stessa, di un vero e proprio cumulo di rapporti d'impiego.

Ma giunti a questo punto e risalendo al secondo comma, a parte la maggiore riduzione della retribuzione (al 31%), che del resto non risulta in alcun modo giustificata, non si vede come e perché debba o possa escludersi che eguali riconoscimenti ed ammissione vi siano per l'ipotesi in detto secondo comma contemplata.

Per giungere a diversa soluzione si dovrebbe, invero, ritenere che nell'ambito dello stesso ordinamento statale si possono concepire due separati rapporti d'impiego soltanto se implichino dipendenza da diverse branche dell'Amministrazione e non da una stessa branca, il che é contraddetto dal terzo comma, nella previsione del quale sono evidentemente compresi anche gli assistenti universitari o i professori delle scuole medie o, comunque, gli appartenenti al personale amministrativo universitario o comunque scolastico, che pur dipendono dallo stesso Ministero della pubblica istruzione.

Deve, dunque, convenirsi che l'art. 25 in esame pone in essere una disciplina del cumulo di retribuzioni nell'ipotesi di cumulo consentito di rapporti d'impiego, differenziata da quella generale contemplata dall'art. 99 del testo unico n. 2960 del 1923, così come é affermato nelle ordinanze di rinvio.

Ai fini del decidere resta, quindi, da accertare se tale differenziazione corrisponda a posizioni oggettive egualmente differenziate o, comunque, abbia una razionale giustificazione.

Intanto non si ravvisa alcuna ragione plausibile che possa spiegare la differenza tra la misura delle riduzioni della retribuzione per l'incarico stabilita tra le ipotesi del secondo comma e quella del terzo comma, che, come sopra si é dimostrato, sostanzialmente si equivalgono.

A maggior ragione tale trattamento differenziato non trova giustificazione nel caso di cumulo con altro rapporto d'impiego estraneo all'ordinamento universitario (art. 25, comma terzo) che riproduce la posizione generale ipotizzata dall'art. 99 del testo unico n. 2960 del 1923, in quanto l'impiego cumulato all'incarico può benissimo essere retribuito in misura molto minore di quella stabilita dal primo comma dell'art. 25, cosicché con la riduzione di questa al 38% può verificarsi anche quel caso limite di una retribuzione dei due rapporti cumulati inferiore a quella spettante per uno solo di essi e cioè per l'incarico.

Ne consegue che la differenziazione tra disciplina del cumulo delle retribuzioni adottata dal ripetuto art. 25, rispetto alla disciplina generale di cui all'art. 99 del testo unico n. 2960 del 1923, non solo non trova giustificazione in una corrispondente differenziazione di posizioni obbiettive, ma per la aberrante conseguenza sopra illustrata, alla quale si può giungere nella ipotesi di cui al terzo comma, risulta sicuramente irrazionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

a) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 25, secondo e terzo comma, del d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749, sul conglobamento dell'assegno mensile e competenze analoghe negli stipendi, paghe e retribuzioni del personale statale, in applicazione della legge 5 dicembre 1964, n. 1268, nella parte in cui dispongono che le retribuzioni fissate al primo comma vengano ridotte rispettivamente al 31 per cento per gl'incaricati interni e al 38 per cento per gl'incaricati esterni, anziché stabilire che in entrambe le ipotesi venga ridotta del terzo la retribuzione minore;

b) dichiara inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma quarto, della legge 24 febbraio 1967, n. 62, sulla istituzione di nuove cattedre universitarie, di nuovi posti di assistente universitario, e nuova disciplina degli incarichi di insegnamento universitario e degli assistenti volontari, prospettata con ordinanza del Consiglio di Stato 17 marzo 1972, in relazione al capo di ricorso in quella sede proposto dal prof. Conti.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 febbraio 1973.

Giuseppe  CHIARELLI – Giuseppe  VERZÌ – Giovanni  BATTISTA BENEDETTI – Francesco  PAOLO BONIFACIO – Luigi  OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Paolo  ROSSI – Giulio  GIONFRIDA.

         Arduino  Salustri – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 20 febbraio 1973.