SENTENZA N. 63
ANNO 1973
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici
Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO Presidente
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Prof. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso con ricorso del Presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia, notificato l'8 settembre 1972, depositato in cancelleria il 25 successivo ed iscritto al n. 23 del registro conflitti 1972, per conflitto di attribuzione sorto a seguito dell'ordinanza 18 febbraio 1972, con la quale la Corte dei conti ha disposto l'acquisizione di alcuni conti consuntivi della Provincia di Trieste.
Udito nell'udienza pubblica del 4 aprile 1973 il Giudice relatore Luigi Oggioni;
udito l'avv. Gaspare Pacia, per la Regione Friuli-Venezia Giulia.
Ritenuto in fatto
La Corte dei conti sezione I giurisdizionale, con ordinanza emessa il 18 febbraio 1972 nel giudizio sui conti consuntivi della Provincia di Trieste resi dal Tesoriere per gli esercizi 1970 e precedenti, giudizio istituito a norma degli artt. 45 del t.u. 12 luglio 1934, n. 1214, sull'ordinamento della Corte e 27 e 42 del Regolamento di procedura 13 agosto 1933, n. 1038; ritenuta la necessità di acquisire i conti con la relativa documentazione ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 309 e 310 del t.u. della legge comunale e provinciale approvata con r.d. 3 marzo 1934, n. 383, per i quali non fosse già intervenuta decisione passata in giudicato, nonché di acquisire il provvedimento del locale Consiglio di prefettura sull'ultimo conto da esso esaminato, e ravvisata altresì l'opportunità di acquisire i risultati del controllo effettuato dal Prefetto sugli atti deliberativi della Provincia relativi ai predetti esercizi, non esaminati dall'organo regionale di controllo, ciò al fine di evidenziare eventuali irregolarità ai sensi e per gli effetti degli artt. 251 segg. t.u. della legge comunale e provinciale, oltre ai conti per i quali fosse stato concluso il preliminare procedimento amministrativo, giacenti presso l'ufficio di Prefettura, disponeva la comunicazione della ordinanza stessa all'organo della Regione, competente al controllo sulla Provincia di Trieste anche ai fini di evidenziare fattispecie di responsabilità emerse eventualmente in esito al controllo di sua competenza, ed ordinava al Presidente della Giunta provinciale di Trieste di depositare entro il termine di dieci mesi dalla notifica dell'ordinanza medesima ( 13 luglio 1972), i conti e i documenti predetti, ed al Prefetto di presentare, nello stesso termine, gli altri atti e documenti richiesti.
Con ricorso notificato l'8 settembre 1972 il Presidente pro-tempore della Regione Friuli-Venezia Giulia rappresentato e difeso dall'avv. Gaspare Pacia, previa delibera 1 settembre 1972 della Giunta regionale, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri pro-tempore, in relazione alla menzionata ordinanza della Corte dei conti, chiedendo dichiararsi che spetta alla Regione pronunciarsi in via definitiva sui conti consuntivi della Provincia di Trieste, quando non siano emersi specifici vizi od irregolarità in sede di controllo amministrativo, e conseguentemente annullarsi l'ordinanza de qua, nella parte in cui contiene l'intimazione a presentare i conti consuntivi della Provincia suddetta.
La difesa della Regione afferma nel ricorso che, anteriormente alla sentenza n. 55 del 1966 della Corte costituzionale, con cui fu dichiarata l'illegittimità costituzionale dei Consigli di prefettura quali organi di giurisdizione sui conti degli enti locali, i Consigli stessi esercitavano congiuntamente sui conti in questione funzioni di controllo e funzioni giurisdizionali, nel senso che avrebbero attuato ordinariamente un procedimento di controllo meramente amministrativo dei conti che avrebbe esaurito ogni adempimento ai fini del riscontro, ed avrebbe dato luogo solo eventualmente al procedimento giurisdizionale, nel caso che fossero emerse irregolarità o illegittimità. In tale situazione sarebbe entrato in funzione l'organo regionale di controllo sugli atti delle Province, cioè il Comitato centrale con sede in Udine, istituito con legge regionale 2 marzo 1966, n. 3, a seguito del trasferimento alla Regione delle funzioni di controllo sugli atti degli enti locali, effettuato con il d.P.R. 26 giugno 1965, n. 960.
Il detto organo, secondo la Regione, sarebbe subentrato al Consiglio di prefettura per quanto riguarda l'esercizio delle descritte funzioni amministrative di controllo sui conti degli enti locali ed essendo tale trasferimento espressamente previsto dall'art. 1 della citata legge n. 960 del 1965, che avrebbe così dissociato le funzioni amministrative da quelle di controllo, già unificate nel Consiglio di prefettura, il Comitato centrale avrebbe assunto il potere di approvare in via amministrativa il conto consuntivo della Provincia in difetto di irregolarità, o di promuovere, in caso contrario, il giudizio di contabilità avanti al giudice competente.
Ed in effetti, avvalendosi di tali suoi poteri, il Comitato centrale avrebbe esaminato e riscontrato esenti da vizi i conti consuntivi non più assoggettati al controllo del cessato Consiglio di prefettura a partire dall'esercizio relativo al 1963.
L'instaurazione necessaria del giudizio da parte della Corte dei conti, cioè indipendentemente dalla così avvenuta approvazione in sede amministrativa, e l'intimazione contenuta nell'ordinanza, invaderebbe la sfera di competenza amministrativa della Regione Friuli-Venezia Giulia, rendendo privo di significato il riscontro definitivo di regolarità effettuato dall'organo locale competente, in violazione degli artt. 8 in relazione all'art. 5, n. 4, e 60 dello Statuto regionale, e 1 del d.P.R. 26 giugno 1965, n. 960 (norme di attuazione).
Ma, prosegue la difesa della Regione, anche a voler ammettere che il giudizio contabile già di competenza dei cessati Consigli di prefettura avesse carattere necessario, e non subordinato alla eventuale constatazione di vizi in sede di controllo amministrativo, non per questo ne deriverebbe che il vuoto legislativo formatosi per il venir meno dei Consigli stessi debba essere attualmente colmato con la giurisdizione necessaria della Corte dei conti.
Invero tale giurisdizione sarebbe incompatibile con l'avvenuta attribuzione alla Regione della funzione di controllo sui conti consuntivi degli enti locali avvenuta per effetto del citato d.P.R. n. 960 del 1965, norme di attuazione a livello costituzionale, e quindi sopraordinata alle norme concernenti la giurisdizione necessaria sui conti.
E la difesa della Regione prospetta, de iure condendo, l'opportunità di introdurre un sistema "più rispettoso" della autonomia regionale, similmente a quello adottato per il Comune di Roma, con il d.l. luog. 17 novembre 1944, n. 426, che prevede appunto il giudizio della Corte dei conti solo in via eventuale su ricorso da parte degli interessati, del sindaco, nonché di qualsiasi contribuente, contro il decreto che approva il conto consuntivo del detto ente.
Con una memoria illustrativa depositata nei termini la difesa della Regione svolge ampiamente le tesi esposte nel ricorso e, attraverso un esame delle varie norme succedutesi al riguardo, torna a porre in evidenza le ragioni per cui dovrebbe escludersi il carattere di necessarietà del giudizio di contabilità sui consuntivi degli enti locali.
Afferma inoltre che tali conti si identificherebbero con i rendiconti generali degli enti, e ne trae la conseguenza che ciò escluderebbe la necessarietà del giudizio contabile, la quale riguarderebbe i rapporti contabili fra agenti ed enti, ma non il rendiconto generale, nei cui confronti sarebbe previsto solo un controllo amministrativo, tutt'al più rivestito da mere forme giurisdizionali, come nell'ipotesi tipica della parificazione del rendiconto generale dello Stato.
Insiste poi nell'affermare che il controllo di legittimità sugli atti degli enti locali é affidato alla Regione dall'art. 130 Cost., per cui l'instaurazione di un ulteriore controllo sotto forma di giudizio necessario non troverebbe giustificazione e sarebbe invasivo della sfera di competenza regionale. Ed a conferma di ciò richiama espressamente le disposizioni concernenti l'ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana (d.l. Pres. Reg. sic. 29 ottobre 1955, n. 6) e quelle regolanti l'approvazione dei conti consuntivi degli enti locali nella Regione Trentino-Alto Adige (l. reg. 1 gennaio 1954, n. 11), che avrebbero sancito il carattere eventuale del giudizio di contabilità in esame, senza che al riguardo sia stata sollevata alcuna censura di illegittimità.
Considerato in diritto
1. - Secondo l'assunto della Regione Friuli-Venezia Giulia, contenuto nell'atto con cui il conflitto di attribuzione é stato sollevato, l'ordinanza della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti, emessa nel giudizio sui conti consuntivi della Provincia di Trieste resi dal tesoriere provinciale con l'ordine al Presidente della Giunta provinciale di depositare, presso la Corte, detti conti per gli esercizi 1970 e precedenti, sarebbe invasivo della competenza della Regione, spettando esclusivamente ad essa le funzioni di controllo sugli atti degli enti locali, secondo gli artt. 5 n. 4, 8, 60 dello Statuto speciale:
ciò in quanto la Regione, per effetto dell'art. 1, secondo comma, delle norme di attuazione del predetto Statuto (d.P.R. 26 giugno 1965, n. 960) é subentrata in dette funzioni, già spettanti ai Consigli di Prefettura. Per cui, la chiusura della fase di controllo in sede amministrativa, senza rilevazione di vizi o di irregolarità, escluderebbe "a priori" l'apertura non necessitata di ogni successivo giudizio sui conti.
2. - I motivi del sollevato conflitto non sono fondati.
Va dato atto, in primo luogo, che la natura e l'esigenza dei giudizi sui conti si rinvengono nel testo unico della legge comunale e provinciale del 3 marzo 1934, n. 383, modificato dalle leggi n. 351 del 1942 e n. 530 del 1947. Il quale testo unico aggiorna e puntualizza quanto già contenuto nella precedente legislazione in materia.
Invero, l'art. 310 ha precisato il contenuto ed i termini di sviluppo del procedimento, articolato in più fasi: una prima, costituita dalla deliberazione sul conto consuntivo da parte del Consiglio comunale o provinciale; la seconda, costituita dalla obbligatoria trasmissione del conto, così deliberato, al Consiglio di Prefettura, al quale "é trasmesso" per essere "sottoposto a giudizio" (quarto comma); la terza, costituita dall'esercizio ampio di queste funzioni di giudizio, da parte del Consiglio stesso, nella duplice veste di organo amministrativo ed insieme giurisdizionale, competente, cioè, nella stessa sede, al controllo amministrativo del conto, all'esame dei "documenti giustificativi della entrata e della spesa", all'esame delle deduzioni e dei reclami "eventualmente presentati", il tutto onde pervenire all'emissione del "giudizio" su richiamato, mediante "decisione" impugnabile davanti alla Corte dei conti: decisione sulla regolarità sostanziale dei conti anche ai fini di accertamento di responsabilità contabile, sempre e comunque rilevabile su iniziativa di ufficio (art. 260 citato testo unico in relazione agli artt. 251 e seguenti).
Tale necessario collegamento di attività funzionali ha, in seguito, subito un periodo di sospensione per circostanze contingenti e transitorie. Infatti, con decreto legislativo n. 1372 del 1948 si stabiliva (art. 5) che, fino al 31 dicembre 1950, ove fosse intervenuta una delibera sul conto non contestata nelle risultanze, il conto doveva intendersi come "definitivamente" approvato, tenendo luogo la deliberazione, a tutti gli effetti, della decisione del Consiglio di Prefettura. Il predetto termine di operatività della norma transitoria é stato in seguito prorogato con legge 7 aprile 1954, n. 142, fino al 31 dicembre 1955 e con successiva legge 11 marzo 1958, n. 209, sino al 31 dicembre 1960 e non oltre, rimanendo, di conseguenza, soltanto entro il segnato termine, "non applicabile"(come precisato nell'art. 3, capoverso, della prima legge di proroga) l'art. 310 del testo unico.
3. - La Corte considera poi, ai fini della risoluzione del presente conflitto, la situazione particolare, inerente all'ordinamento della Regione Friuli-Venezia Giulia.
Secondo lo Statuto speciale (legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1), la Regione ha potestà legislativa sulla disciplina dei controlli degli atti degli enti locali, disciplina da esercitarsi da organi della Regione (articoli 5, n. 4, e 60). Seguono le norme di attuazione dello Statuto, in materia di controllo degli atti delle Province e dei Comuni (d.P.R. 26 giugno 1965, n. 960, in connessione con la legge 10 febbraio 1953, n. 62, sulla costituzione ed il funzionamento degli organi regionali). Con detto decreto (art. 1) le attribuzioni dei Consigli di Prefettura in materia vengono affidate agli organi regionali di controllo: inoltre (art. 11) si dispone che gli organi regionali, preposti ai controlli, qualora vengano a conoscenza di fatti implicanti responsabilità di amministratori, impiegati o, in genere, di chi ha maneggio di danaro pubblico, ai sensi del testo unico della legge comunale e provinciale (artt. da 251 a 259) debbano farne denuncia al Consiglio di Prefettura e che, indipendentemente da tale denuncia, il procedimento su tale responsabilità poteva essere iniziato di ufficio o sopra richiesta delle altre autorità di vigilanza e definito anche separatamente dall'esame o dal giudizio sui conti, ai sensi dell'art. 260 del sopra citato testo unico.
Infine, con la legge regionale 2 marzo 1966, n. 3, sull'esercizio delle funzioni di controllo e di amministrazione attiva, vengono determinati gli organi di controllo e la loro composizione.
4. - Tutto ciò premesso, la Corte, ai fini di necessaria integrazione di quanto surriferito a proposito della legislazione nazionale e regionale, richiama la propria sentenza 17 maggio 1966, n. 55, che ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 310 del testo unico della legge comunale e provinciale del 1934, nella parte in cui disponeva la sottoposizione del conto consuntivo al giudizio dei Consigli di Prefettura: ciò per motivi riguardanti la loro composizione anomala in sede di giurisdizione contabile e la mancanza in detta sede di una garanzia del pieno esercizio dei diritti di difesa.
5. - Procedendo ora all'esame di merito del conflitto, la Corte rileva e precisa che l'ordinanza della Corte dei conti risulta testualmente emessa in un giudizio su conti consuntivi resi dal Tesoriere provinciale, giudizio instaurato ad istanza di quel Procuratore generale e regolato dalle richiamate norme dell'art. 45 del t.u. 12 luglio 1934, n. 1214, sull'ordinamento della Corte stessa: cioè, nel giudizio di conto e di responsabilità nel quadro di attribuzioni giurisdizionali, tutto come indicato nel capo quinto, sezione prima, del predetto testo unico, in cui l'art. 45 é compreso.
L'ordinanza é motivata nel senso che trasmissione e deposito dei richiesti documenti, riguardanti gli esercizi 1970 e precedenti, corrispondono, per quanto riguarda l'ordine dato al Prefetto di Trieste, al fine di conoscere i risultati del controllo sugli atti deliberativi di conto, per "evidenziare eventuali irregolarità dalle quali possono derivare fattispecie di responsabilità previste dagli artt. 251 e seguenti del citato testo unico". Lo stesso per quanto riguarda l'ordine di deposito rivolto agli organi regionali (Giunta provinciale - Comitato centrale di controllo) allo stesso fine di cui sopra, con testuale riferimento all'art. 11 delle norme di attuazione dello Statuto regionale.
L'impostazione data nell'ordinanza é dunque quella di una resa di conti giudiziale, quale prevista dagli artt. 44 e 45 del citato ordinamento della Corte come fase successiva alla presentazione di detti conti, introducibile dietro istanza del pubblico ministero presso la Corte stessa: nonché prevista e regolata nel suo svolgimento, anche agli effetti dell'eventuale conseguente giudizio di responsabilità dagli artt. 27, 42, 43 e 44 del Regolamento di procedura di cui al r.d. 13 agosto 1933, n. 1038.
Va richiamata al riguardo la sentenza di questa Corte n. 68 dell'anno 1971 che, nel dichiarare che spetta alla Procura generale presso la Corte dei conti promuovere l'azione di responsabilità nei confronti dei dipendenti della Regione Friuli-Venezia Giulia per gli illeciti commessi nell'esercizio delle loro attribuzioni, ha precisato che giudizi di conto e giudizi di responsabilità sono strettamente connessi e sottoposti alle medesime regole. La Corte ha ricondotto tale attività giurisdizionale nell'ambito del secondo comma dell'art. 103 della Costituzione, osservando che codesta attività tende a garantire l'interesse generale oggettivo alla regolarità della gestione finanziaria e patrimoniale dell'ente, in ottemperanza anche al duplice principio della "imparzialità" e del "buon andamento" dell'Amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione.
Questa sentenza é stata preceduta da altra (n. 110 del 1970) nella quale é stata riconosciuta la natura giurisdizionale dei giudizi di conto, anche con particolare riferimento alla funzione già esercitata dai Consigli di Prefettura: ed altresì é stato riconosciuto che la disciplina dei giudizi di conto deve considerarsi applicabile alle Regioni, sia a Statuto speciale che ordinario.
6. - L'assunto della Regione é che, posto che l'esame dei conti da parte del Comitato centrale regionale di controllo si é concluso senza alcuna rilevazione di irregolarità, non vi sarebbe più luogo ad ulteriori interventi giurisdizionali, sia come giudizio sui conti, sia come giudizio di responsabilità.
L'assunto non é, tuttavia, da giudicarsi fondato.
Non é conforme a legge subordinare l'effettuazione dei giudizi sui conti alla circostanza che l'esito degli esami effettuati in primo tempo dagli organi di controllo istituiti in seno agli enti, abbia dato luogo a rilevazioni di anomalie ovvero a reclami ed osservazioni di terzi.
Si é già posto in rilievo, al precedente n. 2, a proposito dell'art. 310 del t.u. del 1934, che la traslazione degli atti, in ogni caso, all'organo superiore, esterno all'ente preposto all'esame tecnico-giuridico del rendiconto, é stato ivi imposto, in via di principio, come atto dovuto, senza che "deduzioni, osservazioni e reclami", verificabili solo "eventualmente", ne condizionino l'esercizio. La parentesi degli anni 1948-1960, richiamata al precedente n. 2 e dovuta a stasi nell'esercizio di determinate pubbliche attività, con l'effetto di assegnare al richiamato principio una deroga soltanto temporanea, conferma il principio stesso in forza del successivo ripristino, attuato normalmente sino a quando all'organo di controllo tecnico-giuridico, nella composizione di allora, é stato poi disconosciuto l'esercizio di potere decisionale giurisdizionale. Il che, se vale per i Consigli di Prefettura, vale, per uguale e a maggior ragione, per gli organi regionali di controllo, subentrati, in forza del citato d.P.R. n. 960 del 1965, nelle funzioni dei Consigli di Prefettura.
Ma, pur venuta meno la competenza giurisdizionale dell'organo decentrato, rimane immanente la vigenza del principio generale di necessarietà di un giudizio che, superando la fase di controllo meramente contabile amministrativo, che é strumentale rispetto al resto, consenta di pervenire, mediante più penetrante campo di indagine, a decisione di ampio contenuto garantistico. Inderogabile é, pertanto, l'esigenza della tutela di interessi generali: ciò, senza che possa dirsi qui sacrificata l'autonomia della Regione che, secondo giurisprudenza costante di questa Corte, non é mai pregiudicata da controlli giurisdizionali quale é quello previsto dal testo unico del 1934.
In proposito, puntuale é il testo unico del 1934 sull'ordinamento della Corte dei conti che conferisce alla stessa, come attribuzione giurisdizionale, i giudizi di conto (e di responsabilità) nei confronti di tutte le categorie di gestori di pubblico denaro, obbligati alla presentazione del conto e che, pel fatto stesso di questa presentazione, si considerano "costituiti in giudizio" (artt. 44-45).
Questa che, nel contesto della legge, viene definita come "resa giudiziale del conto", trova poi nel Regolamento di procedura gli strumenti di effettuazione costituiti dall'obbligo di deposito dei conti, spontaneamente adempiuto, ovvero, in caso di omissione, soggetto a formale richiesta della Corte, in relazione all'art. 27 di detto Regolamento (citato nell'ordinanza de qua) e in dipendenza del generale potere istruttorio di acquisizione di atti e documenti necessari (art. 14).
Sovrasta su tutto e ne giustifica il modus procedendi il concetto di una competenza generale della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica, atta a garantire in forma giurisdizionale, l'interesse oggettivo alla regolarità di gestioni finanziarie e patrimoniali degli enti pubblici, come questa Corte ha riconosciuto particolarmente nella già citata sentenza n. 69 del 1971 e come riconosciuto anche dalla giurisprudenza adeguatrice delle Sezioni unite della Corte di cassazione.
Con ciò non va esclusa la possibilità di una maggiore perfettibilità del sistema, onde favorire l'immediatezza di cognizione e di esame, da parte dell'organo giusdicente, mediante l'istituzione di sezioni regionali della Corte dei conti come già delineato in un disegno di legge governativo. Il principio informatore del sistema resta, comunque, confermato con la prospettiva di una sua più pratica attuazione.
7. - Da ultimo, la difesa della Regione prospetta nella "memoria" aggiunta un nuovo argomento, basato sulla distinzione tra i rendiconti generali degli enti ed i rapporti contabili tra agenti ed enti: a differenza dei secondi, soltanto i primi, assimilabili alla situazione in esame, darebbero luogo ad un controllo amministrativo, sia pure rivestito da forme giurisdizionali, come nell'ipotesi tipica della parificazione del rendiconto generale dello Stato.
L'argomento non é esatto ed altera i termini della questione. É la stessa normativa sulla Corte dei conti (t.u. n. 1214 del 1934, art. 13) che precisa e distingue, in senso opposto alla prospettazione della difesa. Tra i compiti assegnati alla Corte sono considerati distintamente, da un lato la parificazione del rendiconto generale consuntivo dell'amministrazione dello Stato e quelli delle aziende a gestione autonoma soggette a riscontro, prima che siano presentati al Parlamento e, dall'altro lato "il giudizio sui conti che debbono rendere tutti coloro che hanno maneggio di danaro o di valori dello Stato e di altre pubbliche amministrazioni ". Nel caso in esame, si tratta, senza dubbio, della seconda ipotesi, regolata da premesse e conseguenze non confondibili con la prima.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che spetta alla Corte dei conti la competenza ad ordinare al Presidente della Giunta provinciale di Trieste di depositare i conti consuntivi e gli atti relativi ai conti consuntivi della Provincia di Trieste, resi dal Tesoriere provinciale per gli esercizi 1970 e precedenti.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 maggio 1973.
Francesco PAOLO BONIFACIO – Giuseppe VERZÌ – Giovanni BATTISTA BENEDETTI – Luigi OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE – Paolo ROSSI – Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA. – Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 23 maggio 1973.