Sentenza n. 68 del 1971
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SENTENZA N. 68

ANNO 1971

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

SENTENZA 

nel giudizio promosso con ricorso della Regione Friuli - Venezia Giulia, notificato il 12 giugno 1970, depositato in cancelleria il 13 successivo ed iscritto al n. 7 del registro ricorsi 1970, per conflitto di attribuzione sorto a seguito della nota 59467/4016 del 6 aprile 1970, con la quale la Procura generale della Corte dei conti si é ritenuta legittimata all'eventuale esercizio dell'azione civile di danno contro un dipendente regionale.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri ;

udito nell'udienza pubblica del 28 gennaio 1971 il Giudice relatore Vezio Crisafulli;

uditi l'avv. Gaspare Pacia, per la Regione Friuli- Venezia Giulia, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri.  

Ritenuto in fatto 

1. - Con ricorso notificato il 12 giugno 1970 e depositato il successivo giorno 13 il Presidente della Giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia ha promosso conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in riferimento alla nota n. 59467/4016 del 6 aprile 1970, con la quale la Procura generale della Corte dei conti si é ritenuta legittimata all'eventuale esercizio dell'azione civile di danno contro un dipendente regionale, chiedendo una relazione sull'incidente stradale avvenuto il 9 giugno dell'anno precedente tra un'autovettura privata ed un'autovettura della Regione. Questa iniziativa, secondo il ricorrente, realizzerebbe una lesione della sfera di competenza regionale, violando gli artt. 1, 46 e 58 dello Statuto, oltre agli artt. 5 e 24 della Costituzione.

La Corte dei conti muoverebbe, infatti, dall'erroneo presupposto che l'art. 103 della Costituzione abbia esteso, con norma immediatamente precettiva e concretamente applicabile, il preesistente ambito della giurisdizione contabile fino a comprendervi tutti i settori di contabilità pubblica e di responsabilità per danni colposamente o dolosamente cagionati dai dipendenti di ogni ente pubblico, anche se dotato di speciale autonomia costituzionale. Sennonché l'accennata interpretazione risulterebbe disattesa dalle sentenze n. 17 del 1965 e n. 33 del 1968 di questa Corte e contrastante con l'effettivo significato di quella disposizione costituzionale, quale si desume dai lavori preparatori, dal tenore letterale delle espressioni che la compongono e dalla loro connessione logico-sistematica: per cui non soltanto non sarebbe possibile operare una estensione soggettiva ed oggettiva delle materie di contabilità pubblica assegnate alla competenza giurisdizionale della Corte dei conti, ma in nessun caso potrebbe comunque assimilarsi ad esse quella, del tutto diversa, concernente la responsabilità civile per danni.

Inoltre, la criticata interpretazione dell'art. 103 contrasterebbe con diverse disposizioni formalmente costituzionali, quali: a) l'art. 5 della Costituzione che pone l'obbligo di adeguare i principi ed i metodi della legislazione statale alle esigenze dell'autonomia; b) l'art. 24 della Costituzione, che, riconoscendo ad ogni persona fisica e giuridica il potere di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, implicitamente garantisce anche il potere di valutare la convenienza della lite da instaurare non meno che la facoltà di rinunciare ad una parte del risultato conseguito; c) l'art. 1 dello Statuto speciale per il Friuli - Venezia Giulia, che conferendo alla Regione personalità giuridica, non ha inteso certo privarla della capacità giuridica e d'agire per la tutela dei propri interessi; d) l'art. 46 dello stesso Statuto che testualmente demanda alla Giunta regionale di "deliberare in materia di liti attive e passive, rinunce e transazioni "; e) l'art. 58, sempre dello Statuto in esame, che non prevede altre forme di controllo nei confronti della Regione oltre quello di mera legittimità.

Le conclusioni della parte ricorrente sono, quindi, rivolte ad ottenere l'annullamento dell'atto impugnato e la dichiarazione che spetta alla Regione Friuli - Venezia Giulia il potere di valutare la condotta del proprio dipendente ed eventualmente di esercitare contro di lui l'azione di risarcimento danni davanti alla competente autorità giudiziaria.

2. - Si é costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, con deduzioni depositate il 30 giugno 1970, nelle quali contesta l'ammissibilità del ricorso con l'argomento che nella specie non si tratterebbe di un conflitto di attribuzione fra Stato e Regione, in quanto l'asserito difetto di competenza della Corte dei conti non integrerebbe un'invasione nella sfera del soggetto ricorrente, ma darebbe luogo tutt'al più ad un problema di giurisdizione da risolvere all'interno dell'ordinamento statuale.

In quest'ordine di idee, infatti, anche la dedotta usurpazione della competenza della Giunta regionale a decidere se deferire o meno il proprio dipendente all'autorità giudiziaria ordinaria sarebbe meramente conseguenziale alla soluzione dell'accennato problema di giurisdizione, posto che proprio le differenze di struttura fra il processo innanzi alla Corte dei conti e quello innanzi all'autorità giudiziaria ordinaria implicano che il primo abbia, a differenza dell'altro, un carattere officioso ad impulso esclusivo del P.M. ed un oggetto sottratto alla disponibilità dell'amministrazione attiva.

Le conclusioni dell'Avvocatura di Stato sono pertanto per l'inammissibilità del ricorso.

3. - Nella pubblica udienza le difese delle parti hanno insistito nelle rispettive conclusioni.  

Considerato in diritto 

1. - L'atto impugnato dalla Regione del Friuli - Venezia Giulia, come determinante il conflitto, é la formale richiesta ad essa inoltrata dalla Procura generale presso la Corte dei conti di una relazione su un incidente stradale nel quale venne coinvolta una autovettura della Regione medesima. Tale richiesta esplicitamente si fonda sull'art. 83, secondo comma, del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, sulla contabilità di Stato, concernente l'obbligo di denunciare alla detta Procura generale i fatti suscettibili di dar luogo a responsabilità a norma dei precedenti artt. 81 e 82: quest'ultima disposizione statuendo, a sua volta, che l'impiegato che, "per azione od omissione, anche solo colposa, nell'esercizio delle sue funzioni, cagioni danno allo Stato", é tenuto a risarcirlo. Nel suo ricorso la Regione nega l'applicabilità ai rapporti con i propri dipendenti di tali disposizioni, e delle altre sulla giurisdizione della Corte dei conti in materia di illecito dei dipendenti statali, rivendicando che ad essa - e per essa, in particolare, alla Giunta - spetta di decidere sul promuovimento dell'azione di responsabilità ed eventualmente di agire a tutela dei suoi diritti patrimoniali, lesi dal fatto del dipendente.

Ciò premesso, va disattesa l'eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa dello Stato, sotto il profilo che, nella specie, potrebbe aversi, tutt'al più, un conflitto di giurisdizione (tra giudice ordinario e Corte dei conti). Non é infatti dubitabile che la Regione contesti, prima ancora che la giurisdizione di quest'ultima, l'ammissibilità dell'iniziativa necessaria della Procura generale presso la stessa, per la preclusione che illegittimamente ne deriverebbe alle libere determinazioni dei suoi organi, in violazione di una competenza che si assume costituzionalmente spettarle.

2. - Nel merito, é da osservare anzitutto che, in tanto può ritenersi garantito alla Regione, quale soggetto giuridicamente capace, e concretamente alla Giunta (competente a deliberare, tra l'altro, sulle liti attive e passive), il potere di agire (o di non agire) in giudizio, in quanto la materia oggetto del giudizio non sia legittimamente sottratta dall'ordinamento vigente alla disponibilità della Regione stessa, perché riservata ad una giurisdizione speciale svolgentesi per impulso di un organo pubblico a ciò destinato.

Di guisa che il problema centrale, dalla soluzione del quale dipende la decisione sulla controversia, é se la giurisdizione attribuita alla Corte dei conti dagli artt. 52 del testo unico del 1934, 82 e 83 del r.d. n. 2440 del 1923, 18 e 19 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3; in ordine ai funzionari ed agenti dipendenti dalle amministrazioni dello Stato, con la connessa iniziativa della Procura generale, si estenda oggi, in forza dell'art. 103, secondo comma, della Costituzione, ai rapporti di servizio tra le amministrazioni regionali e i loro dipendenti, così come ha esplicitamente disposto, per la Regione siciliana, il decreto legislativo 6 maggio 1948, n. 655, nell'atto di istituire presso di essa due sezioni decentrate della Corte dei conti, l'una di controllo e l'altra giurisdizionale.

Questa Corte ha già avuto occasione di rilevare, ad altro ma connesso proposito (sent. n. 110 del 1970), come nessun argomento nel senso che siano necessarie a tal fine espresse disposizioni legislative possa ricavarsi dal provvedimento legislativo ora menzionato, poiché questo aveva ad oggetto il decentramento in Sicilia delle funzioni della Corte dei conti, muovendo dal presupposto (assunto come pacifico) che tra dette funzioni rientrassero tutte quelle in materia di giudizio di conto e di responsabilità, già di competenza della stessa Corte per le amministrazioni statali e i loro dipendenti.

3. - Più in generale, le considerazioni che hanno indotto questa Corte ad affermare - con la ricordata sentenza n. 110 del 1970 - l'applicabilità ai dipendenti regionali delle norme sui giudizi di conto, valgono, per identità di ragioni, con riferimento anche ai giudizi di responsabilità civile (cosiddetta responsabilità amministrativa) nei confronti degli stessi, per gli illeciti posti in essere nell'esercizio delle loro attribuzioni.

Deve ritenersi, infatti, che il secondo comma dell'art. 103 della Costituzione, nel riservare alla giurisdizione della Corte dei conti "le materie di contabilità pubblica", da un lato e sotto l'aspetto oggettivo, ne abbia assunto la nozione tradizionalmente accolta nella legislazione vigente e nella giurisprudenza, comprensiva dei giudizi di conto e di quelli di responsabilità; mentre, d'altro lato e sotto l'aspetto soggettivo, ne abbia allargato l'ambito oltre quello, cui aveva originario riferimento, dell'amministrazione diretta dello Stato: tale essendo il proprio significato dell'aggettivo " pubblico", com'é confermato dallo stesso uso fattone in altre disposizioni della Costituzione (come ad esempio nell'art. 54, secondo comma, e negli artt. 97 e 98, in relazione a situazioni soggettive ed oggettive che hanno stretta attinenza con il tema del presente giudizio).

Se si guarda poi ai motivi di fondo che giustificano la pari sottoposizione alle medesime regole dei giudizi di conto e degli altri giudizi di responsabilità nei confronti dei pubblici dipendenti, chiaro appare come debba disattendersi l'argomento addotto dalla difesa della Regione, laddove afferma che la responsabilità del dipendente che abbia commesso un illecito nulla avrebbe in comune con la contabilità pubblica, configurandosi come una qualsiasi responsabilità in cui potrebbe incorrere, per fatti analoghi, qualunque altro soggetto. Giacché quel che viene in considerazione ai fini che qui interessano é il rapporto interno di servizio tra l'agente e l'amministrazione, e non l'eventuale rapporto tra il primo e il terzo danneggiato.

Sta qui il punto di raccordo tra la finanza e la contabilità pubblica e la responsabilità dei pubblici dipendenti per i danni da essi recati - direttamente o, come nel caso, indirettamente - all'amministrazione di appartenenza; e sta qui il punto di raccordo tra la giurisdizione contabile in senso stretto e la giurisdizione della Corte dei conti sulle responsabilità in genere dei pubblici dipendenti, per illecito di gestione, nelle sue varie possibili forme. L'una e l'altra giurisdizione tendono a garantire l'interesse generale oggettivo alla regolarità della gestione finanziaria e patrimoniale dell'ente, evitando tra l'altro il sospetto di compiacenti omissioni o l'affermarsi di pratiche lassiste: in ottemperanza anche al duplice principio della " imparzialità" e del "buon andamento "dell'amministrazione, di cui all'art. 97 della Costituzione. Fermo restando, comunque, che la Regione può sempre intervenire in giudizio a norma dell'art. 47 del regolamento di procedura, esplicando in questa sede e nei limiti compatibili con la struttura officiosa del giudizio, le attività procedurali che ritenga utili a tal fine.

Anche in pratica, d'altronde, giudizi di conto e giudizi di responsabilità, sia questa contabile o civile, sono strettamente connessi, giacché l'esame dei conti resi obbligatoriamente dagli agenti contabili e consegnatari può essere efficace strumento per rilevare inadempimenti di altri funzionari ed agenti: nel qual caso, l'art. 44 del regolamento di procedura stabilisce che possa provvedersi alla riunione dei giudizi di conto e di responsabilità. Laddove, se quest'ultimo spettasse all'autorità giudiziaria ordinaria, la Corte dei conti, accertato l'illecito, dovrebbe limitarsi poi a farne segnalazione all'amministrazione interessata, libera - questa - di agire o di non agire per il risarcimento del danno: ed é superfluo indugiare a mostrare la incongruenza di una simile soluzione.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso della Regione dev'essere respinto.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara che spetta alla Procura generale presso la Corte dei conti promuovere l'azione di responsabilità nei confronti dei dipendenti della Regione del Friuli- Venezia Giulia per gli illeciti commessi nell'esercizio delle loro attribuzioni.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 marzo 1971.

Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 5 aprile 1971.