Sentenza n. 92 del 1972

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 SENTENZA N. 92

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4, terzo comma, della legge 4 agosto 1955, n. 692 (estensione dell'assistenza di malattia ai pensionati d’invalidità e vecchiaia), sostituito dall'art. 32 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, convertito nella legge 18 dicembre 1970, n. 1034, promosso con ordinanza emessa il 25 maggio 1971 dalla Corte d'appello di Roma nel procedimento civile vertente tra Sbarigia Giuseppe e l'Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i dipendenti statali, iscritta al n. 280 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 240 del 22 settembre 1971.

Visti gli atti di costituzione di Sbarigia Giuseppe e dell'Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i dipendenti statali e d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 22 marzo 1972 il Giudice relatore Luigi Oggioni;

uditi l'avv. Franco Ligi, per lo Sbarigia, l'avv. Carmelo Carbone, per l'ENPAS, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Sbarigia Giuseppe, titolare della farmacia sita in Roma, via dei Sardi 27-29, il 13 ottobre 1966 citava l'ENPAS davanti al tribunale di Roma, in relazione alla richiesta dallo stesso Ente a suo tempo diretta ad esso Sbarigia per il pagamento di lire 584.955, pari allo sconto complessivo del 17 per cento sul prezzo dei medicinali venduti ai beneficiari d’assistenza sanitaria, e chiedeva dichiararsi la scadenza della Convenzione 23 marzo 1956 fra gli Enti mutualistici e i rappresentanti delle farmacie e dei produttori dei medicinali, cui l'ENPAS si era richiamato nella sua richiesta, nonché la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, per eccesso di delega, dell'art. 4, terzo comma, della legge 4 agosto 1955, n. 692, che porrebbe a carico dei farmacisti l'intero predetto sconto, salva la rivalsa del 12 per cento nei confronti dei produttori.

L'Ente contestava le avverse richieste, deducendo in particolare la violazione della Convenzione suddetta da parte dello Sbarigia, per avere omesso di corredare le ricette della documentazione e delle annotazioni previste, e la conseguente impossibilità di avvalersi nei confronti di lui dello speciale meccanismo predisposto per esonerare i farmacisti dall'obbligo di anticipare lo sconto anche per la parte a carico dei produttori.

Chiedeva quindi, in via riconvenzionale, la condanna dello Sbarigia al pagamento della menzionata somma.

Il tribunale, con sentenza non definitiva 10 ottobre 1968, condannava lo Sbarigia al pagamento in favore dell'ENPAS, al titolo richiesto, di una somma da determinarsi nell'ulteriore corso del giudizio, e lo Sbarigia proponeva appello, deducendo, fra l'altro l'incostituzionalità del citato art. 4 della legge n. 692 del 1955, per violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione.

La Corte d'appello di Roma, con ordinanza emessa il 25 maggio 1971, premetteva che la questione centrale della causa concerneva il modo in cui l'Ente mutualistico é messo in grado di usufruire, rispetto ai medicinali forniti in sede di assistenza indiretta, dello sconto globale del 17 per cento, e doveva essere risolta in base alla disciplina normativa, indipendentemente cioé dalla regolamentazione concordata con la ripetuta Convenzione ed accordi integrativi, e precisava che l'obbligo posto a carico del farmacista dall'art. 4, terzo comma, della legge n. 692 del 1955 potrebbe dirsi assolto a favore dell'Ente solo attraverso il meccanismo consistente nell'anticipazione da parte del farmacista stesso di tutto lo sconto ivi previsto, e non soltanto della quota a suo carico.

Ciò posto, peraltro, con la stessa ordinanza la Corte d'appello, dopo avere ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dall'appellante contro l'art. 4, comma terzo, della citata legge n. 692 del 1955 in relazione agli artt. 3 e 53 della Costituzione, per pretesa disparità di trattamento dei farmacisti rispetto ai produttori, agli enti mutualistici ed ai sostituti d'imposta in genere così come previsti dal vigente ordinamento tributario, ha ritenuto che, rispetto alla disposizione di legge citata, "rimasta ferma pur nella nuova formulazione adottata dall'art. 32 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745", può invece porsi sotto altro profilo la questione di legittimità costituzionale per violazione del principio della capacità contributiva garantito dall'art. 53 della Costituzione. Invero, mentre la legge stessa indicherebbe in termini percentuali precisi la misura in cui la prestazione patrimoniale deve gravare sul farmacista e sul produttore, con ciò esprimendo il risultato di una valutazione della rispettiva capacità contributiva, tale valutazione sarebbe poi contraddetta dall'imposizione a carico del farmacista di un’ulteriore prestazione, consistente nell'onere economico della rivalsa sul produttore, e nel rischio insito in tale operazione. Né varrebbe obbiettare che quest’imposizione dovrebbe includersi nella misura della quota di prestazione patrimoniale posta dal legislatore a carico del farmacista perché, in tal caso, emergerebbe, per altro verso, la violazione della stessa regola costituzionale, per l'obbiettiva indeterminatezza a priori dell'effettiva entità della prestazione concernente il recupero, data l'aleatorietà del suo risultato concreto, onde mancherebbe la possibilità di ravvisare un rapporto preciso tra prestazione imposta e capacità contributiva del soggetto gravato.

Tutto ciò premesso, la Corte, con l'ordinanza sopra menzionata, ha quindi dichiarato non manifestamente infondata e rilevante la questione di legittimità costituzionale della disposizione dettata dall'art. 4, comma terzo, ultima parte, della legge 4 agosto 1955, n. 692, "sostanzialmente riprodotta" dal primo comma dell'art. 32 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745; ciò per violazione dell'art. 53 della Costituzione.

L'ordinanza, notificata e comunicata come per legge, é stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 240 del 22 settembre 1971.

Nel giudizio avanti a questa Corte si é costituito il dott. Sbarigia, rappresentato e difeso dall'avv. Franco Ligi, che ha tempestivamente depositato le proprie deduzioni.

La difesa osserva anzitutto che l'art. 4, comma terzo, impugnato sarebbe stato abrogato per effetto dell'entrata in vigore dell'art. 32 della legge 18 dicembre 1970, n. 1034, che ha convertito in legge, senza modificazioni, l'art. 32 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745. Tuttavia, la questione sollevata in relazione all 'art. 4, comma terzo, citato conserverebbe rilevanza per i pregressi rapporti fra le parti, che dovrebbero appunto essere regolati in base alle vecchie normative. Onde, secondo la difesa, la Corte dovrebbe pronunciarsi sulla legittimità di entrambe le norme.

Ciò posto, insiste nell'affermare che il farmacista sarebbe tenuto a corrispondere all'Ente l'importo relativo allo sconto gravante sul produttore, dopo avere pagato il prezzo di acquisto dei medicinali, e sarebbe così in sostanza tenuto ad eseguire l'anticipazione con danaro proprio, andando incontro alle spese, interessi passivi e rischi relativi. Passa, poi, ad esaminare la natura dello "sconto" previsto dalla legge e, richiamandosi anche alla sentenza n. 70 del 1960 di questa Corte, conclude osservando che tratterebbesi di un vero e proprio prelievo di ricchezza da inquadrare giuridicamente fra le prestazioni patrimoniali cui si riferisce l'art. 23 Cost., per cui la controversia rientrerebbe nel campo del diritto tributario ed in particolare in quello regolato dall'art. 53 della Costituzione.

Fondate apparirebbero quindi le considerazioni contenute nell'ordinanza di rinvio, tenuto anche conto che il farmacista svolgerebbe, in sostanza, la funzione di esattore dell'imposta gravante sui produttori, ma senza le garanzie all'uopo previste dalla legge, e nell’esclusivo interesse degli enti previdenziali.

La difesa prosegue poi insistendo nelle argomentazioni tendenti a dimostrare la sussistenza delle ingiustificate disparità di trattamento a danno dei farmacisti, già disattese dalla Corte d'appello, e conclude chiedendo dichiararsi l'illegittimità costituzionale della norma impugnata.

Si é anche costituito l'ENPAS, in persona del Commissario straordinario pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Carmelo Carbone, che ha depositato tempestivamente le proprie deduzioni con cui contesta le ragioni esposte nell'ordinanza di rinvio.

In proposito osserva che la disposizione impugnata regolerebbe organicamente la posizione del farmacista nei differenti aspetti nei quali essa può presentarsi, considerando cioé la prestazione nel suo complesso al fine di garantirne l'adempimento puntuale nei confronti dell'Ente mutualistico, conformemente ad altre ipotesi analoghe previste dall'ordinamento, come nel caso del vincolo di solidarietà tributaria o del sostituto d'imposta.

Né avrebbe fondamento la presunta indeterminatezza della prestazione, cui si fa cenno nell'ordinanza, poiché il legislatore non sarebbe tenuto a specificare i vari oneri che concorrono a determinare una prestazione, ma ben potrebbe considerarli unitariamente. Onde nella specie il legislatore, disponendo che la prestazione grava sul farmacista per il 5 per cento, con la precisazione che questi é tenuto a corrispondere l'aliquota fino al 17 per cento salvo rivalsa sul produttore ha ovviamente considerato questo ulteriore onere del farmacista e l'ha graduato nello stabilire la misura del 5 per cento.

Conclude pertanto chiedendo dichiararsi non fondata la questione sollevata.

É intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso come per legge dall'Avvocatura dello Stato, che ha tempestivamente depositato le proprie deduzioni.

L'Avvocatura anzitutto osserva che il richiamo all'art. 32 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 1034, contenuto nell'ordinanza di rinvio non sarebbe pertinente, perché la vertenza davanti al giudice a quo riguarderebbe una fattispecie disciplinata dalla normativa anteriore.

Nel merito osserva che la legge non prevederebbe alcun sistema di esercizio dello sconto, né tanto meno quello dell'anticipazione da parte del farmacista, che pertanto risponderebbe solo ad una prassi ma non sarebbe una componente necessaria della norma impugnata, la quale si limiterebbe solo a discriminare quale sia l'incidenza dello sconto a carico del farmacista e del produttore.

Comunque, anche a voler ritenere il contrario, l'onere della rivalsa nei confronti del produttore costituirebbe solo una componente della complessa operazione di distribuzione dei medicinali, e l’aleatorietà del risultato positivo della stessa si presenterebbe come un’accidentalità di mero fatto, non diversamente dell'ipotesi della rivalsa del sostituto d'imposta, della cui legittimità costituzionale non potrebbe dubitarsi.

La difesa dello Sbarigia ha depositato nei termini una memoria illustrativa con cui, fra l'altro, contesta la tesi dell'Avvocatura secondo cui la vertenza avanti al giudice a quo riguarderebbe una fattispecie disciplinata dall'art. 4, terzo comma, della legge n. 692 del 1955, e non pure dall'art. 32 d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, perché la causa avrebbe ad oggetto l'ammontare dei crediti dell'ENPAS nei confronti di esso Sbarigia anche successivi al 18 dicembre 1970 ed ai quali dovrebbe, quindi, applicarsi la nuova legge, di cui non potrebbe così contestarsi la rilevanza.

Torna poi ad insistere sulle tesi già svolte, che sviluppa ampiamente, al fine di dimostrare la fondatezza della sollevata questione, e contesta le argomentazioni addotte ex adverso.

In particolare, per quanto riguarda il contenuto normativo dell'articolo impugnato, nega fondamento all'affermazione della difesa dello Stato, secondo cui l'obbligo di anticipazione dello sconto non farebbe carico ai farmacisti in forza della legge, ma risponderebbe soltanto ad una prassi, e in proposito richiama tra l'altro la giurisprudenza della Corte costituzionale, che avrebbe riconosciuto invece l'esistenza di tale obbligo legale.

Nega altresì fondamento all'affermazione dell'ENPAS secondo cui l'onere dell'anticipazione e della rivalsa sarebbe stato valutato dal legislatore quale componente della prestazione complessiva imposta ai farmacisti, ed in proposito afferma che tale valutazione non risulterebbe in alcun modo effettuata, essendo l'argomento ignorato, fra l'altro, anche nei lavori preparatori. E ciò darebbe maggior forza alle censure già mosse alla norma impugnata, specie sotto il profilo della indeterminatezza dell'onere posto a carico dei farmacisti.

Anche la difesa dell'ENPAS ha depositato una memoria con cui ribadisce le ragioni già svolte e, in particolare, rileva che lo sconto in esame costituirebbe una prestazione sostitutiva della posizione di svantaggio in cui si sarebbero trovati farmacisti e produttori nel caso in cui gli enti previdenziali, a norma del primo e secondo comma dell'articolo impugnato, si fossero avvalsi della facoltà di acquistare direttamente i medicinali dai produttori a prezzo scontato, e dei servizi dei farmacisti per la distribuzione agli assistiti, previo compenso per tale attività determinato autoritativamente dalla pubblica Amministrazione.

Svolgendo poi ulteriormente le proprie argomentazioni, osserva, tra l'altro, che dalla formulazione della norma in esame, la quale fissa prima la misura complessiva dello sconto a favore degli enti, e ne suddivide poi l'onere tra farmacisti e produttori, emergerebbe la solidarietà dell'obbligo dello sconto, così come avrebbe ritenuto anche il giudice a quo nel motivare sulla rilevanza della questione, e ne conseguirebbe la necessità logica di comprendere nella prestazione così imposta anche gli oneri connessi al detto vincolo di solidarietà.

Aggiunge, infine, che, in realtà, data la continuità dei rapporti fra farmacisti e produttori, i primi potrebbero rivalersi immediatamente dello sconto anticipato, operando una corrispondente trattenuta sul prezzo da versare ai produttori per i medicinali che man mano vanno acquistando in sostituzione di quelli venduti.

 

Considerato in diritto

 

1. - La questione di legittimità costituzionale é sollevata dall'ordinanza di rinvio nei seguenti termini.

Dal principio (affermato da questa Corte con sentenza n. 70 del 1960) che lo sconto obbligatorio sul prezzo dei medicinali é configurabile come prestazione patrimoniale ai sensi dell'art. 23 della Costituzione e, quindi, come prelievo, ai fini pubblici, di parte dell'utile spettante ai produttori ed ai farmacisti, deriverebbe la conseguenza che la misura di detto sconto debba essere praticata "in ragione della capacità contributiva" dei soggetti gravati, secondo l'art. 53 della Costituzione.

Il che non si verificherebbe nella situazione legislativa in esame (art. 4, comma terzo, legge 4 agosto 1955, n. 692, modificato, solo per le percentuali di sconto, con l'art. 32 d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, convertito in legge 18 dicembre 1970, n. 1034).

Ciò per duplice motivo: a) perché, dovendo il farmacista anticipare la quota di sconto stabilita a carico del produttore, si darebbe luogo ad una prestazione aggiunta, con l'onere della rivalsa ed il rischio di un suo esito negativo; b) perché, rimanendo in tal modo indeterminata l'entità della prestazione del farmacista, verrebbe alterato il rapporto proporzionale tra prestazione imposta e capacità contributiva del soggetto gravato, in contrasto con il suindicato art. 53 della Costituzione.

2. - La questione non é fondata.

Va dato atto che l'ordinanza di rinvio, in conformità ad affermata giurisprudenza, muove dalla premessa di base che la disposizione impugnata debba interpretarsi nel senso che, non la frazionata, ma l'intera obbligazione di sconto ricada, in primo tempo e luogo, sul farmacista, salvo successiva rivalsa sul produttore. La questione di costituzionalità é coerentemente sollevata in dipendenza di questa premessa interpretativa.

Ciò posto, la Corte esclude, tuttavia, che si tratti di disposizione anomala, divergente dal sistema delle leggi tributarie. Al contrario, il sistema comporta ed ammette che, come riconosciuto in via generale dall'art. 14 del testo unico sulle imposte dirette, "chi, in forza di disposizioni di legge, é obbligato al pagamento della imposta, in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili, ha diritto di rivalsa".

La configurazione di "sostituti d'imposta", in luogo e vece di altri soggetti, con i quali intercorrano rapporti giuridico- economici, risponde a criteri di tecnica tributaria, basati sulla finalità di agevolare l'accertamento e la riscossione dei tributi.

A tale fine, quei rapporti, di fronte ai beneficiari del tributo, vengono considerati in modo unitario, onde eliminare difficoltà pratiche.

Tale l'esempio fornito dalla situazione in esame, in cui, nell'ambito dei rispettivi rapporti tra le parti, la posizione del farmacista di fronte al rapporto interno con gli istituti ed enti beneficiari dello sconto, assume diretta e palese connessione, diversamente dalla posizione distaccata e meno evidenziata dei soggetti produttori dei medicinali di provenienza. Il che spiega e giustifica la concentrazione dell'obbligo di prestazione in unico soggetto, salvo a questi regolare successivamente, dal lato esterno al suaccennato rapporto con enti ed istituti, il suo personale stato creditorio.

3. - Questi concetti vanno ora integrati con le seguenti considerazioni, particolarmente attinenti all'art. 53 della Costituzione di cui si é denunciata la violazione.

Si assume che il collegamento tra imposizione e capacità contributiva viene qui ad essere distorto, per effetto della dilatazione del carico tributario, con alterazione in eccesso del risultato quantitativo. Ma l'assunto non considera, nel suo preciso contenuto, il concetto di capacità contributiva, quale delineato uniformemente nella giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 45 del 1964; nn. 16 e 50 del 1965; n. 89 del 1966; n. 97 del 1968).

Per capacità contributiva deve intendersi l'idoneità soggettiva alla obbligazione d'imposta, deducibile dal presupposto al quale la prestazione é collegata. Questo collegamento ad un presupposto condiziona esclusivamente, e nello stesso tempo esaurisce, il riconoscimento di detta idoneità.

Ciò senza che spetti al giudice della legittimità delle leggi valutare e determinare, in funzione dell'art. 53 Cost., l'entità e la proporzionalità dell'onere tributario imposto, trattandosi di compito riservato al legislatore (sentenze n. 89 del 1966; n. 124 del 1971): salvo il controllo di legittimità sotto il profilo dell'assoluta arbitrarietà o irrazionalità delle norme, ipotesi da escludersi nel caso in esame per le ragioni spiegate al numero precedente.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 della legge 4 agosto 1955, n. 692, sulla "estensione dell'assistenza di malattie ai pensionati di invalidità e vecchiaia", nonché dell'art. 32 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, convertito con modificazioni in legge 18 dicembre 1970, n. 1034, concernente "provvedimenti straordinari per la ripresa economica": sollevata, con l'ordinanza in epigrafe dalla Corte d'appello di Roma, in riferimento all'art. 53 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 maggio 1972.

Giuseppe CHIARELLI - Luigi OGGIONI

Depositata in cancelleria il 18 maggio 1972.