ANNO 1967
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti promossi con due ricorsi del Presidente della Regione siciliana rispettivamente notificati il 21 marzo e il 5 maggio 1967, depositati in cancelleria il 22 marzo ed il 10 maggio 1967, ed iscritti ai nn. 8 e 16 del Registro ricorsi 1967, per conflitto di attribuzione tra la Regione siciliana e lo Stato sulla competenza a costituire le Commissioni provinciali per l'istruttoria delle domande di iscrizione agli albi nazionali degli esportatori di prodotti ortofrutticoli e agrumari e degli esportatori di fiori e piante ornamentali.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 1 dicembre 1967 la relazione del Giudice Giuseppe Chiarelli;
uditi l'avv. Salvatore Villari, per la Regione siciliana, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
1. - La legge 31 dicembre 1931, n. 1806, istituiva un albo per gli esportatori di prodotti ortofrutticoli agrumari, di essenze agrumarie e di fiori, presso ciascun Consiglio provinciale dell'economia. La successiva legge 24 giugno 1942, n. 896, sopprimeva i detti albi provinciali e istituiva l'albo nazionale degli esportatori di prodotti ortofrutticoli presso l'Istituto nazionale per il commercio estero. Tale legge rimase inapplicata.
Costituita la Sicilia in Regione autonoma, quest'ultima, con legge 6 marzo 1951, n. 27, creava il Comitato regionale per l'albo degli esportatori ortofrutticoli agrumari, con le funzioni del Comitato centrale previsto dalla legge 31 dicembre 1931. La legge fu impugnata dal Commissario dello Stato, ma l'Alta Corte per la Regione siciliana respinse il ricorso con sentenza 27 aprile 1951, n. 33.
Successivamente la legge dello Stato 25 gennaio 1966, n. 31, é venuta a regolare nuovamente la materia. Essa istituisce un albo nazionale degli esportatori di prodotti ortofrutticoli ed agrumari e un albo nazionale degli esportatori di fiori e piante ornamentali, e dispone che i detti albi sono tenuti dall'Istituto nazionale per il commercio estero. Prevede una Commissione, presso ciascuna Camera di commercio, per l'istruttoria delle domande di iscrizione e per dar pareri sulle richieste di rappresentanza delle case di spedizione; una Commissione per la tenuta degli albi, presso la I. C. E., con funzioni di deliberare sulle iscrizioni, di provvedere alle reiscrizioni biennali e di applicare sanzioni; un Comitato presso il Ministero del commercio estero, per l'esame dei ricorsi contro gli atti della predetta Commissione. L'art. 10 della legge stabilisce che la Commissione per la tenuta degli albi e il Comitato sono costituiti con decreto del Ministro per il commercio estero, mentre per la Commissione presso la Camera di commercio l'art. 6, secondo comma, dispone che essa "é costituita con decreto del Prefetto ovvero, per le regioni autonome, con decreto del Commissario del Governo".
Entrata in vigore la detta legge, la Presidenza della Regione siciliana, con nota dell'Ufficio legislativo in data 30 marzo 1966, comunicata al Presidente del Consiglio, al Ministro per il commercio estero e all'I. C. E., poneva il problema dell'interpretazione dell'art. 6, esprimendo l'avviso che, in base all'art. 20 dello Statuto della Regione, il potere di nomina delle Commissioni istituite presso le Camere di commercio spettasse, per le varie province dell'isola, ad un organo centrale dell'Amministrazione regionale.
La Presidenza del Consiglio rispondeva con lettera 31 ottobre 1966, sostenendo che, in base all'interpretazione logico-sistematica dell'art. 6, quest'ultimo va inteso nel senso che le Commissioni debbono essere costituite con decreto del Prefetto e, nelle Regioni ad autonomia speciale, con decreto del Commissario del Governo ove questo, in seguito alla soppressione del Prefetto, ne abbia assunto le funzioni: di fatto, nella sola Regione del Trentino-Alto Adige.
La Regione replicò.
Intanto con decreti dell'Assessore regionale per l'industria e commercio furono costituite le Commissioni, che cominciarono a funzionare. Ma con lettera 23 dicembre 1966 alla Camera di commercio di Catania l'Istituto per il commercio estero, richiamandosi alla lettera 31 ottobre 1966 della Presidenza del Consiglio, restituiva le domande già istruite e trasmesse da quella Camera di commercio, non essendo stata la Commissione nominata dal Prefetto.
La lettera dell'Istituto veniva portata a conoscenza dell'Assessorato regionale per l'industria e il commercio, e da questo al Presidente della Regione con nota 24 gennaio 1967.
2. - Con atto 21 marzo 1967 il Presidente della Regione siciliana, rappresentato e difeso dall'avv. Salvatore Villari, ha proposto ricorso contro il Presidente del Consiglio per regolamento di competenza su conflitto di attribuzione determinato dalla lettera dell'I. C. E. 23 dicembre 1966 e dalla lettera del Presidente del Consiglio 31 ottobre 1966.
Nel ricorso si sostiene che l'art. 6 della legge n. 31 del 1966 é norma di organizzazione e le Commissioni in esso previste sono organismi incardinati nelle Camere di commercio, su cui la Regione ha il controllo ai sensi dell'art. 3 del D.P.R. 3 novembre 1949, n. 1182. La Regione ha quindi competenza legislativa primaria nella specifica materia, ai sensi degli artt. 14, lett. p, 15 e 16 dello Statuto, e rivendica pertanto l'esercizio di una competenza amministrativa propria, non decentrata. Si assume inoltre che la ratio dell'art. 6 é di fissare un criterio di decentramento a livello regionale, conforme all'art. 5 della costituzione, attribuendo la nomina della Commissione a un organo statale (Commissario del Governo e, transitoriamente, Prefetto) nelle Regioni a ordinamento autonomo, le quali non hanno competenza in materia, e non intervenendo nelle Regioni a statuto speciale, aventi competenza propria.
Il ricorso prosegue affermando che per l'esercizio del potere di nomina in questione non vi é luogo a trasferimento di uffici, per il motivo già detto che la Regione ha potestà legislativa in materia, e perché sono intervenute norme di attuazione, che hanno operato il trasferimento alla Regione del potere di controllo sulle Camere di commercio. Né occorrerebbero direttive, dato che la composizione delle Commissioni é stabilita tassativamente dalla legge. Del resto, la Regione sarebbe competente anche se la nomina delle Commissioni si ritenesse atto di funzione statale, perché nell'ordinamento autonomistico siciliano l'esercizio della funzione amministrativa decentrata dà luogo a una attribuzione istituzionale di competenza, che non può essere esercitata se non dalla Regione.
3. - Si é costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con atto depositato il 10 aprile 1967.
In esso preliminarmente si deduce che il ricorso é irricevibile per tardività (ex art. 39 legge 11 marzo 1953, n. 87), se si considera proposto in relazione alla lettera del Presidente del Consiglio 31 ottobre 1966, se é vero che a questa fu replicato con nota 30 dicembre 1966; é inammissibile in relazione alla nota dell'I.C.E., la quale non può qualificarsi atto dello Stato, ed é meramente esecutiva della presidenziale citata; sarebbe comunque inammissibile nella parte in cui rivendica agli organi regionali la competenza di cui all'art. 20, primo comma, ultima parte, dello Statuto siciliano, perché ivi si configura un conflitto interorganico e non intersoggettivo.
Nel merito, prosegue l'atto di costituzione, il ricorso é infondato. L'albo nazionale esportatori ortofrutticoli rientra nella materia del commercio con l'estero, su cui la Regione non ha competenza, e le Commissioni per l'istruttoria delle domande sono organi decentrati del Ministero per il commercio estero e agiscono nell'ambito della speciale organizzazione posta in essere dalla legge. Il verificatosi trasferimento della vigilanza e tutela sulle Camere di commercio non esclude l'istituzione di Commissioni statali per funzioni statali, che non possono essere costituite se non con provvedimento statale. Si conclude perché il ricorso sia dichiarato in parte irricevibile, in parte inammissibile, e, subordinatamente, perché sia respinto.
4. - Con altro ricorso, depositato il 10 maggio 1967, il Presidente della Regione siciliana, rappresentato dallo stesso avv. Villari, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri, in relazione al decreto del Prefetto di Siracusa 23 febbraio 1967, col quale é stata costituita la Commissione provinciale di cui all'art. 6 della legge n. 31 del 1966.
Premessa l'istanza che il giudizio sia riunito col precedente, si solleva in via incidentale la questione di legittimità costituzionale della norma su cui si fonda il potere del Prefetto di Siracusa.
Si deduce in proposito che l'art. 7 della legge citata viola l'art. 5, prima parte, della costituzione, perché accentra in una Commissione incardinata presso l'I. C. E. un'attività già decentrata nella Camera di commercio; l'art. 9 viola lo stesso art. 5, seconda parte, della costituzione, perché devolve a un Comitato incardinato nel Ministero per il commercio estero funzioni già svolte dal Comitato regionale istituito con la legge regionale 6 marzo 1951; l'art. 6 viola l'art. 14, lett. o e p, e gli artt. 15 e 16 dello Statuto siciliano, in quanto modifica la struttura organizzativa delle Camere di commercio siciliane, la cui disciplina é riservata alla Regione.
Si deduce inoltre la violazione dell'art. 20, primo comma, dello Statuto siciliano, sostenendosi che in base ad esso il potere amministrativo spetta per diretta attribuzione statutaria agli organi regionali, sia nelle materie connesse a competenza legislativa, sia in quelle escluse.
La Commissione centrale per la tenuta degli albi, prosegue il ricorso, é organo dell'I.C.E. e non del Ministero, e la Commissione provinciale non é organo subordinato gerarchicamente all'I.C.E., per cui le sue funzioni non possono essere considerate né funzioni statali decentrate, né funzioni dell'I.C.E. decentrate alle Camere di commercio, perché la legge le attribuisce direttamente a queste ultime.
Quanto all'interpretazione dell'art. 6, si sostiene, come nel precedente ricorso, che con esso si é voluta una localizzazione del potere di costituzione delle Commissioni a livello regionale, e che la norma attributiva del potere al Prefetto ha carattere provvisorio e si applica nelle more della costituzione delle regioni ordinarie.
Si conclude nel senso che, previa risoluzione della questione di legittimità costituzionale, sia dichiarata la competenza dell'Assessore regionale e sia annullato il decreto del Prefetto di Siracusa.
5. - Anche in questo giudizio si é costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con deduzioni depositate il 18 maggio 1967.
In esse si eccepisce preliminarmente che il ricorso é inammissibile, sotto due riflessi: perché il decreto del Prefetto di Siracusa é atto meramente esecutivo della determinazione del Presidente del Consiglio e delle istruzioni di cui alla circolare del 20 dicembre 1966 del Ministero dell'interno, e perché il decreto stesso non é atto idoneo a manifestare la definitiva volontà dello Stato, emanando da organo periferico, gerarchicamente dipendente dagli organi centrali.
Nel merito si sostiene l'infondatezza del ricorso e della questione di legittimità costituzionale, ribadendo la tesi che le norme di cui trattasi riguardano la materia del commercio con l'estero, su cui la Regione non ha competenza, e che le Commissioni provinciali sono organi decentrati del Ministero.
Si conclude per la dichiarazione di inammissibilità e, subordinatamente, per il rigetto del ricorso.
6. - Entrambe le parti hanno presentato unica memoria per i due giudizi.
Nella memoria dell'Avvocatura dello Stato si confermano le eccezioni pregiudiziali, rimettendosi per altro alla Corte. Circa la questione di legittimità costituzionale, se ne sostiene l'irrilevanza per quanto riguarda gli artt. 7 e 9 della legge, e comunque la manifesta infondatezza. Per quanto riguarda l'art. 6, si nega che sia stata invasa la competenza della Regione in materia di ordinamento delle Camere di commercio, giacché tale articolo, istituendo Commissioni presso di esse, non ne ha modificato la struttura organizzativa.
Infondata é altresì la questione di legittimità costituzionale per contrasto con l'art. 20, primo comma, ultima parte, dello Statuto, perché la c.d. attività statale decentrata non può essere considerata attività amministrativa propria della Regione, e perché la norma statutaria non comprende tutte le funzioni statali, ma solo quelle che per loro natura possono essere svolte da organi regionali.
Si insiste per il rigetto dei ricorsi, confermando la tesi che non si é in materia di competenza della Regione, e che le Commissioni di cui trattasi sono organi decentrati del Ministero del commercio con l'estero, che agiscono nell'ambito della speciale organizzazione posta in essere dalla legge.
Nella memoria della Regione si resiste alle eccezioni pregiudiziali. Si ribadisce quindi la tesi che le Commissioni provinciali sono organi interni delle Camere di commercio, e che alla costituzione di esse deve provvedere l'autorità regionale. Si confermano le già avanzate richieste.
7. - Nella discussione orale i difensori delle parti hanno sviluppato gli esposti argomenti.
Considerato in diritto
1. - Le due cause riguardano la stessa questione e possono essere riunite e decise con unica sentenza.
2. - La difesa della Presidenza del Consiglio ha sollevato varie eccezioni pregiudiziali di irricevibilità e di inammissibilità dei due ricorsi, in relazione ai singoli atti denunciati dalla Regione come lesivi della sua competenza, rimettendosi per altro alla giustizia della Corte. La difesa della Regione, da parte sua, ha precisato nella memoria che i due atti che, secondo il suo assunto, incidono effettivamente sulla competenza regionale sono la lettera 23 dicembre 1966 dell'I. C. E., con la quale si restituivano alla Camera di commercio di Catania alcune domande di iscrizione all'albo degli esportatori ortofrutticoli, perché istruite da Commissione non nominata dal Prefetto, e il decreto 23 febbraio 1967 del Prefetto di Siracusa, col quale si costituiva per quella provincia la Commissione di cui all'art. 6 della legge 25 gennaio 1966, n. 31.
In relazione alla prima, la Corte osserva che l'eccezione di inammissibilità del ricorso perché la detta lettera non può qualificarsi atto dello Stato non potrebbe essere decisa indipendentemente dal merito, collegandosi alla più ampia questione se la organizzazione prevista dalla legge predetta sia una organizzazione statale decentrata del Ministero per il commercio estero, come si assume dalla stessa Avvocatura dello Stato: é chiaro infatti che solo dalla soluzione di tale questione può dipendere la qualificazione degli atti emanati nell'ambito della detta organizzazione come atti statali. Né la lettera dell'I. C. E. può essere considerata meramente esecutiva della lettera del Presidente del Consiglio a cui fa riferimento, perché, se quest'ultima, in base al suo contenuto interpretativo dell'art. 6, affermava in via generale ed astratta la competenza dello Stato nella nomina delle Commissioni, la lettera dell'I. C. E. conteneva un provvedimento col quale, ritenendo, sia pure con motivazione ob relationem, l'illegittimità delle pratiche istruite dalla Commissione provinciale di Catania, si negava in concreto la competenza di tale Commissione, perché nominata dall'Assessore regionale.
A maggior ragione non può negarsi l'ammissibilità del ricorso in relazione al decreto del Prefetto di Siracusa, che ha proceduto alla nomina della Commissione, in quanto con esso si é in concreto e positivamente affermata la competenza dello Stato, che viene invece negata dalla Regione. Né ostacola la proponibilità del ricorso l'asserito carattere non definitivo di tale atto del Prefetto. Infatti il vigente ordinamento dei conflitti costituzionali di attribuzione richiede che il conflitto sia insorto fra "organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà dei poteri cui appartengono" per quanto riguarda i conflitti tra poteri dello Stato (art. 37 legge 11 marzo 1953, n. 87), mentre per quanto riguarda i conflitti tra Stato e Regione l'art. 39 della citata legge non richiede la definitività dell'atto che ha dato luogo al conflitto. E la differente normativa corrisponde ai caratteri peculiari dei due tipi di conflitto. Non può infatti configurarsi un conflitto tra i "poteri dello Stato" finché non ci sia stata una definitiva manifestazione della loro volontà. Finché essa manchi, non c'é il conflitto tra "poteri" dello Stato.
Ed é da notare che in questi casi il concetto di definitività non corrisponde del tutto al concetto di definitività dell'atto amministrativo.
Nei rapporti, invece, tra Stato e Regioni, l'atto lesivo della competenza di uno dei due soggetti può consistere in qualunque atto di un loro organo che, nell'esercizio di funzioni legislative o amministrative, affermi in concreto la propria competenza o neghi l'altrui. La definitività dell'atto non é richiesta dal legislatore come presupposto del giudizio di regolamento di attribuzione, e l'interprete non può a lui sostituirsi nel porre condizioni che possano essere preclusive della proponibilità del conflitto.
La ragione per cui non si richiede la definitività dell'atto sta nella particolare natura del giudizio di cui trattasi, diretto alla immediata risoluzione del conflitto, con la conseguente rimozione, ad opera dell'organo istituito a garanzia del rispetto delle competenze costituzionalmente stabilite, della situazione di illegittimità costituzionale eventualmente determinatasi. Il sistema trova riscontro nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale, che può essere proposto in qualunque grado del giudizio principale.
D'altra parte, quando l'atto che ha dato occasione al conflitto non é definitivo, resta aperta la via alla Regione o allo Stato, una volta venuti a conoscenza della proposizione del conflitto, di confermare, resistendo in giudizio, la propria competenza, o di annullare l'atto, ad opera dell'organo gerarchicamente superiore, eventualmente determinando la cessazione della materia del contendere.
In base alle esposte considerazioni deve ritenersi validamente proposto il conflitto di attribuzione di cui ai due ricorsi della Regione siciliana, restando assorbite le altre eccezioni pregiudiziali riguardanti atti diversi da quelli innanzi esaminati.
3. - Col secondo ricorso é stata sollevata incidentalmente dalla Regione una questione di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 6, 7 e 9 della legge 25 gennaio 1966, n. 31.
In conformità alla giurisprudenza di questa Corte (ord. n. 22 del 1960
e sentenza n. 51 del 1965), la questione é ammissibile, nei limiti della sua rilevanza per la risoluzione del conflitto e della non manifesta infondatezza.Ritiene tuttavia la Corte che la rilevanza non sussiste per gli artt. 7 e 9 della legge, impugnati in riferimento all'art. 5, rispettivamente prima e seconda parte, della costituzione.
Infatti, l'art. 7 istituisce la Commissione per la tenuta degli albi presso l'I. C. E. e, secondo l'assunto della Regione, sarebbe illegittimo perché accentra in tale organo incardinato nell'I. C. E. una attività già decentrata nelle Camere di commercio; l'art. 9 istituisce presso il Ministero per il commercio estero il Comitato per l'esame dei ricorsi contro gli atti della Commissione, e sarebbe illegittimo perché devolve a tale Comitato funzioni già svolte dal Comitato regionale istituito con legge regionale 6 marzo 1951.
Se non che il presente conflitto ha per oggetto la competenza a costituire le Commissioni per l'istruzione delle domande di iscrizione, di cui all'art. 6. Non potrebbe perciò influire sulla risoluzione di esso una decisione sulla legittimità costituzionale dell'incardinamento nell'I. C. E. della Commissione per la tenuta degli albi e sulla legittimità costituzionale dell'attribuzione al Comitato presso il Ministero delle funzioni già assegnate al Comitato regionale dalla legge regionale.
Sarebbero invece rilevanti nel presente giudizio le questioni sollevate in relazione all'art. 6, in applicazione del quale sono stati emessi gli atti che hanno dato luogo al conflitto. Esse sono però manifestamente infondate.
4. - Si assume dalla Regione che l'art. 6 della legge 25 gennaio 1966, n. 31, col disporre che la Commissione per l'istruttoria delle domande, istituite presso ciascuna Camera di commercio, é costituita con decreto del Prefetto o, nelle Regioni autonome, con decreto del Commissario del Governo, turba la struttura organizzativa delle Camere di commercio siciliane, la cui disciplina é riservata alla Regione in base agli artt. 14, lett. o e p, 15 e 16 dello Statuto.
Ma va osservato che la legge n. 31 del 1966 disciplina gli albi nazionali degli esportatori di prodotti ortofrutticoli e agrumari e degli esportatori di fiori, creando una speciale organizzazione per le iscrizioni agli albi stessi, per la loro tenuta e per l'applicazione di sanzioni agli iscritti che contravvengano alle norme concernenti le esportazioni ortofrutticole e agrumarie o che arrechino pregiudizio agli interessi economici nazionali (art. 11). Si é pertanto nel campo della disciplina del commercio con l'estero, non potendosi dubitare che attiene a tale materia la determinazione dei soggetti autorizzati a quel commercio e l'esercizio del potere disciplinare sulla loro attività.
La Commissione di cui all'art. 6 fa parte della detta organizzazione; vale a dire, dell'apparato predisposto dalla legge dello Stato per lo svolgimento di una funzione di interesse nazionale. É da tener presente a questo proposito che la Commissione, oltre alla funzione di istruire le domande di iscrizione all'albo, ha anche una funzione consultiva del Ministero per il commercio estero per quanto riguarda l'autorizzazione alle case di esportazione di rappresentare l'esportatore, previa cauzione a garanzia del rispetto delle norme in materia (art. 3).
Il fatto che la Commissione stessa sia istituita "presso" la Camera di commercio, e sia presieduta dal presidente di questa, non fa di essa un organo della Camera di commercio, né altera la struttura di quest'ultima.
Non può pertanto ravvisarsi, nel fatto che l'art. 6 abbia attribuito al Prefetto o al Commissario dello Stato la costituzione della Commissione (praticamente la nomina formale del presidente di diritto e dei membri designati dalle associazioni di categoria), una violazione della competenza della Regione in materia di regime e di ordinamento degli enti locali, e in particolare in materia di ordinamento delle Camere di commercio.
Né va trascurata la circostanza che la legge 24 giugno 1942, n. 896, sopprimendo gli albi provinciali, aveva fatto divieto agli uffici dell'albo, istituiti dalla precedente legge 31 dicembre 1931, n. 1806, presso i Consigli provinciali delle corporazioni, di accettare nuove domande di iscrizione, mantenendo i detti uffici solo a titolo provvisorio, e privati del potere di accettazione di nuove domande, fino all'applicazione della nuova legge. Pertanto, la sopravvenuta legge 25 gennaio 1966 non ha inciso, con l'art. 6, sull'ordinamento di uffici delle Camere di commercio, succedute ai Consigli provinciali delle corporazioni, giacché fin dalla ricordata legge del 1942 non esistevano, presso questi ultimi, uffici aventi competenza in materia di iscrizione agli albi.
All'art. 6, il solo che, come si é detto, riguarda il presente giudizio, non può neanche essere riferita la dedotta violazione dell'art. 14, lett. p, dello Statuto siciliano, in quanto l'articolo stesso non ha per oggetto l'ordinamento di uffici ed enti regionali.
5. - Manifestamente infondata é anche la questione di legittimità costituzionale per violazione dell'art. 20, primo comma, dello Statuto per la Regione siciliana.
L'aver escluso, per le ragioni innanzi esposte, che l'art. 6 della legge n. 31 concerna la materia di cui all'art. 14, lett. o e p. dello Statuto porta anche ad escludere che l'art. 6 abbia violato la competenza amministrativa spettante alla Regione in base alla prima parte del primo comma dell'art. 20. Ma non sussiste neanche violazione della seconda parte di tale comma. Non può infatti accogliersi la tesi della Regione, secondo la quale in tutte le materie non comprese negli artt. 14, 15 e 17 dello Statuto siciliano lo Stato avrebbe solo un potere di dettare direttive di indirizzo politico o amministrativo; direttivo per cui non ci sarebbe spazio rispetto agli atti di costituzione delle Commissioni di cui allo art. 6. Questa Corte ha già affermato che la previsione di una attività amministrativa della Regione secondo le direttive del Governo non ha privato lo Stato delle titolarità delle funzioni amministrative nelle materie non comprese negli artt. 14, 15 e 17 (in tal senso, tra le altre, la sent. n. 3 del 1964): funzioni che saranno affidate alla Regione, con la determinazione delle direttive, quando per la loro natura, e secondo il principio del decentramento, possono essere svolte dall'autorità regionale.
D'altra parte, come ha affermato la difesa della Presidenza del Consiglio, il denunciato art. 6 non esclude una futura attribuzione al Presidente e agli Assessori regionali dell'esercizio della funzione ivi prevista.
6. - Le considerazioni innanzi esposte a proposito della questione di legittimità costituzionale valgono per la risoluzione del conflitto di attribuzione.
Non occorre qui indugiare sulla tesi della Regione secondo la quale l'art. 6 andrebbe interpretato nel senso che l'attribuzione del potere di nomina delle Commissioni al Prefetto avrebbe carattere provvisorio e si applicherebbe solo alle Regioni a statuto comune nelle more della loro costituzione, mentre nelle Regioni oggi esistenti quel potere spetterebbe agli organi regionali competenti secondo i rispettivi statuti.
Questa interpretazione potrebbe fornire il criterio di risoluzione del conflitto soltanto qualora fosse la sola deducibile da norme costituzionali che vietassero l'attribuzione di quel potere a organi diversi dai regionali. Ma si é visto innanzi come la materia a cui l'art. 6 si riferisce non rientra tra quelle attribuite alla competenza della Regione e come non sia conseguentemente illegittima l'attribuzione di quei poteri ad organi non regionali e l'esercizio di essi da parte dei medesimi. Ciò é sufficiente per escludere che gli atti emanati da organi dello Stato in applicazione dell'art. 6 possano essere considerati lesivi della competenza della Regione, mentre va dichiarata la competenza dello Stato nella materia di cui al detto articolo, rientrante nella disciplina del commercio estero e nella relativa organizzazione; materia non compresa nella competenza legislativa e nella competenza amministrativa, propria o decentrata, della Regione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
respinge le eccezioni di inammissibilità dei ricorsi;
dichiara che spetta agli organi dello Stato la competenza a costituire le Commissioni di cui all'art. 6 della legge 25 gennaio 1966, n. 31, e respinge in conseguenza i ricorsi della Regione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1967.
Gaspare AMBROSINI - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI
Depositata in cancelleria il 15 dicembre 1967.