SENTENZA N. 3
ANNO 1964
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente
Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO
Prof. ANTONINO PAPALDO
Prof. NICOLA JAEGER
Prof. GIOVANNI CASSANDRO
Prof. BIAGIO PETROCELLI
Dott. ANTONIO MANCA
Prof. ALDO SANDULLI
Prof. GIUSEPPE BRANCA
Prof. MICHELE FRAGALI
Prof. COSTANTINO MORTATI
Prof. GIUSEPPE CHIARELLI
Dott. GIUSEPPE VERZÌ
Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso dal Presidente della Regione siciliana con ricorso notificato l'8 aprile 1963, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 22 successivo ed iscritto al n. 5 del Registro ricorsi 1963, per conflitto di attribuzione tra la Regione siciliana e lo Stato, sorto a seguito della circolare del Ministro per la pubblica istruzione 30 novembre 1962, n. 7325, avente ad oggetto "Concorsi magistrali: ricorsi gerarchici".
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 4 dicembre 1963 la relazione del Giudice Giuseppe Castelli Avolio;
uditi l'avv. Giuseppe Guarino, per la Regione siciliana, e il sostituto avvocato generale dello Stato Francesco Agrò, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Con ordinanza 31 luglio 1961, n. 2250/48, il Ministro per la pubblica istruzione dettava norme in materia di concorsi magistrali a posti del ruolo normale e del ruolo in soprannumero, e regolava, fra l'altro, con gli artt. 22 e 31, la procedura dei ricorsi gerarchici contro i provvedimenti di esclusione dai concorsi o di decadenza da ogni diritto conseguente alla partecipazione ai medesimi, emessi dai Provveditori agli studi, stabilendo che le impugnazioni andavano presentate ad esso Ministro entro quindici giorni dalla comunicazione del provvedimento impugnato.
Con circolare, poi, del 30 novembre 1962, n. 7325, diretta ai Provveditori agli studi della Sicilia, e per conoscenza all'Assessorato della pubblica istruzione della Regione siciliana, rispondendo ad un quesito sollevato dal Provveditore agli studi di Catania, in vista di altra circolare con cui l'Assessorato alla Regione aveva affermato la propria competenza a decidere i ricorsi gerarchici prodotti dagli insegnanti elementari in materia di concorsi magistrali, il Ministero della pubblica istruzione, richiamandosi ai citati articoli dell'ordinanza n. 2250/48, ricordava che la disciplina ivi prevista non prevedeva deroghe per la Regione siciliana, e che, d'altra parte, il Ministero aveva già provveduto a decidere numerosi ricorsi del genere. Invitava quindi, testualmente, il Provveditore "ad attenersi anche per l'avvenire alle disposizioni dell'ordinanza".
2. - Con ricorso del 6 aprile 1963, notificato l'8 aprile e depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 22 dello stesso mese, il Presidente pro tempore della Regione siciliana, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Guarino, previa delibera della Giunta regionale del 4 marzo 1963, dato atto di avere avuto conoscenza della citata circolare solo nel marzo 1963, sollevava conflitto di attribuzione contro la stessa, affermando che invadeva la sfera di competenza amministrativa spettante alla Regione, a norma dell'art. 20 dello Statuto siciliano, in relazione agli artt. 14, lett. r, e 17, lett. d, dello Statuto medesimo.
A sostegno del ricorso la Regione osserva che, a norma dell'art. 20, il Presidente e gli assessori svolgono in via primaria, cioè in base ad una competenza propria, le funzioni esecutive ed amministrative concernenti le materie di cui agli artt. 14, 15 e 17 dello Statuto, fra cui l'istruzione elementare, mentre, nelle materie non comprese in tali articoli, svolgono un'attività amministrativa secondo le direttive dei Governo dello Stato.
L'esercizio di tali funzioni amministrative sarebbe senz'altro obbligatorio per il Presidente e gli assessori, che però svolgerebbero quelle concernenti le materie non comprese nei detti artt. 14, 15 e 17 come organi decentrati dello Stato, in virtù di un'attribuzione istituzionale operata dalla norma costituzionale. Essendo la pubblica istruzione materia di competenza legislativa ed amministrativa primaria della Regione a norma degli artt. 14 e 15 dello Statuto, non sarebbe rilevante la mancanza delle direttive di cui all'art. 20. Comunque, anche nelle altre materie, non potrebbe consentirsi che l'esercizio della relativa potestà amministrativa resti subordinato all'emanazione delle direttive statali.
Il potere amministrativo regionale non potrebbe infatti essere condizionato dalle direttive centrali, dovendosi ritenere che queste sarebbero vincolanti, ove esistano, mentre la loro carenza non impedirebbe l'esercizio delle potestà regionali, poiché, in caso contrario, lo Stato sarebbe arbitro di trasferire o meno l'esercizio delle competenze stesse alla Regione, e ciò sarebbe in contrasto con la lettera e lo spirito dell'art. 20 dello Statuto siciliano.
Comunque, aggiunge la Regione, nella materia in esame non sarebbero configurabili direttive di sorta, poiché per la decisione dei ricorsi gerarchici, si tratta esclusivamente di interpretare la legge, ed é logicamente inammissibile l'emanazione di direttive al riguardo.
La Regione afferma, inoltre, di avere esercitato la funzione in esame fin dalla sua istituzione, decidendo numerosi ricorsi in materia con il consenso ed anzi la collaborazione dello Stato, che trasmetteva all'Assessorato regionale quelli erroneamente indirizzati al Ministero della pubblica istruzione, ed all'uopo fa riferimento alla allegata documentazione. Ricorrerebbe, quindi, una fattispecie analoga a quella decisa con la sentenza n. 77 del 1958 della Corte costituzionale, riguardante il caso dei provvedimenti di trasferimento e assegnazione provvisoria di maestri adottati dalla Regione, e che la Corte ha ritenuto emanati dalla Amministrazione regionale quale organo decentrato dallo Stato.
La Regione infine, per quanto occorra, dichiara di estendere l'impugnativa all'ordinanza ministeriale 31 luglio 1961, spiegando peraltro che con l'ordinanza stessa, riferentesi genericamente al territorio nazionale, non si sarebbe posta in essere la lamentata violazione dell'art. 20 dello Statuto siciliano, violazione che si sarebbe verificata, invece, con la circolare 30 novembre 1962, che ribadiva specificamente, nei confronti della Regione siciliana, il precetto enunciato nella ordinanza secondo cui i ricorsi vanno presentati al Ministro per la pubblica istruzione.
Conclude chiedendo dichiararsi la competenza di essa Regione per l'esercizio delle funzioni amministrative relative alla decisione dei ricorsi gerarchici degli insegnanti elementari avverso gli atti dei Provveditori agli studi della Sicilia in materia di concorsi magistrali, ed annullarsi, conseguentemente, i provvedimenti impugnati.
3. - Si sono costituiti dinanzi alla Corte il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro per la pubblica istruzione pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato le deduzioni difensive il 26 aprile 1963.
L'Avvocatura eccepisce pregiudizialmente l'inammissibilità del ricorso, rilevando che la circolare impugnata sarebbe un mero atto di esecuzione dell'ordinanza ministeriale del 1961, il cui termine di impugnativa sarebbe largamente decorso.
Nel merito afferma che non essendo stato ancora disposto il trasferimento alla Regione degli uffici e servizi relativi alla istruzione pubblica, questi sarebbero ancora gerarchicamente subordinati soltanto ai superiori uffici statali, e ciò anche se deve ammettersi che, di fatto, la Regione abbia esercitato funzioni amministrative in tema di pubblica istruzione. Dovendosi escludere un vincolo gerarchico tra i Provveditori e l'Assessore regionale alla P.I. , dovrebbe del pari escludersi il potere di questo ultimo di decidere i ricorsi gerarchici contro i provvedimenti adottati dai primi.
Irrilevante parrebbe quindi la questione concernente l'emanazione delle direttive ai sensi dell'art. 20 dello Statuto siciliano, cui accenna la Regione; e si paleserebbe altresì inconferente il richiamo alla sentenza n. 77 del 1958 della Corte, trattando questa un'ipotesi tutt'affatto diversa, dove non era questione di ricorsi gerarchici, ma di "provvedimenti amministrativi lasciati adottare dallo Stato alla Regione".
Conclude, pertanto, l'Avvocatura chiedendo dichiararsi inammissibile o comunque rigettarsi il ricorso.
4. - La difesa della Regione ha depositato, nei termini, una memoria illustrativa, con la quale sviluppa le tesi difensive già esposte, ampliandole, e si oppone alle obbiezioni svolte dall'Avvocatura.
In particolare la difesa della Regione ribadisce l'affermazione che l'effettivo esercizio delle funzioni amministrative previste dall'art. 20 dello Statuto non sarebbe subordinato alla previa emanazione delle norme di attuazione di cui all'art. 43 dello Statuto stesso, perché il trasferimento delle funzioni sarebbe avvenuto in virtù della stessa norma costituzionale che attribuirebbe in concreto e non in via ipotetica al Presidente e agli assessori regionali una permanente competenza amministrativa "in via generale", e cioè riferentesi non solo alle materie demandate alla competenza legislativa della Regione, ma anche a quelle destinate a rimanere nella sfera legislativa dello Stato. Ciò sarebbe confermato dalla circostanza che, in effetti, la Regione cominciò ad operare normalmente anche prima della emanazione delle norme di attuazione.
Secondo la difesa della Regione, la citata norma statutaria avrebbe inteso mantenere l'orientamento già sancito in materia con i DD. LL. 18 marzo 1944, n. 91, 28 dicembre 1944, n. 416, e 1 febbraio 1945, n. 50, con cui si creò in Sicilia l'Alto Commissario, e gli si conferirono quasi tutte le attribuzioni delle amministrazioni centrali. Non sarebbe verosimile pensare infatti, secondo la Regione, che lo Statuto, norma fondamentale dell'autonomia regionale, abbia voluto togliere alla Sicilia ciò che essa già aveva in forza dei citati decreti. Si tratterebbe quindi di sostituzione dell'Alto Commissario con il Presidente e gli assessori regionali, e rivestendo questi ultimi la qualità di organi statali decentrati, si appaleserebbe di tutta evidenza che gli stessi potrebbero esercitare le loro funzioni indipendentemente dall'emanazione delle norme di attuazione.
La difesa della Regione poi, sulla base delle esposte considerazioni, afferma l'esistenza del vincolo di supremazia gerarchica fra l'Assessore regionale competente ed i Provveditori agli studi, e contesta quindi la tesi difensiva dell'Avvocatura, secondo cui, viceversa, la mancanza di tale vincolo comporterebbe il difetto, da parte dell'Assessore, della potestà di decidere i ricorsi gerarchici contro i provvedimenti in esame.
La difesa della Regione, infine, ulteriormente insiste sul significato favorevole alla propria tesi delle esibite comunicazioni "per competenza" all'Assessore regionale, da parte del Ministero, di atti relativi a ricorsi che "per errore" gli erano stati diretti, e confuta l'eccezione pregiudiziale di inammissibilità del ricorso sollevata dall'Avvocatura, riaffermando che l'ordinanza ministeriale 31 luglio 1961, interpretata alla luce di tali rilievi di fatto, dovrebbe chiaramente intendersi come rivolta a disciplinare in via generale la materia, e non potrebbe, in difetto di espressa menzione, modificare la regolamentazione speciale costantemente attuata per la Sicilia. Ciò senza dire che, in ogni caso, nessuna prova l'avversario avrebbe fornito circa l'avvenuta conoscenza della ordinanza da parte della Regione in epoca anteriore al termine di impugnazione.
La Regione pertanto insiste nelle già prese conclusioni.
5. - L'Avvocatura ha pure depositato, nei termini, una memoria illustrativa con cui formula, in via pregiudiziale, ulteriori motivi di inammissibilità del ricorso. Afferma in sostanza l'Avvocatura - richiamandosi alla sentenza n. 83 del 1962 della Corte - che, nella specie, non potrebbe profilarsi un conflitto di attribuzione, in quanto, non essendo ancora intervenute le norme di attuazione in materia di istruzione elementare, e non essendo quindi ancora passata alla Regione la relativa competenza amministrativa, nel caso attuale il conflitto si determinerebbe, quanto ai soggetti, non fra lo Stato e la Regione, ma fra il Ministero della P.I. , organo amministrativo centrale dello Stato, e il Presidente della Giunta o l'Assessore regionale, pure organi amministrativi statali, anche se decentrati, e quanto all'oggetto, non sulla interpretazione dello Statuto, che non potrebbe essere invocato fino alla emanazione delle norme di attuazione, bensì in relazione al D.L. 30 giugno 1947, n. 567, che é norma legislativa ordinaria.
Per il resto, l'Avvocatura ribadisce le argomentazioni svolte in precedenza, e conferma, pertanto, le già prese conclusioni.
Considerato in diritto
1. - L'Avvocatura dello Stato ha eccepito la inammissibilità del ricorso sotto un duplice profilo. Dovrebbe dichiararsi inammissibile il ricorso in quanto la circolare impugnata del 30 novembre 1962 non sarebbe altro che mero atto di esecuzione dell'ordinanza ministeriale del 31 luglio 1961, non impugnata a suo tempo dalla Regione siciliana. Se, poi, dovesse ammettersi che, in forza della seconda parte del primo comma dell'art. 20 dello Statuto speciale per la Sicilia, il Presidente della Regione o l'Assessore regionale alla P.I. agiscano quali organi dello Stato, recependo da questo il potere di decidere i ricorsi gerarchici di cui si tratta, non potrebbe ipotizzarsi un conflitto costituzionale di attribuzioni fra organi rientranti entrambi nella stessa organizzazione amministrativa dello Stato, nell'esercizio di un potere di questo proprio.
É ovvio che, sotto questo secondo profilo, l'eccezione é da disattendere, perché involge proprio la risoluzione della questione di merito che la Corte é chiamata a decidere.
2. - É da osservare peraltro che, come questa Corte varie volte ha ritenuto (v. sentenze 7 marzo 1957, n. 46; 16 dicembre 1958, n. 77), nei giudizi dinanzi ad essa proposti in via principale, non può senz'altro darsi assoluta rilevanza a quelle preclusioni, come l'inammissibilità del ricorso, che altrimenti spiegano piena efficacia nei giudizi inter partes. Tuttavia é da notare, rispetto al primo profilo come sopra delineato dell'eccezione di inammissibilità sollevata dall'Avvocatura dello Stato, che, comunque voglia qualificarsi la circolare ministeriale del novembre 1962, o quale norma di esecuzione della precedente ordinanza del luglio 1961, o, piuttosto, quale atto confermativo di questa, non può farsi questione di tardività del ricorso rispetto all'ordinanza, perché non risulta che essa sia stata comunicata o che comunque sia venuta a conoscenza dei competenti organi della Regione. E tale comunicazione o la conoscenza erano imprescindibili, per il decorso del termine di cui all'art. 39 della Legge 11 marzo 1953, n. 87, trattandosi di un atto interno dell'Amministrazione della pubblica istruzione, i cui destinatari erano i Provveditori agli studi, cioè organi propri dell'Amministrazione medesima, periferici.
3. - Nel merito il ricorso é infondato.
La difesa della Regione sostiene che il Presidente della Giunta regionale o l'Assessore alla P.I. abbiano, in base all'art. 20 dello Statuto, una competenza amministrativa generale e permanente, che si riferirebbe "non solo alle materie demandate alla competenza legislativa della Regione, tassativamente indicate nello Statuto, ma anche a quelle destinate a rimanere di pertinenza dello Stato".
Per sorreggere questa affermazione si richiama, innanzi tutto, ad un elemento storico, cioè ai precedenti legislativi rappresentati dal D.L. 18 marzo 1944, n. 91, e dal D.L.L. 28 dicembre 1944, n. 416, modificato col D.L.L. 1 febbraio 1945, n. 50. Con questi decreti fu creato in Sicilia l'Alto Commissariato il quale, salvo alcune esclusioni, era competente ad esercitare nell'Isola tutte le attribuzioni delle Amministrazioni centrali. Soppresso l'Alto Commissariato e entrato in vigore lo Statuto speciale, "sarebbe inverosimile - scrive la difesa della Regione - pensare che lo Statuto, norma fondamentale dell'autonomia siciliana, abbia voluto togliere alla Sicilia ciò che la Sicilia già aveva:
sarebbe contraddittorio concludere che lo Statuto, atto emanato per approfondire e sviluppare il solco iniziato col D.L. del 1944, n. 91, abbia introdotto restrizioni rispetto alla disciplina preesistente". Ma questo riferimento e l'illazione che se ne trae non valgono, perché é appunto il D.L. del 1944, n. 91, che, nello stabilire, con l'art. 2, le attribuzioni dell'Alto Commissariato per la Sicilia, espressamente eccettuava, nell'ultimo comma, la materia riguardante gli impiegati dello Stato (e non si é mai dubitato che gli insegnanti elementari siano impiegati dello Stato) e quelli degli enti di diritto pubblico. E questa esclusione veniva confermata nell'art. 1 del pure invocato D.L. L. 28 dicembre 1944, n. 416. Il D.L.L. 1 febbraio 1945, n. 50, concerne modificazioni riguardanti soltanto la composizione della Consulta regionale e non contiene alcuna norma che si riferisca alle attribuzioni dell'Alto Commissariato, mentre col D.L. 30 giugno 1947, n. 567, che reca norme transitorie per l'attuazione dello Statuto siciliano, veniva stabilito che: "fino a quando non sarà attuato completamente il passaggio degli uffici e del personale dello Stato alla Regione, e fino a quando non saranno emanate tutte le norme occorrenti per l'attuazione dello Statuto della Regione siciliana, continuano ad osservarsi, in quanto applicabili, le disposizioni del R.D.L. 18 marzo 1944, n. 91, e successive aggiunte e modificazioni". Si é riportati, quindi, alla eccettuazione espressamente contenuta nel richiamato precedente decreto.
4. - Bisogna pertanto riandare all'art. 20 dello Statuto speciale per accertare se questo, per se stesso, in qualche guisa giustifichi l'attribuzione della materia in esame agli organi della Regione.
La difesa della Regione sostiene che i suoi organi sarebbero competenti in base alla disposizione del primo comma, seconda parte, dell'art. 20, e che nel caso in esame ricorrerebbe una fattispecie analoga a quella decisa dalla Corte con la menzionata sentenza n. 77 del 1958. Ma va subito osservato che la controversia decisa con questa sentenza era del tutto particolare. La Corte, limitando il proprio esame, in relazione al caso da decidere, alla materia dei trasferimenti e delle assegnazioni provvisorie di insegnanti elementari disposti dall'Assessore regionale alla P.I. , ebbe a rilevare che il Ministero aveva "sempre" inviato all'Assessore i relativi atti e che non erano mancate le direttive dell'Amministrazione centrale. E concludeva: "Di conseguenza, si deve dichiarare che la Regione ha operato nella materia della presente controversia non jure proprio, bensì quale organo decentrato dell'Amministrazione statale, la quale rimane titolare di questi poteri fino a quando non passeranno alla Regione con il procedimento stabilito dall'art. 43 dello Statuto siciliano o in altra guisa giuridicamente efficace. In tale veste l'Amministrazione regionale é tenuta a sottostare alle direttive dell'Amministrazione centrale dello Stato". In questo modo la Corte, mentre decideva un caso particolare, chiaramente precisava il concetto - che va ribadito anche rispetto all'attuale controversia - che, per aversi una competenza decentrata della Regione in virtù della seconda parte del primo comma dell'art. 20 dello Statuto speciale, occorre, come del resto si desume dal detto articolo, che vi sia l'attribuzione del potere da parte del competente organo dello Stato - attribuzione sia pure desumibile da fatti concreti - e che da quello vengano date le direttive. Diviene una quaestio facti il modo come tali direttive siano date.
Nel caso attuale: la materia é diversa da quella esaminata nella ricordata sentenza, trattandosi di proposizione e risoluzione di ricorsi gerarchici; non sono stati inviati per la decisione all'organo regionale tutti i ricorsi inoltrati al Ministero della P.I. (i due, soltanto, trasmessi dal Ministero all'Assessore dopo l'ordinanza del 1961, potrebbero anche essere stati inviati per errore); mancano del tutto le direttive, le quali non é escluso che possano essere date anche in questa materia.
Si deve dunque risolvere la presente controversia affermandosi la competenza del Ministro per la P.I. a decidere i ricorsi gerarchici degli insegnanti elementari in materia di concorsi banditi nelle Province della Sicilia, e respingersi, di conseguenza, il ricorso della Regione;
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
respinge l'eccezione di inammissibilità del ricorso;
dichiara che spetta al Ministro della pubblica istruzione la competenza a decidere i ricorsi gerarchici in materia di concorsi magistrali delle Province siciliane;
respinge, in conseguenza, il ricorso della Regione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 gennaio 1964.
Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO.
Depositata in Cancelleria il 1 febbraio 1964.