Sentenza n. 51 del 1965
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SENTENZA N. 51

ANNO 1965

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio promosso dal Presidente della Regione del Trentino-Alto Adige con ricorso notificato il 28 aprile 1964, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 6 maggio successivo, ed iscritto al n. 6 del Registro ricorsi 1964, per conflitto di attribuzione tra la Regione del Trentino-Alto Adige e lo Stato, sorto a seguito del provvedimento del Medico provinciale di Bolzano 2 marzo 1964, n. 789/30, concernente la classificazione nella prima categoria dell'Ospedale civile di Bolzano.

Vista la costituzione in giudizio del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 26 maggio 1965 la relazione del Giudice Francesco Paolo Bonifacio;

uditi l'avv. Pietro Gasparri, per il ricorrente, e il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ricorso notificato il 28 aprile 1964 al Presidente del Consiglio dei Ministri, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 6 maggio 1964, il Presidente della Regione Trentino-Alto Adige, rappresentato e difeso dall'avv. Pietro Gasparri, previe deliberazioni 6 e 31 marzo 1964 della Giunta regionale, ha sollevato conflitto di attribuzione in relazione al decreto 2 marzo 1964, n. 789/30, col quale il Medico provinciale di Bolzano ha provveduto a classificare nella prima categoria l'Ospedale civile di quella città.

Il ricorrente, dopo aver premesso che a seguito dell'emanazione delle norme di attuazione in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera (D.P.R. 18 febbraio 1958, n. 307) la Regione in diverse occasioni e senza contestazione da parte dello Stato ha proceduto a classificazione di ospedali, deduce che l'impugnato decreto del Medico provinciale di Bolzano, emesso su conforme avviso del Ministro della sanità, é invasivo della sfera di competenza della Regione, così come questa risulta delineata negli artt. 4, n. 12, 5, n. 2, e 13, primo comma, dello Statuto, norme dalle quali deriva che la Regione é competente a legiferare ed a svolgere tutte le attività amministrative sia in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera sia in quella di istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza. Siffatta competenza statutaria sarebbe divenuta effettiva, ad avviso del ricorrente, con l'entrata in vigore del D.P.R. 18 febbraio 1958, n. 307, contenente le norme di attuazione in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera. Nessun rilievo avrebbe la circostanza che in tale testo normativo non sia specificamente previsto il potere di classificazione degli ospedali: le norme di attuazione, infatti, non possono ridurre la sfera di attribuzioni statutariamente fissata, e non é ipotizzabile che lo Statuto abbia voluto rendere attualmente effettive solo alcune delle competenze regionali, giacché é da ritenersi che l'autonomia regionale, quando sia entrata in vigore in una determinata materia per effetto delle norme di attuazione, lo sia in tutta la sua pienezza. Né argomento contrario potrebbe dedursi dall'art. 4 del citato D.P.R. del 1958, n. 307, che conserva in vigore le leggi dello Stato finché la Regione non abbia provveduto con leggi proprie: questa norma deve intendersi, infatti, nel senso che gli organi regionali nell'esercizio delle trasferite funzioni amministrative debbano attenersi al disposto sostanziale della legislazione statale fino a che questa non venga modificata dalle leggi regionali. Ove, infine, dovesse invece ritenersi che gli artt. 1 e 4 delle norme di attuazione escludano la competenza della Regione nella subjecta materia, bisognerebbe concludere che esse, perché in contrasto con norme statutarie, sono costituzionalmente illegittime.

La Regione conclude chiedendo, in via principale, che la Corte dichiari che l'impugnato provvedimento é invasivo della competenza della Regione e ne pronunzi, conseguentemente, l'annullamento; in via subordinata, che la Corte ritenga non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 4 del D.P.R. 18 febbraio 1958, n. 307, e, investendosi di detta questione, dichiari costituzionalmente illegittime tali norme ed annulli l'indicato provvedimento amministrativo.

2. - Il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, si é costituito nel giudizio, resistendo al ricorso, con atto di deduzioni depositato il 16 maggio 1964.

L'Avvocatura dello Stato, dopo aver ricordato che le funzioni regionali, sia legislative che amministrative, sono condizionate all'emanazione delle norme di attuazione che ne operano il concreto trasferimento, esclude che nel caso in esame ci sia violazione dell'art. 5, n. 2, dello Statuto, relativo alle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, giacché, a parte il non pertinente richiamo a tale norma, le corrispondenti disposizioni di attuazione (D.P.R. 26 gennaio 1959, n. 97) non solo nulla dispongono in ordine a quanto forma oggetto della presente vertenza, ma espressamente riservano (art. 6) al Ministro della sanità la competenza all'alta sorveglianza delle istituzioni che gestiscono istituti di cura, limitatamente all'organizzazione ed alle attività sanitarie. Non sussisterebbe neppure violazione dell'art. 4, n. 12, dello Statuto, dovendosi ritenere che il potere di classificazione degli ospedali non rientri nella competenza assegnata alla Regione. Esso, infatti, appare espressione saliente di quella vigilanza tecnica sulle organizzazioni, enti ed istituti svolgenti attività sanitarie, che la legislazione statale (legge 13 marzo 1958, n. 296) attribuisce al Ministero della sanità. L'esame delle conseguenze che si riconnettono alla classificazione, specialmente in ordine allo status ed alle modalità di scelta del personale, induce a ritenere che la relativa funzione sia esclusivamente statale, e da ciò discende la ratio della legittima riserva contenuta nell'art. 1 delle norme di attuazione in materia di assistenza sanitaria (D.P.R. 18 febbraio 1958, n. 307) e nell'art. 6 delle norme di attuazione in materia di istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, le quali, coordinate con la legge 13 marzo 1958, n. 296, appaiono espressione di un unico principio, che accentra nel Ministero della sanità la tutela della salute pubblica, preminente rispetto ad altre situazioni anch'esse costituzionalmente protette.

In linea subordinata l'Avvocatura osserva che, anche se il potere di cui si controverte, rientrasse nella competenza assegnata alla Regione, il ricorso sarebbe nondimeno infondato per un duplice e concorrente ordine di ragioni:

a) l'omesso trasferimento del potere di classificazione può significare una riserva di trasferimento futuro, e tale riserva é legittima, non sussistendo l'obbligo dello Stato di operare il trasferimento simultaneo di tutte le funzioni; b) l'art. 4 del D.P.R. 18 febbraio 1958, n. 307, esclude l'immediato trasferimento nelle materie nelle quali il legislatore regionale non abbia ancora emanato proprie leggi: tale limitazione non toccherebbe minimamente l'autonomia regionale, giacché alla Regione sarebbe demandata l'iniziativa di far scattare il termine di decorrenza del trasferimento delle funzioni.

L'Avvocatura, dopo aver eccepito l'inammissibilità della questione incidentale di legittimità costituzionale delle norme di attuazione per intervenuta preclusione derivante dalla mancata impugnativa principale nei termini di legge, conclude chiedendo che la Corte respinga il ricorso.

Nella successiva memoria del 25 novembre 1964 l'Avvocatura osserva che l'inquadramento, in massima parte, degli ospedali nelle istituzioni di assistenza e beneficenza, disciplinate dalla legge 17 luglio 1890, n. 6972, costituisce un aspetto particolare della loro struttura, che non incide sull'aspetto funzionale, al quale certamente appartiene la classificazione, regolata dal R. D. 30 settembre 1938, n. 1631, emanato in attuazione dell'art. 192 del T.U. delle leggi sanitarie (R.D. 27 luglio 1934, n. 1265). Le stesse disposizioni di attuazione dello Statuto T. A. A. in materia di istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza confermano la netta separazione fra aspetto strutturale ed aspetto funzionale degli ospedali e rendono inconferente il richiamo della Regione all'art. 5, n. 2, dello Statuto. Quanto alla materia dell'assistenza sanitaria ed ospedaliera, attribuita alla competenza regionale dall'art. 4, n. 12, dello Statuto, si rileva che la classificazione degli ospedali attiene alla sottoposizione degli istituti di cura ad una disciplina che, per i suoi effetti sostanziali, non può che essere uniforme per tutto il territorio dello Stato: e non é da accogliere l'ipotesi che comunque debba appartenere alla Regione la corrispondente competenza amministrativa, giacché le esigenze di eguaglianza di trattamento di tutti gli istituti sanitari legittimano, anche sul piano soggettivo, l'unitarietà del potere deliberativo e decisorio. Ma anche se si dovesse addivenire ad una diversa interpretazione, il ricorso sarebbe infondato, essendo certo che le norme di attuazione, che trasferiscono alla Regione specifici poteri, casisticamente individuati, nulla prevedono in tema di classificazione, sicché la competenza regionale sarebbe in ogni caso inoperante. E se infine si volesse, in via di mera ipotesi, riconoscere una discordanza tra norme statutarie e norme di attuazione, questa non potrebbe essere denunziata in questa sede: la possibilità di sollevare innanzi alla Corte la questione di legittimità costituzionale in via incidentale riguarda infatti, ad avviso dell'Avvocatura, gli atti legislativi impugnabili solo incidentalmente e non anche quelli per i quali l'impugnativa va autonomamente proposta in via diretta e nei termini di legge. Nella specie se invasione di competenza derivasse dalle norme di attuazione, la mancata impugnativa di queste precluderebbe la possibilità di impugnare successivi provvedimenti di carattere strumentale od esecutivo.

3. - Nella memoria depositata il 2 dicembre 1964 la difesa della Regione esclude che nell'attuale giudizio si sia in presenza di una rivendicazione della potestà legislativa di abrogare o modificare le norme sulla classificazione degli ospedali contenute nella legislazione statale. Ammesso, in ipotesi, che un principio dell'ordinamento vieti alla Regione di abolire o di adottare una classificazione degli ospedali diversa da quella predisposta dallo Stato, sussiste il problema della competenza statale o regionale ad emettere gli atti amministrativi di accertamento: e, essendo questo l'oggetto del sollevato conflitto, si appalesa inutile l'argomentazione dell'Avvocatura dello Stato relativa alla necessaria unitarietà dei criteri di classificazione degli ospedali.

Ciò premesso, la Regione osserva che in virtù del disposto degli artt. 4 e 13 dello Statuto essa é competente ad esercitare in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera tutte le potestà amministrative che in base all'ordinamento precedente erano attribuite allo Stato e, quindi, quella di verificare se i singoli ospedali presentano le caratteristiche di ascrivibilità a questa o a quella categoria. Le norme di attuazione, approvate con D.P.R. 26 gennaio 1959, n. 97, non contrastano con questa conclusione, dovendosi escludere che la competenza di classificazione degli ospedali rientri in quella "alta vigilanza" che, quanto all'organizzazione ed alle attività sanitarie, l'art. 6, comma terzo, di quel decreto riserva al Ministro della sanità. L'esame dell'art. 44 della legge 17 luglio 1890, n. 6972, e dell'art. 80 del Regolamento deve indurre, infatti, a ritenere che l'alta sorveglianza si concreta in un potere di controllo da parte dell'autorità governativa, in un ius inspectionis che può porsi come presupposto di un ius compellendi e di un ius prohibendi: con i quali la classazione degli ospedali nulla ha a che vedere. Né può sostenersi che il potere di cui si controverte non sia attualmente passato alla Regione: l'art. 6 del D.P.R. 26 gennaio 1959, n. 97, concerne gli enti di assistenza in genere, non esclusi quelli ospedalieri, e la riserva al Ministro della sanità dell'alta sorveglianza dimostra che tutte le altre funzioni amministrative sono state trasferite alla Regione.

4. - Con ordinanza del 19 febbraio 1965 - pronunziata dopo la pubblica udienza del 16 dicembre 1964 - la Corte costituzionale dispose che la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Regione esibissero tutti gli atti e documenti relativi al provvedimento impugnato.

In ottemperanza a tale decisione sono stati depositati:

a) nota del Ministero della sanità alla Giunta regionale sulla classifica degli istituti di cura;

b) domanda del Presidente dell'Ospedale civile di Bolzano, diretta al Presidente della Giunta regionale, per la classificazione dell'istituto nella prima categoria, e delibera del Consiglio di amministrazione;

c) lettere dell'Assessore regionale al Medico provinciale con la richiesta degli accertamenti tecnici necessari per l'adozione del provvedimento;

d) richiesta di informazioni dell'Assessore regionale;

e) informazioni del Presidente dell'Ospedale al Medico provinciale.

5. - Con note depositate il 13 maggio 1965 la difesa della Regione ha ribadito le sue tesi, ed in particolare ha osservato:

a) la classazione degli ospedali rientra nella competenza relativa alla "assistenza sanitaria ed ospedaliera"; b) il relativo potere, in quanto riguarda gli enti gestori degli ospedali, trova un suo fondamento anche nell'art. 5, n. 2, dello Statuto, relativo alle "istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza"; c) il concetto di alta sorveglianza riservata al Ministero della sanità dall'art. 6, comma terzo, del D.P.R. 26 gennaio 1959, n. 97, non può comprendere la classazione degli ospedali; d) l'elenco delle attribuzioni trasferite alla Regione attraverso le norme di attuazione non può essere ritenuto tassativo; se lo fosse, l'omissione relativa al potere in discussione sarebbe contraria allo Statuto e renderebbe necessario il giudizio sulla sua legittimità costituzionale.

6. - Nella pubblica udienza del 26 maggio 1965 le parti hanno insistito nelle rispettive tesi e conclusioni.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il Medico provinciale di Bolzano - come é confermato dalla documentazione esibita a seguito dell'ordinanza 19 febbraio 1965 di questa Corte - ha provveduto alla classificazione dell'Ospedale civile di quella città nell'esercizio del potere conferito dal combinato disposto dell'art. 9 del R.D. 30 settembre 1938, n. 1631, e dell'art. 6, quarto comma, della legge 13 marzo 1958, n. 296, istitutiva del Ministero della sanità.

La Regione del Trentino-Alto Adige sostiene che il relativo decreto n. 789/30 del 2 marzo 1964 invade la competenza ad essa riservata dagli artt. 4, n. 12, 5, n. 2, e 13 dello Statuto; assume che la potestà rivendicata col proposto ricorso per conflitto di attribuzione é da considerare già effettivamente trasferita dallo Stato in virtù delle norme di attuazione emanate con il D.P.R. 18 febbraio 1958, n. 307, e con il D.P.R. 26 gennaio 1959, n. 97; in linea subordinata solleva la questione incidentale di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 4 del citato D.P.R. del 1958, n. 307.

2. - La Corte ritiene, anzitutto, che il potere in contestazione nel presente giudizio esuli dalla materia relativa alle istituzioni pubbliche di assistenza e di beneficenza e che, di conseguenza, ai fini della decisione non debbano esser prese in considerazione le relative norme di attuazione (D.P.R. 26 gennaio 1959, n. 97). La determinazione delle categorie degli ospedali, infatti, regolata dall'art. 6 del R.D. 30 settembre 1938, n. 1631 (contenente le norme generali per l'ordinamento dei servizi sanitari ed emanato a norma dell'art. 192 del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, T.U. sanitario), attiene, per la sua natura ed i suoi effetti, alla specifica funzione sanitaria degli stessi, e non riguarda la struttura, l'organizzazione e le più ampie finalità istituzionali degli enti pubblici di assistenza e di beneficenza, ai quali si riferisce la legge fondamentale n. 6972 del 17 luglio 1890, richiamata, con le successive modificazioni ed integrazioni, nelle citate norme di attuazione dell'art. 5, n. 2, dello Statuto per la Regione Trentino-Alto Adige (sulle quali cfr. Corte costituzionale sentenza n. 14 del 1960). E ciò trova conferma nell'ultimo comma dell'art. 6 del citato D.P.R. 1959, n. 97, che attribuendo al Ministero della sanità l'alta sorveglianza sulle predette istituzioni, razionalmente la limita all'organizzazione ed all'attività sanitaria degli istituti di cura da esse gestiti (con il che, peraltro, si fa salvo un potere di controllo dello Stato che certamente nulla ha a che vedere con la materia oggetto del presente giudizio).

Passando all'esame delle norme di attuazione in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera, va rilevato che il D.P.R. 18 febbraio 1958, n. 307, contiene un compiuto ed analitico elenco dei poteri trasferiti alla Regione e che il primo comma dell'art. 1 espressamente conserva allo Stato ogni altra competenza relativa alla tutela dell'igiene e della sanità pubblica. L'omessa menzione della disciplina relativa alla classificazione degli ospedali esclude, perciò, che la corrispondente attribuzione sia stata trasferita: dal silenzio del legislatore, infatti, non si può desumere il trasferimento di poteri non specificamente previsti (cfr. sentenza n. 8 del 1965), né può condividersi la tesi della Regione - in contrasto con la costante giurisprudenza di questa Corte - secondo la quale, una volta intervenute le norme di attuazione relative ad una determinata materia, qual che sia il loro contenuto, l'autonomia regionale possa spiegarsi in tutta la sua ampiezza.

L'assunto principale della Regione ricorrente va pertanto respinto.

3. - Per quanto riguarda l'istanza con la quale la Regione, in via subordinata, solleva la questione incidentale di legittimità costituzionale delle citate norme di attuazione per la parte in cui esse, riservando allo Stato le competenze non trasferite, attengono alla classificazione degli ospedali - questione il cui indubbio carattere di strumentalità rispetto al presente giudizio non é contestato dal controricorrente - va preliminarmente respinta l'eccezione di inammissibilità che l'Avvocatura dello Stato oppone sul presupposto che un incidente siffatto non possa esser sollevato per quei provvedimenti aventi forza di legge che la Regione avrebbe potuto impugnare in via diretta ed in termini perentori oramai decorsi. Questa Corte, infatti, con costante giurisprudenza, ha riconosciuto che lo Stato e le Regioni attraverso il procedimento per conflitto di attribuzione possono difendere i poteri loro spettanti in base all'ordinamento anche se per la realizzazione di tale difesa si imponga la necessità di introdurre una questione incidentale di legittimità avente ad oggetto una legge non impugnata in via principale (cfr. ordinanza n. 22 del 1960).

4. - L'istanza proposta dalla Regione va tuttavia respinta.

Per quanto riguarda l'art. 4 del D.P.R. 18 febbraio 1958, n. 307, é da escludere che esso attenga alle competenze conservate dallo Stato. Stabilendo, infatti, che le disposizioni delle leggi in vigore continueranno ad applicarsi fino a quando la Regione non provvederà con proprie leggi, la norma si riferisce alle materie analiticamente trasferite in forza degli articoli precedenti e rappresenta una puntuale applicazione del principio generale contenuto nell'art. 92 dello Statuto.

Relativamente, invece, alla riserva allo Stato contenuta nell'art. 1, primo comma, l'eccezione é manifestamente infondata perché é da ritenere che la disciplina della classificazione degli ospedali, nei sensi di cui si dirà, non rientri nella materia attribuita alla Regione dall'art. 4, n. 12, dello Statuto.

É anzitutto destituita di fondamento la tesi della ricorrente, secondo la quale tutte le argomentazioni addotte dall'Avvocatura dello Stato a dimostrazione della necessaria unitarietà del sistema di determinazione delle categorie ospedaliere sarebbero irrilevanti perché nell'attuale giudizio la Regione non rivendica la potestà legislativa di modificare tale sistema, ma solo la potestà amministrativa di procedere all'assegnazione degli ospedali all'una o all'altra categoria, secondo le norme in proposito dettate dalla legislazione statale (art. 6 del R.D. 30 settembre 1938, n. 1631). Ed invero il primo comma dell'art. 13 dello Statuto assegna alla Regione la titolarità della funzione amministrativa solo "nelle materie e nei limiti" in cui essa può emanare norme legislative; sicché la decisione del giudizio, ancorché questo abbia ad oggetto una potestà tipicamente amministrativa, dipende dall'accertamento della spettanza della corrispondente e presupposta potestà legislativa.

Ciò premesso, va rilevato che la determinazione delle categorie alle quali gli ospedali vanno concretamente assegnati non può esser valutata se non come strumentale rispetto a tutta una serie di effetti che, attraverso altre disposizioni legislative statali, ad essa si ricollegano o possono ricollegarsi: ed appare perciò ovvio che riconoscere alla Regione la potestà di dettar norme destinate a sostituire quelle statali comporterebbe l'attribuzione alla stessa del potere di influire anche su materie sottratte alla sua competenza (ad es., valutazioni in concorsi pubblici negli ospedali di tutto il paese - cfr. art. 3 della legge 10 marzo 1955, n. 97-, riforme del sistema sanitario, ospedaliero o previdenziale etc.). Dal che consegue che, se alla Regione é consentito, nell'ambito della potestà attribuita dall'art. 4, n. 12, di provvedere eventualmente ad emanare norme in merito alla fissazione di categorie ospedaliere limitatamente ad effetti che rientrino in sue specifiche attribuzioni, é ad essa certamente precluso il potere di interferire legislativamente - e, per quanto si é detto, anche amministrativamente - sulla competenza che allo Stato é da riconoscere per il raggiungimento di fini suoi propri.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara manifestamente infondata l'eccezione di illegittimità costituzionale, proposta dalla Regione del Trentino-Alto Adige, degli artt. 1 e 4 del D.P.R. 18 febbraio 1958, n. 307, contenente le norme di attuazione dello Statuto in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera;

dichiara che il potere di classificazione degli ospedali di cui all'art. 9 del R.D. 30 settembre 1938, n. 1631, ed all'art. 6, quarto comma, della legge 13 marzo 1958, n. 296, spetta allo Stato;

respinge di conseguenza il ricorso per conflitto di attribuzione proposto dalla Regione del Trentino-Alto Adige con atto 28 aprile 1964, ed avente ad oggetto il decreto n. 789/30 del 2 marzo 1964 del Medico provinciale di Bolzano.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 giugno 1965.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI -  Francesco Paolo BONIFACIO.

 

Depositata in Cancelleria il 26 giugno 1965.