SENTENZA N. 86
ANNO 1962
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente
Dott. Mario COSATTI
Prof. Francesco Pantaleo GABRIELI
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Giuseppe CHIARELLI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 145 e 149 del R. D. 30 dicembre 1923, n. 3269, e degli artt. 48 e 285 del T. U. per la finanza locale 14 settembre 1931, n. 1175, promossi con le seguenti ordinanze della Corte di cassazione - Sezioni unite civili:
1) ordinanza emessa l'8 giugno 1961 nel procedimento civile vertente tra Marrocco Guido e l'Ufficio delle imposte di consumo di Terracina, iscritta al n. 131 del Registro ordinanze 1961 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 218 del 2 settembre 1961;
2) ordinanza emessa il 18 maggio 1961 nel procedimento civile vertente tra Arneri Enrico, Rossi Luigi, il Comune di Rozzano e la Società nazionale metanodotti, iscritta al n. 133 del Registro ordinanze 1961 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 232 del 16 settembre 1961;
3) ordinanza emessa il 18 maggio 1961 nel procedimento civile vertente tra Arneri Enrico e la Società nazionale metanodotti, iscritta al n. 134 del Registro ordinanze 1961 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 232 del 16 settembre 1961;
4) ordinanza emessa il 18 maggio 1961 nel procedimento civile tra Arneri Enrico e la Società nazionale metanodotti, iscritta al n. 135 del Registro ordinanze 1961 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 232 del 16 settembre 1961.
Udita nell'udienza pubblica del 20 giugno 1962 la relazione del Giudice Michele Fragali;
Uditi gli avvocati Nino Cardinale, per il Marrocco, Mario Moschella, per l'Arneri, e Silvio Riva Crugnola, per la Società nazionale metanodotti.
Ritenuto in fatto
1. - Con ordinanza 8 giugno 1961, emessa nel giudizio vertente fra Marrocco Guido e l'Ufficio delle imposte di consumo di Terracina, la Corte di cassazione proponeva questione di legittimità costituzionale degli artt. 145, comma terzo, e 149 della legge di registro (R. D. 30 dicembre 1923, n. 3269), in collegamento con gli artt. 48 e 285 del T. U. per la finanza locale 14 settembre 1931, n. 1175.
La Cassazione rilevava che il combinato disposto di detti articoli di legge aveva esteso alla materia delle imposte di consumo la regola dell'obbligo del previo adempimento del debito come presupposto di ammissibilità della opposizione all'ingiunzione fiscale; che, a seguito della sentenza di questa Corte del 31 marzo 1961, n. 21, la quale aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale del secondo comma dell'art. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, per contrasto con le norme di cui agli artt. 3, 24, 113 della Costituzione, doveva essere proposta di ufficio la questione analoga per gli articoli su citati della legge di registro e del T. U. sulla finanza locale; che la questione era rilevante perché l'ufficio fiscale aveva eccepito l'inosservanza dell'obbligo del solve et repete; che essa non era manifestamente infondata per le ragioni addotte a proposito del predetto secondo comma dell'art. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248; che non era possibile ritenere che gli effetti della sentenza della Corte costituzionale sopra ricordata dovessero automaticamente estendersi alle disposizioni invocate dall'Ufficio delle imposte di consumo di Terracina, dato che queste non erano state indicate dalla Corte costituzionale tra le disposizioni coinvolte nella dichiarazione di illegittimità da essa pronunziata.
L'ordinanza 22 luglio 1961 veniva notificata alle parti, al Procuratore generale della Corte di cassazione e al Presidente del Consiglio dei Ministri; il 24 successivo veniva comunicata al Presidente della Camera dei Deputati e al Presidente del Senato della Repubblica; veniva pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 2 settembre 1961, n. 218.
2. - Con altre tre ordinanze 18 maggio 1961, pronunziate in tre separati giudizi fra la Società nazionale metanodotti (S.N.A.M.) e Arneri Enrico appaltatore della riscossione della tassa di occupazione di suolo pubblico per il Comune di Rozzano, e in uno dei quali (quello riferito all'ordinanza iscritta al n. 133 del Reg. ord. 1961) erano parti anche il Comune di Rozzano e Rossi Luigi, contabile dell'ufficio di riscossione di detta tassa, la stessa Corte di cassazione promoveva analoga questione di legittimità costituzionale per il predetto art. 149 della legge di registro (R. D. 30 dicembre 1923, n. 3269) e, in quanto occorresse, per l'art. 145 della stessa legge e per l'art. 285 del T. U. sulla finanza locale (R.D. 14 settembre 1931, n. 1175), in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione.
I giudizi predetti avevano per oggetto opposizione ad ingiunzione per tassa di occupazione temporanea di suolo pubblico; e la Cassazione rilevava che in materia, la legge 6 marzo 1958, n. 177, rinviava alle norme sull'accertamento, sulla riscossione e sulla procedura contenziosa stabilite per le imposte di consumo dal T.U. per la finanza locale 14 settembre 1931, n. 1175; il quale, a sua volta, nell'art. 48, dispone che le imposte dovute e non pagate nei tempi stabiliti sono ricuperate con il procedimento ingiuntivo prescritto per l'esazione della imposta di registro. La legge sull'imposta di registro, all'art. 149, assume il principio del solve et repete, e, a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale del secondo comma dell'art. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, era necessario, secondo la Cassazione, stabilire se la relativa pronunzia determinasse automaticamente la illegittimità delle altre norme legislative nelle quali tale principio é contenuto. La Cassazione rilevava che, in virtù dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, spetta alla Corte costituzionale determinare quali siano le altre disposizioni legislative la cui illegittimità derivi come conseguenza della decisione adottata; e, pertanto, solo la Corte costituzionale può stabilire se siano legittime le disposizioni invocate contro la S.N.A.M. La Cassazione riteneva rilevante la questione ed escludeva che essa fosse manifestamente infondata.
Le tre ordinanze il 22 luglio 1961 venivano notificate alle parti, al Procuratore generale della Corte di cassazione e al Presidente del Consiglio dei Ministri; il 24 successivo venivano comunicate al Presidente della Camera dei Deputati e al Presidente del Senato della Repubblica; venivano pubblicate nella Gazzetta Ufficiale del 16 settembre 1961, n. 232.
3. - Si costituivano innanzi a questa Corte, per la prima causa soltanto il Marrocco, e per le altre cause la S.A.M. e l'Arneri.
Il Marrocco e la S.N.A.M, nelle loro deduzioni, depositate rispettivamente il 21 settembre e l'11 agosto 1961, facevano proprie e ribadivano le ragioni esposte nelle ordinanze della Corte di cassazione.
Per sua parte la S.N.A.M, con deduzioni aggiunte, depositate 11 maggio 1962, rilevava che questa Corte, con sentenza 30 dicembre 1961, n. 79, aveva dichiarato illegittimo l'art. 149 del R.D.L. 30 dicembre 1923, n. 3269 (legge di registro), e che, quindi, la questione principale sollevata dalla Corte di cassazione doveva ritenersi risolta; doveva decidersi soltanto la questione concernente la legittimità costituzionale dell'art. 145, terzo comma, della predetta legge di registro e dell'art. 285 del T.U. per la finanza locale, di cui l'ultima, per la disposizione del secondo comma dell'articolo denunziato, ha un chiaro riferimento alla questione del solve et repete, concernendo in generale l'accertamento e il contenzioso della finanza locale.
L'Arneri, nelle deduzioni depositate il 5 ottobre 1961, ha osservato preliminarmente che non sembra appropriato il richiamo agli artt. 145, terzo comma, della legge di registro e 285 del T.U. sulla finanza locale. Il primo, infatti, si riferisce al principio dell'esecutorietà degli atti amministrativi e non a quello del solve et repete, che non viene in discussione nel presente caso. Il secondo riguarda la procedura per ruoli e quindi non concerne la tassa per le occupazioni temporanee, per le quali valgono le disposizioni relative alle imposte di consumo (legge 6 marzo 1958, n. 177), la cui riscossione coattiva avviene a mezzo di ingiunzione. L'Arneri ha soggiunto che la sentenza di questa Corte 31 marzo 1961, n. 21, non può applicarsi all'art. 149 della legge di registro, perché questo stabilisce l'onere del solve et repete in modo autonomo rispetto all'art. 6, secondo comma, della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E; l'art. 149 della legge sul registro non esclude la tutela giurisdizionale in violazione dell'art. 113 della Costituzione, ma anzi espressamente l'ammette, non viola il principio di eguaglianza, e non é in contrasto con l'art. 24, il quale, per i meno abbienti, impone soltanto di predisporre particolari istituti che ne assicurano l'agire e la difesa davanti ad ogni giurisdizione: l'art. 24 ha cioè valore programmatico, e, comunque, non é applicabile alla materia regolata dall'art. 149 della legge sul registro, il quale consente di adire alla tutela della giurisdizione amministrativa senza spese e senza l'onere del previo pagamento dell'imposta. Questo onere va soddisfatto soltanto in caso di ricorso all'autorità giudiziaria; ma ciò dipende dalla speciale natura delle sentenze emesse dagli organi giurisdizionali amministrativi, che debbono essere eseguite, mentre le sentenze del giudice ordinario possono anche non essere eseguite.
4. - Alla pubblica udienza del 20 giugno 1962 la difesa del Marrocco, della S.N.A.M. e dell'Arneri si riportavano alle rispettive deduzioni.
Considerato in diritto
1. - I quattro procedimenti possono essere riuniti, avendo per oggetto le medesime questioni di legittimità costituzionale.
2. - La sentenza di questa Corte del 30 dicembre 1961, n. 79, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 149 del R. D. 30 dicembre 1923, n. 3269 (legge di registro); e, pertanto, la relativa questione deve essere ritenuta manifestamente infondata, conformemente alla costante giurisprudenza di questa Corte, in quanto si riferisce ad una norma che ha già cessato di avere efficacia (sentenza 30 dicembre 1961, n. 79).
3. - É poi infondata l'altra questione concernente il terzo comma dell'art. 145 della stessa legge di registro, rimessa a questa Corte, in via principale, con la prima ordinanza, e, per quanto occorre, con le altre tre.
La norma é stata denunziata con riferimento al principio del solve et repete; ma con questo non ha alcuna relazione. Essa statuisce che il reclamo amministrativo non dà diritto alla sospensione degli atti esecutivi e che l'atto di opposizione in via giudiziaria sospende l'obbligo di pagamento soltanto in alcuni casi espressamente indicati; e così riafferma il principio dell'esecutorietà dell'atto amministrativo, che é del tutto estraneo alla regola del solve et repete (sentenza 31 marzo 1961, n. 21). Non impedisce, infatti, né limita la tutela giurisdizionale, ma esclude soltanto che l'autorità giudiziaria possa sospendere l'effetto dell'atto amministrativo; e ciò é permesso dall'art. 113, terzo comma, della Costituzione.
4. - La Corte di cassazione, nella prima ordinanza, ha denunziato, in collegamento con i suddetti artt. 145 e 149 della legge di registro, anche gli artt. 48 e 285 del T.U. per la finanza locale 14 settembre 1931, n. 1175, e, nelle altre tre ordinanze, in quanto occorre, il medesimo art. 285 del T.U. per la finanza locale.
L'art. 48 predetto estende le norme stabilite per la esazione delle tasse di registro al ricupero coattivo, così delle imposte di consumo dovute e non pagate, come dell'indennità di mora: evidentemente richiama, per tali imposte, la regola del solve et repete enunciata nell'art. 149 della legge per le tasse di registro. Ma, venuta meno quest'ultima disposizione, a seguito della dichiarazione della sua illegittimità costituzionale, viene a mancare il rinvio ad essa da parte dell'art. 48 del T.U. per la finanza locale; onde di questo articolo non é necessario dichiarare l'illegittimità costituzionale, nemmeno parzialmente (sentenza 30 dicembre 1961, n. 79).
A sua volta, l'art. 285 del T.U. per la finanza locale impone di corredare il ricorso all'autorità giudiziaria del certificato attestante il pagamento delle rate di imposta o di contributo già scadute: riproduce, pertanto, il principio del solve et repete. Lo riproduce in modo autonomo rispetto al secondo comma dell'art. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, già dichiarato illegittimo con la sentenza di questa Corte del 31 marzo 1961, n. 21; la quale perciò non concerne in modo diretto la norma denunciata. Si possono però a detta norma riferire gli argomenti addotti nella citata sentenza, che, ribaditi a proposito dell'art. 149 della legge di registro (sent. 30 dicembre 1961, n. 79), del sesto comma dell'art. 9 e del quinto comma dell'art. 17 del R.D. 17 agosto 1935, n. 1765, concernente l'assicurazione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali (sent. 7 giugno 1962, n. 45), mantengono validità con riguardo alla odierna controversia, la quale non ha caratteristiche particolari.
L'Arneri sostiene che la disposizione denunciata concerne la riscossione mediante ruoli e non quindi la tassa per occupazione di suolo pubblico, cui si riferiscono le ordinanze relative alla opposizione S.N.A.M, che viene riscossa mediante il procedimento ingiuntivo previsto dalla legge sul registro. Il rilievo potrebbe estendersi anche alla causa concernente l'opposizione Marrocco, riguardante una opposizione ad ingiunzione relativa ad imposte di consumo, perché pure tali imposte si recuperano secondo le norme relative alla riscossione coattiva delle tasse di registro. Ma esso non può inibire l'esame della questione, perché se questa fu proposta con la condizione "per quanto occorra" con le tre ordinanze S.N.A.M, fu invece sollevata incondizionatamente con l'ordinanza Marrocco: in tal modo la Corte di cassazione ha ritenuto che la questione fosse rilevante ai fini della controversia Marrocco. E tale apprezzamento non può essere discusso in questa sede.
L'Arneri rileva ancora che la norma impugnata non esclude né restringe la tutela giurisdizionale, perché questa si può svolgere innanzi alle Commissioni tributarie, che quella tutela egualmente realizzano e dinanzi alle quali il principio del solve et repete, nella specie, non si applica. Ma una volta che la legge ammette il ricorso all'autorità giudiziaria, la predisposta tutela non può essere menomata mercé l'imposizione del solve et repete.
Viene, inoltre, osservato che il principio di eguaglianza, ex art. 3 della Costituzione, sul quale si suole anche fondare la illegittimità della regola del solve et repete, non é indebolito dalla norma denunciata: questa deve coordinarsi con il successivo art. 24, terzo comma, il quale, disponendo che ai meno abbienti sono assicurati, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione, ha, secondo l'Arneri, un contenuto soltanto programmatico e, pertanto, non é di per sé solo causa d'illegittimità di una norma ordinaria. Ma i rimedi ai quali il suddetto art. 24 accenna si riferiscono all'onere della parte di anticipare le spese giudiziarie e nulla hanno da vedere con le norme in cui la soddisfazione della pretesa fatta valere sia prevista qual presupposto per invocare la tutela giurisdizionale. Tali norme non rispettano il principio di eguaglianza perché come é stato già deciso da questa Corte, ostacolano la tutela dei meno abbienti. E non si riescono a giustificare nemmeno con l'assunto, pur prospettato dall'Arneri, che le sentenze emesse dagli organi giurisdizionali amministrativi debbono essere eseguite, mentre quelle degli organi ordinari possono non essere poste in esecuzione: l'assunto, infatti, annoda la regola del solve et repete al principio di esecutorietà dell'atto amministrativo, che é un collegamento ritenuto ingiustificato da questa Corte (sentenza 31 marzo 1961, n. 21).
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
pronunciando con unica sentenza sui procedimenti di cui all'epigrafe:
dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 149 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269, per le tasse di registro;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 145 dello stesso R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269, per le tasse di registro;
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 285, secondo comma, del R.D. 14 settembre 1931, n. 1175, per la finanza locale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 luglio 1962.
Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco Pantaleo GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Giuseppe CHIARELLI
Depositata in cancelleria il 9 luglio 1962