SENTENZA N. 45
ANNO 1962
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Avv. Giuseppe CAPPI, Presidente
Prof. Gaspare AMBROSINI
Dott. Mario COSATTI
Prof. Francesco Pantaleo GABRIELI
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 9, comma sesto, e 17, comma quinto, del R.D. 17 agosto 1935, n. 1765, contenente disposizioni per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, promosso con ordinanza 14 marzo 1961 del Tribunale di Modena nel procedimento civile vertente tra Basaglia Nino ed Anna e l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, iscritta al n. 70 del Registro ordinanze 1961 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 135 del 3 giugno 1961.
Udita nella udienza pubblica del 21 marzo 1962 la relazione del Giudice Mario Cosatti;
udito l'avv. Aldo Radonich, per l'I.N.A.I.L.
Ritenuto in fatto
Con decreto di ingiunzione, emesso a norma del T.U. per la riscossione delle entrate patrimoniali, approvato con R.D. n. 639 del 1910, l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (I.N.A.I.L.) di Modena ordinava a Basaglia Nino ed Anna, titolari dell'omonima ditta, di pagare, sotto pena di atti esecutivi, la somma di lire 337.580 per omesso versamento di premio, salari, addizionali, penali ed interessi.
Contro tale decreto i Basaglia promuovevano giudizio di opposizione, affermando di non essere debitori dell'I.N.A.I.L. e chiedendo la revoca del decreto stesso.
Costituitosi il contraddittorio dinanzi al Tribunale di Modena, l'I.N.A.I.L. deduceva in rito la improponibilità della opposizione per inosservanza del precetto del solve et repete, stabilito negli artt. 9 e 17 del R.D. 17 agosto 1935, n. 1765, concernente l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro.
Gli opponenti, a loro volta, sollevavano eccezione di incostituzionalità del principio invocato dall'I.N.A.I.L.
Il Tribunale, con ordinanza 14 marzo 1961, ha rilevato che l'azione promossa dall'I.N.A.I.L. per il pagamento dei contributi omessi dall'impresa trova il suo fondamento negli artt. 9 e 17 del R.D. n. 1765 del 1935, i quali dispongono che le somme dovute dai datori di lavoro per premi e contributi sono esigibili con le norme in vigore per la riscossione delle imposte dirette e che l'azione dinanzi all'Autorità giudiziaria é subordinata alla prova che siano state "adempiute le disposizioni già emanate dall'Autorità amministrativa con l'effettivo pagamento dei premi e delle somme dovute".
Da tali disposizioni, ad avviso del Tribunale, chiaro appare che l'azione giudiziaria non può essere proposta se non dopo il versamento delle somme dovute, onde l'opposizione dei Basaglia dovrebbe essere dichiarata improponibile.
Ciò premesso, il Tribunale ha ritenuto che l'eccezione di illegittimità costituzionale del suddetto principio del solve et repete, sollevata dagli opponenti con riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, non appare manifestamente infondata ed ha in conseguenza disposto la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
L'ordinanza, comunicata ai Presidenti delle Camere, notificata il 18 aprile 1961 alle parti e il 20 successivo al Presidente del Consiglio dei Ministri, é stata pubblicata, per disposizione del Presidente della Corte, ai sensi dell'art. 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 135 del 3 giugno 1961.
Nel giudizio dinanzi alla Corte si é costituito l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro in persona del suo Presidente, depositando in cancelleria il 23 giugno 1961 le proprie deduzioni con procura conferita agli avvocati Aldo Radonich e Valerio Flamini del foro di Roma.
La difesa dell'Istituto, dopo aver precisato che la questione di legittimità sottoposta all'esame della Corte investe gli artt. 9, comma sesto, e 17, comma quinto, della legge infortuni, osserva che il principio stabilito con tali norme non é conseguente - a parte la somiglianza degli effetti - con la norma prevista dall'art. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, sull'abolizione del contenzioso amministrativo, norma della quale la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale.
Quest'ultima norma, col sancire il generale precetto del solve et repete nella materia tributaria, veniva a stabilire una limitazione della possibilità di adire il magistrato a carico di tutti i cittadini, ponendo tra essi una discriminazione in ragione delle loro capacità economiche.
Diverse sono, ad avviso della difesa, la natura, la portata e le finalità delle disposizioni in esame. Esse fanno parte della legislazione infortunistica il cui scopo di tutela del lavoro, garantito dalla stessa Costituzione, può legittimamente comportare limitazioni e sacrifici della libera iniziativa economica e della stessa proprietà privata.
L'assicurazione infortuni, sebbene obbligatoria per legge, conserva la sua natura di rapporto giuridico assicurativo sinallagmatico in quanto l'assicuratore é tenuto a dare le sue prestazioni dietro corrispettivo di un premio; l'assicurato ha diritto ad essere risarcito dei danni che possono colpirlo; l'imprenditore é tenuto a pagare i premi ottenendo in cambio la liberazione dal rischio infortuni.
I premi, pertanto, non hanno carattere tributario, non gravano sulla generalità dei cittadini come tali, ma solo su coloro che pongono in essere il rischio assicurato; non sono commisurati alla capacità contributiva dei soggetti obbligati, ma alla pericolosità della lavorazione e al numero dei lavoratori addetti.
Ora, affinché l'Istituto possa assistere prontamente e continuamente i prestatori d'opera e i loro familiari superstiti, é necessario che altrettanto pronto e continuo sia l'afflusso di mezzi economici, cioè dei premi. Onde, prosegue la difesa, non sono da considerarsi illogiche tutte quelle garanzie che la legge infortunistica pone per ottenere la puntuale esecuzione dell'obbligo contributivo del datore di lavoro e che vanno dalle sanzioni penali, ai privilegi, alle facoltà di ispezione e, infine, al solve et repete. Tali garanzie, e soprattutto l'ultima, deduce la difesa, non creano disparità e discriminazioni non consentite dalle norme costituzionali, non comportano diniego di giustizia, in quanto l'obbligo del pagamento dei premi é previsto dopo che appositi organi, estranei alle due parti, abbiano, attraverso varie e idonee procedure, accertato l'obbligo contributivo.
La difesa, pertanto, conclude chiedendo che la Corte voglia dichiarare non fondata la proposta questione di legittimità costituzionale.
Nel giudizio dinanzi alla Corte gli opponenti non si sono costituiti, né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei Ministri.
La difesa dell'I.N.A.I.L. ha depositato in cancelleria, in data 8 marzo 1962, una memoria in cui svolge le enunciate argomentazione, osservando, tra l'altro, che il precetto del solve et repete nella materia assicurativa trova, a suo dire, ulteriore giustificazione nel principio dell'automatismo delle prestazioni, in virtù del quale l'Istituto é tenuto a far fronte alle richieste di indennizzo anche se il datore di lavoro non abbia corrisposto i relativi premi. Conferma le prese conclusioni.
Alla udienza pubblica l'avv. Aldo Radonich per l'Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro si é riportato alle deduzioni e conclusioni di cui agli scritti difensivi.
Considerato in diritto
1. - Devesi preliminarmente osservare che, secondo il letterale testo dell'ordinanza di rimessione, il Tribunale di Modena si riferisce, nel proporre alla Corte la questione di legittimità costituzionale, agli artt. 9 e 17 del R.D. 17 agosto 1935, n. 1765, concernente l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali. Poiché l'ordinanza, anche nella motivazione sulla rilevanza della questione, tratta esclusivamente del principio del solve et repete nella materia, la Corte ritiene di dover interpretare l'ordinanza medesima nel senso che il Tribunale abbia inteso proporre la questione di legittimità costituzionale soltanto del comma sesto dell'art. 9 e del comma quinto dell'art. 17 del citato decreto nella parte in cui é stabilito il principio del solve et repete. Conseguentemente le altre norme, pur contenute nei detti articoli, ma che riguardano altri argomenti, restano estranee al presente giudizio.
2. - La Corte ha già avuto occasione (sentenze n. 21 e n. 79 del 1961) di occuparsi della regola del solve et repete enunciata in via generale dall'art. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, e riaffermata nelle norme contenute negli artt. 149 della legge del registro (R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269), 52 della legge istitutiva dell'imposta generale sull'entrata (legge 19 giugno 1940, n. 762) e 24 della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424.
Con le ricordate sentenze il solve et repete é stato ritenuto costituzionalmente illegittimo in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, in quanto in contrasto con il principio di eguaglianza tra i cittadini, con il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, con l'inammissibilità di limitazioni al diritto medesimo.
In ordine alle norme contenute nella legge infortuni, della cui legittimità qui si discute, la Corte reputa che non vi siano motivi per dipartirsi dalle fondamentali ragioni poste a base delle sentenze sopra ricordate e che le ragioni stesse si appalesino valide e decisive anche rispetto alla questione ora in esame, e ciò a prescindere da ogni particolare indagine circa la natura dei contributi I.N.A.I.L.
Ed invero il fondamento del principio del solve et repete nella materia infortuni non si differenzia, anche secondo dottrina e giurisprudenza prevalenti, dal fondamento del medesimo principio nella materia tributaria.
In entrambi i settori base del principio é stata sostanzialmente ravvisata nella previsione di stabilità delle entrate dello Stato e degli enti pubblici e nella presunzione di legittimità che accompagna gli atti amministrativi. Il principio del solve et repete nella materia infortuni non presenta speciali peculiarità; esso é stato mutuato dal diritto tributario allo scopo di assicurare all'I.N.A.I.L. i mezzi finanziari necessari al perseguimento dei suoi fini sociali in relazione anche all'assimilazione fatta dal legislatore dei contributi assicurativi alle imposte sotto il profilo della riscossione.
Orbene, se la cautela in esame é stata ritenuta incostituzionale nella materia tributaria, a diverso avviso non può la Corte pervenire nella materia infortuni, in quanto i compiti e i fini essenziali dello Stato non hanno carattere di minore indilazionabilità e imprescindibilità di quelli cui l'I.N.A.I.L. attende.
3. - Né a giustificare la sopravvivenza dell'istituto nella materia in esame possono valere le considerazioni enunciate dall'I.N.A.I.L. circa "l'automatismo delle prestazioni", per il quale l'Istituto assicuratore é tenuto a far fronte alle richieste di indennizzo dei lavoratori infortunati anche se il datore di lavoro, pur essendovi obbligato, non abbia corrisposto i premi dovuti.
Giova in proposito rilevare che la regola dell'automatismo delle prestazioni non é tipica ed esclusiva dell'assicurazione infortunistica, ma trova applicazione in altre forme assicurative e di previdenza sociale; anche in queste l'ente assicuratore é tenuto a corrispondere senz'altro le sue prestazioni, mentre nella riscossione dei propri mezzi finanziari, ugualmente costituiti da contributi, non é assistito dalla speciale protezione derivante dal solve et repete.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale delle norme contenute nel comma sesto dell'art. 9 e nel comma quinto dell'art. 17 del R.D. 17 agosto 1935, n. 1765, concernente l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali nella parte in cui é stabilito il principio del solve et repete, in riferimento agli artt. 3. 24 e 113 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 maggio 1962.
Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco Pantaleo GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI
Depositata in cancelleria il 7 giugno 1962.