Sentenza n. 34 del 1961
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SENTENZA N. 34

ANNO 1961

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Avv. Giuseppe CAPPI, Presidente

Prof. Gaspare AMBROSINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea della Regione siciliana nella seduta del 27 luglio 1960, recante: "Miglioramento dell'assistenza e concessione di indennità integrativa in caso di malattia ai salariati e braccianti agricoli ed ai loro familiari", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 3 agosto 1960, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 10 successivo ed iscritto al n. 18 del Registro ricorsi 1960,

Vista la costituzione in giudizio del Presidente della Regione siciliana;

udita nell'udienza pubblica del 27 aprile 1961 la relazione del Giudice Giuseppe Chiarelli;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per il ricorrente, e l'avv. Nino Gaetano Gaeta, per il Presidente della Regione siciliana.  

Ritenuto in fatto 

1. - Con legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 27 luglio 1960 veniva autorizzato l'Assessore al lavoro, cooperazione e previdenza a stipulare con l'Istituto nazionale assicurazioni malattie (I.N.A.M.) una convenzione per il miglioramento dell'assistenza malattie ai lavoratori agricoli, residenti nei Comuni della Regione, e ai loro familiari. Il previsto miglioramento consisteva nell'assicurare, a tutti i lavoratori agricoli, una indennità di L. 500 per ogni giornata di malattia, a integrazione dell'indennità di cui alla tab. A annessa al D. Leg. Lgt. 9 aprile 1946, n. 212, e nell'istituire alcune forme di assistenza sanitaria, a integrazione di quelle previste dalla medesima tabella, per le varie categorie dei detti lavoratori e per i loro familiari.

Per le indicate finalità, con l'art. 3, lett. a, della legge si stabiliva una addizionale del 20 per cento sulle imposte dirette erariali, a carico delle imprese private produttrici e distributrici di energia elettrica non inferiore a 100 milioni di kwt annui, delle imprese concessionarie di giacimenti petroliferi e delle imprese produttrici di fertilizzanti. Veniva, inoltre, prevista (lett. b) una addizionale di 5 centesimi, da aggiungersi, salvo alcune esclusioni, all'addizionale istituita dal D. L.30 novembre 1937, n. 2145.

L'art. 4 stabiliva che la legge avrebbe avuto vigore fino all'emanazione di una analoga legge dello Stato e disponeva l'inclusione delle spese che avrebbe importato tra le spese obbligatorie del bilancio della Regione.

2. - Con atto notificato il 3 agosto 1960 e depositato il 10 successivo, il Commissario dello Stato ha impugnato la detta legge.

Dopo aver rilevato che la formulazione dell'art. 4, per quanto riguarda la durata della legge stessa, suscita qualche perplessità, il Commissario dello Stato, richiamandosi a precedenti decisioni di questa Corte, ricorda che la potestà normativa tributaria della Regione siciliana é compresa nella potestà legislativa concorrente e sussidiaria della potestà dello Stato, ed incontra i limiti derivanti, oltre che dalle leggi costituzionali, dai principi e interessi a cui si informano le leggi dello Stato, ai quali la legislazione regionale deve uniformarsi per ogni singolo tributo. Inoltre, finché é in vigore la disciplina provvisoria dei rapporti finanziari tra Stato e Regione (D.P.R. 12 aprile 1948, n. 507), non può riguardare tributi erariali non di spettanza regionale.

Alla stregua di questi principi, il ricorso ravvisa nel finanziamento previsto dall'art. 3 della legge impugnata un contrasto con i detti principi e interessi generali, in quanto l'addizionale del 20 per cento, di cui alla lett. a, non corrisponde ad alcun tipo di tributo statale; comporta, col colpire solo tre tipi di attività produttive, una discriminazione che non si riscontra nel sistema tributario dello Stato; non é conforme agli orientamenti della legislazione statale, intesa a creare, specie nelle zone depresse, condizioni adatte all'impianto e allo sviluppo delle attività industriali, né é conforme ai principi dello Statuto siciliano. La imposizione di essa esorbita anche dai confini della potestà tributaria regionale, perché tra le imposte su cui graverebbe verrebbero ad essere comprese imposte non di spettanza della Regione.

Inoltre, la detta addizionale é in contrasto con l'art. 23 Cost., mancando la precisa indicazione dei tributi a cui si riferisce mentre l'altra addizionale, di cui alla lett. b, recherebbe turbamento nel sistema fiscale, in relazione al restante territorio dello Stato, in quanto le imprese siciliane sarebbero gravate da aliquota superiore alle altre.

Ugualmente illegittima, prosegue il ricorso, la legge appare ove si consideri come esplicazione della potestà normativa regionale in materia di previdenza e assistenza. Premesso che tale potestà é soggetta ai limiti di cui all'art. 17 dello Statuto siciliano, si osserva che il problema dei lavoratori rurali é di carattere nazionale e le condizioni dei braccianti e salariati agricoli della Sicilia non sono peggiori di quelle di altre zone non depresse, onde sorge il dubbio che la legge, anche sotto questo profilo, ecceda i limiti dei principi e interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato.

Infine, la legge non é esente da censura in relazione all'art. 81, ultimo comma, Cost., non risultando assicurata la copertura degli oneri finanziari che comporterebbe l'attuazione di essa. Infatti, tanto la spesa da sostenere quanto l'eventuale gettito delle addizionali sono indeterminati, mentre, secondo gli elementi di fatto raccolti, l'onere sarebbe di gran lunga superiore al presumibile gettito dei nuovi cespiti. Né la insufficienza degli stanziamenti può essere superata con l'inclusione della spesa tra le obbligatorie del bilancio regionale.

Il ricorso conclude chiedendo che sia dichiarata l'illegittimità costituzionale della legge.

3. - Resiste al ricorso la Regione, costituitasi con deduzioni depositate il 30 agosto 1960.

In esse di osserva preliminarmente che, essendo irrilevante l'accenno alla perplessità cui darebbe luogo il primo comma dell'art. 4, il ricorso si deve intendere circoscritto all'impugnazione dell'art. 3, per violazione dell'art. 36 Statuto siciliano e, limitatamente alla disposizione sub a (istituzione dell'addizionale del 20 per cento), per violazione dell'art. 23 della Costituzione. Esulano dall'ambito del giudizio di legittimità costituzionale le considerazioni circa l'asserita insufficienza degli stanziamenti e il corretto uso del potere legislativo, dal punto di vista della politica economica. Inoltre, la difesa della Regione eccepisce l'inammissibilità dell'impugnazione, perché l'illegittimità dell'intera legge viene prospettata, nella seconda parte del ricorso, in via subordinata, rispetto all'impugnazione particolare dell'art. 3, e in modo problematico.

Scendendo all'esame delle questioni proposte e invertendone l'ordine, la Regione nega che i miglioramenti previsti dalla legge impugnata siano in contrasto con i principi e gli interessi generali a cui si informa la legislazione dello Stato. Il carattere nazionale del problema dell'assistenza ai lavoratori agricoli - essa osserva non assorbe le particolarità delle esigenze regionali siciliane, né lo stato dei lavoratori rurali in altre zone depresse é di ostacolo a misure dirette ad alleviarne gli inconvenienti nell'ambito della Regione. D'altra parte, l'interesse a cui si ispira la legge regionale é identico a quello a cui é informata la legislazione previdenziale dello Stato, che si svolge secondo una linea di crescente estensione della protezione sociale.

Quanto all'asserita violazione dell'art. 81, ultimo comma, Cost., la Regione osserva che la censura si concentra in un controllo di merito sulla spesa e sul gettito della prevista addizionale, a mezzo di calcoli che esulano dai limiti del giudizio. L'art. 81 non richiede che nelle leggi vi sia la dimostrazione dettagliata dell'entità del nuovo onere e del nuovo gettito tributario. Comunque, si riportano dei dati a confutazione di quanto affermato nel ricorso circa lo squilibrio, tra spesa e entrata, che si verificherebbe con l'applicazione della legge.

Si contesta, infine, che sia illegittima l'istituzione delle due addizionali. A parte il richiamo fuori luogo all'art. 23 Cost., la imposizione mediante addizionali non é estranea al nostro sistema tributario, né é ignota ad esso la discriminazione tra attività produttrici. Quanto alla politica delle agevolazioni fiscali a favore dell'industria, essa non impedisce le agevolazioni a favore della agricoltura. L'osservazione, poi, che le previste addizionali turberebbero il sistema fiscale, deriva da una confusione tra addizionale e tributo principale, mentre é proprio della finanza locale il divario, in materia di sovrimposte, da Comune a Comune. Si conclude per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e, subordinatamente, per il rigetto.

4. - Hanno presentato memoria, nei termini, l'Avvocatura dello Stato e la difesa della Regione.

Nella memoria dell'Avvocatura si premette, in fatto, che, successivamente al ricorso del Commissario dello Stato, l'Assemblea regionale, il 3 ottobre 1960, ha approvato altra legge, con la quale, in deroga all'art. 3 della legge impugnata, si dispone che all'onere per l'esercizio in corso, previsto in un miliardo di lire, si faccia fronte con un mutuo di pari importo.

La memoria passa, quindi, ad illustrare i motivi del ricorso, precisando che con essi si deduce, in primo luogo, l'inosservanza del doppio limite imposto dall'art. 17 Statuto siciliano. La violazione dei principi e interessi cui si informa la legislazione dello Stato é evidente nel fatto che la legge impugnata concede un'assistenza il cui importo complessivo può superare l'ammontare del salario, mentre la legislazione dello Stato é improntata al principio opposto. Né sussistono particolari condizioni regionali da soddisfare, ponendosi il problema identicamente per tutti i lavoratori agricoli delle zone depresse.

Vi é, inoltre, violazione dell'art. 81, il quale richiede che l'indicazione dei mezzi finanziari dev'essere seria, precisa e circostanziata, con una indicazione, almeno approssimativa, del gettito delle nuove entrate: ciò che é mancato nella specie, come dimostra la successiva legge n. 44.

La violazione dell'art. 36 Statuto siciliano investe, poi, l'art. 3 e indirettamente l'intera legge. Poiché le addizionali si risolvono in una maggiorazione dei tributi principali, la Regione poteva imporle solo ai tributi di sua spettanza, mentre la legge impugnata non ha distinto tra le imposte che gravava di addizionale.

Nell'illustrare, quindi, gli assenti contrasti delle dette addizionali con i principi generali della legislazione fiscale, si rileva che l'addizionale del 20 per cento colpirebbe soltanto tre individuate società private, in violazione dell'art. 53 Cost., che esclude discriminazioni soggettive e imposizioni ad personam.

In via subordinata, si osserva che, ove, per ipotesi, l'addizionale potesse considerarsi come un tributo a sé stante, la legge sarebbe ugualmente illegittima, quanto meno in relazione all'art. 3, lett. a, non corrispondendo, l'imposta ivi prevista, ad alcun tipo di addizionale.

La memoria conclude col chiedere che la Corte voglia dichiarare illegittima la legge n. 43, impugnata col ricorso, e conseguenzialmente voglia annullare anche la legge regionale 21 ottobre 1960, n. 44, che modifica in parte, senza sanarne i vizi, la legge impugnata.

5. - Nelle sue note difensive la Regione ricorda anch'essa preliminarmente l'emanazione della legge n. 44, osservando come questa si riferisca a un solo esercizio, e non potrà essere travolta dall'eventuale dichiarazione di illegittimità dell'art. 3 della precedente legge n. 43.

Nel merito, vengono riportate notizie statistiche circa l'entità dei previsti miglioramenti, nell'intento di confutare le affermazioni del ricorso.

Quanto alla legittimità dell'imposizione tributaria in discussione, si osserva che il principio della legalità dei tributi, affermato dall'art. 23 Cost., é soddisfatto, in quanto l'imposizione per addizionale si determina avvalendosi degli elementi già definiti delle altre imposte. Nella specie, l'imposizione corrisponde a un interesse proprio della Regione e alle esigenze delle popolazioni rurali siciliane, ed é conforme al carattere locale della imposizione regionale. Quanto alla discriminazione fra le attività produttive tassabili, il principio della capacità contributiva, di cui all'art. 53 Cost., consente distinzioni tra i destinatari dell'imposizione, come si verifica nella legislazione statale.

Infine, perché nella turbativa del sistema tributario statale possa riscontrarsi una illegittimità costituzionale, occorre che essa sia pregiudizievole, diretta e rilevante: condizioni che non ricorrono nella legge impugnata. Insiste per l'inammissibilità e il rigetto del ricorso.

6. - Nella discussione orale, le parti hanno ribadito e illustrato le tesi rispettive.  

Considerato in diritto 

1. - L'eccezione di inammissibilità del ricorso, con la quale si é sostenuto essere stata dedotta in via subordinata e in forma dubitativa una questione che era, invece, pregiudiziale, non é fondata.

Il Commissario dello Stato ha impugnato la legge regionale sotto un duplice aspetto: sotto l'aspetto della potestà normativa tributaria della Regione siciliana, i cui limiti sarebbero stati violati dal sistema di finanziamento della legge stessa, previsto nell'art. 3, e sotto l'aspetto della potestà normativa in materia di assistenza e previdenza, in quanto la legge avrebbe ecceduto i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato, violando così l'art. 17 dello Statuto speciale per la Regione siciliana. É stata, inoltre, dedotta la violazione dell'art. 81, ultimo comma, della Costituzione.

La censura riguardante i limiti della potestà normativa in materia di previdenza e assistenza non é stata proposta né in forma perplessa, né in subordine alla censura riguardante la potestà tributaria regionale, essendo, invece, nel ricorso, chiaramente manifesta la volontà di impugnare la legge da entrambi gli indicati punti di vista, considerandola come ugualmente illegittima, sotto l'uno e l'altro riflesso.

Né il fatto che la violazione dei limiti della potestà tributaria viene dedotta in relazione all'art. 3, mentre la violazione dei limiti della potestà normativa in materia previdenziale investe la intera legge, implica che quest'ultimo motivo sia pregiudiziale rispetto al primo. A parte che, per il ricorrente, la asserita illegittimità costituzionale dell'art. 3 travolgerebbe l'intera legge, é da osservare che nei dedotti motivi non é dato ravvisare un rapporto di pregiudizialità, data la loro indipendenza logica, Da essi, e dall'altro dell'asserita violazione dell'art. 81, ultimo comma, Cost., resta, pertanto, determinato l'ambito della controversia.

Nel loro esame é, tuttavia, opportuno invertire l'ordine col quale erano stati originariamente enunciati, secondo un criterio che, del resto, é stato seguito dalla difesa delle parti nella trattazione della causa.

2. - La denunciata violazione dell'art. 17 dello Statuto speciale della Regione siciliana, a giudizio di questa Corte, non sussiste.

Nei miglioramenti dell'assistenza malattia per i braccianti e salariati agricoli, disposta con la legge in esame, non può riscontrarsi una violazione del doppio limite che, ai sensi del citato art. 17, incontra la potestà normativa regionale nei principi e interessi generali, cui si informa la legislazione dello Stato, e nella esigenza di corrispondere alle condizioni particolari e agli interessi propri della Regione.

Se, infatti, nel campo della legislazione statale sussiste un interesse all'unitarietà del sistema di assistenza e previdenza sociale, quest'interesse non esclude le necessità di adattamento degli istituti previdenziali alle varietà delle condizioni e dei bisogni locali sopra tutto nelle Regioni meno sviluppate, ed é ben noto che l'esigenza di adeguare gli istituti giuridici alle condizioni locali é una ragione fondamentale della particolare autonomia delle Regioni a ordinamento speciale.

Inoltre, come ha rilevato la difesa della Regione, nell'ordinamento giuridico dello Stato vi é la tendenza ad allargare il campo dell'assistenza sociale contro le malattie, sia nel senso di estenderlo a nuove categorie, sia nel senso di dare incremento alle diverse forme e ai vari generi di prestazioni; ed in questa direzione era destinata ad agire la legge impugnata.

Infine, la portata nazionale del problema dei lavoratori rurali e dei braccianti nelle zone depresse non può impedire alle Regioni ad ordinamento speciale di avvalersi della loro autonomia per affrontare la situazione nel proprio ambito. Nella specie, i previsti miglioramenti sono stati giustificati con la considerazione delle particolari condizioni dei lavoratori della Regione; vale a dire, con la specifica considerazione di interessi regionali, alla cui valutazione non si può scendere in questa sede.

Né può essere qui presa in esame l'affermazione che il trattamento previsto dalla legge supererebbe, in alcuni casi, la misura dei salari, perché - a parte la questione se esista nella legislazione statale un principio secondo cui la misura del salario costituirebbe un limite delle prestazioni assicurative non é stato provato che, nella specie, si fosse superato tale limite.

3. - Fondato é il motivo riguardante la potestà normativa tributaria.

Questa Corte ha già avuto ripetutamente occasione di indicare i limiti della potestà tributaria della Regione siciliana, derivanti, oltre che dalle leggi costituzionali, dai principi e dagli interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato e dal dovere di uniformarsi, per ogni singolo tributo, all'indirizzo e ai principi di quella legislazione (sent. nn. 9, 11, 13, 14, 19, 42 del 1957; 5 e 60 del 1958 e altre successive).

Nella specie, si pone il quesito se sia conforme agli indicati criteri la previsione di una addizionale del 20 per cento sulle imposte erariali, destinata a uno scopo di assistenza sociale a favore dei lavoratori agricoli, e posta a carico di tre categorie di imprese industriali: categorie di imprese che, a prescindere da ogni considerazione di fatto estranea al presente giudizio, non possono essere che estremamente ristrette, per i caratteri individuatori di esse posti dalla legge.

La Corte ritiene che al quesito debba darsi risposta negativa.

La considerazione che il sistema delle addizionali é conosciuto dalla legislazione statale, ed é sopra tutto utilizzato per gli enti locali, non é conferente. Si tratta, infatti, di vedere se l'addizionale, o il tributo in forma di addizionale, prevista dalla singola legge regionale, corrisponda a un tipo di addizionale o di tributo previsti dall'ordinamento statale ed ai principi a cui questo si ispira: sarebbe altrimenti facile eludere i limiti della potestà normativa regionale, creando, sotto la forma di addizionale, tributi sostanzialmente nuovi.

Ciò precisato, e portando l'analisi sui caratteri dell'imposta in esame, va osservato che essa prevede una discriminazione tra i soggetti passivi delle imposte erariali, la quale produrrebbe una disparità, tra i soggetti a un medesimo tributo, e, incidendo sulla capacità contributiva delle imprese colpite, si ripercuoterebbe direttamente sul sistema delle imposte erariali. Inoltre, anche per la sua particolare destinazione e per la sua misura, di gran lunga superiore a quella in cui sono normalmente contenute le imposte addizionali, altererebbe la configurazione di ciascuna imposta, col risultato, per tutte le indicate ragioni, di turbare l'unitarietà dell'ordinamento tributario generale.

É, poi, da tenere presente che, secondo la norma in esame, l'addizionale sarebbe commisurata anche a tributi erariali che, nell'attuale disciplina provvisoria dei rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione siciliana (D.P.R., 12 aprile 1948, n. 507), non sono di spettanza della Regione, non corrispondendo a entrate indicate nel bilancio 1947-8, come le imposte sulla produzione e quelle introdotte dopo l'entrata in vigore dello Statuto speciale, e non possono formare oggetto dell'attività normativa regionale.

Né l'addizionale in parola, considerata indipendentemente dai tributi erariali posti a base del suo sistema di accertamento, corrisponde a un tipo di tributo conosciuto dall'ordinamento generale.

Sotto questo riflesso, assume particolare rilevanza la destinazione dell'imposta a uno specifico fine di assistenza sociale, per cui essa rientrerebbe nella categoria delle cosiddette imposte di scopo.

Figure di imposte addizionali, destinate a fini assistenziali, si rinvengono nell'ordinamento dello Stato: la difesa della Regione ha ricordato l'addizionale per l'integrazione dei bilanci dell'E.C.A. Ma, nel caso in esame, la specifica destinazione della addizionale va considerata in relazione al sistema generale di finanziamento dell'assicurazione sociale. É noto che nel sistema della previdenza e assistenza sociale, e in particolare nell'assicurazione malattia, il finanziamento é assicurato dai contributi dei soggetti del rapporto assicurativo e, in alcuni casi, dal concorso dello Stato (es., assistenza ai coltivatori diretti); ma l'onere di tale concorso non é coperto da una imposta ad hoc, a carico di determinate categorie di contribuenti estranei al rapporto assicurativo. Nei casi di partecipazione dello Stato agli oneri assicurativi, la legislazione si ispira evidentemente al principio che é la collettività nazionale che, attraverso i proventi del bilancio dello Stato, provvede alle esigenze della protezione sociale.

Nella legge impugnata, invece, si prescinde del tutto dal rapporto di assicurazione sociale (può rilevarsi, incidentalmente, che non era così nell'originario disegno di legge) e, ponendosi l'onere dei miglioramenti assistenziali a carico di determinate categorie di imprese industriali, si attua un trasferimento di reddito a fini sociali, in una forma sconosciuta all'ordinamento dello Stato.

4. - Poiché i proventi dell'addizionale prevista dalla norma di cui al detto art. 3, primo comma, lett. a, costituivano in maniera determinante i mezzi per far fronte agli oneri delle nuove forme di assistenza, l'intera legge é da dichiarare costituzionalmente illegittima, in riferimento all'art. 81, ultimo comma, della Costituzione, anche se, per le ragioni già dette, la previsione di miglioramenti nell'assistenza sanitaria ai lavoratori agricoli non sarebbe stata per se stessa incostituzionale.

5. - Dopo che la legge regionale 27 luglio 1960, n. 43, era stata impugnata e promulgata, é stata approvata e pubblicata la legge regionale 21 ottobre 1960, n. 44, con la quale si é disposto che agli oneri derivanti dalla legge n. 43 a carico dell'esercizio finanziario in corso, si sarebbe provveduto, in deroga all'art. 3 della predetta legge, mediante l'assunzione di un mutuo.

Trattasi, dunque, di una norma temporanea, adottata nel presupposto della validità ed efficacia della legge 27 luglio 1960, n. 43, nel cui sistema era destinata ad inserirsi la previsione del mutuo, per coprire, solo per un anno, le spese che la legge n. 43 avrebbe importato. Ma la dichiarazione di illegittimità costituzionale della legge n. 43, facendo venir meno la premessa della successiva legge n. 44, porta a eguale dichiarazione per quest'ultima, ai sensi dell'art. 27 legge 11 marzo 1953, n. 87.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

respinge le eccezioni pregiudiziali dedotte dalla Regione siciliana;

dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della Regione siciliana 27 luglio 1960, n. 43, concernente "miglioramento dell'assistenza e concessione d'indennità integrativa in caso di malattia ai salariati e braccianti agricoli ed ai loro familiari", in riferimento all'art. 36 Statuto speciale della Regione siciliana e all'art. 81, ultimo comma, della Costituzione;

dichiara, altresì, in applicazione dell'art. 27 legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale della legge della Regione siciliana 21 ottobre 1960, n. 44 (Gazzetta Ufficiale Reg. sic. 22 ottobre 1960, n. 49), recante modifiche alla predetta legge regionale n. 43.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 giugno 1961.

Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI

 

Depositata in cancelleria il 24 giugno 1961.