SENTENZA N. 19
ANNO 1957
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Avv. Enrico DE NICOLA, Presidente
Dott. Gaetano AZZARITI
Avv. Giuseppe CAPPI
Prof. Tomaso PERASSI
Prof. Gaspare AMBROSINI
Prof. Ernesto BATTAGLINI
Dott. Mario COSATTI
Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA,
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso dal Presidente del Consiglio dei Ministri con ricorso notificato il 20 marzo 1956, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 2 successivo ed iscritto al n. 50 del Reg. ric. 1956, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto dell'Assessore per le finanze della Regione siciliana 26 luglio 1955, n. 532, che determinava l'aliquota dell'imposta sull'entrata per il commercio delle specialità medicinali.
Udita nell'udienza pubblica del 14 novembre 1956 la relazione del Giudice Antonino Papaldo;
uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi per il ricorrente e l'avv. Giuseppe Chiarelli per la Regione siciliana.
Ritenuto in fatto
Con decreto 26 luglio 1955, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana del 26 novembre dello stesso anno, l'Assessore per le finanze di detta Regione determinava l'aliquota dell'imposta sull'entrata per il commercio delle specialità medicinali. Con ricorso depositato nella cancelleria di questa Corte il 21 marzo 1956, previa notifica fattane al Presidente della Giunta regionale, con atto del giorno precedente, il Presidente del Consiglio dei Ministri sollevava conflitto di attribuzione, deducendo la violazione degli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto speciale per la Sicilia, nonché degli articoli 23 e 119 della Carta costituzionale in relazione all'art. 36 del citato Statuto.
Premesso che gli artt. 14, 15 e 17 dello Statuto non prevedono attribuzione alla Regione di potestà legislativa, né primaria né concorrente, in materia tributaria, e che l'art. 36 dello stesso Statuto avrebbe il contenuto limitato di consentire alla Regione la deliberazione di tributi propri, il ricorrente deduce che resta escluso ogni potere della Regione di legiferare sui tributi erariali, modificandone le aliquote.
Né in questa materia può ammettersi una potestà amministrativa primaria della Regione, in quanto la norma contenuta nella prima parte del primo comma dell'art. 20 dello Statuto siciliano, richiamando soltanto gli artt. 14, 15 e 17, non contempla tale potestà amministrativa rispetto alla materia tributaria. Non é, poi, attualmente applicabile la seconda parte del primo comma dello stesso art. 20, non essendo state ancora impartite direttive da parte del Governo dello Stato.
Concludeva chiedendo che la Corte dichiari che ogni attribuzione in materia di tributi erariali spetta allo Stato e che in particolare spetta allo Stato (Ministro per le finanze) determinare le aliquote dell'imposta sull'entrata, per l'effetto annullando il provvedimento impugnato.
Si é costituito in giudizio il Presidente della Giunta regionale, depositando, in data 9 aprile 1956, deduzioni, con le quali ha chiesto che la Corte dichiari l'inammissibilità del ricorso e comunque lo respinga, dichiarando la competenza della Regione nella materia.
La difesa della Regione sostiene che, se fosse vero il presupposto che l'atto in questione sia stato compiuto dalla Regione in esecuzione di una legge statale, la inosservanza delle direttive del Governo dello Stato provocherebbe un vizio dell'atto, che dovrebbe ricondursi all'ipotesi della violazione di legge e non a quella dell'incompetenza, facendo venire meno il presupposto del conflitto di attribuzione. Soggiunge che altra tesi del ricorso é che l'attività di cui all'art. 20 dello Statuto avrebbe natura statale delegata. Se ciò fosse, "il ricorso sarebbe irricevibile poiché il conflitto di attribuzione non sorge se i due organi hanno natura parimenti statale".
Nel merito, premesso che é fuori discussione la natura amministrativa dell'attività posta in essere con il provvedimento che ha dato luogo al conflitto, la difesa della Regione sostiene che in materia tributaria la Regione siciliana, sulla base dell'art. 36 del proprio Statuto, dispone di una competenza legislativa primaria ed esclusiva, salvo per quel che si riferisce alle imposte di produzione ed alle entrate dei tabacchi e del lotto.
La competenza amministrativa spetterebbe alla Regione anche se, per ipotesi, la competenza legislativa regionale in materia tributaria avesse carattere concorrente e secondario: e ciò si evince, sia da un principio generale collegato con l'art. 118 della Costituzione, in virtù del quale spettano alla Regione le funzioni amministrative anche nelle materie nelle quali la Regione disponga di sola competenza legislativa secondaria, sia dalla considerazione che la competenza legislativa tributaria della Sicilia, se intesa di carattere complementare, dovrebbe essere ricondotta all'art. 17, lett. i, dello Statuto e troverebbe, quindi, un aggancio formale, oltre a quello sostanziale, con il conferimento di potere amministrativo attribuito dall'art. 20 dello Statuto.
In ipotesi ancora più subordinata, la difesa della Regione deduce che la competenza amministrativa della Sicilia trova il suo fondamento nello stesso art. 20 che conferisce tale potestà non solo nelle materie di cui agli artt. 14, 15 e 17 dello Statuto, ma anche nelle altre materie disciplinate da leggi statali, di modo che la Regione siciliana ha una competenza amministrativa di carattere generale vuoi per l'esecuzione delle leggi regionali, vuoi per l'esecuzione delle leggi dello Stato. Né potrebbe ritenersi che la competenza amministrativa attribuita alla Regione per la esecuzione delle leggi statali resti sospesa in mancanza della formulazione di apposite o specifiche direttive da parte del Governo, sia perché la direttiva dello Stato, nell'ipotesi di mancata espressa formulazione, così come per ogni altro atto discrezionale, é già contenuta, espressamente o implicitamente, nella legislazione, nella quale l'atto amministrativo trova il suo fondamento, sia perché l'opposta interpretazione condurrebbe all'assurda conseguenza di ritenere che lo Statuto, anziché allargare, abbia ristretto la sfera di decentramento già realizzata per la Sicilia con la istituzione dell'Alto Commissariato.
All'udienza i difensori hanno illustrato le rispettive tesi, insistendo nelle già dedotte conclusioni.
Considerato in diritto
Con sentenza n. 9 del 17 gennaio 1957 in una controversia identica a quella in oggetto, la Corte ha rigettato le eccezioni di inammissibilità dedotte dalla difesa della Regione siciliana negli stessi termini in cui sono state qui prospettate. Per le regioni esposte nella richiamata decisione le eccezioni devono essere rigettate.
La stessa sentenza ha risoluto tutte le questioni sollevate con questo ricorso. Anche nel caso già deciso trattavasi di stabilire se spettino alla Regione siciliana i poteri che, in base alle leggi dello Stato, competono al Ministro per le finanze in materia di imposta generale sulla entrata, poteri esercitati dall'Assessore per le finanze della Regione con il decreto qui impugnato, analogo a quello che diede luogo alla impugnazione definita con la sentenza più volte ricordata. Tale decisione, premesso che alla Regione siciliana spetta, in virtù dell'art. 36 dello Statuto, la potestà legislativa in materia tributaria, dichiara che, per il necessario collegamento con tale potestà, spetta anche alla Regione la potestà amministrativa nella stessa materia. La decisione soggiunge che la legislazione regionale, nella materia di che trattasi, non essendo questa menzionata nell'art. 14 dello Statuto, non può avere se non carattere concorrente e sussidiario; da ciò si deduce che le leggi regionali riguardanti i tributi debbono rispettare, non soltanto le leggi costituzionali ed i limiti territoriali, ma anche quelli derivanti dai principi e dagli interessi generali cui si uniformano le leggi dello Stato, secondo quanto dispone la prima parte dell'art. 17 dello Statuto siciliano. Inoltre, poiché risponde ad una esigenza fondamentale per l'economia e per l'uguaglianza di tutti i cittadini, a qualsiasi parte del territorio della Repubblica appartengano, che l'obbligazione tributaria si ricolleghi ad un sistema unitario, in ordine alle caratteristiche di ciascun tributo, ai cespiti colpiti ed alle modalità della riscossione, occorre che anche a questa esigenza sia subordinata la legislazione regionale, la quale deve essere quindi coordinata con la finanza dello Stato e degli altri enti locali, affinché non derivi turbamento ai rapporti tributari nel resto del territorio nazionale, e deve uniformarsi all'indirizzo ed ai principi fondamentali della legislazione statale per ogni singolo tributo.
Per quanto si riferisce alla fattispecie sottoposta al giudizio della Corte, fattispecie analoga a quella ora in esame, la sentenza più volte richiamata ha considerato che, non essendo state finora emanate leggi per il passaggio dallo Stato alla Regione delle funzioni e degli uffici statali in materia di tributi in genere e di imposta sull'entrata in particolare, ad eccezione di quanto riguarda la riscossione, le norme statali e regionali in atto vigenti non contengono una sistemazione completa e definitiva dei rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione siciliana. Ciò stante, l'Assessore ha esercitato poteri che le leggi dello Stato demandano al Ministro per le finanze e che, in mancanza di esplicite disposizioni, non erano consentiti all'Assessore quando il decreto assessoriale é stato emanato.
Per tali ragioni, che nella ricordata sentenza sono state ampiamente esposte e che qui basta semplicemente richiamare in sintesi, l'impugnato decreto dell'Assessore, avendo invaso la sfera di competenza riservata allo Stato, deve essere annullato ai sensi degli artt. 41 e 38 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
pronunziando sul conflitto di attribuzione fra lo Stato e la Regione siciliana, sollevato dallo Stato con ricorso 20 marzo 1956 in relazione al decreto dell'Assessore per le finanze della Regione siciliana 26 luglio 1955, n. 532:
respinta l'eccezione di inammissibilità proposta dalla Regione siciliana;
riconosciuta la potestà legislativa e amministrativa della Regione in materia tributaria entro i limiti indicati nella motivazione;
dichiara la competenza dello Stato sulla materia di cui nel decreto impugnato e
annulla il decreto dell'Assessore per le finanze 26 luglio 1955, n. 532.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 gennaio 1957.
Enrico DE NICOLA - Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA
Depositata in cancelleria il 26 gennaio 1957.