Sentenza n. 35 del 1958
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SENTENZA N. 35

ANNO 1958

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Gaetano AZZARITI, Presidente

Avv. Giuseppe CAPPI

Prof. Tomaso PERASSI

Prof. Gaspare AMBROSINI

Prof. Ernesto BATTAGLINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Mario BRACCI

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della norma contenuta nell'art. 8 della legge regionale siciliana recante "Modifiche alla legge regionale 2 agosto 1954, n. 32", approvata dall'Assemblea regionale nella seduta del 4 luglio 1957, promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 10 luglio 1957, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 17 luglio 1957 ed iscritto al n. 14 del Registro ricorsi 1957.

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione siciliana;

udita nell'udienza pubblica del 2 aprile 1958 la relazione del Giudice Nicola Jaeger;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Luigi Tavassi La Greca, per il ricorrente, e l'avv. Antonio Navarra, per la Regione siciliana.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ricorso notificato il 10 luglio 1957 il Commissario dello Stato per la Regione siciliana impugnava davanti alla Corte costituzionale una norma, e precisamente quella contenuta nell'articolo 8 del disegno di legge approvato dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 4 luglio 1957, recante "Modifiche alla legge regionale 2 agosto 1954, n. 32", comunicato al Commissario dello Stato il 6 luglio.

La legge del 1954, che conteneva disposizioni per l'acceleramento dell'esecuzione e dei pagamenti delle opere pubbliche di competenza della Regione nonché degli enti locali, aveva dato luogo ad alcuni inconvenienti. Con il disegno di legge approvato il 4 luglio 1957 venivano modificati numerosi articoli di essa ed aggiunta la disposizione, contenuta appunto nell'art. 8 impugnato; secondo tale norma "tutte le vertenze tra l'Amministrazione e l'appaltatore, così durante la esecuzione come al termine del contratto, se non si siano potute definire in via amministrativa, quale che sia la loro natura tecnica amministrativa giuridica, nessuna esclusa, saranno deferite, giusta gli artt. 808, 809, 810, 811 del Cod. proc. civ. e 349 della legge sui lavori pubblici 20 marzo 1865, n. 248, al giudizio di un collegio arbitrale così costituito:

a) dal Presidente del Consiglio di giustizia amministrativa o un magistrato del Consiglio di Stato, membro del Consiglio di giustizia amministrativa, da lui designato;

b) dal Presidente del Collegio tecnico amministrativo presso il Provveditorato alle opere pubbliche della Sicilia o un suo delegato;

c) da un membro scelto dal Primo Presidente della Corte di appello di Palermo fra i membri giudicanti della stessa Corte di appello".

A detta del ricorrente, questa norma doveva ritenersi viziata di illegittimità costituzionale per due motivi: anzitutto per assoluto difetto di competenza da parte della Regione di legiferare in materia attinente alla funzione giurisdizionale, che é di esclusiva competenza dello Stato; in secondo luogo, perché la statuizione di un arbitrato obbligatorio per tutte le controversie relative a certi tipi di rapporti si risolve sostanzialmente nella istituzione di una giurisdizione speciale, in palese, netto contrasto con l'art. 102 della Costituzione.

Il Commissario dello Stato concludeva pertanto chiedendo che fosse dichiarata la illegittimità costituzionale dell'art. 8 del disegno di legge. Il ricorso era depositato in cancelleria il 17 luglio 1957, unitamente all'atto di costituzione dell'Avvocatura dello Stato.

Per disposizione del Presidente della Corte costituzionale veniva data notizia del ricorso stesso mediante pubblicazione nel n. 187 del 27 luglio 1957 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica e nel n. 40 del 27 luglio 1957 della Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana.

La Regione siciliana si costituiva in giudizio, depositando il 26 luglio in cancelleria le proprie deduzioni e la procura speciale al difensore avv. prof. Antonio Navarra. Dopo aver premesso che la impugnativa di incompetenza davanti a questa Corte può essere proposta a condizione del rispetto dell'art. 127 della Costituzione, e dal Governo, in persona del Presidente del Consiglio, la difesa della Regione obbiettava che:

a) il capitolato generale d'appalto, o una norma che determini il contenuto di qualcuna delle clausole del futuro contratto, costituisce un limite al potere discrezionale dell'ente pubblico, che diverrà operativo per concorde volontà delle parti, quando il privato, libero di concorrere alla gara, della quale conosce in anticipo le condizioni, sottoscriverà il contratto; la clausola può ben costituire il contenuto di una norma generale, che in via preventiva l'ente pubblico impone come norma di condotta a sé medesimo;

b) la Regione non ha fatto che trascrivere, quasi testualmente, l'art. 42 del capitolato generale di appalto per opere pubbliche, approvato con decreto 28 maggio 1895, n. 350;

c) l'istituto previsto é una figura di "arbitrato obbligatorio", non già di giurisdizione speciale, e quindi pienamente compatibile con l'art. 102 della Costituzione;

d) infine, prima che alla Regione, la critica dovrebbe, se si potesse, rivolgersi allo Stato e alla sua legislazione.

Nelle memorie, depositate rispettivamente il 7 e il 13 febbraio 1958, l'Avvocatura generale dello Stato e la difesa della Regione hanno replicato alle argomentazioni avversarie.

La difesa dello Stato ha insistito sulle tesi già esposte e, per ciò che riguarda la eccezione processuale della Regione, si é richiamata alle sentenze della Corte costituzionale, le quali hanno riconosciuto applicabili gli artt. 28 e 29 dello Statuto speciale della Regione siciliana. In quanto al merito, essa ha posto in rilievo alcune differenze esistenti fra la norma impugnata e quella (art. 42) del capitolato generale d'appalto per le opere pubbliche (decreto 28 maggio 1895); e, dato il carattere necessario e obbligatorio derivante da una specifica norma di legge, che rivestirebbe in siffatti casi l'arbitrato, sostiene trattarsi in realtà di vera e propria giurisdizione speciale, vietata dalla Costituzione.

La difesa della Regione ha riaffermato la propria tesi, che il collegio arbitrale non é giurisdizione speciale, aggiungendo agli argomenti già esposti l'osservazione che nella specie ci si trova di fronte ad una esplicita qualificazione fatta in funzione normativa dal legislatore regionale, il quale ha parlato di collegio arbitrale, richiamando anche le norme del Codice di procedura civile sul giudizio per arbitri, ed ha perciò previsto che il lodo sia soggetto al controllo della magistratura ordinaria, anche attraverso i mezzi di impugnazione ammessi contro le sentenze arbitrali. Né la inapplicabilità di uno di questi (l'appello) e la mancanza di un grado di giurisdizione di merito potrebbero dar luogo a illegittimità costituzionale, posto che la Costituzione ha imposto come necessaria soltanto la garanzia del ricorso per cassazione contro tutte le sentenze.

Nella discussione orale le parti hanno illustrato le argomentazioni esposte.

In pendenza del giudizio, la legge impugnata é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana del 25 settembre 1957, n. 54.

 

Considerato in diritto

 

Le eccezioni pregiudiziali sollevate dalla difesa della Regione non possono essere accolte.

La Corte costituzionale ha precisato nella sentenza n. 38 del 27 febbraio 1957, e confermato in numerose decisioni successive (sentenze nn. 44, 51, 52, 58, 111, 112, 113, 116, 117, 123 del 1957), quelle che sono le condizioni per la impugnazione in via principale delle leggi della Regione siciliana; e ritiene sufficiente richiamare le ragioni addotte nelle sentenze ora ricordate.

Nel merito si osserva che la difesa della Regione ha replicato ampiamente ai due motivi di illegittimità costituzionale della norma denunciata, sui quali si basa il ricorso del Commissario dello Stato, insistendo soprattutto, nelle deduzioni scritte e nella discussione orale, sul fatto che nella specie la legge regionale non avrebbe se non riprodotto le disposizioni delle leggi dello Stato, che prevedono analoghe forme di arbitrato nelle controversie in cui sia interessata la pubblica amministrazione, e ciò particolarmente nella materia dei lavori pubblici; né sarebbe esatto - sempre secondo la difesa della Regione - vedere in tali forme di arbitrato obbligatorio la istituzione di una giurisdizione speciale, in quanto il regime di esecutorietà del lodo e la ammissione delle impugnazioni previste nell'art. 827 Cod. proc. civ., che discenderebbero dalla esplicita qualificazione contenuta nella legge regionale, escluderebbero senz'altro tale conclusione.

La Corte non ritiene che questi argomenti difensivi possano essere considerati sufficienti a dimostrare la legittimità costituzionale della norma e la conseguente infondatezza del ricorso, nel quale si contesta anzitutto che possa rientrare nell'ambito della competenza della Regione la emanazione con legge formale di una norma, che vincola entrambe le parti delle future controversie a sottostare al giudizio di un collegio a struttura predeterminata.

Non occorre neppure, ai fini della decisione, proporsi in questa sede il problema, tuttora aperto e dibattuto, sui rispettivi caratteri dell'arbitrato obbligatorio, o necessario, e della giurisdizione speciale e sui rapporti di somiglianza o di differenza concettuale fra tali figure. La semplice constatazione, la quale non ammette dubbi, che una norma, come quella impugnata, determina necessariamente la esclusione della competenza delle autorità giurisdizionali rispetto a tutta una serie di controversie, e pertanto incide sulla giurisdizione, in senso negativo, é più che sufficiente a dimostrare la illegittimità costituzionale di essa.

Il fatto che la amministrazione regionale possa convenire con una controparte privata di deferire al giudizio di un arbitro o di un collegio arbitrale una determinata controversia in atto ovvero una o più controversie eventuali e future concernenti un dato rapporto contrattuale non ha, anche se dimostrato ammissibile, alcuna rilevanza ai fini della risoluzione della questione sottoposta alla Corte nel presente giudizio. Altra cosa é esercitare, rispetto ad una o anche a più controversie determinate o determinabili, un potere di disposizione che é strettamente collegato al potere di azione, seppure non ne é addirittura un aspetto e uno svolgimento, di guisa che é concepibile che la Regione ne sia titolare, altra cosa dettare una norma legislativa, diretta a vincolare non soltanto la Regione, ma anche i terzi, e, per di più, a sottrarre preventivamente ed in via generale tutte le controversie concernenti i rapporti in certe materie alla sfera di competenza delle autorità giurisdizionali. Siffatta potestà legislativa non può non ritenersi al di fuori dei limiti della competenza regionale segnati dagli artt. 14, 17 e 36 dello Statuto speciale della Regione siciliana.

La potestà di emanare norme materiali per disciplinare certi rapporti giuridici, come quelli relativi al compimento delle opere pubbliche, non comprende certamente anche il potere di regolare preventivamente, mediante norme strumentali ben differenti per funzione e per struttura, perfino le forme e i modi del giudizio sulle controversie concernenti quei rapporti, sottraendolo alla giurisdizione competente, per deferirlo invece, e in via obbligatoria, a soggetti od organi diversi.

Il ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana merita pertanto di essere accolto già per il primo motivo, che assorbe del resto anche il secondo.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

respinte le eccezioni pregiudiziali proposte dalla Regione;

dichiara la illegittimità costituzionale della norma contenuta nell'art. 8 della legge regionale siciliana recante "Modifiche alla legge regionale 2 agosto 1954, n. 32", approvata dalla Assemblea regionale nella seduta 4 luglio 1957 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana del 25 settembre 1957, n. 54, in riferimento alle norme contenute negli artt. 14 e 17 dello Statuto speciale per la Regione siciliana.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 aprile 1958.

 

Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Mario BRACCI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI

 

Depositata in cancelleria il 2 maggio 1958.