SENTENZA N. 24
ANNO 1958
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Gaetano AZZARITI, Presidente
Avv. Giuseppe CAPPI
Prof. Tomaso PERASSI
Prof. Gaspare AMBROSINI
Prof. Ernesto BATTAGLINI
Dott. Mario COSATTI
Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Mario BRACCI
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 8 della legge della Regione Trentino - Alto Adige 26 aprile 1956, n. 6, promosso con ordinanza 23 febbraio 1957 del Pretore di Rovereto, emessa nel procedimento di volontaria giurisdizione relativo ad iscrizione tavolare richiesta dall'Istituto di credito fondiario della Regione tridentina nei confronti di Sannicolò Giuseppina, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 90 del 6 aprile 1957 e nel Bollettino Ufficiale della Regione Trentino - Alto Adige n. 14 del 9 aprile 1957 ed iscritta al n. 36 del Registro ordinanze 1957.
Visto l'atto di intervento della Regione Trentino - Alto Adige;
udita all'udienza pubblica del 29 gennaio 1958 la relazione del Giudice Gaspare Ambrosini;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Raffaello Bronzini per la Regione Trentino - Alto Adige.
Ritenuto in fatto
Tra l'Istituto del credito fondiario della Regione tridentina e la signora Sannicolò Giuseppina vedova di Giuseppe, nata Danieli, per rogito notaio Bertol Giovanni di Rovereto d. d. 26 gennaio 1957, n. 17704 Rep., venne stipulato un contratto condizionato di mutuo al tasso del 2,50%; mutuo che l'Istituto di credito concedeva alla signora Sannicolò ai sensi della legge regionale 26 aprile 1956, n. 6, contenente "nuove provvidenze a favore dell'industria alberghiera". Venne in seguito presentato ricorso al Pretore di Rovereto in qualità di Giudice tavolare per ottenere l'intavolazione dell'ipoteca sui beni della mutuataria signora Sannicolò (nonché quanto altro ai punti 1, 2, 3 e 4) ed inoltre l'annotazione che le particelle edificiali (precisate al punto 5) "sono permanentemente ed esclusivamente adibite a scopo di industria alberghiera e come tali vincolate per 25 anni".
Accolta l'istanza riguardo ai punti 1, 2, 3 e 4 del ricorso, ma non anche riguardo al punto 5 riguardante l'annotazione del vincolo alberghiero per 25 anni, il Giudice tavolare con elaborata ordinanza del 23 febbraio 1957, propose d'ufficio la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8 della legge regionale 26 aprile 1956, n. 6, che dispone l'obbligo del vincolo suddetto e della correlativa annotazione nella partita tavolare riguardante l'immobile destinato ad uso alberghiero. Sospese in conseguenza il giudizio circa il punto 5 del ricorso e ordinò la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
Nell'ordinanza pretorile si premette che il termine "giudizio" adoperato negli artt. 1 legge 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, va inteso nel senso lato di ogni procedura avanti ai giudici ordinari o speciali e non nella ristretta accezione di procedura contenziosa la quale imporrebbe di escludere la volontaria giurisdizione.
Nel merito si rileva che la denunciata norma regionale di cui all'art. 8 legge 26 aprile 1956, n. 6, T.A.A. può apparire in contrasto con le norme costituzionali di cui all'art. 117 della Costituzione e di cui all'art. 4 dello Statuto regionale. Dette norme, infatti, mentre non riservano alla Regione alcun potere legislativo in materia di vincolo alberghiero e di iscrizione tavolare, gliela consentono in materia di turismo e industria alberghiera "ma nel consueto limite del rispetto dei principi fondamentali dell'ordinamento statale e dell'interesse nazionale".
Ciò posto, il Pretore afferma che di tale vincolo alberghiero possono darsi, in alternativa, due versioni: o la norma regionale che lo istituisca é di diritto privato e cioè costitutiva di un tipo astratto di rapporto giuridico tra privati, oppure é di diritto pubblico, cioé di per sé costitutiva di un rapporto giuridico concreto tra Regione e privato.
Nel primo caso l'astratto rapporto giuridico tra privati, o é un nuovo diritto reale, oppure una nuova obligatio propter rem. Se la legge denunciata introducesse un nuovo diritto reale, verrebbe forzato - sostiene l'ordinanza - il principio fondamentale del numerus clausus. Se invece introducesse una nuova obligatio propter rem, la denunciata legge violerebbe il principio della tassatività delle obbligazioni reali e quello della tassatività delle iscrizioni nel libro fondiario delle nuove province.
Nel secondo caso, la norma imporrebbe una limitazione amministrativa al diritto di proprietà, la quale limitazione ai sensi dell'art. 42 della Costituzione potrebbe essere apportata soltanto da legge dello Stato e non delle Regioni; nessun limite potrebbe quindi porre al diritto di proprietà la Regione nemmeno allo scopo di dar disciplina ad una materia compresa nell'elenco di quelle per cui le é conferito potere legislativo.
L'ordinanza veniva notificata alle parti e al Presidente della Giunta regionale di Trento, comunicata ai Presidenti delle due Camere e veniva inoltre, per ordine del Presidente della Corte costituzionale, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 90 del 6 aprile 1957 e sul Bollettino Regionale n. 14 del 9 aprile 1957.
Con atto del 23 marzo 1957 interveniva in giudizio il Presidente pro tempore della Giunta della Regione Trentino - Alto Adige rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, svolgendo le seguenti deduzioni:
In primo luogo viene dedotta "l'inammissibilità del rinvio degli atti del procedimento de quo alla Corte costituzionale" sulla base che l'espressione "giudizio" adoperato negli artt. 1 della legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, debba essere interpretata alla luce della espressione "causa" adoperata nell'art. 1 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale e cioè nel senso che la questione di costituzionalità può essere sollevata nel corso di un giudizio contenzioso e non di una semplice procedura di volontaria giurisdizione.
Nel merito della vertenza, sostiene l'Avvocatura dello Stato che il vincolo alberghiero ha natura e contenuto di un vincolo amministrativo per scopi di interesse pubblico analogo al vincolo che il Ministero della pubblica istruzione può imporre sui beni di interesse artistico o storico ai sensi della legge 1 giugno 1939, n. 1089.
Ciò premesso, l'Avvocatura dello Stato afferma che la norma impugnata non é incostituzionale poiché la Regione ha legiferato in materia alberghiera rimanendo strettissimamente nei limiti dei principi dell'ordinamento giuridico dello Stato e del rispetto degli interessi nazionali (art. 4 Stat. T.A.A.).
Infatti l'introduzione del vincolo alberghiero e della sua annotazione - sostiene la difesa della Regione - non costituisce un quid novi dovuto ad iniziativa della legge regionale, ma é semplicemente desunta da una fonte di diritto statale con richiamo ad una corrispondente statuizione già in vigore per legge nazionale, e cioè: R.D. 16 gennaio 1921, n. 13, art. 23, R.D.L. 2 gennaio 1936, n. 274, art. 1, R.D.L. 16 giugno 1938, n. 1280, art. 1, R.D.L. 29 maggio 1946, n. 452, art. 16, ed infine legge 4 agosto 1955, n. 691.
L'Avvocatura dello Stato richiama poi l'art. 9 del D.P.R. 27 marzo 1952, n. 354, per il quale sono estese anche alla Regione le disposizioni contenute nelle leggi dello Stato in materia di vincolo alberghiero. Rileva quanto all'obbligo della pubblicità che il legislatore regionale non ha fatto altro che adattare alla particolare struttura delle iscrizioni nei libri fondiari l'obbligo della "trascrizione" nei registri immobiliari stabilito per le vecchie province, disponendo appunto l' "annotazione" del vincolo alberghiero.
Considerato in diritto
Sull'eccezione pregiudiziale di inammissibilità sollevata dal l'Avvocatura dello Stato, la Corte osserva che in precedenti sentenze (n. 4 del 1956 e nn. 5, 40 e 129 del 1957) ha ritenuto ammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata nel corso di un procedimento di volontaria giurisdizione, interpretando il termine "giudizio" adoperato dall'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e dall'art. 23 delle legge 11 marzo 1953, n. 87, nel senso lato di ogni procedura davanti ad un giudice ordinario o amministrativo.
Invero, come ha detto la Corte nella sentenza n. 129 del 1957, la proponibilità di una questione di legittimità costituzionale dipende non dalla qualifica del procedimento in corso, ma dalla circostanza che il giudice (contenzioso o volontario che sia il pro cesso) ritenga fondato il dubbio della legittimità costituzionale della legge che egli deve applicare.
Per l'esame del merito é opportuno tenere presente che la legge regionale 26 aprile 1956, n. 6, nel dettare norme per la concessione di mutui di favore per il potenziamento ed il miglioramento del patrimonio alberghiero della Regione, stabilisce varie condizioni intese ad assicurare il raggiungimento dello scopo per cui tali mutui sono concessi.
Tra queste condizioni vi sono quelle previste nei primi due commi dell'art. 8:
- "Gli immobili finanziati ai sensi della presente legge sono vincolati alla destinazione all'uso alberghiero per anni 25.
"Il vincolo é reso pubblico mediante annotazione nella partita tavolare relativa all'immobile in parola".
Nell'ordinanza emessa il 23 febbraio 1957 dal Pretore di Rovereto in qualità di Giudice tavolare si formulano due ipotesi circa la natura (privatistica o pubblicistica) del vincolo alberghiero previsto nel primo comma dell'art. 8, e si assume che in entrambe le ipotesi questa disposizione é costituzionalmente illegittima: nella prima ipotesi (che si tratti cioè di norma che incide nel sistema del diritto privato) perché contrastante con l'art. 117 della Costituzione e con l'art. 4 dello Statuto per la Regione Trentino - Alto Adige; e nella seconda ipotesi (che si tratti di norma di diritto pubblico) perché contrastante con l'art. 42 della Costituzione.
In sostanza tutte le considerazioni dell'ordinanza del Pretore di Rovereto partono dal presupposto che con l'art. 8 della legge 26 aprile 1956, n. 6, il Consiglio regionale abbia dettato norme che, comunque considerata di diritto privato o di diritto pubblico la natura del suddetto vincolo alberghiero, non rientrano nella competenza della Regione perché non potrebbero essere dettate che con legge dello Stato.
Deve anzitutto osservarsi che per la decisione della questione in esame non può farsi riferimento all'art. 117 della Costituzione, perché questo riguarda le Regioni ad autonomia normale, mentre la Regione Trentino - Alto Adige ha uno statuto speciale; per cui ad esso bisogna riportarsi, e precisamente all'art. 4, che attribuisce alla Regione per le materie in esso indicate, e quindi anche per "il turismo e le industrie alberghiere" (n. 17), una potestà legislativa più ampia di quella contemplata nell'art. 117 della Costituzione, sia pur entro i limiti dei principi dell'ordinamento giuridico dello Stato e del rispetto dell'interesse nazionale.
Ora, nel caso in esame il legislatore regionale non ha in alcun modo oltrepassato quei limiti.
Le norme dell'art. 8 relative al vincolo alberghiero per 25 anni ed alla sua pubblicità non costituiscono una novità creata dal legislatore regionale, ma sono norme che varie leggi dello Stato avevano già dettato allo scopo di incrementare con pubblici finanziamenti l'industria alberghiera.
Seguendo il principio affermato dopo la prima guerra mondiale con R.D.L. 16 gennaio 1919, n. 13 (art. 13), il R.D.L. 2 gennaio 1936, n. 274, stabiliva all'art. 1 che gli edifici destinati ad uso di albergo, pensione o locanda, per destinazione dei proprietari o per concessione risultante da contratto di affitto, "non possono essere né venduti, né dati in locazione per un diverso uso da quello alberghiero senza l'autorizzazione del Ministero per la stampa e la propaganda".
Il principio del vincolo fu riaffermato dall'art. 1 del R.D.L. 16 giugno 1938, n. 1280, ed ancora più precisamente, quanto alla durata del vincolo e all'obbligo della trascrizione nei registri immobiliari, dal R.D.L. 29 maggio 1946, n. 452, il quale all'art. 16 dispone che "l'obbligo previsto dall'art. 1 del R. D.L. 16 giugno 1938, n. 1280, di non mutare la destinazione alberghiera dei fabbricati ricostruiti, costruiti, migliorati ed ampliati con i contributi statali, deve avere la durata di venticinque anni, e deve esserne data pubblicità a cura del competente organo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, mediante trascrizione del vincolo presso il competente Ufficio dei registri immobiliari, a carico dei beneficiari e con l'applicazione della imposta unica di trascrizione ipotecaria nella misura di lire 20, salvi gli emolumenti spettanti ai conservatori dei registri immobiliari".
Ed infine la legge 4 agosto 1955, n. 691, all'art. 9 dispone che "gli immobili finanziati ai sensi della presente legge sono vincolati alla destinazione per uso alberghiero. Il vincolo é reso pubblico mediante trascrizione presso il competente Ufficio dei registri immobiliari a carico dei beneficiari, previa l'osservanza di quanto prescrive il primo comma dell'art. 16 del R.D.L. 29 maggio 1946, n. 452".
L'istituto del vincolo venticinquennale sugli immobili adibiti ad uso di albergo non é stato a dunque creato con l'art. 8 in esame, ma si trovava nella legislazione statale, che regolava la materia, e che il legislatore regionale non ha fatto che applicare, e che anzi non poteva fare a meno di applicare in conseguenza ed in osservanza del decreto del Presidente della Repubblica del 27 marzo 1952, n. 354, concernente Norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino - Alto Adige, relativamente "al turismo ed alle industrie alberghiere".
L'art. 9, comma primo, di questo decreto dispone: "Le disposizioni contenute nelle leggi dello Stato in materia di vincolo alberghiero si applicano anche nella Regione".
Non é fuori luogo rilevare che la Regione Trentino - Alto Adige aveva impugnato questo disposto dell'art. 9 come lesivo della propria autonomia, ma che questa Corte ritenne invece, con la sentenza n. 15 del 1956, "non potersi considerare viziato da illegittimità costituzionale".
Da quanto esposto risulta che la norma del primo comma dell'art. 8 non contrasta, comunque possa considerarsi il vincolo venticinquennale da essa previsto, né con l'art. 4 dello Statuto per la Regione Trentino - Alto Adige, né con l'art. 42 della Costituzione.
Ugualmente infondata deve ritenersi la questione di legittimità costituzionale proposta nell'ordinanza in riguardo al secondo comma dello stesso art. 8, con cui si dispone che "il vincolo é reso pubblico mediante annotazione nella partita tavolare relativa all'immobile in parola".
Con questa norma il legislatore regionale non ha creato un istituto nuovo, ma ha applicato il principio della pubblicità del vincolo alberghiero, che si trovava nella legislazione statale dianzi richiamata, nel R.D.L. 29 maggio 1946, n. 452, e nella legge 4 agosto 1955, n. 691, che all'art. 9 esplicitamente prescrive che "... il vincolo é reso pubblico mediante trascrizione presso il competente Ufficio dei registri immobiliari...".
Il legislatore regionale ha applicato questo principio adattandolo al sistema tavolare proprio del Trentino - Alto Adige, e ricorrendo alla forma della "annotazione", che in questo sistema sostanzialmente corrisponde a quella della "trascrizione", e che peraltro può considerarsi prevista nella disposizione dell'art. 20 del R.D. 28 marzo 1929, n. 499, riguardante il sistema tavolare, il quale art. 20, tra le materie che formano oggetto di annotazione, oltre quelle dell'art. 19, indica infine alla lettera h) "ogni altro atto o fatto riferentesi a beni immobili per il quale le leggi estese o quelle anteriori mantenute in vigore richiedano od ammettano la pubblicità, a meno che questa debba eseguirsi nelle forme dell'art. 9 della presente legge", cioè nella forma della "intavolazione" e "prenotazione", che si applicano soltanto agli istituti in esso art 9 indicati.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
respinta l'eccezione pregiudiziale dell'Avvocatura dello Stato;
dichiara non fondata la questione proposta dal Giudice tavolare di Rovereto con ordinanza del 23 febbraio 1957 sulla legittimità costituzionale dell'art. 8 della legge della Regione Trentino Alto - Adige del 26 aprile 1956, n. 6, in riferimento all'art. 117 della Costituzione, all'art. 4 dello Statuto speciale per la Regione Trentino - Alto Adige e all'art. 42 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 febbraio 1958.
Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Mario BRACCI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI
Depositata in cancelleria il 11 marzo 1958.