Sentenza n. 4 del 1956

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SENTENZA N. 4

ANNO 1956

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN  NOME  DEL  POPOLO  ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Avv. Enrico DE NICOLA, Presidente

Dott. Gaetano AZZARITI

Avv. Giuseppe CAPPI

Prof. Tomaso PERASSI

Prof. Gaspare AMBROSINI

Prof. Ernesto BATTAGLINI

Dott. Mario COSATTI                                  

Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI     

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Mario BRACCI

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni  CASSANDRO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 25 della legge provinciale di Bolzano 29 marzo 1954, n. 1 promosso con l'ordinanza 25 gennaio 1956 del Pretore di Brunico nel procedimento di volontaria giurisdizione su ricorso proposto da Floss Paolo pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48 del 27 febbraio 1956 e nel Bollettino Ufficiale della Regione Trentino-Alto Adige n. 5 del 5 marzo 1956 ed iscritta al n. 28 Registro ordinanze 1956:

Vista la dichiarazione di intervento del Presidente della Giunta provinciale di Bolzano, rappresentato e difeso dagli avvocati Alberto Trabucchi e Karl Tinzl;

Udita, all'udienza pubblica del 7 maggio 1956, la relazione del Giudice Gaspare Ambrosini;

Udito l'avv. Alberto Trabucchi.

Ritenuto in fatto

 

 

La legge 29 marzo 1954, n. 1 della Provincia di Bolzano, relativa all'"ordinamento dei masi chiusi nella Provincia di Bolzano", modificata in talune parti, come in quella che forma oggetto del presente giudizio, con successiva legge provinciale 2 settembre 1954, n. 2, dispone all'art. 25:

"Se il defunto non ha disposto in riguardo al valore di assunzione e se gli interessati non addivengano ad un accordo tra loro, il prezzo di assunzione sarà determinato in base al valore di reddito mediante applicazione al reddito imponibile dominicale di coefficienti stabiliti dalla Commissione censuaria provinciale.

"Qualora però l'assuntore o i coeredi ne facciano domanda, il reddito presunto, dal quale, con la applicazione del tasso legale, sarà ricavato il valore del bene, verrà determinato dal Pretore competente per il rilascio del certificato di eredità in base ad una stima eseguita da tre esperti in materia agraria.

"A tale scopo il Pretore, su ricorso del chiamato all'assunzione o di uno o più coeredi nomina l'esperto concedendo alle parti interessate un termine per la nomina di un esperto proprio. In caso di disaccordo tra più coeredi sulla nomina del proprio esperto, la nomina é fatta dal Pretore. Si applicano in materia, in quanto applicabili, le disposizioni del titolo II, capo VI, del Libro IV del Cod. proc. civ. Il Pretore ed il Tribunale in sede di gravame, possono sentire le parti.

"Nell'accertare il valore del maso, si deve tenere debito conto delle scorte esistenti; in quanto però le stesse sono pertinenze del maso, non vengono stimate separatamente. Alla stima delle parti del patrimonio ereditario che a norma dell'art. 17 non fanno parte del maso chiuso, non si applica il disposto del 1 comma del presente articolo.

"Gli interessati e i membri della commissione locale per i masi chiusi possono assistere alla stima e fare le loro osservazioni".

In base al disposto di questo art. 25, il signor Floss Paolo fu Giuseppe, coerede legittimo nella successione di Floss Giuseppe ed avente diritto all'assunzione del maso chiuso caduto in eredità, chiese al Pretore di Brunico, con ricorso del 20 gennaio 1956, la determinazione del valore del maso al fine di computare il valore delle quote spettanti agli altri coeredi.

Il Pretore di Brunico, con ordinanza del 25 gennaio 1956, sollevò di ufficio la questione di legittimità costituzionale del detto art. 25, rilevando che esso é in contrasto con l'art. 108 della Costituzione, in quanto attribuisce al Pretore una funzione rientrante nelle "norme sull'ordinamento giudiziario e su ogni magistratura" che, ai sensi del citato art. 108 della Costituzione, solo una legge dello Stato, e non anche una legge regionale o provinciale, può stabilire, e che é altresì in contrasto con gli artt. 4, 5, 11 e 12 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5, in quanto eccede i limiti posti da tali articoli all'esercizio della potestà legislativa della Provincia e viola i principi fondamentali dell'ordinamento processuale relativi alla competenza dei giudici per valore e alle forme del procedimento di divisione ereditaria.

E pertanto il Pretore di Brunico, con la su indicata ordinanza del 25 gennaio 1956, sospese il procedimento ed ordinò la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

L'ordinanza fu notificata a cura del cancelliere della Pretura di Brunico al ricorrente signor Floss, ai Presidenti della Giunta regionale del Trentino-Alto Adige e della Giunta provinciale di Bolzano, e fu poi pubblicata, per disposizione del Presidente della Corte costituzionale, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 27 febbraio 1956, n. 48.

La Giunta provinciale di Bolzano, in data 9 febbraio 1956, deliberò di dare mandato all'avv. Alberto Trabucchi e all'avv. Karl Tinzl di rappresentare e difendere gli interessi della Provincia presso la Corte costituzionale in merito alla questione di legittimità costituzionale dello art. 25, sollevata dal Pretore di Brunico con l'ordinanza del 25 gennaio 1956, e si costituì in data 20 febbraio 1956.

Nell'atto di costituzione e in due successive memorie dell'avv. Trabucchi la difesa della Giunta provinciale di Bolzano ha trattato della questione sollevata con l'ordinanza del Pretore di Brunico, sostenendo in contrario: che l'art. 25 della citata legge provinciale di Bolzano non contrasta con l'art. 108 della Costituzione, dacché il termine "legge" usato da questo articolo si riferisce alle leggi in generale e quindi anche alle leggi regionali e provinciali, le quali ultime, nell'ambito della competenza assegnata alla Regione o alla Provincia, sono leggi formali ed hanno lo stesso valore delle leggi emanate dal potere legislativo dello Stato; e che non contrasta con gli artt. 4, 5, 11 e 12 dello Statuto della Regione, né eccede i limiti posti da tali articoli alla potestà legislativa della Provincia, dacché l'art. 25 in discussione conferisce al Pretore una funzione che é tipicamente di giurisdizione volontaria e d'altra parte non sovverte i principii fondamentali del diritto processuale in materia di divisione ereditaria.

Nella pubblica udienza il difensore della Giunta provinciale di Bolzano, avv. Trabucchi, ha ulteriormente illustrato i motivi del ricorso.

Considerato in diritto

 

 

L'art. 108 della Costituzione riserva agli organi legislativi dello Stato la disciplina di tutto quanto concerne l'amministrazione della giustizia, sia in riguardo alla istituzione dei giudici che alle loro funzioni e alle modalità del correlativo esercizio: "Le norme sull'ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con legge".

La difesa della Giunta provinciale di Bolzano assume che il termine "legge" usato dall'art. 108 si riferisce a tutte le leggi e quindi anche alle leggi regionali e provinciali, come quella della Provincia di Bolzano del 29 marzo 1954, n. 1, modificata con successiva legge 2 settembre 1954, n. 2, qui in discussione.

Ma tale assunto é infondato, giacché la Costituzione, quando rinvia puramente e semplicemente alla "legge" la disciplina di una determinata materia, si riferisce soltanto alla legge dello Stato.

E che l'art. 108 faccia inequivocabilmente riferimento alla legge dello Stato si desume anche dal sistema adottato dal Costituente di procedere bensì, per materie determinate, a un decentramento istituzionale nel campo legislativo ed amministrativo in favore dell'ente Regione, ma di escludere dal decentramento tutto il settore giudiziario e di sottrarlo, quindi, a qualsiasi competenza delle Regioni, anche di quelle "a statuto speciale" , dettando così uno di quei "principi dell'ordinamento giuridico dello Stato" , che costituiscono limiti insuperabili all'esercizio della potestà legislativa delle Regioni, - siccome é statuito espressamente anche nell'art. 4, primo comma, dello Statuto per il Trentino-Alto Adige, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5, che, pur attribuisce alla Regione (ed altresì alle Province di Bolzano e Trento, in virtù del richiamo fattone dal successivo art. 11) una potestà legislativa di carattere primario.

Occorre ora vedere se il Consiglio provinciale di Bolzano ha violato questi principi basilari, attribuendo al Pretore, con l'art. 25 della suddetta legge provinciale, una funzione non prevista da alcuna legge dello Stato.

Niuno dubbio che il disposto di questo art. 25 dovrebbe considerarsi viziato di illegittimità costituzionale, se si mettesse in relazione soltanto coi disposti dell'art. 108 della Costituzione e degli artt. 4 e 11, primo comma, dello Statuto della Regione Trentino-Alto Adige.

Ma a diversa soluzione si deve arrivare, nel senso cioè di escludere il vizio di illegittimità costituzionale del detto art. 25, se si tiene presente che l'art. 11 dello Statuto per la Regione Trentino-Alto Adige, dopo la norma generale del primo comma, detta precisamente al n. 9 una disposizione particolare, con la quale, in riguardo alla materia dei "masi chiusi", deroga ai principi sopra esposti dall'art. 108 della Costituzione e dagli artt. 4 e 11, primo comma, dello Statuto per il Trentino-Alto Adige.

L'art. 11 n. 9 fa rivivere infatti l'istituto dei "masi chiusi", che non trova riscontro nel diritto italiano, e quindi bisogna mutuarne la nozione dall'ordinamento in cui é sorto e si é sviluppato.

Si tratta di un istituto con caratteristiche tutte particolari, come quelle della indivisibilità del fondo, della sua connessione con la compagine familiare e della "assunzione" di esso fondo come "maso chiuso" da parte di un unico soggetto, cui un sistema particolare - anche relativo al procedimento di assegnazione e di determinazione del valore del fondo nel caso di pluralità di eredi - permette di perpetuare e garantire nel maso stesso il perseguimento delle finalità economiche e sociali proprie dello istituto.

Introdotto in Alto Adige fin dai primi secoli del Medio Evo in corrispondenza ad antiche consuetudini germaniche, si affermò nel tempo e formò oggetto, verso l'età moderna, di disciplina legislativa formale, quale quella delle Patenti imperiali dell'11 agosto 1770 e del 9 ottobre 1795, di una legge dell'Impero del 1 aprile 1889 che attribuì alla legislazione provinciale il compito di disciplinare la materia, e della legge provinciale del 12 giugno 1900, n. 47, "concernente i rapporti giuridici speciali dei masi chiusi valevole per la Contea principesca del Tirolo".

Dopo che il territorio dell'Alto Adige entrò a far parte del territorio italiano, l'istituto rimase in vita fino a quando con R.D. del 4 novembre 1928, n. 2325 fu estesa alle nuove Province la legislazione nazionale.

Sennonché, anche dopo il suo disconoscimento legale, la popolazione dell'Alto Adige continuò a dimostrarsi attaccata all'istituto.

E non mancarono apprezzamenti favorevoli che anche giuristi particolarmente esperti in diritto agrario espressero in riguardo ad esso, considerandolo utile dal punto di vista economico, per la remora che pone allo smembramento dei fondi, e dal punto di vista sociale, per l'apporto che può dare al mantenimento della compagine familiare e alla esistenza di una sana classe rurale.

É interessante rilevare che già durante l'impero della legislazione austriaca, nonostante l'abrogazione di ogni norma speciale in materia di fondi rustici appoderati disposta con la legge austriaca 27 giugno 1868, l'istituto restò eccezionalmente in vigore nel Tirolo.

Ma fu essenzialmente per andare incontro alle aspirazioni chiaramente manifestate dagli esponenti della popolazione alto-atesina in riguardo al riconoscimento formale dell'antico istituto, che il legislatore costituzionale si indusse a dettare il disposto del n. 9 dell'art. 11 dello Statuto per il Trentino-Alto Adige, col quale attribuì alla Provincia la facoltà di emanare norme legislative "per le seguenti materie... n. 9: ordinamento delle minime unità culturali, anche agli effetti dell'art. 847 del Codice civile; ordinamento dei "masi chiusi" e delle comunità familiari rette da antichi statuti e consuetudini".

Ora, l'istituto dei "masi chiusi" , che, come si é detto, non trova precedenti nell'ordinamento italiano, non può qualificarsi né rivivere se non con le caratteristiche sue proprie derivanti dalla tradizione e dal diritto vigente fino alla emanazione di quel R.D. 4 novembre 1928, n. 2325, sopra citato, in base al quale esso istituto cessò di avere formalmente vita.

Né si dica che il n. 9 dell'art. 11 comprende nello stesso disposto l'ordinamento delle minime unità culturali e quello dei "masi chiusi", e che quindi la potestà legislativa provinciale va esercitata nello stesso spirito e con le stesse finalità che presiedono ai principi fondamentali contenuti nel Codice civile. L'accomunamento nello stesso n. 9 dei due istituti non importa affatto che si possano applicare ad ambedue gli stessi principi. Si tratta di istituti diversi che il n. 9 distingue, tanto da individuarli singolarmente e da distaccarli inserendo tra l'uno e l'altro un punto e virgola, ed altresì accentuando il carattere tutto particolare dei "masi-chiusi" ponendo queste due parole tra virgolette.

Il legislatore provinciale, quindi, in virtù dell'art. 11 n. 9 dello Statuto regionale può disciplinare la materia dei "masi chiusi" nell'ambito della tradizione e del diritto preesistente e, in conseguenza, con una potestà necessariamente più ampia, data la natura dell'istituto, che per le altre materie nello stesso art. 11 contemplate.

Nella fattispecie, il legislatore provinciale di Bolzano, dettando la norma dell'art. 25 suindicato, non ha fatto altro che attribuire al Pretore la stessa competenza che, in virtù del paragrafo 19 della sopraccitata legge della Contea principesca del Tirolo del 22 giugno 1900, n. 47, rimasta in vigore fino al 1928, era di spettanza del corrispondente organo giudiziario (Giudice distrettuale).

Dalle suesposte considerazioni discende che la suddetta norma dell'art. 25 della legge provinciale di Bolzano trova la sua legittimità in una fonte costituzionale, e precisamente quella del n. 9 dell'art. 11 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5, con la quale fu approvato lo Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige, e che pertanto non può considerarsi viziata di illegittimità costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Pretore di Brunico con ordinanza del 25 gennaio 1956 relativa alla disposizione dell'art. 25 della legge della Provincia di Bolzano del 29 marzo 1954, n. 1, modificata con successiva legge 2 settembre 1954, n. 2, in rapporto all'art. 108 della Costituzione ed all'art. 11 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 giugno 1956.

 

Enrico DE NICOLA - Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Mario BRACCI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO.

 

Depositata in cancelleria il 25 giugno 1956.