Sentenza n. 211 del 2024

SENTENZA N. 211

ANNO 2024

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da:

Presidente: Augusto Antonio BARBERA;

Giudici: Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 378, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023), promosso dal Tribunale ordinario di Ravenna, ufficio esecuzioni mobiliari e immobiliari, nel procedimento vertente tra Do Value spa, quale mandataria di Fino 2 Securitisation srl, Guber Banca spa (già SPV Project 155 srl, quale mandataria di Cerved Credit Management spa), Agenzia delle Entrate – Riscossione e Cooperativa Edificatrice ECI società cooperativa, con ordinanza del 5 marzo 2024, iscritta al n. 73 del registro ordinanze 2024 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell’anno 2024.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udita nella camera di consiglio del 29 ottobre 2024 la Giudice relatrice Emanuela Navarretta;

deliberato nella camera di consiglio del 14 novembre 2024.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza iscritta al n. 73 del registro ordinanze 2024, il Tribunale ordinario di Ravenna, ufficio esecuzioni mobiliari e immobiliari, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 41 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione sia all’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), sia all’art. 1 del Protocollo addizionale CEDU, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 378, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023). Tale previsione dispone che, «[s]e la procedura ha avuto inizio su istanza dell’istituto di credito presso il quale è stato acceso il mutuo fondiario, il giudice verifica d’ufficio la rispondenza del contratto di mutuo stipulato ai criteri di cui all’articolo 44 della legge 5 agosto 1978, n. 457, e l’inserimento dell’ente creditore nell’elenco delle banche convenzionate presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. La mancanza di uno solo dei due requisiti citati determina l’immediata improcedibilità della procedura esecutiva ovvero della procedura concorsuale avviata».

1.1.– Il giudice rimettente riferisce che pende dinanzi a sé una procedura esecutiva immobiliare nei confronti della Cooperativa edificatrice ECI società cooperativa, avente a oggetto alcuni terreni ubicati nel territorio del Comune di Conselice.

I terreni pignorati, collocati in un’area rientrante in un piano di edilizia economica popolare, ai sensi della legge 18 aprile 1962, n. 167 (Disposizioni per favorire l’acquisizione di aree fabbricabili per l’edilizia economica e popolare), risultano – secondo quanto riporta il giudice a quo – oggetto di una convenzione edilizia stipulata nel 2004 tra la cooperativa debitrice e il Comune di Conselice, ai sensi dell’art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (Programmi e coordinamento dell’edilizia residenziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni alle leggi 17 agosto 1942, n. 1150; 18 aprile 1962, n. 167; 29 settembre 1964, n. 847; ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell’edilizia residenziale, agevolata e convenzionata).

Sui terreni pignorati non sarebbero stati mai realizzati gli alloggi destinati all’edilizia residenziale pubblica (ERP).

Il giudice rimettente espone che la procedura esecutiva pendente è stata promossa dalla Do Value spa, mandataria della Fino 2 Securitisation srl, quale creditore procedente chirografario, e ha visto l’intervento della Guber Banca spa, successore a titolo particolare della SPV Project 155 srl, creditore ipotecario, nonché della Agenzia delle entrate – Riscossione.

1.2.– Il Tribunale di Ravenna ritiene che l’art. 1, comma 378, della legge n. 178 del 2020 sia applicabile alla procedura sottoposta al suo esame.

Ad avviso del giudice a quo, non osterebbe a tale conclusione la circostanza che i beni staggiti siano inedificati, trattandosi comunque di beni oggetto di una convenzione stipulata ai sensi dell’art. 35 della legge n. 865 del 1971 (cosiddetta “convenzione PEEP”), destinati a realizzare l’interesse pubblico che «può ancora compiutamente e “radicalmente” esplicarsi».

Parimenti, osserva sempre il rimettente, la procedura pendente non sarebbe esclusa dal raggio applicativo della norma censurata per il solo fatto che il creditore fondiario sia intervenuto, anziché aver dato avvio alla procedura stessa. Non dovrebbe, infatti, «enfatizzarsi il fatto che la norma sembri limitare il suo spettro applicativo alle ipotesi in cui il creditore ipotecario fondiario abbia dato avvio all’esecuzione, potendosi evitare la sanzione dell’improcedibilità anche nel caso in cui questi – purché dotato dei requisiti dell’art. 44 e iscritto nell’elenco ministeriale – abbia fatto intervento nell’esecuzione promossa da altri».

A detta del giudice a quo, la condizione capace di determinare, in base alla norma censurata, l’improcedibilità risiederebbe nel «solo riscontro dell’assenza dei requisiti ex art. 44 e del difetto dell’iscrizione nell’elenco ministeriale», sicché tale sanzione sarebbe destinata a operare «non solo quando a procedere s[ia] un creditore privilegiato fondiario privo dei requisiti menzionati, ma, a fortiori, pure quando ad agire s[ia] un qualsivoglia creditore, anche non ipotecario-fondiario, purché anch’egli privo dei requisiti summenzionati».

Quando il creditore “semplice” sia l’unico a partecipare alla procedura, l’improcedibilità opererebbe in via pressoché automatica, dato che tale creditore sarebbe per definizione privo dei requisiti fissati dalla norma. Quando, invece, ad avviare la procedura o a intervenire in essa sia un creditore qualificato, ossia un istituto di credito che abbia erogato un mutuo fondiario, l’improcedibilità si determinerebbe ove questi non possegga quei requisiti e colpirebbe – nella lettura dell’ordinanza di rimessione – non soltanto il creditore qualificato, ma, in via riflessa, anche il creditore semplice.

Nel caso di specie, il giudice a quo riferisce che il creditore intervenuto è titolare di un credito ipotecario sui terreni già pignorati dal creditore procedente e, tuttavia, non vi è prova che detto credito tragga origine da un mutuo dotato delle caratteristiche richieste dall’art. 44 della legge 5 agosto 1978, n. 457 (Norme per l’edilizia residenziale), al quale fa rinvio il censurato comma 378.

Tanto appare sufficiente al Tribunale di Ravenna per affermare la rilevanza delle questioni, dato che, in mancanza dell’incidente di costituzionalità, dovrebbe dichiarare l’improcedibilità in danno sia del creditore fondiario sia di quello chirografario.

1.3.– Quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente formula plurime censure.

Ab imis, reputa irragionevole e contrario agli artt. 3, 24 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6 CEDU, che si possa sanzionare con l’improcedibilità il creditore fondiario per il mancato rispetto dei requisiti di cui all’art. 44 della legge n. 457 del 1978 e per l’omesso inserimento nell’elenco ministeriale, previsto dal comma 378.

In particolare, secondo il rimettente, il mancato inserimento nel citato elenco o «determina la caducazione della garanzia statale, e allora l’improcedibilità appare connotarsi in senso meramente sanzionatorio, ma con profili […] di forte contrarietà ex art. 3, 24 [Cost.] e 6 CEDU (via 117 Cost.)», oppure «non determina la caducazione della garanzia, con l’effetto – se si vuole ancora più paradossale – che l’autore della violazione formale resta l’unico a non subire le conseguenze economiche della sua “colpa”». L’improcedibilità non sanzionerebbe, infatti, il creditore fondiario, poiché questi godrebbe della garanzia dello Stato, mentre andrebbe a colpire tutti gli altri creditori che agiscono nella medesima procedura.

Parimenti irragionevole e lesiva dei su citati parametri costituzionali viene, inoltre, reputata l’improcedibilità che andrebbe a colpire qualunque creditore che agisca in via esecutiva su un’area oggetto di una convenzione per la realizzazione di immobili ERP, ove alla procedura non partecipi il creditore fondiario che risponda ai requisiti di cui al comma 378. Per tali creditori, la possibilità di far valere in via esecutiva il proprio diritto verrebbe, infatti, a dipendere dalla insindacabile scelta del creditore fondiario, la cui «inerzia processuale» nell’intervenire nel processo esecutivo potrebbe, dunque, sospendere sine die la tutela del diritto di cui all’art. 24 Cost. E questo «senza alcuna possibilità di verifica e scrutinio circa le ragioni» di tale inerzia.

Si avrebbe così una «inibitoria generalizzata delle azioni esecutive [che] rischia di protrarsi indefinitamente per effetto di una volontà negativa del titolare del credito garantito che è impossibile scrutinare», con la conseguenza che i creditori del mutuatario verrebbero «a trovarsi in una condizione, temporalmente indefinita, di soggezione, correlata al contegno meramente negativo del creditore qualificato, che p[otrebbe] così governare a proprio piacimento, senza possibilità di sindacato e controllo, l’esito processuale dell’espropriazione o addirittura il suo avvio». Oltretutto, l’accertamento che dovrebbe svolgere il giudice dell’esecuzione d’ufficio riguarderebbe requisiti «di oscura determinazione».

Tale irragionevolezza si rifletterebbe «sul piano dei diritti genericamente economici e [sul]le legittime aspettative di recovery dei creditori (art. 41 Cost.; art. 117 Cost. in riferimento all’art. 1 Primo Protocollo Addizionale CEDU)».

La norma censurata costringerebbe gli operatori economici che intrattengano rapporti commerciali con un’impresa o cooperativa edificatrice a «verificare se gli immobili che compongono il patrimonio del debitore siano o meno vincolati da convenzioni urbanistiche e se sussistano, a monte, titoli fondiari con le caratteristiche dell’art. 44 L. 457/1978 e facenti capo, per di più, a istituti creditizi iscritti nell’(inesistente, a quanto pare) elenco ministeriale». Ciò collocherebbe tali operatori in una condizione di inaccettabile incertezza, esponendoli «ad una declaratoria di improcedibilità per cause ad essi completamente aliene, avulse da ogni potere di controllo e previsione».

In sostanza, si determinerebbe «per un tempo indefinito (almeno quello di durata della convenzione) un rischio processuale elevatissimo (l’improcedibilità) tale da limitare o condizionare gravemente il […] diritto di credito […], senza peraltro che sia chiara la ragione giustificativa di un tale sacrificio», sacrificio che finirebbe per colpire tutti i creditori del mutuatario, compresi l’«Erario» e i «lavoratori».

1.4.– Nell’argomentare, nei termini su evocati, l’irragionevolezza della disciplina censurata, il Tribunale di Ravenna esclude che il comma 378 possa prestarsi a una diversa ricostruzione ermeneutica, che il rimettente riferisce essere stata prospettata in dottrina.

In particolare, confuta la tesi che avrebbe ravvisato la ratio della norma nell’esigenza di tutelare il creditore fondiario garantito dallo Stato, che abbia perso l’ipoteca a causa dell’estinzione, per decorso del termine della concessione, del diritto di superficie.

Il rimettente illustra le ragioni che indurrebbero a non condividere tale opzione ermeneutica, ma la espone ugualmente, al fine di dimostrare che la norma censurata, prestandosi a interpretazioni tra loro molto diverse, si pone, comunque, in contrasto con il parametro generale di ragionevolezza «sotto il profilo della sua capacità di offrire indicazioni operative chiare e univoche ai suoi destinatari diretti e indiretti».

Questa irrimediabile oscurità determinerebbe dunque, a suo parere, una lesione dell’art. 3, secondo comma [recte: primo comma], Cost., alla luce delle indicazioni fornite da questa Corte nella sentenza n. 110 del 2023.

2.– È intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con atto depositato il 4 giugno 2024, che ha eccepito, sotto diversi profili, la manifesta inammissibilità delle questioni per difetto di rilevanza.

Ad avviso della difesa statale, la norma censurata sarebbe applicabile solo qualora la procedura esecutiva abbia per oggetto edifici e non terreni inedificati. Ritenere diversamente, come fa il giudice a quo, significherebbe entrare in collisione con il tenore letterale di quanto stabilito nel precedente comma 376 dell’art. 1 della legge n. 178 del 2020, il quale «fa riferimento, da un lato, alla “realizzazione” di immobili; dall’altro, all’“edilizia residenziale pubblica”». Poiché dal contenuto dell’ordinanza di rimessione non emergerebbe l’esistenza di alcun edificio sui terreni staggiti, neppure allo stato grezzo, mancherebbe un fondamentale presupposto applicativo della norma alla fattispecie in esame.

In secondo luogo, l’Avvocatura generale dello Stato ritiene che la sanzione di improcedibilità prevista dal comma 378 si riferisca al solo caso in cui la procedura abbia inizio su istanza dell’istituto di credito presso il quale sia stato acceso il mutuo fondiario.

Poiché nel caso in esame la procedura è stata iniziata da un creditore chirografario, la norma non dovrebbe trovare applicazione.

A giudizio della difesa statale, la contraria affermazione del giudice rimettente, in base alla quale l’esecuzione dovrebbe ritenersi improcedibile anche nell’ipotesi in cui sia stata introdotta da creditori privi dei requisiti di cui al comma 378, in quanto non fondiari ed estranei al finanziamento delle opere di edilizia residenziale pubblica, non sarebbe «assistita da motivazione e non [si potrebbe] condividere, alla luce del tenore letterale della disposizione, che sembr[erebbe] piuttosto escludere dalla sanzione dell’improcedibilità i creditori diversi da quello che ha finanziato i programmi di edilizia residenziale in questione».

Da ultimo, l’Avvocatura osserva come, secondo quanto risulterebbe dalla stessa ordinanza di rimessione, «la convenzione edilizia riguardante i terreni staggiti, di durata ventennale, ha scadenza in data 18.5.2024 cosicché – al momento della pronuncia della Corte – difetter[erebbe] il requisito della ricomprensione dei terreni in programmi di edilizia residenziale pubblica convenzionata e, quindi, il presupposto della declaratoria di improcedibilità».

Considerato in diritto

1.– Con ordinanza iscritta al n. 73 del registro ordinanze 2024, il Tribunale di Ravenna ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 41 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione sia all’art. 6 CEDU, sia all’art. 1 Prot. addiz. CEDU, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 378, della legge n. 178 del 2020. Tale previsione dispone l’improcedibilità dell’esecuzione che «ha avuto inizio su istanza dell’istituto di credito», se non viene accertata la corrispondenza del contratto di mutuo ai criteri di cui all’art. 44 della legge n. 457 del 1978 e se l’ente creditore non risulta inserito nell’elenco delle banche convenzionate presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

1.1.– Il giudice rimettente riferisce che pende, dinanzi a sé, una procedura esecutiva concernente terreni oggetto di una convenzione edilizia, stipulata ai sensi dell’art. 35 della n. 865 del 1971. Riporta, inoltre, che nella procedura, promossa da un creditore chirografario, è intervenuto anche un creditore fondiario.

Il presupposto interpretativo da cui muove il giudice a quo è che l’art. 1, comma 378, della legge n. 178 del 2020 determina l’improcedibilità in tutti i casi in cui il processo esecutivo, relativo a un’area oggetto di una convenzione per la realizzazione di immobili ERP, non veda la partecipazione del creditore fondiario, che risponda ai requisiti indicati allo stesso comma 378.

In punto di rilevanza, motiva l’applicabilità della norma censurata alla procedura e sostiene che, ove la norma non fosse giudicata costituzionalmente illegittima, egli dovrebbe dichiarare l’improcedibilità dell’esecuzione in danno di tutti i creditori procedenti, non essendovi prova che il diritto nella titolarità del creditore fondiario intervenuto tragga origine da un mutuo conforme a quanto prescritto dal citato comma 378.

1.2.– Con riguardo alla non manifesta infondatezza, reputa irragionevole e contrario agli artt. 3, 24 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6 CEDU, che, nelle procedure aventi a oggetto immobili destinati all’edilizia convenzionata, l’improcedibilità colpisca tanto il creditore fondiario, che non risponda ai requisiti indicati dal comma 378, quanto i creditori non fondiari, se non partecipa alla procedura il creditore fondiario che soddisfi le richiamate condizioni.

Tale irragionevolezza si rifletterebbe «sul piano dei diritti genericamente economici e [sul]le legittime aspettative di recovery dei creditori (art. 41 Cost.; art. 117 Cost. in riferimento all’art. 1 Primo Protocollo Addizionale CEDU)».

Infine, il rimettente denuncia l’irrimediabile oscurità della norma censurata, che – in linea con quanto deciso da questa Corte con la sentenza n. 110 del 2023 – determinerebbe, a suo parere, l’irragionevolezza della stessa.

2.– È intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, con atto depositato il 4 giugno 2024, che ha sollevato plurime eccezioni di inammissibilità.

2.1.– Ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, la norma censurata non sarebbe applicabile quando la procedura esecutiva abbia a oggetto terreni inedificati, anziché «immobili realizzati». Unicamente a questi ultimi fa riferimento il precedente comma 376 dell’art. 1 della legge n. 178 del 2020 e la sua disciplina, secondo la difesa statale, dovrebbe condizionare l’ambito applicativo del comma 378. Pertanto, poiché dal contenuto dell’ordinanza di rimessione non emergerebbe l’esistenza di alcun edificio sui terreni staggiti, mancherebbe un presupposto applicativo dell’art. 1, comma 378, della citata legge alla fattispecie oggetto del giudizio a quo.

L’eccezione non è fondata.

La norma censurata (il comma 378) non riproduce il riferimento agli «immobili realizzati» contenuto nel precedente comma 376, sicché non è implausibile ritenere che il suo presupposto applicativo sia definito dall’espresso richiamo – nel citato comma – all’art. 44 della legge n. 457 del 1978. L’accertamento sulla rispondenza del contratto di mutuo ai requisiti ivi indicati non sembra necessariamente subordinato alla condizione che il finanziamento sia stato già utilizzato per la realizzazione dell’immobile.

Del resto, il rimettente argomenta nel senso che la finalità pubblica sottesa agli immobili oggetto di convenzioni edilizie, disciplinati dalla norma censurata, sia sussistente anche prima che sia realizzato l’edificio.

Il giudice a quo fornisce, dunque, una motivazione non implausibile, che supera il vaglio esterno al quale si ferma il giudizio svolto da questa Corte sulla sussistenza della rilevanza (ex plurimis, sentenze n. 70 del 2024, n. 193 del 2022, n. 258 e n. 61 del 2021).

2.2.– Con una seconda eccezione di inammissibilità, sempre per difetto di rilevanza, l’Avvocatura generale dello Stato sostiene che la sanzione della improcedibilità disposta dal richiamato comma 378 si riferirebbe al solo caso in cui la procedura abbia inizio su istanza dell’istituto di credito presso il quale è stato acceso il mutuo fondiario. Di conseguenza, poiché nel caso in esame la procedura è stata avviata da un creditore chirografario, la norma non dovrebbe trovare applicazione.

Anche questa eccezione non è fondata.

Il rimettente dà atto dell’intervento nella procedura di un creditore fondiario e argomenta nel senso che il raggio applicativo della disposizione, nel riferirsi alla procedura che «ha avuto inizio su istanza dell’istituto di credito presso il quale è stato acceso il mutuo fondiario», debba ricomprendere anche l’ipotesi nella quale la medesima istanza sia fatta valere in sede di intervento sempre dal creditore fondiario.

Tale ricostruzione non è implausibile, ove si consideri che il diritto vivente ha valorizzato la posizione del creditore intervenuto nella procedura, ritenendola idonea a dare impulso e a portare a compimento la procedura stessa, in caso di caducazione del titolo fatto valere dal creditore procedente, sempre che il pignoramento fosse originariamente valido (Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 7 gennaio 2014, n. 61).

A ciò si aggiunga che il rimettente argomenta, in termini non implausibili, che la norma censurata consente di proseguire la procedura, avente a oggetto un immobile destinato all’edilizia convenzionata, solo se il giudice dell’esecuzione accerta che a essa partecipi il creditore fondiario, rispetto al quale deve verificare la rispondenza ai requisiti in essa stabiliti. In tutti gli altri casi, vi sarebbe l’improcedibilità.

2.3.– Da ultimo, la difesa erariale rileva che «la convenzione edilizia riguardante i terreni staggiti, di durata ventennale, ha scadenza in data 18.5.2024 cosicché – al momento della pronuncia della Corte – difetterebbe il requisito della ricomprensione dei terreni in programmi di edilizia residenziale pubblica convenzionata e, quindi, il presupposto della declaratoria di improcedibilità». Eccepisce, pertanto, anche sotto questo profilo, l’inammissibilità per irrilevanza.

L’eccezione non è fondata.

Per costante giurisprudenza di questa Corte, «la rilevanza delle questioni sollevate dal giudice a quo deve, per regola generale, essere valutata con riferimento al momento in cui esse sono state sollevate» (sentenza n. 266 del 2022; nello stesso senso, sentenze n. 33 del 2022 e n. 127 del 2021). Poiché nella specie, al momento in cui è pervenuta l’ordinanza di rimessione (27 marzo 2024), la convenzione edilizia stipulata dalla debitrice con l’ente comunale non era ancora scaduta, è evidente, anche sotto tale profilo, la rilevanza delle questioni sollevate.

3.– Venendo al merito, questa Corte ritiene di esaminare in via prioritaria le censure concernenti l’irragionevole lesione del diritto di difesa e, dunque, la violazione degli artt. 3 e 24 Cost.

Le questioni sono fondate.

4.– La norma censurata si inquadra nel contesto di un recente intervento legislativo, che ha visto l’inserimento, in sede emendativa, dei commi da 376 a 379 dell’art. 1 della legge di bilancio n. 178 del 2020.

Presupposto comune a tali commi è il riferimento a procedure, esecutive e concorsuali, aventi a oggetto immobili destinati all’edilizia residenziale pubblica convenzionata.

4.1.– In particolare, il comma 376 prevede che «[l]e procedure esecutive aventi a oggetto immobili realizzati in regime di edilizia residenziale pubblica convenzionata e agevolata che sono stati finanziati in tutto o in parte con risorse pubbliche sono nulle se il creditore procedente non ne ha dato previa formale comunicazione, tramite posta elettronica certificata, agli uffici competenti del comune dove sono ubicati gli immobili e all’ente erogatore del finanziamento territorialmente competente. La nullità è rilevabile d’ufficio, su iniziativa delle parti, degli organi vigilanti avvisati ovvero dell’inquilino detentore, prenotatario o socio della società soggetta alla procedura esecutiva».

A esso si lega il successivo comma 377, finalizzato a regolare le procedure esecutive già iniziate alla data di entrata in vigore della legge. In tal caso, «il giudice dell’esecuzione procede alla sospensione del procedimento esecutivo nelle modalità di cui al comma 376 per consentire ai soggetti di cui al citato comma 376 di intervenire nella relativa procedura al fine di tutelare la finalità sociale degli immobili e sospendere la vendita degli stessi».

Il comma 379 ha cura, poi, di precisare che tali oneri devono essere assolti anche nell’ambito delle procedure concorsuali aventi a oggetto i medesimi beni.

La richiamata disciplina esplicita (al comma 377) l’esigenza di «tutelare la finalità sociale degli immobili», pur se non chiarisce in che modo l’adempimento dell’onere di comunicazione debba perseguire tale finalità.

Gli interpreti hanno segnalato diversi percorsi ermeneutici.

Anzitutto, nell’onere di avviso si è individuato uno strumento idoneo a consentire al comune di far valere i vincoli che discendono dalla convenzione. Va sottolineato in proposito che, ferma restando la possibile attivazione delle procedure di affrancazione (sentenza n. 210 del 2021), l’aggiudicatario è tenuto, in ogni caso, a rispettare, negli atti dispositivi che dovesse compiere, dopo essersi aggiudicato il bene, i vincoli che la Corte di cassazione ha già qualificato come oneri reali (Sezioni unite civili, sentenza 16 settembre 2015, n. 18135, con riferimento al vincolo del prezzo massimo relativamente agli immobili in regime di edilizia agevolata ex art. 35 della legge n. 865 del 1971, nonché sezioni unite civili, sentenza 6 luglio 2022, n. 21348, che ha esteso tali principi di diritto alle convenzioni previste dagli artt. 7 e 8 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, recante «Norme per la edificabilità dei suoli», confluiti, senza significative modifiche, negli artt. 17 e 18 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia»).

Secondo una diversa prospettazione, l’onere di comunicazione dovrebbe, invece, agevolare la possibilità per il comune, reso edotto della procedura, di far valere vicende correlate alla convenzione. Va evidenziato, al riguardo, che, «[i]n tutti i casi in cui si verifichi la decadenza dalla concessione e la conseguente estinzione del diritto di superficie di cui all’ottavo comma, lettera f) dell’articolo 35, ovvero la risoluzione dell’atto di cessione in proprietà di cui al tredicesimo comma, lettera d) dell’articolo medesimo, l’ente che ha concesso il diritto di superficie o che ha ceduto la proprietà subentrerà nei rapporti obbligatori derivanti da mutui ipotecari concessi dagli istituti di credito per il finanziamento delle costruzioni sulle aree comprese nei piani approvati a norma della presente legge, con l’obbligo di soddisfare sino all’estinzione le ragioni di credito dei detti istituti» (art. 37, secondo comma, della legge n. 865 del 1971).

4.2.– Se, dunque, i commi 376 e 377 sono finalizzati a tutelare l’esigenza abitativa, la ratio sottesa al censurato comma 378 è apparsa, viceversa, incerta.

La disposizione prevede che, «[s]e la procedura ha avuto inizio su istanza dell’istituto di credito presso il quale è stato acceso il mutuo fondiario, il giudice verifica d’ufficio la rispondenza del contratto di mutuo stipulato ai criteri di cui all’articolo 44 della legge 5 agosto 1978, n. 457, e l’inserimento dell’ente creditore nell’elenco delle banche convenzionate presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. La mancanza di uno solo dei due requisiti citati determina l’immediata improcedibilità della procedura esecutiva ovvero della procedura concorsuale avviata». Inoltre, ai sensi del comma 379, la disciplina di cui al comma 378 trova applicazione anche alle procedure concorsuali.

Il richiamato testo ha indotto gli interpreti a ravvisare possibili differenti rationes: la difesa del creditore, ove egli perda il diritto di ipoteca in conseguenza dell’estinzione del diritto di superficie; la sanzione del creditore fondiario, che abbia concesso il mutuo senza rispettare i requisiti previsti dal legislatore; la tutela della garanzia dello Stato, di cui usufruisce il creditore fondiario. In relazione a tali funzioni è stato variamente inteso il raggio applicativo della norma.

5.– Questa Corte, nell’accingersi a individuare il presupposto interpretativo sul quale si fondano le censure del rimettente, non può esimersi dal rilevare il negativo impatto che produce, su una applicazione del diritto coerente con il principio di eguaglianza, una formulazione della disposizione foriera di una tale varietà di ricostruzioni, come quelle suscitate dal comma 378, in merito alla sua stessa ratio e al suo ambito di applicazione. Resta fermo che, in caso di norma «irrimediabilmente oscura», si potrebbe ravvisare una contrarietà al principio di ragionevolezza (sentenza n. 110 del 2023).

5.1.– Anzitutto, il giudice a quo respinge la ricostruzione orientata alla tutela del finanziatore, che parrebbe trovare un riscontro nel dossier del servizio studi della Camera dei deputati del 28 dicembre 2020 (relativo all’A.S. 2054: «Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023», XVIII Legislatura). Tale documentazione e l’interpretazione, che a essa si riporta, assegnano alla norma il fine di tutelare gli istituti di credito che hanno finanziato la realizzazione degli immobili ERP, ma che si vedono privati del diritto di ipoteca, per decorrenza del termine di durata della concessione del diritto di superficie (art. 2816, primo comma, del codice civile).

Simile ricostruzione, oltremodo restrittiva, è da escludere sia per la evidente distanza dal dato testuale della disposizione, sia per la mancanza di una correlazione fra l’improcedibilità e l’esigenza di tutelare il creditore che perde il diritto di ipoteca, dal momento che questi può far valere la garanzia dello Stato.

L’art. 44 della legge n. 457 del 1978, infatti, non solo stabilisce, al secondo comma, secondo periodo, che, «quando non possa essere operante l’iscrizione ipotecaria», la garanzia dello Stato «sarà primaria», ma fa anche rinvio all’art. 3, ultimo comma, della legge 8 agosto 1977, n. 513 (Provvedimenti urgenti per l’accelerazione dei programmi in corso, finanziamento di un programma straordinario e canone minimo dell’edilizia residenziale pubblica). L’art. 3, in particolare, ha integralmente sostituito l’art. 15 della legge 27 maggio 1975, n. 166 (Norme per interventi straordinari di emergenza per l’attività edilizia), il cui ultimo comma prevede che «[l]a garanzia dello Stato diviene immediatamente operante per l’intero credito dell’ente mutuante nell’ipotesi che venga meno la garanzia ipotecaria o per vizi del procedimento di espropriazione o per effetto di decadenza per qualsiasi titolo dalla concessione in superficie o dalla cessione in proprietà dell’area ai sensi dell’articolo 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865».

5.2.– Esclusa la percorribilità della richiamata ipotesi ricostruttiva, il giudice rimettente offre un’ampia lettura del comma 378 capace di abbracciare le altre due funzioni ipotizzate dagli interpreti.

Dal testo della disposizione desume, infatti, che la procedura, avente a oggetto immobili destinati all’edilizia convenzionata, possa proseguire solo se a essa partecipi il creditore fondiario e sempre che, nei suoi confronti, il giudice dell’esecuzione accerti le condizioni previste dal comma 378.

Pertanto, la norma comporterebbe l’improcedibilità sia nel caso in cui alla procedura partecipi il creditore fondiario, che non risponda alle condizioni indicate dal comma 378, sia nell’ipotesi in cui alla procedura partecipino solo altri creditori, ma non quello fondiario che può far valere la garanzia dello Stato.

In tal modo, la norma, anzitutto, sanzionerebbe il creditore fondiario, che abbia concesso il mutuo, senza rispettare i requisiti previsti dall’art. 44 della legge n. 457 del 1978, e senza essere iscritto nell’elenco delle banche cui fa riferimento la norma censurata. Inoltre, l’improcedibilità impedirebbe la vendita coattiva dell’immobile destinato all’edilizia convenzionata, ove alla procedura non partecipi il creditore che, in quel contesto, può far valere la garanzia dello Stato. La norma, dunque, dovrebbe evitare che la garanzia dello Stato sia fatta valere, in via primaria, al di fuori della procedura che ha a oggetto l’immobile destinato all’edilizia convenzionata.

6.– Tanto premesso, l’art. 1, comma 378, della legge n. 178 del 2020, pur ricostruito in modo da abbracciare le altre finalità ipotizzate in relazione al testo della disposizione, risulta nondimeno tale da comprimere in maniera irragionevole e sproporzionata il diritto di difesa, di cui all’art. 24 Cost.

6.1.– In primo luogo, sfugge la ratio della improcedibilità correlata al mancato inserimento della banca in un elenco tenuto presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che oltretutto non risulta essere stato istituito e che non trova riscontro in quanto stabilito nell’art. 44 della legge n. 457 del 1978.

Il Governo, nel rispondere a un’interpellanza parlamentare sulla disponibilità dell’elenco previsto dal comma 378, ha affermato che «ai fini della concessione di mutui beneficianti della garanzia dello Stato non è stata mai prevista alcuna forma di convenzionamento tra il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e gli istituti di credito» (risposta all’interpellanza urgente, intitolata «Chiarimenti ed iniziative, anche normative, in relazione alle procedure esecutive e concorsuali aventi ad oggetto immobili realizzati in regime di edilizia residenziale pubblica convenzionata e agevolata di cui alla legge n. 178 del 2020 - n. 2-01218»).

Del resto, l’art. 44, terzo comma, secondo periodo, della legge n. 457 del 1978 prevede che gli istituti mutuanti debbano trasmettere «periodicamente al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica un elenco contenente l’indicazione degli elementi essenziali relativi ai mutui edilizi a tasso d’interesse ordinario o agevolato, fruenti della garanzia statale, secondo modalità stabilite con decreto del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica», senza che sia menzionato il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti o il suo omologo dell’epoca.

6.2.– In secondo luogo, risulta tanto irragionevole, quanto sproporzionata l’improcedibilità comminata in ragione della mancata rispondenza del contratto di mutuo ai criteri di cui all’art. 44 della legge n. 457 del 1978.

Tale disposizione stabilisce, ai primi due commi, quanto segue: «[i] mutui non fruenti di contributi statali e concernenti la realizzazione dei programmi costruttivi localizzati su aree concesse in diritto di superficie o trasferite in proprietà, comprese nell’ambito dei piani di zona di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167, ovvero individuate ai sensi dell’articolo 51 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modifiche ed integrazioni, saranno concessi, anche in deroga a disposizioni legislative e statutarie, dagli enti mutuanti anche quando le aree assegnate dai comuni ai sensi dell’articolo 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni, non siano di proprietà dei comuni stessi, sempre che sia stata stipulata la convenzione di cui al richiamato articolo 35, sia stato ottenuto il decreto di occupazione di urgenza e siano state iniziate le procedure di espropriazione.

I mutui concessi per finanziare i programmi costruttivi di cui al comma precedente su aree già acquisite o in corso di acquisizione, comprese le parti di programma eventualmente destinate ad uso diverso da quello di abitazioni, usufruiscono della garanzia dello Stato, per il rimborso integrale del capitale, degli interessi e degli oneri accessori alle condizioni e nei modi previsti dall’articolo 10-ter del decreto-legge 13 agosto 1975, n. 376, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 ottobre 1975, n. 492, dall’articolo 3, ultimo comma, della legge 8 agosto 1977, n. 513, ed in genere prevista per gli interventi fruenti di contributo statale. Tale garanzia sarà primaria quando non possa essere operante l’iscrizione ipotecaria».

Ebbene, là dove il censurato comma 378 fa riferimento al creditore fondiario, che dunque ha il diritto di ipoteca sull’immobile destinato all’edilizia convenzionata, ciò presuppone che i vari requisiti previsti dal citato art. 44 si siano comunque verificati, potendo il mutuante essere titolare del diritto di ipoteca sul richiamato bene, solo se la convenzione è stata stipulata e ha attribuito al debitore mutuatario il diritto di superficie o di proprietà, su cui l’ipoteca grava. Ciò chiarito, la sanzione della improcedibilità per il creditore fondiario che non abbia rispettato i requisiti al momento della stipula del mutuo risulta irragionevole e sproporzionata, tanto ove si ipotizzi che, in tal caso, il creditore non usufruisca della garanzia dello Stato, quanto ove si escluda simile concomitante effetto.

Nella prima ipotesi, il creditore fondiario, già privato della garanzia dello Stato, si vedrebbe inibita anche la possibilità di accedere alla tutela esecutiva, a differenza di qualunque altro creditore. Un tale sproporzionato esito contrasta con la stessa ratio sottesa all’art. 44 della legge n. 457 del 1978 che, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge 29 luglio 1980, n. 385 (Norme provvisorie sulla indennità di espropriazione di aree edificabili nonché modificazioni di termini previsti dalle leggi 28 gennaio 1977, n. 10, 5 agosto 1978, n. 457 e 15 febbraio 1980, n. 25), ha inteso, viceversa, favorire – come si desume dai lavori preparatori – l’apporto dei costruttori e dei finanziatori privati all’edilizia residenziale pubblica, onde «soddisfare una domanda di case a basso costo cui la sola produzione, comunque compresa nell’area pubblica, non può interamente far fronte» (A.C. 1556-A, VIII Legislatura).

Nel secondo caso e, dunque, ipotizzando che il mancato rispetto dei requisiti di cui all’art. 44 della legge n. 457 del 1978 al momento della stipula del mutuo non incida sulla garanzia dello Stato, l’improcedibilità resterebbe comunque irragionevole, poiché determinerebbe solo l’effetto di indurre il creditore fondiario a far valere la garanzia dello Stato al di fuori della procedura, anziché nell’ambito della stessa, ove la garanzia opera in via sussidiaria.

L’irragionevolezza, chiaramente, si acuisce se si accede alla ricostruzione del rimettente secondo cui l’improcedibilità andrebbe a colpire (anche) gli altri creditori che partecipano alla procedura. Essi, infatti, verrebbero sanzionati per un fatto altrui e, ove il creditore fondiario mantenesse la garanzia dello Stato, risulterebbero i soli a essere pregiudicati.

6.3.– L’irragionevolezza e la sproporzione della improcedibilità si confermano, poi, anche ritenendo – come assume in maniera non implausibile il rimettente – che la procedura, relativa a immobili destinati all’edilizia convenzionata, non possa proseguire, se non vi partecipi il creditore fondiario che risponda alle condizioni indicate dal comma 378.

Simile lettura – come già anticipato (supra, punto 5.2. del Considerato in diritto) – attribuisce alla norma anche l’intento di tutelare la garanzia dello Stato, in quanto nessuno potrebbe agire in via esecutiva sul bene, se alla procedura non partecipa il creditore ipotecario che può far valere tale garanzia. Questo dovrebbe evitare che si possa far valere, al di fuori della procedura esecutiva avente a oggetto l’immobile destinato all’edilizia convenzionata, la garanzia dello Stato in via primaria, quando oramai non sarebbe più possibile trasferire l’immobile agli Istituti Autonomi Case Popolari (IACP) e rimborsare lo Stato dell’onere che ha sostenuto (art. 15, secondo comma, della legge n. 166 del 1975, come sostituito).

Sennonché, il ricorso a tale meccanismo, che equivale a una impignorabilità relativa del bene, è inadeguato e sproporzionato rispetto all’obiettivo di ottenere la partecipazione del creditore fondiario, che può far valere la garanzia dello Stato, alla procedura concernente beni destinati all’edilizia convenzionata.

Il creditore fondiario, infatti, in quanto titolare del diritto di ipoteca, deve essere sempre avvisato dell’espropriazione del bene ipotecato, ai sensi dell’art. 498 del codice di procedura civile. Pertanto, se non vuole subire l’effetto purgativo, e dunque la cancellazione dell’ipoteca, conseguente alla vendita forzata ai sensi dell’art. 586 cod. proc. civ., senza veder tutelato il proprio diritto, sarà indotto a intervenire nella procedura e, dunque, a far valere in quel contesto la garanzia dello Stato.

Peraltro, qualora rimanesse inerte, è da dubitare che possa poi far valere la garanzia dello Stato in via primaria, lamentando la perdita del diritto di ipoteca in conseguenza di una vendita forzata disposta all’esito di una procedura, alla quale ha scelto di non partecipare. La garanzia dello Stato opera, infatti, in via primaria per l’intero credito dell’ente mutuante, nei casi in cui «venga meno la garanzia ipotecaria o per vizi del procedimento di espropriazione o per effetto di decadenza per qualsiasi titolo dalla concessione in superficie o dalla cessione in proprietà dell’area ai sensi dell’articolo 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865» (art. 15, ultimo comma, della legge n. 166 del 1975, come sostituito), o ancora, ai sensi dell’art. 44 della legge n. 457 del 1978, quando «non possa» essere operante l’iscrizione ipotecaria. A nessuna di tali ipotesi sembra riconducibile l’inerzia dello stesso creditore fondiario nel partecipare a una procedura di cui lo stesso deve essere sempre avvisato.

Viceversa, il ricorso alla improcedibilità per conseguire la partecipazione al processo esecutivo del creditore che usufruisce della garanzia dello Stato è uno strumento inadeguato, che consente irragionevolmente al creditore fondiario di poter arbitrariamente sospendere la tutela esecutiva di tutti gli altri creditori. Al contempo, il debitore mutuatario potrebbe non pagare gli altri creditori e limitarsi a pagare le sole rate del mutuo fondiario, assicurandosi una temporanea impignorabilità del bene.

In sostanza, con una disciplina come quella censurata, oltretutto riferita ai soli mutui convenzionati non agevolati (ex art. 44 della legge n. 457 del 1978) – a dispetto della circostanza che anche quelli agevolati godono della garanzia dello Stato –, il legislatore finisce per legittimare, in nome di quella garanzia, la mera inerzia del creditore fondiario. Per converso, proprio in quanto quest’ultimo gode del diritto di ipoteca e della garanzia dello Stato ed è nelle condizioni di poter partecipare alla procedura, dovendo essere necessariamente avvisato del suo avvio, ha l’onere di attivarsi ed è su di lui, e non sugli altri creditori, né sullo Stato, che devono gravare le conseguenze della sua eventuale inerzia.

Da ultimo, il meccanismo delineato dalla norma censurata, equivalente a una impignorabilità temporanea e relativa, non è in linea con quanto si evince dagli stessi commi 376 e 377 (oltre che dalla precedente disciplina in materia). Tali disposizioni, infatti, hanno confermato che gli immobili destinati all’edilizia convenzionata (e agevolata) non sono sottratti alle procedure esecutive, fermo restando che vari strumenti, dagli oneri reali che si impongono all’assegnatario, al necessario avviso del comune e dell’ente finanziatore in merito alla pendenza della procedura, presidiano la finalità abitativa.

7.– Per le ragioni esposte, l’art. 1, comma 378, della legge n. 178 del 2020 lede in maniera irragionevole e sproporzionata il diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost.

Tale diritto, per costante giurisprudenza di questa Corte, «comprende anche la fase dell’esecuzione forzata, in quanto necessaria a rendere effettiva l’attuazione del provvedimento giudiziale» (ex plurimis, sentenze n. 160 del 2024, n. 159 del 2023 e n. 228 del 2022; nello stesso senso, sentenze n. 140 del 2022 e n. 128 del 2021).

Sono, invece, assorbite le censure concernenti gli artt. 41 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 6 CEDU e 1 Prot. addiz. CEDU.

È parimenti assorbita la questione sollevata in riferimento all’art. 3 Cost., sotto il profilo della radicale oscurità della norma censurata.

8.– L’art. 1, comma 378, della legge n. 178 del 2020 va, dunque, dichiarato costituzionalmente illegittimo.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 378, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 novembre 2024.

F.to:

Augusto Antonio BARBERA, Presidente

Emanuela NAVARRETTA, Redattrice

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 20 dicembre 2024