ORDINANZA N. 13
ANNO 2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Silvana SCIARRA;
Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 3, secondo periodo, della legge della Regione Siciliana 31 maggio 1994, n. 17 (Provvedimenti per la prevenzione dell’abusivismo edilizio e per la destinazione delle costruzioni edilizie abusive esistenti), promossi dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana con cinque sentenze non definitive del 18 marzo 2022 e cinque sentenze non definitive del 16 febbraio 2022, iscritte, rispettivamente, ai numeri da 34 a 37, 44 e da 57 a 61 del registro ordinanze 2022 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 16, 18 e 22, prima serie speciale, dell’anno 2022.
Udita nella camera di consiglio dell’11 gennaio 2023 la Giudice relatrice Daria de Pretis;
deliberato nella camera di consiglio dell’11 gennaio 2023.
Ritenuto che il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana (CGARS), con dieci sentenze non definitive del 18 marzo 2022 e del 16 febbraio 2022, iscritte ai numeri 34, 35, 36, 37, 44, 57, 58, 59, 60 e 61 del reg. ord. 2022, solleva questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 3, secondo periodo, della legge della Regione Siciliana 31 maggio 1994, n. 17 (Provvedimenti per la prevenzione dell’abusivismo edilizio e per la destinazione delle costruzioni edilizie abusive esistenti), in base al quale «[i]l nulla-osta dell’autorità preposta alla gestione del vincolo è richiesto, ai fini della concessione in sanatoria, anche quando il vincolo sia stato apposto successivamente all’ultimazione dell’opera abusiva. Tuttavia, nel caso di vincolo apposto successivamente, è esclusa l’irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie, discendenti dalle norme disciplinanti lo stesso, a carico dell’autore dell’abuso edilizio»;
che i giudizi a quibus sono stati promossi dalla Regione Siciliana per la riforma di sentenze del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia che hanno accolto ricorsi proposti da privati contro decreti del dirigente del Dipartimento dei beni culturali e dell’identità siciliana di ingiunzione – ai sensi dell’art. 167 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137) – a pagare determinate somme di denaro a titolo di «indennità risarcitoria» per il danno causato al paesaggio con la realizzazione – negli anni ’70 – di fabbricati siti nel Comune di Agrigento;
che in tutti i giudizi di primo grado, riferisce il rimettente, il TAR ha accolto la censura fondata sulla sopravvenienza del vincolo paesaggistico (introdotto nel 1985) rispetto alla commissione dell’abuso, in virtù del principio di irretroattività di cui all’art. 1 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), e al citato art. 5, comma 3, della legge reg. Sicilia n. 17 del 1994;
che nei dieci atti di promovimento delle odierne questioni il CGARS richiama le proprie precedenti decisioni, iscritte al n. 162 e al n. 163 del reg. ord. 2021, con cui ha già chiesto a questa Corte di verificare la legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 3, della legge reg. Siciliana n. 17 del 1994, e formula conclusioni analoghe, per norma censurata, parametri evocati e argomenti relativi alla rilevanza e alla non manifesta infondatezza;
che il CGARS condivide la parte della motivazione del giudice di primo grado concernente l’insussistenza di un vincolo paesaggistico sull’area in questione al momento dell’abuso, la sussistenza di un vincolo archeologico allo stesso momento e la non assimilabilità del secondo al primo ai fini dell’applicabilità dell’art. 167 cod. beni culturali;
che il CGARS ritiene, invece, inapplicabile la legge n. 689 del 1981 in quanto attribuisce all’indennità paesaggistica carattere riparatorio;
che, tuttavia, lo stesso CGARS rileva l’esistenza del citato art. 5, comma 3, della legge reg. Siciliana n. 17 del 1994, recante interpretazione autentica dell’art. 23, decimo comma, della legge della Regione Siciliana 10 agosto 1985, n. 37 (Nuove norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, riordino urbanistico e sanatoria delle opere abusive), in base al quale, «[p]er le costruzioni che ricadono in zone vincolate da leggi statali o regionali per la tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, igienici, idrogeologici, delle coste marine, lacuali o fluviali, le concessioni in sanatoria sono subordinate al nulla-osta rilasciato dagli enti di tutela sempre che il vincolo, posto antecedentemente all’esecuzione delle opere, non comporti inedificabilità e le costruzioni non costituiscano grave pregiudizio per la tutela medesima […]»;
che il rimettente richiama la disposizione «nel testo “sopravvissuto” alla sentenza della Corte costituzionale» n. 39 del 2006, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 17, comma 11, della legge della Regione Siciliana 16 aprile 2003, n. 4 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2003), che aveva sostituito il primo e il secondo capoverso dell’art. 5, comma 3, della legge reg. Siciliana n. 17 del 1994;
che, in base a tale ultima norma (che avrebbe ripreso vigore dopo la declaratoria di illegittimità costituzionale della disposizione sostitutiva), in caso di vincolo apposto successivamente all’ultimazione dell’opera abusiva, il nulla-osta dell’autorità preposta alla gestione del vincolo è comunque necessario ai fini della concessione in sanatoria, ma «è esclusa l’irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie, discendenti dalle norme disciplinanti lo stesso, a carico dell’autore dell’abuso edilizio»;
che il CGARS solleva, dunque, questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 3, secondo periodo, della legge reg. Siciliana n. 17 del 1994;
che, secondo il rimettente, la norma censurata, non consentendo l’applicazione dell’indennità paesaggistica di cui all’art. 167, comma 5, cod. beni culturali in caso di vincolo paesaggistico sopravvenuto, violerebbe l’art. 14, comma 1, lettera n), del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, recante «Approvazione dello statuto della Regione siciliana», convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 (che attribuisce alla Regione Siciliana competenza legislativa primaria nella materia «tutela del paesaggio»), per contrasto con la norma di grande riforma economico-sociale contenuta nel citato art. 167, comma 5, con conseguente violazione degli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost.;
che l’indennità connessa all’accertamento postumo di compatibilità paesaggistica sarebbe dovuta in ambito nazionale «anche se il vincolo paesaggistico è sopravvenuto rispetto alla realizzazione dell’abuso (e ciò indipendentemente dalla qualificazione della medesima come sanzionatoria o risarcitoria)», in ragione, da un lato, della sentenza del Consiglio di Stato, adunanza plenaria, 22 luglio 1999, n. 20, e, dall’altro lato, dell’art. 2, comma 46, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica);
che il CGARS censura poi la disposizione in questione per violazione degli artt. 3 e 97 Cost., in quanto essa potrebbe incentivare a «tenere il comportamento, confidando nella possibilità di un adempimento successivo, in grado di superare l’illecito paesaggistico commesso», e potrebbe così vanificare l’efficacia deterrente dell’istituto dell’indennità paesaggistica, «con conseguente irragionevolezza intrinseca della disciplina e connesso pregiudizio al buon andamento della pubblica amministrazione»;
che in tutti i giudizi di legittimità costituzionale le parti non si sono costituite davanti a questa Corte;
che il 24 marzo 2022 (cioè, pochi giorni dopo il deposito dei dieci atti di promovimento nella cancelleria del CGARS) è stata depositata la sentenza n. 75 del 2022, con cui questa Corte ha deciso i richiamati giudizi iscritti ai numeri 162 e 163 del reg. ord. 2021;
che nei giudizi iscritti ai numeri 34, 35, 36, 37 e 44 del reg. ord. 2022 il CGARS ha depositato un decreto del suo Presidente, adottato il 27 aprile 2022, che dichiara l’improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse, sulla base di una istanza in tal senso della Regione appellante, alla luce della sentenza n. 75 del 2022 di questa Corte.
Considerato che il CGARS dubita della legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 3, secondo periodo, della legge reg. Siciliana n. 17 del 1994, in base al quale «[i]l nulla-osta dell’autorità preposta alla gestione del vincolo è richiesto, ai fini della concessione in sanatoria, anche quando il vincolo sia stato apposto successivamente all’ultimazione dell’opera abusiva. Tuttavia, nel caso di vincolo apposto successivamente, è esclusa l’irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie, discendenti dalle norme disciplinanti lo stesso, a carico dell’autore dell’abuso edilizio»;
che, secondo il rimettente, la norma in questione, non consentendo l’applicazione dell’indennità paesaggistica di cui all’art. 167, comma 5, cod. beni culturali in caso di vincolo paesaggistico sopravvenuto, violerebbe: a) l’art. 14, comma 1, lettera n), dello statuto speciale (che attribuisce alla Regione Siciliana competenza legislativa primaria nella materia «tutela del paesaggio»), per contrasto con la norma di grande riforma economico-sociale contenuta nel citato art. 167, comma 5, con conseguente violazione degli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost.; b) gli artt. 3 e 97 Cost., in quanto potrebbe vanificare l’efficacia deterrente dell’istituto dell’indennità paesaggistica, «con conseguente irragionevolezza intrinseca della disciplina e connesso pregiudizio al buon andamento della pubblica amministrazione»;
che le questioni sono state sollevate dal CGARS con dieci sentenze non definitive coincidenti quanto a norma censurata e parametri evocati, oltre che per gli argomenti utilizzati, ragione per cui i giudizi possono essere riuniti per essere decisi con un’unica pronuncia;
che le medesime questioni sono già state decise da questa Corte con la sentenza n. 75 del 2022;
che nei giudizi iscritti ai numeri 34, 35, 36, 37 e 44 del reg. ord. 2022 il CGARS ha depositato un decreto del suo Presidente, adottato il 27 aprile 2022, che dichiara l’improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse, sulla base di una istanza in tal senso della Regione appellante, alla luce della sentenza n. 75 del 2022 di questa Corte;
che, in base all’art. 21 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, l’improcedibilità del giudizio a quo non produce effetti sullo svolgimento del giudizio di legittimità costituzionale;
che, in via preliminare, deve ritenersi non rilevante che le questioni siano state promosse con sentenze non definitive anziché con ordinanze, avendo comunque il giudice a quo disposto la sospensione dei procedimenti principali e la trasmissione dei fascicoli alla cancelleria di questa Corte, sicché a tali atti, anche se assunti con la forma di sentenza, deve essere riconosciuta sostanzialmente natura di ordinanza (ex multis, sentenze n. 75 del 2022, n. 179 del 2019 e n. 126 del 2018);
che la sentenza n. 75 del 2022 ha ritenuto non implausibile la motivazione sulla rilevanza offerta dal rimettente, con particolare riguardo alla vigenza della norma censurata;
che la medesima sentenza ha dichiarato inammissibile la prima questione «perché il rimettente non motiva in modo adeguato sulla pertinenza del parametro interposto invocato (costituito dalla norma di riforma economico-sociale contenuta nell’art. 167, comma 5, del d.lgs. n. 42 del 2004) al caso di specie, ciò che rende insufficiente la motivazione sulla non manifesta infondatezza della questione»;
che, secondo questa Corte, il CGARS ha dato «per scontato che anche il caso del rilascio del nulla-osta paesaggistico in un procedimento di condono relativo a un abuso edilizio commesso prima dell’apposizione del vincolo ricada nell’ambito di applicazione dell’art. 167, comma 5, terzo periodo, cod. beni culturali» (secondo cui, «[q]ualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione»), ma ha fondato tale assunto su due elementi (l’art. 2, comma 46, della legge n. 662 del 1996 e la sentenza del Consiglio di Stato n. 20 del 1999) in realtà inidonei a suffragarlo;
che, sempre secondo questa Corte, le pronunce del Consiglio di Stato e del CGARS citate dal rimettente non affermavano la necessità, in base alla legge statale, del pagamento dell’indennità anche in caso di vincolo sopravvenuto e diversi elementi testuali conducevano a ritenere invece applicabile l’art. 167 cod. beni culturali solo al caso di intervento edilizio eseguito in violazione dell’obbligo di chiedere l’autorizzazione paesaggistica, cioè su un’area già vincolata al momento di realizzazione dell’abuso edilizio, ragione per cui questa Corte ha ritenuto che gli atti di promovimento non offrissero «sufficienti elementi a sostegno della pertinenza del parametro interposto invocato»;
che questa Corte ha poi dichiarato non fondata la seconda questione, sollevata con riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., osservando che la norma censurata «non può essere idonea a vanificare l’efficacia deterrente dell’indennità paesaggistica, giacché tale effetto ha logicamente ad oggetto la violazione dell’obbligo paesaggistico, che nel caso di specie non c’è»;
che «[s]e, d’altro canto, la deterrenza fosse riferita al comportamento abusivo edilizio – e al rischio, che ne deriverebbe, di incorrere in una reazione dell’ordinamento anche per l’eventuale successiva sopravvenienza di un vincolo paesaggistico – […] un effetto deterrente indiretto di questo tipo è offerto dalla norma in esame», in quanto essa «non rende […] irrilevante la sopravvenienza del vincolo paesaggistico, perché richiede comunque, ai fini della concessione in sanatoria, il nulla-osta dell’organo di tutela del vincolo»;
che le questioni sollevate dagli odierni atti di promovimento coincidono con quelle decise dalla sentenza n. 75 del 2022, e gli stessi atti non contengono argomenti nuovi, idonei a mutare le conclusioni già raggiunte da questa Corte;
che va dunque dichiarata la manifesta inammissibilità della prima questione (violazione dell’art. 14, comma 1, lettera n, dello statuto speciale, per contrasto con la norma di grande riforma economico-sociale contenuta nell’art. 167, comma 5, del d.lgs. n. 42 del 2004, con conseguente violazione degli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s, Cost.) e la manifesta infondatezza della seconda questione, relativa alla violazione degli artt. 3 e 97 Cost. (ex multis, ordinanze n. 220 del 2022 e n. 244 del 2021).
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 3, secondo periodo, della legge della Regione Siciliana 31 maggio 1994, n. 17 (Provvedimenti per la prevenzione dell’abusivismo edilizio e per la destinazione delle costruzioni edilizie abusive esistenti), sollevata, in riferimento all’art. 14, comma 1, lettera n), del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, recante «Approvazione dello statuto della Regione siciliana», convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, e agli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana con le sentenze indicate in epigrafe;
2) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 3, secondo periodo, della legge reg. Siciliana n. 17 del 1994, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana con le sentenze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 gennaio 2023.
F.to:
Silvana SCIARRA, Presidente
Daria de PRETIS, Redattrice
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 7 febbraio 2023.