Sentenza n. 21 del 2020

 

 

SENTENZA N. 21

ANNO 2020

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente: Aldo CAROSI;

 

Giudici: Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera t), numero 1), del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 (Disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera a, della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sezione prima, nel procedimento vertente tra P. B. e altri e il Ministero dell’interno, con ordinanza del 13 febbraio 2019, iscritta al n. 87 del registro ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell’anno 2019.

 

Visti l’atto di costituzione di P. B. e altri, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell’udienza pubblica del 3 dicembre 2019 il Giudice relatore Aldo Carosi;

 

uditi l’avvocato Pietro Celli per P. B. e altri e l’avvocato dello Stato Beatrice Gaia Fiduccia per il Presidente del Consiglio dei ministri;

 

deliberato nella camera di consiglio del 9 gennaio 2020.

 

Ritenuto in fatto

 

1.– Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sezione prima, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera t), numero 1), del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 (Disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera a, della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), in riferimento agli artt. 3, 76 e 97 della Costituzione e in relazione all’art. 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche).

 

La disposizione censurata, dopo aver istituito «il ruolo direttivo ad esaurimento della Polizia di Stato» in sostituzione del precedente ruolo direttivo speciale, stabilisce che all’integrazione della relativa dotazione organica si provveda mediante «un unico concorso, per titoli, per la copertura di 1.500 unità, da bandire entro il 30 settembre 2017, riservato ai sostituti commissari, in servizio al 1° gennaio 2017, che potevano partecipare, rispettivamente, a ciascuno dei concorsi previsti per le annualità dal 2001 al 2005, di cui all’articolo 25 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334, nel testo vigente il giorno precedente alla data di entrata in vigore del presente decreto, per i seguenti posti: 300 per l’annualità 2001; 300 per l’annualità 2002; 300 per l’annualità 2003; 300 per l’annualità 2004; 300 per l’annualità 2005. I vincitori del concorso sono nominati vice commissari del ruolo direttivo ad esaurimento con decorrenza giuridica ed economica dalla data di inizio del primo corso di formazione […].».

 

1.1.– Secondo il rimettente, la disposizione transitoria in questione troverebbe giustificazione nella necessità di porre rimedio al disallineamento di carriera verificatosi a danno del personale della Polizia di Stato, al quale sarebbe stata preclusa una progressione di cui, viceversa, avrebbero beneficiato gli appartenenti alle altre forze di polizia, nel cui ambito, diversamente da quanto accaduto per la Polizia di Stato, analogo ruolo direttivo sarebbe stato istituito e attuato.

 

Tuttavia, la prevista decorrenza giuridica ed economica dell’inquadramento dei vincitori del concorso nella qualifica di vice commissario dalla data di inizio del primo corso di formazione – in concreto stabilita nel 26 febbraio 2018 con la nota del Ministero dell’interno - Dipartimento della pubblica sicurezza del 15 febbraio 2018, n. 333-C/9041-2/80 – violerebbe il criterio direttivo della «sostanziale equiordinazione del personale delle Forze di polizia», sancito dall’art. 8, comma 1, lettera a), della legge di delega n. 124 del 2015. Ciò in quanto la previsione non ovvierebbe al ritardo nella progressione in carriera del personale interessato, senza che a porvi rimedio possano soccorrere le asserite «misure compensative» predisposte dal legislatore delegato, rappresentate da una dotazione organica superiore a quella del precedente ruolo direttivo speciale, da procedure semplificate di accesso (concorso per soli titoli) e dall’accelerazione e agevolazione nell’avanzamento nelle qualifiche successive a quella iniziale di vice commissario. Di qui la violazione dell’art. 76 Cost.

 

Alla luce delle medesime considerazioni, la disposizione – foriera di una disciplina specifica, concreta, destinata a un numero determinato di soggetti e, dunque, da assoggettarsi allo scrutinio di stretta costituzionalità proprio delle leggi-provvedimento – sarebbe irragionevole e lesiva del principio di uguaglianza, per aver discriminato il personale della Polizia di Stato rispetto a quello delle altre forze di polizia, trattandolo, quanto alla decorrenza dell’inquadramento, alla stregua di tutti i dipendenti pubblici nonostante la peculiarità della situazione in cui versava. Ne deriverebbe la violazione dell’art. 3 Cost.

 

Infine, la prevista decorrenza degli effetti giuridici ed economici contrasterebbe con l’art. 97 Cost., sotto il profilo sia dell’imparzialità che del buon andamento dell’amministrazione, per l’irragionevolezza di una misura inefficace rispetto all’obiettivo di riallineamento, come dimostrato dalla possibilità che il personale del Corpo forestale dello Stato, avendo concretamente beneficiato dell’istituzione del ruolo direttivo speciale, sopravanzi quello della Polizia di Stato, in cui, a seguito della soppressione di tale Corpo, è in parte confluito.

 

1.2.– Quanto alla rilevanza delle questioni sollevate, il rimettente riferisce che i ricorrenti, tutti appartenenti al ruolo direttivo a esaurimento in quanto vincitori del concorso bandito per la nomina alla qualifica di vice commissario, avrebbero agito in giudizio per l’accertamento del diritto a essere inquadrati nel ruolo con decorrenza dalla data in cui i posti – quelli rispetto a cui ciascuno di essi è stato dichiarato vincitore – sono risultati disponibili per ciascuna annualità, con conseguente condanna in tal senso dell’amministrazione e annullamento del provvedimento di inquadramento concretamente adottato.

 

Dopo aver motivato in ordine alla sussistenza della propria giurisdizione e competenza, il TAR Abruzzo evidenzia che, ove le questioni fossero ritenute fondate, il ricorso andrebbe accolto, riconoscendo la pretesa azionata, con conseguente caducazione dei provvedimenti applicativi. Viceversa, il ricorso andrebbe respinto.

 

2.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo l’inammissibilità o, comunque, l’infondatezza delle questioni sollevate.

 

2.1.– Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, le questioni sarebbero inammissibili anzitutto in quanto il rimettente, pur avendo respinto con sentenza non definitiva – di cui si preannuncia l’impugnazione – tutte le eccezioni preliminari e pregiudiziali sollevate nel giudizio principale, avrebbe omesso di riprodurre nell’ordinanza le ragioni che hanno condotto alla decisione, impedendo a questa Corte il controllo di non arbitrarietà della motivazione.

 

In secondo luogo, non sarebbero stati impugnati gli atti di inquadramento del personale, non destinati a venir meno automaticamente per effetto dell’eventuale declaratoria d’incostituzionalità della norma di cui sono applicazione, nemmeno nell’ipotesi in cui si accedesse alla tesi della sua natura di legge-provvedimento, con conseguente irrilevanza delle questioni sollevate.

 

Esse, inoltre, sarebbero prive del carattere di incidentalità, stante la coincidenza tra il petitum di accertamento dell’azione esperita nel giudizio a quo e quello del giudizio di costituzionalità. Quest’ultimo, peraltro, sarebbe indeterminato – atteso che, a fronte di un dispositivo generico, da cui desumere la mera ablazione della norma censurata, dalla motivazione dell’ordinanza si evincerebbe la richiesta di una pronuncia di tipo manipolativo-additivo – o comunque implicherebbe scelte affidate alla discrezionalità del legislatore, in difetto di soluzioni costituzionalmente obbligate.

 

2.2.– Nel merito, le questioni sollevate sarebbero infondate.

 

Dopo aver negato che la disposizione censurata possa essere annoverata tra le leggi-provvedimento, non essendo autoapplicativa, e quindi assoggettata a uno scrutinio di stretta costituzionalità, il Presidente del Consiglio dei ministri evidenzia come, in virtù della legge di delega, la «sostanziale equiordinazione» delle forze di polizia dovesse avvenire ferme restando «le peculiarità ordinamentali e funzionali» di ciascuna di esse, il cui regime, pertanto, non sarebbe evocabile quale tertium comparationis per lo scrutinio ai sensi dell’art. 3 Cost.

 

Al riguardo, occorrerebbe tener presente che la concreta istituzione del precedente ruolo direttivo speciale della Polizia di Stato è stata sospesa dall’art. 1, comma 261, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)», in attesa del riordino dei ruoli del personale delle forze di polizia, secondo una ragionevole valutazione del legislatore.

 

In tale contesto, le misure compensative che hanno accompagnato la norma censurata non mirerebbero a ovviare a un vulnus di costituzionalità, ma sarebbero il frutto di scelte riservate all’apprezzamento politico del legislatore e comunque idonee ad aumentare le chance di accesso e ad accelerare la progressione in carriera. Sarebbe, viceversa, l’invocata retrodatazione degli effetti giuridici ed economici a presentare connotati di irragionevolezza e di disparità di trattamento, disallineandoli dalle funzioni concretamente svolte e creando una posizione di privilegio nell’ambito della Polizia di Stato determinata dal contemporaneo mantenimento delle misure compensative. Il tutto a beneficio di soggetti che sono, sì, risultati vincitori del concorso bandito in ritardo, ma avrebbero avuto solo la possibilità e non certo la sicurezza di vincere quelli non celebrati tempestivamente e, quindi, di accedere al ruolo direttivo speciale all’epoca esistente.

 

3.– Si sono costituiti i ricorrenti del giudizio principale, i quali, nel condividere gli argomenti svolti dal rimettente, evidenziano come per altri ruoli della Polizia di Stato viga il «principio dell’annualità», secondo cui l’accesso alla qualifica iniziale o l’avanzamento a quella superiore avviene, nel limite dei posti disponibili al 31 dicembre di ogni anno, a seguito di nomina conseguente al superamento di un corso di formazione, con decorrenza giuridica dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello delle vacanze ed economica dal giorno successivo alla data di conclusione del corso.

 

Con memoria depositata in prossimità dell’udienza, i ricorrenti, dopo aver ripercorso le vicende normative e processuali che hanno riguardato il ruolo direttivo speciale della Polizia di Stato, replicano alle eccezioni del Presidente del Consiglio dei ministri – tra l’altro, sostenendo che il petitum dell’ordinanza di rimessione debba essere inteso quale meramente ablativo della norma censurata – argomentando a sostegno dell’ammissibilità e della fondatezza delle questioni sollevate.

 

Considerato in diritto

 

1.– Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sezione prima, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera t), numero 1), del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 (Disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera a, della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), in riferimento agli artt. 3, 76 e 97 della Costituzione e in relazione all’art. 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015 n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche).

 

La disposizione censurata, dopo aver istituito «il ruolo direttivo ad esaurimento della Polizia di Stato» in sostituzione del precedente ruolo direttivo speciale, stabilisce che all’integrazione della relativa dotazione organica si provveda mediante «un unico concorso, per titoli, per la copertura di 1.500 unità, da bandire entro il 30 settembre 2017, riservato ai sostituti commissari, in servizio al 1° gennaio 2017, che potevano partecipare, rispettivamente, a ciascuno dei concorsi previsti per le annualità dal 2001 al 2005, di cui all’articolo 25 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334, nel testo vigente il giorno precedente alla data di entrata in vigore del presente decreto, per i seguenti posti: 300 per l’annualità 2001; 300 per l’annualità 2002; 300 per l’annualità 2003; 300 per l’annualità 2004; 300 per l’annualità 2005. I vincitori del concorso sono nominati vice commissari del ruolo direttivo ad esaurimento con decorrenza giuridica ed economica dalla data di inizio del primo corso di formazione […].».

 

Secondo il giudice a quo, la disposizione transitoria in questione troverebbe giustificazione nella necessità di porre rimedio al disallineamento di carriera verificatosi a danno del personale della Polizia di Stato, nel cui ambito, diversamente dalle altre forze di polizia, il ruolo direttivo speciale originariamente previsto non sarebbe mai stato concretamente attivato, prima per l’inerzia dell’amministrazione e, poi, per effetto della sospensione disposta dall’art. 1, comma 261, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)».

 

Ad avviso del rimettente, la decorrenza dell’inquadramento dalla data di inizio del primo corso di formazione, successivamente individuata nel 26 febbraio 2018, violerebbe il criterio direttivo della «sostanziale equiordinazione del personale delle Forze di polizia», sancito dall’art. 8, comma 1, lettera a), della legge di delega n. 124 del 2015, in quanto non consentirebbe di ovviare al pregiudizio verificatosi, senza che a porvi rimedio possano soccorrere le «misure compensative» predisposte dal legislatore delegato, rappresentate da una dotazione organica superiore a quella del precedente ruolo direttivo speciale, da procedure semplificate di accesso (concorso per soli titoli) e dall’accelerazione e agevolazione nell’avanzamento nelle qualifiche successive a quella iniziale di vice commissario. Di qui la dedotta violazione dell’art. 76 Cost.

 

Alla luce delle medesime considerazioni, la disposizione sarebbe irragionevole e lesiva del principio di uguaglianza, per aver discriminato il personale della Polizia di Stato rispetto a quello delle altre forze di polizia, trattandolo, quanto alla decorrenza dell’inquadramento, alla stregua di tutti i dipendenti pubblici, nonostante la peculiarità della situazione in cui versava, onde la violazione dell’art. 3 Cost.

 

Infine, la prevista decorrenza degli effetti giuridici ed economici contrasterebbe con l’art. 97 Cost., sotto il profilo sia dell’imparzialità che del buon andamento dell’amministrazione, per l’irragionevolezza di una misura inefficace rispetto all’obiettivo di riallineamento perseguito.

 

2.– Tanto premesso, le questioni sollevate sono inammissibili.

 

Il Presidente del Consiglio dei ministri eccepisce, tra l’altro, l’indeterminatezza e l’ambiguità del petitum formulato nel giudizio incidentale, nell’incertezza che si invochi un intervento meramente ablativo o, piuttosto, manipolativo-additivo; in quest’ultimo caso incidendo nella discrezionalità del legislatore in mancanza di una soluzione costituzionalmente obbligata.

 

Effettivamente, il giudice a quo non delimita con chiarezza il petitum, né nella parte motivazionale dell’atto di rimessione né nel dispositivo, in cui si limita a dichiarare rilevanti e non manifestamente infondate le questioni sollevate, rimettendole a questa Corte «per le determinazioni di competenza».

 

Secondo costante giurisprudenza costituzionale, l’ambiguità e l’indeterminatezza del petitum costituiscono motivo di inammissibilità, così come l’incertezza circa l’intervento richiesto, se meramente ablativo oppure manipolativo-additivo, della normativa censurata (ex plurimis, sentenza n. 239 del 2019).

 

È da aggiungere che una mera caducazione della previsione afferente alla decorrenza dell’inquadramento non sarebbe idonea a far conseguire il risultato, auspicato dal rimettente, di ottenere la sostanziale equiordinazione del personale delle forze di polizia perseguito dal legislatore delegante e, pertanto, ciò rende comunque inammissibili le questioni (sentenze n. 239 del 2019 e n. 210 del 2015).

 

Analogamente precluso, d’altra parte, risulterebbe un intervento manipolativo-additivo di retrodatazione dell’inquadramento alla data in cui i posti banditi sono risultati disponibili per ciascuna annualità dal 2001 al 2005, come domandato dai ricorrenti nel giudizio a quo, considerato quanto costantemente affermato da questa Corte in ordine all’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale quando «il petitum, tenuto conto del contenuto dell’intervento additivo richiesto dal rimettente […] si connota […] per un cospicuo tasso di manipolatività» (ex multis, ordinanza n. 12 del 2017).

 

Al riguardo, si deve anzitutto evidenziare che la retrodatazione ipotizzata comporterebbe per il personale interessato un risultato diverso e più favorevole rispetto a quello che avrebbe conseguito ove i concorsi previsti con riferimento al ruolo direttivo speciale della Polizia di Stato fossero stati tempestivamente banditi, atteso che il decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334 (Riordino dei ruoli del personale direttivo e dirigente della Polizia di Stato, a norma dell’articolo 5, comma 1, della legge 31 marzo 2000, n. 78), istitutivo di detto ruolo, non disponeva che l’inquadramento dei vincitori retroagisse al momento della disponibilità dei posti da mettere a concorso.

 

In secondo luogo, la retrodatazione si cumulerebbe con le misure compensative previste dalla disposizione censurata (aumento della dotazione organica; concorso per soli titoli e non più per titoli ed esame, scritto e orale; abbreviazione – sino a dodici anni – del tempo necessario per l’accesso all’odierna qualifica apicale di commissario capo; suo conseguimento a ruolo aperto e non più a ruolo chiuso), privandole di giustificazione a tutto vantaggio del personale della Polizia di Stato, in tal modo non più discriminato bensì privilegiato rispetto agli altri corpi di polizia. In tale prospettiva sarebbe accentuato il disallineamento delle carriere che, viceversa, la legge di delega voleva sostanzialmente equiordinare, anche nella disciplina transitoria.

 

Non risultano rinvenibili utili referenti normativi che possano orientare univocamente l’intervento auspicato. In particolare, tali non sono le disposizioni relative al meccanismo di progressione in carriera previsto per altre qualifiche del personale della Polizia di Stato – nomina a vice sovrintendente (art. 24-quater, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 335, recante «Ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia»), a vice sovrintendente tecnico (art. 20-quater, comma 7, del decreto del Presidente della repubblica 24 aprile 1982, n. 337, recante «Ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta attività tecnico-scientifica o tecnica») e a vice ispettore tecnico (art. 25-ter, comma 6, del d.P.R. n. 337 del 1982) – evocate nell’ordinanza di rimessione e negli atti delle parti costituite. Anzitutto, esse scindono la decorrenza giuridica da quella economica, ancorando la prima al 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui si sono verificate le vacanze e la seconda alla data di conclusione del corso. Inoltre, da un lato, prevedono che, in caso di frequentazione con esito positivo, il vincitore acquisisca la qualifica inziale del ruolo, mentre, nel caso di quello direttivo speciale e di quello ad esaurimento, al buon esito è correlato il passaggio dalla qualifica iniziale di vice commissario, rivestita già durante il corso, a quella immediatamente superiore di commissario, situazione con cui risulta incompatibile una decorrenza retroattiva; dall’altro, dette disposizioni, diversamente da quella censurata, non sono volte a ovviare a un pregiudizio di carriera determinatosi nell’arco del tempo per fattori esogeni, non hanno finalità compensativo-risarcitorie e postulano l’immediata successione tra identificazione delle vacanze, procedura selettiva, corso di formazione e nomina dei vincitori, con uno iato temporale di oltre un decennio tra la prima e le attività seguenti.

 

Alla luce di quanto precede, considerata la discrezionalità di cui gode il legislatore in ordine all’articolazione delle carriere e dei passaggi di qualifica dei dipendenti pubblici (ex plurimis, sentenza n. 230 del 2014), specie nel transito da un regime all’altro (sentenza n. 217 del 1997), anche con riguardo alle forze di polizia (sentenze n. 442 del 2005 e n. 63 del 1998; ordinanza n. 296 del 2000), è evidente come la retrodatazione dell’inquadramento, lungi dal costituire l’unica modalità ipotizzabile per ovviare al pregiudizio patito dal personale interessato dalla norma censurata, costituisca soluzione altamente creativa e non costituzionalmente imposta.

 

Da tanto consegue l’inammissibilità delle questioni sollevate.

 

Le ulteriori eccezioni d’inammissibilità formulate dall’Avvocatura generale dello Stato – relative all’omessa riproduzione, nell’ordinanza di rimessione, delle ragioni che hanno condotto al rigetto con sentenza non definitiva di tutte le eccezioni preliminari e pregiudiziali sollevate nel giudizio principale, nonché all’irrilevanza delle questioni per omessa impugnazione degli atti di inquadramento del personale – restano assorbite.

 

PER QUESTI MOTIVI 

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera t), numero 1), del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 (Disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera a, della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 76 e 97 della Costituzione e in relazione all’art. 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), dal Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sezione prima, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 gennaio 2020.

 

F.to:

 

Aldo CAROSI, Presidente e Redattore

 

Roberto MILANA, Cancelliere

 

Depositata in Cancelleria il 14 febbraio 2020.