Ordinanza n. 156 del 2019

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ORDINANZA N. 156

ANNO 2019

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO’, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 23 della legge della Regione Liguria 7 ottobre 2018, n. 15, recante «Modifiche alla legge regionale 4 settembre 1997, n. 36 (Legge urbanistica regionale) e altre disposizioni di adeguamento in materia di governo del territorio», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato l’8-11 ottobre 2018, depositato in cancelleria il 9 ottobre 2018, iscritto al n. 70 del registro ricorsi 2018 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Udito nella camera di consiglio del 5 giugno 2019 il Giudice relatore Nicolò Zanon.

Ritenuto che, con ricorso depositato il 9 ottobre 2018 (reg. ric. n. 70 del 2018), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in riferimento agli artt. 97 e 117, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 23 della legge della Regione Liguria 7 ottobre 2018, n. 15, recante «Modifiche alla legge regionale 4 settembre 1997, n. 36 (Legge urbanistica regionale) e altre disposizioni di adeguamento in materia di governo del territorio»;

che la disposizione impugnata modifica l’art. 28 della legge della Regione Liguria 6 giugno 2008, n. 16 (Disciplina dell’attività edilizia), rubricato «Autorizzazione unica per impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e infrastrutture lineari energetiche», introducendovi il comma 10-bis, secondo cui «[p]er gli impianti eolici deve essere rispettata per ciascun aerogeneratore una distanza minima non inferiore a 250 metri dalle unità abitative munite di abitabilità, regolarmente censite e una distanza dalle zone o ambiti nei quali sono presenti insediamenti residenziali previsti dagli strumenti urbanistici vigenti, da determinarsi da parte del Comune con deliberazione del Consiglio comunale in funzione delle caratteristiche orografiche del territorio»;

che, secondo il ricorrente, tale disposizione si porrebbe in contrasto con l’art. 12, comma 10, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità) e con i paragrafi 1.2. e 17. delle linee guida adottate con il decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 settembre 2010 recante «Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili»;

che dall’insieme di queste previsioni si desumerebbe il principio secondo cui le Regioni «possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti, ma, come affermato a più riprese [da questa Corte], esse non possono dettare disposizioni che prevedano un divieto arbitrario, generalizzato e indiscriminato di localizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili»;

che, secondo il ricorrente, l’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, nel disciplinare il procedimento volto al rilascio dell’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, prevede che la costruzione e l’esercizio di tali impianti siano soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata, a seconda dei casi, dalla Regione, dalla Provincia delegata dalla Regione o direttamente dal Ministero dello sviluppo economico;

che il comma 10 dello stesso art. 12 attribuisce ad apposite linee guida l’obiettivo di «assicurare un corretto inserimento degli impianti, specie di quelli eolici, nel paesaggio», consentendo alle Regioni «un limitato margine di intervento, al solo fine di individuare […] aree e siti non idonei all’installazione di specifiche tipologie di impianti»;

che con le citate linee guida si sarebbe affermato il principio secondo cui «l’individuazione delle aree e dei siti non idonei alla realizzazione degli impianti in questione […] deve essere differenziata con specifico riguardo alle diverse fonti rinnovabili e alle diverse taglie di impianto», mentre non potrebbe riguardare «porzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a tutela dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, né tradursi nell’identificazione di fasce di rispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e motivate esigenze di tutela»;

che, in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», la giurisprudenza costituzionale avrebbe sancito l’esistenza del principio fondamentale – di derivazione europea – di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, in virtù del quale tutti i terreni sarebbero generalmente utilizzabili per l’installazione degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili e sarebbe pertanto impedito alle Regioni, in assenza di esigenze di tutela di altri interessi costituzionalmente protetti, di introdurre divieti generalizzati d’installazione di tali impianti;

che non sarebbe, pertanto, possibile per le Regioni prescrivere «limiti generali, specie nella forma di distanze minime», ma soltanto individuare caso per caso le aree e i siti non idonei con un apposito procedimento amministrativo, di cui al paragrafo 17 delle linee guida, che garantisce «la valutazione sincronica degli interessi pubblici coinvolti e meritevoli di tutela, a confronto sia con l’interesse del soggetto privato operatore economico, sia ancora (e non da ultimo) con ulteriori interessi di cui sono titolari singoli cittadini e comunità», anche in attuazione del principio del buon andamento della pubblica amministrazione sancito dall’art. 97 Cost.;

che la Regione Liguria non si è costituita nel giudizio;

che, sul Bollettino Ufficiale della Regione Liguria, parte prima, n. 15 del 5 ottobre 2018 è stato pubblicato un avviso di rettifica avente ad oggetto la disposizione impugnata, nel quale si legge che «[i]l comma 1 dell’articolo 23 della legge regionale 7 agosto 2018, n. 15 (Modifiche alla legge regionale 4 settembre, n. 36 (Legge urbanistica regionale) e altre diposizioni di adeguamento in materia di governo del territorio), pubblicata nel Bollettino Ufficiale n. 11 del 10 agosto 2018, Parte I, deve intendersi come sostitutivo del comma 8 dell’articolo 28 della legge regionale 6 giugno 2008, n. 16 (Disciplina dell’attività edilizia), anziché aggiuntivo di un comma 10 bis al medesimo articolo 28»;

che, nelle more del giudizio di legittimità costituzionale, con l’art. 48 della legge della Regione Liguria 27 dicembre 2018, n. 29 (Disposizioni collegate alla legge di stabilità per l’anno 2019), entrata in vigore il 1° gennaio 2019, la Regione ha integralmente abrogato l’impugnato art. 23 della legge reg. Liguria n. 15 del 2018;

che, con atto depositato in data 24 maggio 2019, il Presidente del Consiglio dei ministri ha dichiarato di rinunciare al ricorso, in conformità alla delibera adottata dal Consiglio dei ministri nella seduta del 20 maggio 2019;

che l’Avvocatura generale dello Stato ha evidenziato, nell’atto di rinuncia, che, a seguito di comunicazione da parte della Regione, si è appreso della mancata applicazione, medio tempore, della disposizione censurata.

Considerato che vi è stata rinuncia al ricorso da parte del Presidente del Consiglio dei ministri;

che, in mancanza di costituzione in giudizio della Regione resistente, l’intervenuta rinuncia al ricorso in via principale determina, ai sensi dell’art. 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, l’estinzione del processo (ex plurimis, ordinanze n. 61 e n. 4 del 2019, n. 244 e n. 205 del 2018).

Visti l’art. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e gli artt. 9, comma 2, e 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara estinto il processo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2019.

F.to:

Giorgio LATTANZI, Presidente

Nicolò ZANON, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 21 giugno 2019.