SENTENZA N. 133
ANNO 2017
Commento alla decisione di
Roberto Di Maria
La Regione siciliana davanti
alla Corte:
(brevi
note a Corte cost., sentt.
n. 133 e n. 140/2017)
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giorgio LATTANZI Presidente
- Aldo CAROSI Giudice
- Marta CARTABIA ”
- Mario
Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 12,
terzo periodo; 27, comma 9; 34, commi 1, 7, 12, terzo periodo, e 13; 49, commi
5 e 7; e 50, commi 1, 2, 3 e 6, della legge
della Regione siciliana 17 marzo 2016, n. 3 (Disposizioni programmatiche e
correttive per l’anno 2016. Legge di stabilità regionale), promosso dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso
notificato il 17-23 maggio 2016, depositato in cancelleria il 24 maggio 2016 ed
iscritto al n. 28 del registro ricorsi 2016.
Visto l’atto di costituzione della Regione siciliana;
udito nell’udienza
pubblica del 22 marzo 2017 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;
uditi l’avvocato
dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri e
l’avvocato Beatrice Fiandaca per la Regione siciliana.
Ritenuto in fatto
1.− Il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, con ricorso notificato il 17-23 maggio 2016, depositato nella
cancelleria di questa Corte il 24 maggio 2016, ha impugnato gli artt. 12; 27,
comma 9; 34, commi 1, 7, 12, [recte: terzo periodo], e 13; 49, commi 5 e 7; e 50, commi 1,
2, 3 e 6, della legge della Regione siciliana 17 marzo 2016, n. 3 (Disposizioni
programmatiche e correttive per l’anno 2016. Legge di stabilità regionale),
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Regione siciliana del 18 marzo 2016, n. 12, supplemento ordinario n. 1,
in riferimento, nel complesso, agli artt. 3, 81, terzo comma, 97, 117, secondo comma,
lettere e), h) ed s), e 119, secondo comma,
della Costituzione, e all’art. 14 dello statuto
della Regione siciliana, approvato con il regio decreto legislativo 15 maggio
1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana).
2.−
L’art. 12 della legge regionale n. 3 del 2016, la cui rubrica reca «Principi di
regolamentazione delle Zone a traffico limitato», stabilisce che «I comuni che hanno
istituito o che istituiscono zone a traffico limitato (ZTL) approvano, entro
novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, un regolamento che
preveda:
a) le
tariffe per ottenere il permesso di accesso alle ZTL;
b) le
riduzioni per i veicoli meno inquinanti;
c)
l’accesso gratuito alle ZTL per le persone disabili, le cui autovetture siano
dotate di contrassegno speciale, e per le vetture a trazione elettrica;
d) le
agevolazioni per i residenti all’interno del perimetro ZTL e l’applicazione
agli stessi di tariffe differenziate rispetto a quelle applicate ai non
residenti;
e) le
misure necessarie volte ad incentivare il trasporto pubblico e la lotta
all’inquinamento;
f) il
regime delle sanzioni da applicare in base al Codice della strada, nonché
appositi strumenti di monitoraggio sull’inquinamento».
2.1.− Ad avviso del ricorrente, la
norma eccederebbe dalle competenze di cui all’art. 14 dello statuto siciliano, che
non contempla la competenza legislativa in materia di «ordine pubblico e
sicurezza» e di «sicurezza stradale».
2.2.−
L’art. 12 della legge regionale n. 3 del 2016 violerebbe, altresì, gli artt.
117, secondo comma, lettera h), 3
(principio di eguaglianza) e 97 (principio di buon andamento) Cost.
2.3.− La difesa dello Stato richiama l’art. 7, comma 9, del decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), rubricato «Regolamentazione
della circolazione nei centri abitati», che prevede, tra l’altro:
«I comuni,
con deliberazione della Giunta, provvedono a delimitare le aree pedonali e le
zone a traffico limitato tenendo conto degli effetti del traffico sulla
sicurezza della circolazione, sulla salute, sull’ordine pubblico, sul
patrimonio ambientale e culturale e sul territorio […]. I comuni possono
subordinare l’ingresso o la circolazione dei veicoli a motore, all’interno
delle zone a traffico limitato, anche al pagamento di una somma […]».
In attuazione di tale disposizione è stata adottata la circolare del
Ministro dei lavori pubblici 21 luglio 1997, n. 3816, recante «Direttive per
l’individuazione dei comuni che possono subordinare l’ingresso o la
circolazione dei veicoli a motore, all’interno delle zone a traffico limitato,
al pagamento di una somma, nonché per le modalità di riscossione della tariffa
e per le categorie dei veicoli a motore esentati».
2.4.− La
norma regionale, invadendo gli ambiti di competenza attribuiti alla
legislazione esclusiva dello Stato in materia di «ordine pubblico e sicurezza»,
contrasterebbe con la disciplina statale che è volta a garantire esigenze di
uniformità su tutto il territorio nazionale.
2.5.− In via subordinata il ricorrente deduce che il legislatore regionale avrebbe:
− individuato i criteri per l’emanazione dei regolamenti comunali,
per disciplinare le zone a traffico limitato, in contrasto con la disciplina
statale che rimette ciò alla diretta competenza dei Comuni;
− enunciato princìpi che si discostano da quelli statali in quanto,
da un lato non determinano le categorie esentate ed agevolate come sancito
nella circolare del 1997, non ricomprendendo tra le categorie esentate i
veicoli di polizia stradale, vigili del fuoco e servizi di soccorso, i veicoli
per il trasporto delle merci, i taxi, i ciclomotori, e i motocicli di
cilindrata non superiore a 125 cc.; dall’altro, non prevedono tra le categorie
agevolate anche i veicoli per il trasporto delle merci (vincolati comunque ad
orari e percorsi), i ciclomotori, in relazione alla minore occupazione di
spazio, dinamico e statico, rispetto alle autovetture, i domiciliati in
analogia ai residenti.
3.−
L’art. 27, comma 9, della legge della Regione siciliana n. 3 del 2016, che
interviene in materia di personale precario, nella parte in cui modifica il
comma 4 dell’art. 32 (rubricato «Proroghe e stabilizzazioni
del personale a tempo determinato in servizio presso la Regione»)
della legge della Regione siciliana 28 gennaio 2014, n. 5 (Disposizioni
programmatiche e correttive per l’anno 2014. Legge di stabilità regionale),
sostituendo le parole «e fino al 31 dicembre 2016» con «e fino al 31 dicembre
2018», contrasterebbe con i commi 9 e 9-bis
dell’art. 4 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 (Disposizioni urgenti per il
perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni), convertito, con modificazioni, dall’art.
1, comma 1, della legge 30 ottobre 2013, n. 125, che fissano il termine per la
proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato al 31 dicembre 2016.
Inoltre, poiché i fondi per le finalità di stabilizzazione del personale
precario venivano previsti ed alimentati solo per il triennio 2014-2016 e non
anche per il biennio 2017-2018, la norma impugnata contrasterebbe con l’art.
81, terzo comma, Cost., i cui princìpi si applicano anche alle Regioni a statuto
speciale e ne vincolano la legislazione.
4.−
L’art. 34, commi 1, 7, 12, terzo periodo, e 13, della legge regionale siciliana
n. 3 del 2016, che disciplina il tributo speciale per il conferimento in
discarica dei rifiuti solidi, violerebbe gli artt. 117, secondo comma, lettere e) ed s), e 119, secondo comma, Cost.
4.1.−
L’art. 34, comma 1, eccederebbe le competenze legislative sancite dall’art. 14
dello statuto speciale, che non contempla la materia «tutela della
concorrenza», che appartiene alla potestà legislativa esclusiva dello Stato.
La norma regionale stabilisce che «i soggetti conferitori in discarica dei rifiuti di
cui al comma 2 dell’articolo 184 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152
[Norme in materia ambientale],
corrispondono alla Regione, a decorrere dal 1° gennaio 2017, il tributo
speciale per il deposito in discarica dei rifiuti, secondo la disciplina di cui
all’articolo 2 della legge regionale 7 marzo 1997, n. 6 e successive modifiche
ed integrazioni, nella misura di seguito indicata, in considerazione del
livello di raccolta differenziata su base annua».
4.2.− Il
citato comma 1, nel disciplinare la soggettività passiva del tributo, non
sarebbe conforme alla disciplina statale, che all’art. 3, comma 26, della legge
28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica)
individua come soggetto passivo del tributo il gestore dell’impresa di
stoccaggio definitivo.
Peraltro, anche la legge della Regione siciliana 7 marzo 1997, n. 6
(Programmazione delle risorse e degli impieghi. Contenimento e
razionalizzazione della spesa e altre disposizioni aventi riflessi finanziari
sul bilancio della Regione), all’art. 2, comma 3, rinvia alla disciplina
nazionale del tributo.
4.3.−
L’art. 34, comma 1, inoltre, fissando la misura minima e massima del tributo,
variandone gli importi in base alla percentuale di raccolta differenziata del
Comune, sarebbe in contrasto con il comma 29 dell’art. 3 della legge n. 549 del
1995.
4.4.− La
norma regionale, pertanto, lederebbe la potestà legislativa statale in materia
di tutela della concorrenza, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., e,
nel dettare una diversa determinazione del tributo, travalicherebbe i limiti
stabiliti dall’art. 119, secondo comma, Cost., che
subordina il potere delle Regioni e degli enti locali di stabilire entrate e
tributi propri al rispetto dei princìpi di coordinamento del sistema
tributario.
4.5.−
L’art. 34, comma 7, della legge della Regione siciliana n. 3 del 2016, prevede
che «Per
gli scarti, i sovvalli, i fanghi anche palabili, dal 1° gennaio 2017, il
tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti è pari al venti per
cento del tributo di cui al comma 1, oltre l’addizionale di cui al comma 4, ove
dovuta».
La disposizione esorbiterebbe dalle competenze statutarie di cui all’art.
14 dello statuto regionale.
Il Presidente del Consiglio dei ministri rileva che il tributo speciale
per il deposito di rifiuti solidi in discarica è istituito e disciplinato dal
comma 24 dell’art. 3 della legge n. 549 del 1995, e che il successivo comma 27
(recte: 29)
rimette la fissazione dell’ammontare dell’imposta alla legge della Regione,
indicando una serie di criteri.
Al
successivo comma 40 del medesimo art.
3, si stabilisce una premialità per gli «scarti
ed i sovvalli di impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio»,
in relazione ai quali il tributo è dovuto nella misura del 20 per cento
dell’ammontare determinato ai sensi del comma 29 dell’art. 3 citato.
4.6.−
Alla luce di questo quadro normativo, la norma regionale, non riferendo il
termine «scarti e sovvalli» ai materiali derivanti da impianti di selezione
automatica, riciclaggio e compostaggio (che rappresentano la quantità residuale
e non più utilizzabile del rifiuto trattato, una volta esaurite dette
operazioni), applica la riduzione del tributo anche a tipologie di rifiuti non
previste dalla normativa nazionale, eccedendo i limiti e i princìpi previsti
dalla legge n. 549 del 1995, e violando l’art. 117, secondo comma, lettera e), nonché l’art. 119 Cost., nel determinare un minore gettito del tributo.
La premialità, che trova applicazione solo per quei residui
derivanti da un complesso trattamento finalizzato alla separazione di quella
frazione di materiale da riutilizzare, non potrebbe estendersi a una mera
separazione automatica di rifiuti indifferenziati, ovvero a rifiuti che non
abbiano ancora subito il trattamento, dato che lo scopo della legge n. 549 del
1995 è di favorire la minore produzione di rifiuti e il recupero degli stessi.
La norma
regionale, intervenendo in materia di rifiuti, inciderebbe anche sulla tutela dell’ambiente
e dell’ecosistema, alla quale è riconducibile la disciplina dei rifiuti.
4.7.− L’art. 34, comma 12, della legge della Regione siciliana
n. 3 del 2016, prevede delle agevolazioni applicabili durante il triennio dalla
data di entrata in vigore della norma.
In
particolare, il terzo periodo, oggetto di censura, stabilisce che l’addizionale
del venti per cento al tributo per il deposito in discarica non si applichi ai
Comuni che, avendo raggiunto nell’ultimo triennio almeno il trentacinque per
cento di raccolta differenziata, realizzano un incremento anche inferiore a
dieci punti percentuali, così derogando a quanto stabilito dall’art. 205 del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale).
La
disposizione contrasterebbe con quanto previsto dall’art. 205, commi 1 e 1-bis, del d.lgs. n. 152 del 2006, secondo
cui l’addizionale al tributo di conferimento in discarica si applica
nell’ipotesi in cui non siano state raggiunte le percentuali di raccolta
differenziata stabilite dal comma 1, la cui deroga può essere autorizzata solo
dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (comma 1-bis).
La norma
regionale pertanto lederebbe l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
4.8.− Il comma 13 dell’art. 34 della legge della Regione
siciliana n. 3 del 2016, per il primo triennio dalla data di entrata in vigore
della legge, destina ai Comuni, in presenza di determinate condizioni (un incremento
di almeno il dieci per cento della raccolta differenziata su base annua) una
quota del gettito del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti
solidi.
La
previsione contrasterebbe con quanto stabilito dall’art. 3, comma 27, della legge
n. 549 del 1995, come modificato dall’art. 34, comma 2, della legge 28 dicembre
2015, n. 221 (Disposizioni in materia
ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento
dell’uso eccessivo di risorse naturali), secondo cui il gettito del
tributo confluisce in un apposito fondo di bilancio della regione, destinato a
favorire la minore produzione di rifiuti, le attività di recupero di materie
prime e di energia, con priorità per i soggetti che realizzano sistemi di
smaltimento alternativi alle discariche, nonché a realizzare la bonifica dei
suoli inquinati, ivi comprese le aree industriali dismesse, il recupero delle
aree degradate per l’avvio ed il finanziamento delle agenzie regionali per
l’ambiente e la istituzione e manutenzione delle aree naturali protette.
Pertanto la
disposizione regionale violerebbe gli artt. 117, secondo comma, lettera e), e 119, secondo comma, Cost.
5.− L’art. 49 della legge regionale n. 3 del 2016 interviene sulle norme
metriche per la vendita dei carburanti.
La norma
eccederebbe le competenze statutarie di cui al citato art. 14, incidendo sulle
materie «tutela della concorrenza» e «sistema tributario», attribuite alla
potestà legislativa esclusiva dello Stato ex
art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
La disposizione
regionale prevede, per le finalità di cui all’art. 21, comma 14, del decreto
legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico delle disposizioni legislative
concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni
penali e amministrative), l’installazione di un apposito dispositivo di
misurazione della temperatura e della pressione del carburante in fase di
erogazione che permetta l’esatta quantizzazione del prezzo del prodotto
venduto, ponendo il relativo obbligo a carico delle aziende distributrici di
carburante, nonché degli impianti di distribuzione di carburante ubicati nel
territorio della Regione.
La norma
statale così richiamata disciplina la sottoposizione ad imposizione, secondo le
previste aliquote di accisa, dei prodotti energetici e, al comma 14, stabilisce
che «Le aliquote a volume si applicano con riferimento alla temperatura di 15°
Celsius ed alla pressione normale».
La
disciplina regionale, nel richiamare la suddetta disposizione statale rispetto
a soggetti che non sono obbligati a fini accise, in quanto detengono prodotto
che ha già assolto l’imposizione, sarebbe priva di fondamento, e potrebbe
ingenerare l’erroneo convincimento che si tratti di previsione connessa alla
liquidazione dell’imposta.
Il
riferimento, oltre che agli impianti di distribuzione, anche a non meglio
precisate aziende distributrici di carburanti, qualora queste ultime fossero
intese come depositi energetici ad accisa assolta, sarebbe, altresì, lesivo
della disciplina contenuta nell’art. 25 del d.lgs. n. 504 del 1995, relativa ai
depositi commerciali di prodotti energetici, per i quali non è prevista la
misurazione della temperatura e della pressione dei prodotti esitati.
Infine, in
ragione delle variazioni a cui è sottoposto il prodotto, durante le diverse
fasi della filiera, un dispositivo di misurazione solo nella fase di erogazione
dello stesso risulterebbe inefficace alla quantizzazione del prodotto venduto e
quindi anche alla corretta determinazione del prezzo.
5.1.− L’art. 49, comma 7, nel prevedere il divieto, per i
depositi commerciali di «oli minerali», da intendersi di prodotti energetici,
di immissione diretta del carburante nei serbatoi degli automezzi, afferma che
esso non trova applicazione nel caso di rifornimento delle macchine agricole
strumentali all’agricoltura.
La norma
contrasterebbe con le disposizioni vigenti in materia di accise, che devono
considerarsi come tributi erariali, la cui disciplina ricade nell’art. 117,
secondo comma, lettera e), Cost.
Ed infatti,
oltre a stabilire, nel primo periodo, il divieto con riguardo ai depositi di
«oli minerali» e non di prodotti energetici, sancisce, al secondo periodo, un
esonero in contrasto con la disciplina statale.
La
definizione statale di impianto di distribuzione (art. 2 del d.P.R. 27 ottobre 1971, n. 1269, recante «Norme per
l’esecuzione dell’art. 16 del decreto-legge 26 ottobre 1970, numero 745,
convertito in legge, con modificazioni, con la legge 18 dicembre 1970, n. 1034,
riguardante la disciplina dei distributori automatici di carburante per
autotrazione»: un unitario complesso commerciale costituito da uno o più
apparecchi di erogazione automatica di carburanti per uso di autotrazione con
le relative attrezzature e accessori) evidenzia che gli stessi sono privi dei
presupposti essenziali per il rifornimento diretto delle macchine per
l’agricoltura.
Inoltre, il
carburante destinato al rifornimento delle macchine agricole beneficia di una
agevolazione (decreto ministeriale 14 dicembre 2001, n. 454, recante
«Regolamento concernente le modalità di gestione dell’agevolazione fiscale per
gli oli minerali impiegati nei lavori agricoli, orticoli, in allevamento, nella
silvicoltura e piscicoltura e nella florovivaistica»), che richiede che il
rifornimento da parte degli utilizzatori avvenga previa emissione del documento
di accompagnamento semplificato.
6.−
L’art. 50, comma 1, della legge della Regione siciliana n. 3 del 2016 prevede
«I veicoli ed i motoveicoli, esclusi quelli adibiti ad uso professionale e/o
personale, iscritti ai registri degli enti certificatori previsti dal decreto
ministeriale 17 dicembre 2009 […] appartenenti a proprietari residenti nel
territorio siciliano, a decorrere dall’anno in cui si compie il trentesimo anno
dalla loro costruzione, sono assoggettati, in caso di utilizzazione sulla
pubblica strada, ad una tassa di circolazione forfettaria annua di euro 25,82
per i veicoli ed euro 10,33 per i motoveicoli».
La norma vincola il pagamento
della tassa di circolazione forfettaria all’iscrizione nei registri degli enti
certificatori di cui al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti 17 dicembre 2009 (Disciplina e procedure per l’iscrizione dei veicoli
di interesse storico e collezionistico nei registri, nonché per la loro
riammissione in circolazione e la revisione periodica), così limitando la
portata della disciplina statale di cui all’art. 63 della legge 21 novembre
2000, n. 342 (Misure in materia fiscale).
6.1.− L’art. 50, commi 2 e
3, della legge della Regione siciliana n. 3 del 2016 disciplina completamente
la tassazione dei veicoli di particolare interesse storico e collezionistico
che hanno compiuto venti anni dalla costruzione, prevedendo l’introduzione di
una nuova tassa automobilistica di circolazione forfettaria in sostituzione
della tassa automobilistica, e si porrebbe così in contrasto con gli artt. 117,
secondo comma, lettera e), e 119,
secondo comma, Cost.
6.2.− L’art. 50, comma 6,
della legge della Regione siciliana n. 3 del 2016 estende l’agevolazione
(esenzione dal pagamento della tassa automobilistica) prevista dall’art. 17 del
d.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39 (Testo unico delle
leggi sulle tasse automobilistiche), in favore di «autocarri e […] autoscafi
esclusivamente destinati, per conto dei Comuni, o di associazioni umanitarie, al
servizio di estinzione degli incendi», anche agli «autoveicoli di proprietà
delle associazioni di volontariato di protezione civile iscritte ai sensi
dell’articolo 7 della legge regionale 31 agosto 1998, n. 14, al registro
regionale delle organizzazioni di volontariato della protezione civile,
utilizzate ad uso esclusivo per le finalità di assistenza sociale, sanitaria,
soccorso, protezione civile», e lederebbe così gli artt. 117, secondo comma,
lettera e), e 119, secondo comma, Cost.
7.− Si è costituita in
giudizio la Regione siciliana, con atto depositato il 23 giugno 2016,
eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso, di cui ha
chiesto, nel merito, il rigetto.
8.− Quanto
all’impugnazione dell’art. 12 della legge regionale n. 3 del 2016, la Regione
ha dedotto l’inammissibilità delle censure in quanto assertive e, nel merito,
la riconducibilità alla materia «regime degli enti locali e delle
circoscrizioni relative» di cui all’art. 14, lettera o), dello statuto di autonomia.
9.− In relazione all’art.
27, comma 9, la Regione ricorda che la proroga al 31 dicembre 2018 trova
corrispondenza in quanto previsto dall’art. 1, comma 426, della legge 23
dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)». La censura di
violazione dell’art. 81, terzo comma, Cost. sarebbe apodittica, in quanto priva di adeguata motivazione.
Comunque, proprio l’art. 27, comma 9, prevede la richiesta copertura
finanziaria.
10.− In relazione all’art.
34, commi 1, 7, 12, terzo periodo, e 13, della legge regionale impugnata, la
difesa regionale rileva la genericità delle censure, e deduce che l’espressione
«soggetti» conferitori deve essere interpretata alla luce dell’art. 2 della
legge reg. Sicilia n. 6 del 1997, risultando così legittima.
Soggetto passivo non potrebbe che essere il gestore dell’impresa di stoccaggio
definitivo, con obbligo di rivalsa nei confronti del soggetto conferitore (come
previsto dal comma 26 dell’art. 3 della legge n. 549 del 1995).
Qualora non si dovesse
accogliere tale interpretazione, la censura di incostituzionalità dovrebbe
essere limitata alle parole «conferitori in discarica di rifiuti di cui al
comma 2 dell’art. 184 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152», senza comprendervi
l’espressione «i soggetti», atteso che il mero riferimento a «i soggetti»,
unitamente al successivo richiamo all’art. 2 della legge reg. Sicilia n. 6 del
1997, non può che essere inteso «ai gestori dell’impresa di stoccaggio
definitivo».
In merito alla determinazione
del tributo assume la Regione di aver previsto una mera rimodulazione, nel
rispetto del minimo e del massimo previsti dal legislatore statale, senza
incidere sui suoi elementi costitutivi.
Analoghe disposizioni erano
state adottate da altre Regioni.
In riferimento alla disciplina
degli "scarti e sovvalli”, la Regione riconosce che non è più in linea con la
disciplina statale, come risultante dalle modifiche introdotte dalla legge n.
221 del 2015 che ha modificato il comma 40 dell’art. 3 della legge n. 549 del
1995.
Con riguardo al regime premiale
si pone in rilievo la finalità di promuovere la raccolta differenziata e il
limitato periodo di applicazione, così come la previsione sulla destinazione
del tributo, per cui decorso il primo triennio di entrata in vigore della
legge, si applicherà la disciplina a regime prevista dalla medesima legge
regionale.
11.− La difesa regionale,
nel vagliare l’impugnazione dell’art. 49, commi 5 e 7, della legge regionale,
deduce la genericità delle censure, nonché la circostanza che in Sicilia vi
sono situazioni in cui all’attività di deposito si aggiunge, come attività
accessoria, quella di distribuzione di prodotti energetici.
Tale comportamento sarebbe stato
legittimato dalla giurisprudenza amministrativa, che avrebbe, di fatto,
equiparato per il consumatore finale i depositi e gli impianti.
12.− In merito
all’impugnazione dell’art. 50 della legge regionale, si deduce il carattere
apodittico delle argomentazioni dell’Avvocatura dello Stato con conseguente
inammissibilità delle censure.
13.− La Regione siciliana
ha depositato memoria il 28 febbraio 2017 con la quale ha ribadito le difese
svolte.
Considerato
in diritto
1.− Il Presidente del
Consiglio dei ministri ha impugnato numerose disposizioni della legge della
Regione siciliana 17 marzo 2016, n. 3 (Disposizioni
programmatiche e correttive per l’anno 2016. Legge di stabilità regionale),
contenute negli artt. 12; 27, comma 9; 34, commi 1, 7, 12, [recte: terzo periodo], e 13; 49,
commi 5 e 7; e 50, commi 1, 2, 3 e 6, in
riferimento, nel complesso, agli artt. 3, 81, terzo comma, 97, 117,
secondo comma, lettere e), h) ed s), e 119, secondo comma, della Costituzione, e all’art. 14 dello
statuto della Regione siciliana, approvato con il regio decreto legislativo 15
maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), che
regola la competenza normativa primaria della Regione autonoma.
2.− La Regione siciliana
si è costituita in giudizio chiedendo che il ricorso sia dichiarato
inammissibile o non fondato, e ha depositato memoria con la quale ha ribadito
le difese svolte.
3.− L’art. 12 della legge
della Regione siciliana n. 3 del 2016 sancisce che i Comuni che hanno istituito
o che istituiscono zone a traffico limitato (ZTL) devono approvare, entro
novanta giorni dall’entrata in vigore della stessa legge, un regolamento, e ne
indica alcuni contenuti (quali tariffe, riduzioni, casi di gratuità,
agevolazioni, regime delle sanzioni da applicare in base al codice della
strada, misure di incentivazione all’uso dei mezzi pubblici e lotta
all’inquinamento).
3.1.− La norma eccederebbe dalle competenze di cui all’art. 14
dello statuto della Regione siciliana, e violerebbe gli artt. 117, secondo comma, lettera h), 3 e 97 Cost., invadendo gli ambiti di
competenza attribuiti alla legislazione esclusiva dello Stato in materia di
«ordine pubblico e sicurezza», in contrasto con l’art. 7, comma 9, del decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), rubricato «Regolamentazione
della circolazione nei centri abitati», e con la circolare del
Ministro dei lavori pubblici 21 luglio 1997, n. 3816, recante «Direttive
per l’individuazione dei comuni che possono subordinare l’ingresso o la
circolazione dei veicoli a motore, all’interno delle zone a traffico limitato,
al pagamento di una somma, nonché per le modalità di riscossione della tariffa
e per le categorie dei veicoli a motore esentati».
3.2.− La questione è
inammissibile in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost.,
in quanto le relative censure sono prospettate in modo generico.
3.3.− La questione non è
fondata in relazione alla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.
La previsione che i Comuni
debbano regolamentare le zone a traffico limitato costituisce esercizio della
potestà legislativa primaria invocata dalla Regione, attenendo alla materia
«regime degli enti locali e delle circoscrizioni relative».
L’individuazione regionale di
ambiti di esercizio della potestà regolamentare comunale, infatti, è volta a
dettare una disciplina uniforme delle fonti normative nella materia, disciplina
che, incidendo sul riparto delle attribuzioni fra gli organi comunali, rientra
nella competenza esclusiva regionale in questa materia, in vista di un assetto
ordinamentale unitario, a livello regionale.
Quanto al previsto contenuto
dei regolamenti, le indicazioni date dalla legge regionale costituiscono misure
minime, e in quanto tali non esonerano i Comuni dal rispetto della disciplina
statale richiamata dal ricorrente, che impinge
profili di ordine pubblico e sicurezza e di tutela dell’ambiente. In questa
prospettiva i provvedimenti amministrativi attuativi dei Comuni potranno essere
vagliati in sede giurisdizionale quanto alla loro conformità alla normativa
statale.
4.− L’art. 27, comma 9,
della legge regionale impugnata, nel modificare il comma 4 dell’art. 32 della
legge della Regione siciliana 28
gennaio 2014, n. 5 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2014.
Legge di stabilità regionale), e successive modifiche ed integrazioni,
ha prorogato fino al 31 dicembre 2018 il termine (inizialmente fissato al 31
dicembre 2016) entro cui, nelle more delle procedure di
reclutamento speciale transitorio, l’amministrazione regionale è autorizzata a
prorogare i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato.
Ai sensi dell’art. 32, comma 5, della legge della legge regionale n. 5 del
2014, tra l’altro, per la proroga dei contratti a termine per il triennio 2014-2016, come
stabilita dal comma 4, nel testo originario, era autorizzata «la spesa di
28.616 migliaia di euro annui».
4.1.− Ad avviso del ricorrente la norma impugnata contrasterebbe con i commi 9 e 9-bis dell’art. 4 del decreto-legge 31
agosto 2013, n. 101 (Disposizioni urgenti per il perseguimento di
obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni), convertito, con modificazioni, dall’art.
1, comma 1, della legge 30 ottobre 2013, n. 125, che fissano il termine per la
proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato al 31 dicembre 2016.
Inoltre, la disposizione prevederebbe la
maggiore durata in proroga dei contratti senza la necessaria copertura
finanziaria, così ledendo l’art. 81, terzo comma, Cost., i cui princìpi si
applicano anche alle Regioni a statuto speciale.
4.2.− La norma impugnata è
stata abrogata dall’art. 3 (rubricato
«Disposizioni per la stabilizzazione del personale precario») della legge della Regione siciliana 29 dicembre
2016, n. 27 (Disposizioni in materia di autonomie locali e per la
stabilizzazione del personale precario), a decorrere dal 31 dicembre 2016 e con effetto dal
1° gennaio 2017 (ai sensi di quanto disposto dall’art. 8, comma 1, della medesima legge).
Il comma 9 del suddetto art. 3
ha stabilito che «In armonia con la disposizione
prevista dall’articolo 1, comma 426, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, il
termine del 31 dicembre 2016, previsto dall’articolo 30, comma 3, e
dall’articolo 32 della legge regionale n. 5/2014 e successive modifiche ed integrazioni,
per le finalità volte al superamento del precariato è prorogato al 31 dicembre
2018. Le disposizioni del presente comma si applicano anche alle Camere di
Commercio. I commi 8 e 9 dell’articolo 27 della legge regionale 17 marzo 2016,
n. 3 sono soppressi».
Il successivo comma 12 dello
stesso art. 3 della legge regionale n. 27 del 2016 ha poi previsto «Per le
finalità di cui ai commi precedenti […] è autorizzata, per il biennio
2017-2018, la spesa di 27.425 migliaia di euro per la proroga dei contratti di
lavoro subordinato a tempo determinato stipulati dall’Amministrazione
regionale».
Tuttavia il differimento del
termine, di cui si duole lo Stato, è previsto anche dalla norma sopravvenuta,
su cui, quindi, deve trasferirsi la questione.
4.3.− Quanto al contrasto
con la disciplina statale, la questione è inammissibile, poiché, oltre a non
indicare il parametro costituzionale che sarebbe leso, il ricorrente opera una
ricostruzione parziale del quadro normativo statale, limitando il confronto al d.l. n. 101 del 2013, senza considerare la successiva legge
23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)», il cui art. 1,
comma 426, peraltro, prevede lo stesso termine indicato dalla legge regionale.
4.4.− La questione è invece
infondata quanto alla violazione dell’art. 81, terzo comma, Cost.,
considerando che, per la proroga dei contratti per il biennio 2017-2018, l’art.
3, comma 12, della legge reg. Sicilia n. 27 del 2016, ha destinato specifiche
risorse, e che sulla adeguatezza delle stesse il ricorrente non ha formulato
specifiche osservazioni.
5.− I commi 1, 7, 12, terzo periodo, e 13
dell’art. 34 della legge regionale impugnata n. 3 del 2016, nel disciplinare diversi
profili del tributo speciale per il conferimento in discarica dei rifiuti
solidi, violerebbero, nel complesso, gli artt. 117, secondo comma, lettere e) ed s), e 119, secondo comma, Cost.
Il comma 1, nello stabilire una modifica della soggettività passiva del
tributo, contrasterebbe con l’art. 3, comma 34, della legge 28 dicembre 1995,
n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), che indica i
limiti in cui è ammessa la potestà legislativa regionale.
Inoltre esso fissa la misura minima e massima del tributo, variandone gli
importi in base alla percentuale di raccolta differenziata del Comune, e tale
modalità di variazione contrasterebbe con il comma 29 dell’art. 3 della legge
n. 549 del 1995.
La disposizione, pertanto, lederebbe la potestà legislativa statale in
materia di tutela della concorrenza, ex
art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.,
nonché, nel dettare una diversa determinazione del tributo, travalicherebbe i
limiti stabiliti dall’art. 119, secondo comma, Cost.,
che subordina il potere delle Regioni e degli enti locali a stabilire entrate e
tributi propri, al rispetto dei princìpi di coordinamento del sistema
tributario.
Il comma 7, nell’estendere il beneficio della riduzione del tributo,
previsto dall’art. 3, comma 40, della legge n. 549 del 1995 per gli scarti e sovvalli
relativi ai materiali derivanti da impianti di selezione automatica,
riciclaggio e compostaggio, a tipologie di rifiuti non previste dalla normativa
nazionale, esorbiterebbe dai limiti e dai princìpi previsti dalla legge n. 549
del 1995, violando gli artt. 117, secondo comma, lettera e), e 119, secondo comma, Cost., a causa
del minore gettito del tributo.
La norma,
intervenendo in materia di rifiuti, inciderebbe, anche, sulla tutela
dell’ambiente e dell’ecosistema, alla quale è riconducibile la disciplina dei
rifiuti.
Il comma
12, terzo periodo, prevede l’esenzione dall’addizionale in contrasto con l’art.
205 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale)
(d’ora in avanti: codice dell’ambiente).
La norma pertanto lederebbe l’art. 117, secondo comma,
lettera s), Cost.
Il comma 13
destina ai Comuni, in presenza di determinate condizioni (un incremento di
almeno il dieci per cento della raccolta differenziata su base annua) una quota
del gettito del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti
solidi.
Tale
previsione contrasterebbe con quanto stabilito dall’art. 3, comma 27, della
legge n. 549 del 1995, ledendo l’art. 117, secondo comma, lettera e), e l’art. 119, secondo comma, Cost.
5.1.− Le questioni sono
fondate.
5.2.− Con i commi da 24 a 41 dell’art. 3 della
legge n. 549 del 1995, è stato istituito, a
favore delle Regioni, il tributo speciale per il deposito in discarica dei
rifiuti solidi.
Questa Corte ha affermato che
l’articolo «istituisce e disciplina il tributo speciale per il deposito in
discarica dei rifiuti solidi (comma 24), devolvendone il gettito alle regioni
ed alle province (comma 27)», statuendo che tale tributo «va considerato
statale e non già "proprio” della Regione […] senza che in contrario rilevino
né l’attribuzione del gettito alle regioni […], né le determinazioni
espressamente attribuite alla legge regionale dalla citata norma statale» (sentenza n. 397 del
2005; nello stesso senso, sentenze n. 412 del
2006 e n.
335 del 2005).
L’istituzione del tributo,
infatti, risponde a finalità ambientali consistenti nel favorire la minore
produzione di rifiuti, il recupero dagli stessi di materia prima e di energia,
la bonifica di siti contaminati e il recupero di aree degradate, finalità
rientranti nella competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117,
secondo comma, lettera s), Cost., in
relazione all’art. 119, secondo comma, Cost.
Con la sentenza n. 121 del
2013, si è poi chiarito che osservazioni analoghe valgono per i tributi
locali «derivati», istituiti e regolati dalla legge statale ed il cui gettito è
attribuito agli enti locali. La disciplina di questi tributi −,
analogamente a quella delle addizionali regionali, istituite con leggi statali,
sulle basi imponibili di tributi erariali − è riservata, dunque, alla
legge statale, con la conseguenza che, da un lato, il legislatore statale può
introdurre norme non solo di principio, ma anche di dettaglio, e, dall’altro,
l’intervento del legislatore regionale può integrare detta disciplina solo
entro i limiti stabiliti dalla legislazione statale stessa.
5.3.− La questione di
legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 1, alla stregua di questi
princìpi, relativamente al profilo della modifica della soggettività passiva
del tributo, è fondata, in relazione alla assorbente violazione degli artt.
117, secondo comma, lettera e), e
119, secondo comma, Cost.
La norma impugnata fa
riferimento «ai soggetti conferitori in discarica dei rifiuti di cui al comma 2
dell’art. 184, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152» (rifiuti urbani)
per individuare i soggetti passivi del tributo. In tal modo essa è in contrasto
con l’art. 3, comma 26, della legge n. 549 del 1995, secondo cui è il gestore
dell’impresa di stoccaggio definitivo che ha l’obbligo di versamento del
tributo, salva la rivalsa nei confronti di colui che effettua il conferimento
dei rifiuti.
Del
resto la stessa difesa regionale ammette la "non felice” formulazione della
disposizione.
5.4.− Anche la questione di legittimità costituzionale
relativa alla riduzione del tributo in relazione all’aumento della percentuale
di raccolta differenziata, previsto dallo stesso comma, è fondata. La norma
contrasta con l’art. 3, comma 29, della legge n. 549 del 1995.
La
disposizione statale, al primo e al secondo periodo, nel prevedere una
possibilità di fissazione dell’imposta entro limiti massimi e minimi,
stabilisce: «L’ammontare dell'imposta è fissato, con legge della regione entro
il 31 luglio di ogni anno per l’anno successivo, per chilogrammo di rifiuti
conferiti: in misura non inferiore ad euro 0,001 e non superiore ad euro 0,01
per i rifiuti ammissibili al conferimento in discarica per i rifiuti inerti ai
sensi dell’articolo 2 del D.M. 13 marzo 2003 del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio […]; in misura non inferiore ad euro 0,00517 e non
superiore ad euro 0,02582 per i rifiuti ammissibili al conferimento in
discarica per rifiuti non pericolosi e pericolosi ai sensi degli articoli 3 e 4
del medesimo decreto. In caso di mancata determinazione dell’importo da parte
delle regioni entro il 31 luglio di ogni anno per l’anno successivo, si intende
prorogata la misura vigente».
Ciò,
tuttavia, non autorizza ad usare tale possibilità di modulazione per incidere
sulla disciplina della raccolta differenziata, le cui modalità di attuazione
costituiscono oggetto di specifica disciplina statale. L’art. 205 del codice
dell’ambiente, infatti, detta una disciplina puntuale scandendo in tempi
prestabiliti le crescenti percentuali di raccolta differenziata, e rinviando al
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, su domanda
del Comune interessato, l’eventuale deroga al rispetto degli obblighi così
stabiliti.
Si tratta di
una disciplina puntuale ispirata a rigorosi criteri di tutela ambientale,
criteri che la legge regionale viola, autorizzando implicitamente un
abbassamento dell’impegno dei Comuni al riguardo.
5.5.− La questione di legittimità costituzionale dell’art. 34,
comma 7, della legge regionale n. 3 del 2016 è fondata per la violazione degli
artt. 117, secondo comma, lettera e),
e dell’art. 119, secondo comma, Cost.
L’impugnato
comma 7 introduce una riduzione generalizzata del tributo speciale dal 1° gennaio
2017 per gli scarti, i sovvalli, i fanghi anche palabili.
Al
contrario, come riconosce la stessa Regione, l’art. 3, comma 40, della legge n.
549 del 1995, come modificato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 221 (Disposizioni in materia ambientale per promuovere
misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse
naturali), prevede la riduzione del tributo solo per gli scarti ed i
sovvalli di impianti di selezione automatica, riciclaggio e compostaggio.
La
disciplina è dunque in contrasto con la norma statale,
espressione della competenza esclusiva ex
art. 117, secondo comma, lettera e),
Cost. (in tal senso, sentenza n. 85 del
2017).
5.6.− La questione di
legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 12, terzo periodo, della legge
regionale n. 3 del 2016, è fondata, atteso che la norma attiene, oltre che alla
materia di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., alla disciplina del sistema
tributario, in relazione all’art. 119, secondo comma, Cost.
La disposizione regionale
esclude l’addizionale di cui al comma 4 (prevista in misura del venti per cento
per il mancato raggiungimento della percentuale di raccolta differenziata) per
i Comuni che nell’ultimo triennio, avendo raggiunto almeno il trentacinque per
cento di raccolta differenziata, realizzino un incremento anche inferiore a
dieci punti percentuali.
Essa, dunque, contrasta con
l’art. 205, commi 3 e 3-septies, del
d.lgs. n. 152 del 2006, che prevedono l’esclusione dell’addizionale in presenza
di puntuali e diverse condizioni.
5.7.− La questione di
legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 13, della legge regionale n. 3
del 2016, è fondata, in relazione alla violazione degli artt. 117, secondo
comma, lettera e), e 119, secondo
comma, Cost.
La norma modifica la
destinazione del tributo, indirizzandone una quota ai Comuni, per i primi tre
anni di applicazione della legge regionale, in contrasto con l’art. 3, comma
27, della legge n. 549 del 1995, come modificato dall’art. 34, comma 2, della
legge n. 221 del 2015, che nell’escluderne la destinazione alle Province ha
stabilito che il gettito derivante dal tributo affluisce in un apposito fondo
del bilancio della Regione.
6.− L’art. 49 della legge
regionale n. 3 del 2016, rubricato: «Misure in materia di impianti di
distribuzione di carburanti», al comma 5, intervenendo sulle norme metriche per
la vendita dei carburanti, inciderebbe sulla tutela della concorrenza e sul
sistema tributario, materie attribuite alla potestà legislativa esclusiva dello
Stato ex art. 117, secondo comma,
lettera e), Cost.
Il comma 7
dello stesso articolo, oltre a non utilizzare l’espressione "prodotti
energetici”, ma «oli minerali», nell’introdurre il divieto per i depositi
commerciali di immissione diretta del carburante nei serbatoi degli automezzi,
fa eccezione nel caso di rifornimento delle macchine strumentali
all’agricoltura.
La deroga
contrasterebbe con le disposizioni vigenti in materia di accise, che devono
considerarsi come tributi erariali, la cui disciplina ricade nell’art. 117,
secondo comma, lettera e), Cost.
Ed infatti,
la definizione statale di impianto di distribuzione (art. 2 del d.P.R. 27 ottobre 1971, n. 1269, recante «Norme per
l’esecuzione dell’art. 16 del decreto-legge 26 ottobre 1970, numero 745,
convertito in legge, con modificazioni, con la legge 18 dicembre 1970, n. 1034,
riguardante la disciplina dei distributori automatici di carburante per
autotrazione»: un unitario complesso commerciale costituito da uno o più
apparecchi di erogazione automatica di carburanti per uso di autotrazione con
le relative attrezzature e accessori) evidenzia che i depositi in questione
sono privi dei presupposti essenziali per il rifornimento diretto delle
macchine per l’agricoltura.
L’intera
disciplina della materia, e in particolare l’art. 25 del decreto legislativo 26
ottobre 1995, n. 504 (Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le
imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e
amministrative) (d’ora in avanti: t.u. sulle accise),
si basa sulla regolamentazione amministrativa degli impianti di distribuzione
di carburante ed è incompatibile con il rifornimento diretto ad utilizzatori
finali di carburanti ad accisa assolta da deposito commerciale.
6.1.− La questione di
legittimità costituzionale dell’art. 49, comma 5, della legge regionale
impugnata n. 3 del 2016, è fondata, in relazione alla violazione degli artt.
117, secondo comma, lettera e), e
119, secondo comma, Cost.
La norma regionale, prevedendo
la misurazione di temperatura e pressione a carico di soggetti che non sono
obbligati ai fini dell’accisa, perché detengono prodotto che ha già assolto
l’imposta, da una parte, ingenera l’erroneo convincimento che anche costoro
siano tenuti alla liquidazione dell’imposta, in contrasto con la potestà
legislativa statale in materia di sistema tributario e contabile, dall’altra,
addossa ad essi un onere amministrativo ingiustificato e lesivo della par condicio e quindi della concorrenza.
6.2.− La questione di
legittimità costituzionale dell’art. 49, comma 7, della legge regionale n. 3
del 2016, è fondata, in relazione alla violazione dell’art. 117, secondo comma,
lettera e), e 119, secondo comma, Cost.
La censura è rivolta sia
all’uso dell’espressione «oli minerali» e non "prodotti energetici”, sia alla
deroga prevista nel secondo periodo, che contrasta con la definizione di
impianti di distribuzione di cui all’art. 2 del d.P.R.
n. 1269 del 1971 e con l’art. 25 del t.u. sulle
accise.
6.3.− La direttiva
2003/96/CE del 27 ottobre 2003 (Direttiva
del Consiglio che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei
prodotti energetici e dell’elettricità) ha ampliato il campo di
applicazione della direttiva 92/12/CEE del 25 febbraio 1992 (Direttiva del Consiglio relativa al regime
generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti
soggetti ad accisa), con la sostituzione per i prodotti sottoposti ad
accisa della categoria «oli minerali» con quella più estesa di «prodotti
energetici».
Il decreto legislativo 2
febbraio 2007, n. 26 (Attuazione della
direttiva 2003/96/CE che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione
dei prodotti energetici e dell’elettricità), all’art. 1, comma 1, ha così
previsto che «Nel testo unico delle disposizioni legislative concernenti
le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e
amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e nelle
altre disposizioni tributarie in materia di accisa le parole: "oli minerali”,
ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: "prodotti energetici” […]».
Pertanto,
in relazione alle implicazioni in tema di accisa, il divieto di cui al primo
periodo del comma 7 dell’art. 49 della legge della Regione siciliana n. 3 del
2016 deve essere riferito ai depositi commerciali di "prodotti energetici”, ed
in tali termini va accolta la censura dello Stato.
6.4.− L’esercizio da parte
del titolare di deposito commerciale dell’attività di rifornimento di prodotti
energetici denaturati (quelli per le macchine agricole) altera la disciplina
dell’accisa, che è delineata sul presupposto della distinzione tra le due
attività, ed inoltre comporta una differenziazione tra depositi commerciali di
prodotti energetici e depositi commerciali di prodotti energetici denaturati,
che non ha alcuna base nella disciplina statale.
È inutile sottolineare in
proposito che le statuizioni assunte in ordine a fattispecie concrete dal
giudice comune non possono modificare l’assetto costituzionale del riparto
delle competenze tra lo Stato e le Regioni, come pretenderebbe la Regione
siciliana.
6.5.−
La norma comporta, fra l’altro, il rischio di evasione, poiché il carburante
destinato al rifornimento delle macchine agricole beneficia di una agevolazione
(decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 14 dicembre 2001, n. 454,
recante «Regolamento concernente le modalità di gestione dell’agevolazione
fiscale per gli oli minerali impiegati nei lavori agricoli, orticoli, in
allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nella florovivaistica») che
richiede che il rifornimento da parte degli utilizzatori avvenga previa
emissione del documento di accompagnamento semplificato.
7.− L’art. 50, comma 1,
della legge reg. Sicilia n. 3 del 2016 è censurato anzitutto nella parte in cui
vincola il beneficio del pagamento della tassa di circolazione forfettaria, a
decorrere da quando si compie il trentesimo anno dalla loro costruzione, all’iscrizione nei registri degli enti
certificatori di cui al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti 17 dicembre 2009 (Disciplina e procedure per l’iscrizione dei veicoli
di interesse storico e collezionistico nei registri, nonché per la loro
riammissione in circolazione e la revisione periodica), così limitando la
portata della disciplina statale, che non prevederebbe
tale condizione.
L’art. 50, commi 2 e 3, della
legge regionale disciplina la tassazione dei veicoli di particolare interesse
storico o collezionistico, che hanno compiuto venti anni dalla data di
costruzione, prevedendo l’introduzione di una tassa automobilistica forfettaria
contrastante con la disciplina statale, che non prevederebbe
il beneficio.
Le disposizioni, pertanto,
violerebbero gli artt. 117, secondo comma, lettera e), e 119, secondo comma, Cost.
Il comma 6 dello stesso
articolo, infine, nell’estendere l’agevolazione (esenzione dal pagamento della
tassa automobilistica) prevista dall’art. 17 del d.P.R.
5 febbraio 1953, n. 39 (Testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche),
lederebbe gli artt. 117, secondo comma, lettera e), e 119, secondo comma, Cost.
7.1.− Le questioni di
legittimità costituzionale sono fondate in relazione a tutti i profili indicati
per violazione degli artt. 117, secondo comma, lettera e), e 119, secondo comma, Cost.
7.2.− Con più pronunce (ex multis, da
ultimo, sentenze
n. 242 e n.
199 del 2016) la Corte costituzionale ha affermato che la cosiddetta tassa
automobilistica non è qualificabile come tributo proprio della Regione, ma
rientra nella competenza esclusiva dello Stato, e, dunque, la Regione – cui il
legislatore ha solo attribuito il gettito della tassa, l’attività di
riscossione e un limitato potere di variazione dell’importo – non può disporre
esenzioni.
7.3.− Il comma 1 dell’art.
50 contrasta con i commi 1 e 4 dell’art. 63 della legge 21 novembre 2000, n.
342 (Misure in materia fiscale), che prevedono l’esclusione della tassa per i
veicoli ultratrentennali, salvo quelli adibiti ad uso professionale, e
l’assoggettamento, in caso di utilizzazione sulla pubblica strada, ad una tassa
di circolazione forfettaria annua, e ciò senza ulteriori condizioni.
Ebbene, la norma regionale, da
un lato, non fa riferimento all’esenzione, e, dall’altro, subordina il
pagamento della tassa, non solo al superamento dei trenta anni, ma anche
all’iscrizione in specifici registri.
7.4.− La disciplina dei
commi 2 e 3 dell’art. 50 è in contrasto con la normativa statale a seguito
dell’abrogazione dei commi 2 e 3 dell’art. 63 della legge n. 342 del 2000,
disposta dall’art. 1, comma 666, della legge n. 190 del 2014, con la
conseguenza che per i veicoli "ultraventennali” la tassa va assolta nelle
misure ordinarie.
7.5.−Analogamente è lesivo
della potestà statale l’art. 50, comma 6, che concede l’esenzione dal pagamento
della tassa automobilistica ad una serie di veicoli più ampia di quella
prevista dall’art. 17 del d.P.R. n. 39 del 1953.
8.− All’accoglimento delle
questioni di costituzionalità, in riferimento ai parametri indicati, consegue
l’assorbimento delle ulteriori censure prospettate.
Per
questi motivi
LA CORTE
COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale
degli artt. 34, commi 1, 7, 12, terzo periodo, e 13; 49, comma 5, comma 7,
primo periodo, nei sensi di cui in motivazione, e secondo periodo; 50, commi 1,
2, 3 e 6, della legge della Regione siciliana 17 marzo 2016, n. 3 (Disposizioni
programmatiche e correttive per l’anno 2016. Legge di stabilità regionale);
2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 12 della legge della Regione siciliana n. 3 del 2016, promossa, in
riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio
dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;
3) dichiara inammissibile la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 27, comma 9, della legge della
Regione siciliana n. 3 del 2016, trasferita sul testo vigente dell’art. 3,
comma 9, della legge della Regione siciliana 29 dicembre 2016, n. 27
(Disposizioni in materia di autonomie locali e per la stabilizzazione del
personale precario), promossa, in
riferimento ai commi 9 e 9-bis
dell’art. 4 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 (Disposizioni
urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche
amministrazioni), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 ottobre 2013, n. 125, dal
Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;
4) dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 12 della legge della Regione siciliana n.
3 del 2016, promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il
ricorso indicato in epigrafe;
5) dichiara non fondata la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 27, comma 9, della legge della
Regione siciliana n. 3 del 2016, trasferita sul testo vigente dell’art. 3, comma
9, della legge della Regione siciliana n. 27 del 2016, promossa, in riferimento
all’art. 81, terzo comma, Cost.,
dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così
deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta,
il 22 marzo 2017.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Giancarlo CORAGGIO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 7 giugno 2017.