ORDINANZA N. 101
ANNO 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Alessandro CRISCUOLO Giudice
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del 16 settembre 2015, relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dal senatore Roberto Calderoli nei confronti dell’onorevole Cécile Kashetu Kyenge, promosso dal Tribunale ordinario di Bergamo, con ordinanza-ricorso notificata il 27 giugno 2016, depositata in cancelleria il 28 giugno 2016 ed iscritta al n. 3 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2016, fase di merito.
Visti l’atto di costituzione del Senato della Repubblica e l’atto d’intervento di Roberto Calderoli, fuori termine;
udito nell’udienza pubblica del 4 aprile 2017 il Giudice relatore Franco Modugno;
uditi gli avvocati Francesco Saverio Marini per Roberto Calderoli e Francesco Saverio Bertolini per il Senato della Repubblica.
Ritenuto che, con ordinanza-ricorso depositata il 29 gennaio 2016 (d’ora in avanti: ricorso), il Tribunale ordinario di Bergamo ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Senato della Repubblica, chiedendo a questa Corte di dichiarare che non spettava al Senato della Repubblica di affermare, con deliberazione del 16 settembre 2015 (atti Senato, Doc. IV-ter, n. 4), che le dichiarazioni rese dal senatore Roberto Calderoli nei confronti dell’onorevole Cécile Kashetu Kyenge, all’epoca dei fatti Ministro per l’integrazione, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, come tali insindacabili ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, e di annullare conseguentemente la predetta deliberazione del Senato della Repubblica;
che il conflitto è stato dichiarato ammissibile da questa Corte con l’ordinanza n. 139 del 2016;
che, a seguito di essa, il Tribunale ordinario di Bergamo ha notificato il ricorso e l’ordinanza al Senato della Repubblica il 27 giugno 2016 ed il successivo 28 giugno ha depositato tali atti con la prova dell’avvenuta notificazione;
che, in questa fase del giudizio, si è costituito, l’11 agosto 2016, il Senato della Repubblica, chiedendo che il ricorso sia dichiarato improcedibile;
che, infatti, il resistente rileva che il ricorso e l’ordinanza gli sono stati notificati a mezzo della polizia giudiziaria e, dunque, tramite un soggetto che sarebbe totalmente privo del potere di procedere alle notificazioni degli atti in materia civile, le cui forme si applicano nei procedimenti dinanzi la Corte costituzionale;
che, secondo la giurisprudenza di legittimità richiamata dal Senato della Repubblica, «l’ufficiale di P.G. è assolutamente incompetente a compiere notifiche di atti processuali civili e, ove vi provveda, non ha né veste né poteri diversi da quelli di un qualsiasi privato cittadino che si arroghi la medesima funzione» (Corte di cassazione, sezione prima civile, sentenza 17 marzo 2004, n. 5392);
che, pertanto, detta notifica dovrebbe ritenersi non già nulla, ma radicalmente inesistente, e in quanto tale non sanabile tramite la sua rinnovazione in forma rituale;
che il vizio non sarebbe sanato neppure dalla costituzione in giudizio del resistente, che il Senato della Repubblica dichiara di aver effettuato al solo fine di eccepire l’inesistenza della notifica e senza accettare il contraddittorio nel merito;
che è intervenuto in giudizio, con atto depositato il 9 agosto 2016, il senatore Roberto Calderoli, il cui intervento è stato peraltro dichiarato inammissibile da questa Corte, perché tardivo, con ordinanza letta in udienza;
che il Senato della Repubblica ha altresì depositato memoria, insistendo per la dichiarazione di improcedibilità del ricorso anche alla luce della recente sentenza delle sezioni unite civili della Corte di cassazione 20 luglio 2016, n. 14916;
che in detta pronunzia, infatti, si afferma che il primo elemento affinché la notificazione possa essere riconosciuta come tale – e, dunque, essere ritenuta esistente – risiede nel fatto che la trasmissione dell’atto sia stata effettuata da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, del potere di compiere detta attività: requisito che non sarebbe riscontrabile nel caso di specie;
che la pretesa del ricorrente di avvalersi della polizia giudiziaria in quanto giudice penale, d’altronde, sarebbe infondata, poiché nel conflitto di attribuzione il giudice dovrebbe dismettere le sue vesti e indossare quelle di parte, soggetta alle regole del processo costituzionale, che, nella specie, sono quelle delle notificazioni civili;
che, infine, il Senato della Repubblica formula, nella memoria, una ulteriore eccezione di improcedibilità, rilevando come il ricorrente abbia depositato due volte nella cancelleria della Corte costituzionale il ricorso notificato e l’ordinanza di ammissibilità: la prima volta in copia fotostatica, la seconda – a distanza di una settimana – in copia conforme;
che, pertanto, il giudizio si sarebbe instaurato già con il primo deposito, insanabilmente viziato, però, per la forma con la quale è stato effettuato.
Considerato che il Tribunale ordinario di Bergamo, dopo aver notificato al Senato della Repubblica, una prima volta, il ricorso e l’ordinanza di ammissibilità del conflitto di attribuzione in copia fotostatica, ha provveduto a notificare i medesimi atti in copia conforme in data 27 giugno 2016;
che tale seconda notificazione, l’unica ritualmente effettuata, è tempestiva, poiché intervenuta entro i sessanta giorni dalla comunicazione al Tribunale ricorrente, compiuta il 10 giugno 2016 dalla cancelleria di questa Corte, dell’ordinanza di ammissibilità del conflitto;
che parimente tempestivo è il deposito dei predetti atti con la prova dell’avvenuta notificazione, effettuato il successivo 28 giugno 2016;
che l’irritualità della prima notifica sotto il profilo dianzi indicato resta priva di rilevanza giuridica, in quanto il procedimento di notificazione è stato, comunque sia, tempestivamente rinnovato mediante la seconda notifica;
che, pertanto, l’eccezione formulata al riguardo dal Senato della Repubblica è infondata;
che il resistente eccepisce, altresì, richiamando la giurisprudenza di legittimità sul punto, l’inesistenza della notificazione in quanto effettuata per mezzo della polizia giudiziaria, con conseguente improcedibilità del presente conflitto;
che – in virtù del richiamo operato dall’art. 22, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), alle norme, in quanto applicabili, del regolamento per la procedura innanzi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, oggi disciplinata dal codice del processo amministrativo, approvato dall’art. 1 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo) – nel procedimento davanti a questa Corte, secondo il disposto dell’art. 39, comma 2, del menzionato codice, le notificazioni degli atti sono disciplinate dal codice di procedura civile e dalle leggi speciali concernenti la notificazione degli atti giudiziari in materia civile (sentenza n. 144 del 2015);
che la notificazione a mezzo della polizia giudiziaria esula dalle previsioni di detta normativa;
che il Tribunale ricorrente non poteva avvalersi di tale forma di notifica neppure in quanto giudice penale;
che, a prescindere dai ristretti limiti entro i quali il giudice penale può attualmente servirsi della polizia giudiziaria per le notificazioni, è dirimente il rilievo che nel giudizio per conflitto di attribuzione il potere giudiziario agisce come parte del processo costituzionale, in posizione di parità con gli altri poteri dello Stato confliggenti;
che, pertanto, in tale sede può avvalersi soltanto dei poteri che gli sono riconosciuti in qualità di parte, non potendo le disposizioni concernenti i giudizi costituzionali essere diversamente intese secondo che a proporre il (o a resistere al) conflitto di attribuzione sia il potere giudiziario o un altro potere dello Stato (sentenza n. 247 del 2004 e ordinanza n. 278 del 2004);
che – quanto alla natura del vizio della notificazione effettuata, in materia civile, per mezzo di polizia giudiziaria – nella giurisprudenza di legittimità, oltre all’orientamento richiamato dal resistente, se ne rinviene un altro, più recente – sia pure specificamente riferito alla materia fallimentare (la cui disciplina non annovera, peraltro, previsioni speciali in tema di organi delle notificazioni) – secondo il quale detta notifica è nulla e non inesistente (Corte di cassazione, sezione prima civile, sentenze 31 agosto 2016, n. 17444; 5 ottobre 2015, n. 19797 e 29 ottobre 2010, n. 22151);
che, inoltre, di recente le sezioni unite civili della Corte di cassazione (sentenze 20 luglio 2016, n. 14916 e n. 14917) sono tornate sulla distinzione, di origine giurisprudenziale, tra nullità e inesistenza della notificazione, adottando una lettura restrittiva di quest’ultima figura;
che, secondo le indicazioni delle sezioni unite, l’inesistenza è ravvisabile, «oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità»;
che tali elementi consistono: «a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, sì da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa»;
che, in tale quadro, tenuto conto anche della natura del giudizio per conflitto di attribuzione e degli interessi che in esso vengono fatti valere, si deve ritenere che – contrariamente a quanto sostenuto dal Senato della Repubblica – la notificazione di cui si discute sia nulla e non già inesistente, in quanto attuata con modalità non totalmente avulse dal modello legale contemplato dall’ordinamento, con conseguente sanabilità del vizio;
che, infatti, sebbene in campo diverso da quello civile, la polizia giudiziaria è, comunque sia, soggetto qualificato e dotato in base alla legge – in particolare, la legge processuale penale (artt. 148 e 151 del codice di procedura penale) – della possibilità giuridica di compiere l’attività di notificazione;
che, inoltre, nel caso di specie la notificazione ha avuto esito positivo, tanto che il Senato della Repubblica, nella seduta del 28 luglio 2016, ha approvato le conclusioni della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari in senso favorevole alla costituzione in giudizio, poi in effetti avvenuta;
che, peraltro, la peculiarità e la novità della questione processuale in esame hanno fatto sì che la costituzione in giudizio del Senato della Repubblica sia stata effettuata al solo fine di eccepire l’asserita inesistenza della notificazione, senza affrontare il merito del conflitto;
che, a fronte di ciò e al fine di una corretta instaurazione del contraddittorio, è dunque opportuno disporre la rinnovazione della notificazione del ricorso e della ordinanza di ammissibilità del conflitto.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dispone:
a) che la cancelleria della Corte costituzionale dia immediata comunicazione della presente ordinanza al Tribunale ordinario di Bergamo;
b) che il ricorso, l’ordinanza n. 139 del 2016 di ammissibilità del conflitto nonché la presente ordinanza siano notificati, a cura del ricorrente, al Senato della Repubblica, in persona del suo Presidente, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere successivamente depositati, con la prova dell’avvenuta notifica, nella cancelleria di questa Corte entro il termine di trenta giorni previsto dall’art. 24, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 aprile 2017.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Franco MODUGNO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 10 maggio 2017.
Allegato:
ordinanza letta all’udienza del 4 aprile 2017