ORDINANZA N. 256
ANNO 2016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Giorgio LATTANZI Giudice
- Aldo CAROSI ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, sorto a seguito delle ordinanze dell’Ufficio Centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione del 6 maggio e dell’8 agosto 2016 e del d.P.R. 27 settembre 2016 (Indizione del referendum popolare confermativo della legge costituzionale recante: “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione”, approvata dal Parlamento e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016), promosso dal CODACONS (Coordinamento delle associazioni e dei comitati di tutela dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori) e dall’avv. Giuseppe Ursini, in proprio, con ricorso depositato il 25 novembre 2016 ed iscritto al n. 8 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2016, fase di ammissibilità.
Udito nella camera di consiglio del 28 novembre 2016 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio.
Ritenuto che, con il ricorso in epigrafe, il CODACONS (Coordinamento delle associazioni e dei comitati di tutela dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori) e l’avv. Giuseppe Ursini, in proprio, nella qualità di elettore avente diritto ad esprimersi nel referendum costituzionale in questione, hanno sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato contro la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell’interno, il Ministero della giustizia, e nei confronti degli onorevoli Roberto Occhiuto, Stefano Quaranta, Cristian Invernizzi, Ettore Rosato, Maurizio Enzo Lupi, Lorenzo Dellai, nella qualità di delegati ai sensi dell’art. 6 della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo), e dei senatori Vito Claudio Crimi, Loredana De Petris, Gian Marco Centinaio, Luigi Enrico Zanda, Renato Schifani e Karl Zeller, nella qualità di delegati ai sensi dell’art. 6 della legge n. 352 del 1970, in relazione alle ordinanze emesse dall’Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione in data 6 maggio e 8 agosto 2016 e al d.P.R. 27 settembre 2016 (Indizione del referendum popolare confermativo della legge costituzionale recante: “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione”, approvata dal Parlamento e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016);
che i ricorrenti premettono in fatto che:
− dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio era stato impugnato da alcuni soggetti, che avevano rivestito il ruolo di delegati ai sensi dell’art. 6 della legge n. 352 del 1970, il d.P.R. del 27 settembre 2016, con il quale veniva indetto il referendum in questione;
− il TAR Lazio aveva rigettato il ricorso per difetto assoluto di giurisdizione;
− anche il CODACONS proponeva analoga impugnazione dinanzi al TAR Lazio;
− il giudice amministrativo, rilevato che era stato proposto dall’associazione ricorrente regolamento preventivo di giurisdizione, disponeva la sospensione del processo sino alla pronuncia della Corte di cassazione;
− la camera di consiglio dinanzi alla Corte di cassazione si teneva il 22 novembre 2016, ma l’esito non era ancora noto;
che il CODACONS assume la propria legittimazione attiva a sollevare il conflitto in ragione della propria presenza in diverse liti, attinenti lo stesso bene della vita rappresentato dal legittimo procedimento referendario, nonché del fine di tutelare, come associazione, i diritti di cittadini e utenti anche nei confronti dell’operato della pubblica amministrazione;
che la posizione tutelata andrebbe individuata nel diritto di cittadini e utenti, nella qualità di elettori chiamati ad esprimere la propria preferenza nella prossima consultazione referendaria, a vedere garantita imparzialità e trasparenza nell’esposizione del quesito referendario; e che il conflitto ha lo scopo di tutelare la libera espressione degli elettori e il diritto di questi ultimi ad operare una scelta consapevole nell’esercizio del proprio diritto di voto;
che il principio della libera espressione dell’opinione del popolo è sancito dall’art. 3 del Protocollo addizionale (n. 1) della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, disposizione che sarebbe direttamente applicabile dal giudice nazionale;
che la legittimazione dei ricorrenti si fonderebbe anche sui vizi lamentati, che determinano pregiudizi sui diritti civili e politici di partecipazione dei singoli cittadini alla consultazione referendaria, partecipazione che deve essere consapevole, dovendo i cittadini-elettori conoscere, o perlomeno essere in grado di comprendere la questione sulla quale saranno chiamati a votare;
che il CODACONS sarebbe legittimato a sollevare il conflitto quale espressione del corpo elettorale, che può essere annoverato tra i poteri dello Stato, chiamato ad esprimere il diritto di cui all’art. 48 della Costituzione;
che il conflitto sarebbe ammissibile anche sotto il profilo oggettivo, atteso che l’Ufficio centrale per il referendum, con le ordinanze in data 6 maggio e in data 8 agosto 2016, ha legittimato il quesito recante la formula «Approvate il testo della legge costituzionale concernente “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione” approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?», così travisando l’art. 16 della legge n. 352 del 1970 e ledendo le prerogative del corpo elettorale;
che l’art. 16 della legge n. 352 del 1970, nel prevedere che il quesito deve contenere l’indicazione dell’articolo sottoposto a revisione ed il relativo oggetto, garantirebbe il principio costituzionale della libertà di voto di cui all’art. 48 Cost.;
che, nel merito, i ricorrenti hanno chiesto di accertare che l’Ufficio centrale per il referendum, nel ritenere il quesito de quo conforme all’art. 16 della legge n. 352 del 1970, ha leso le prerogative del cittadino-elettore connesse alla libertà di voto;
che, in via subordinata, i ricorrenti prospettano questione di legittimità costituzionale dell’art. 16 della legge n. 352 del 1970, in riferimento all’art. 48 Cost., atteso che il quesito dovrebbe essere stabilito dal decreto del Presidente della Repubblica di indizione del referendum, di cui all’art. 15 della legge n. 352 del 1970, configurato da tale disposizione come atto complesso, risultando dall’incontro della volontà di due organi, ovvero il Presidente della Repubblica e il Consiglio dei ministri;
che, sempre in via subordinata, i ricorrenti prospettano questione di legittimità costituzionale degli artt. 12 e 16 della legge n. 352 del 1970, in riferimento all’art. 3 del Protocollo addizionale (n. 1) della CEDU, e all’art. 117, Cost.; agli artt. 48 e 24 Cost.; all’art. 111, sesto, settimo e ottavo comma, Cost., in quanto:
− gli artt. 12 e 16 della legge n. 352 del 1970, nella parte in cui non consentono la possibilità di proporre ricorso per cassazione avverso le ordinanze dell’Ufficio centrale per il referendum, le cui funzioni hanno natura giurisdizionale, violerebbero l’art. 111, sesto, settimo e ottavo comma, Cost.;
− l’art. 16 della legge n. 352 del 1970, nell’interpretazione datane dall’Ufficio centrale per il referendum nel decidere le istanze di revocazione, secondo la quale in caso di “referendum misto” (che incide su leggi di revisione costituzionale e su leggi costituzionali) si applicherebbe a tutto il complesso la disciplina prevista dall’art. 16 per le leggi costituzionali, e non già quella prevista per le leggi di revisione costituzionale, si porrebbe in contrasto, in riferimento all’art. 117, primo comma, Cost., con l’art. 3 del Protocollo addizionale (n. 1) della CEDU, rubricato “Diritto a libere elezioni” e che prevede «Le Alte Parti Contraenti si impegnano ad organizzare, ad intervalli ragionevoli, libere elezioni a scrutinio segreto, in condizioni tali da assicurare la libera espressione dell’opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo»;
− tale scelta interpretativa pregiudicherebbe gravemente la libertà di espressione del voto, perché nasconde al cittadino elettore il contenuto vero della riforma che riguarda al 95 per cento norme di revisione costituzionale;
che i ricorrenti hanno proposto istanza per la sospensione cautelare del d.P.R. 27 settembre 2016, in parte qua, sino alla definizione del conflitto, disponendo, o la integrazione del quesito secondo quanto disposto dall’art. 16 della legge n. 352 del 1970, o l’affissione di apposite schede esplicative contenenti i riferimenti ai singoli articoli della Costituzione oggetto di riforma con indicazione del relativo contenuto, così come richiesto dal suddetto art. 16;
che sussisterebbe, oltre al fumus boni iuris, il periculum in mora, atteso che, se il referendum indetto per il 4 dicembre 2016 si svolgesse sul quesito come attualmente formulato, elettori inconsapevoli vedrebbero insanabilmente ed irreparabilmente viziata la propria libertà di espressione.
Considerato che la Corte è chiamata in questa fase a stabilire in camera di consiglio, senza contraddittorio, se concorrano i requisiti di ordine soggettivo ed oggettivo prescritti dall’art. 37, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), e cioè se il conflitto sia tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere a cui appartengono e sia diretto a delimitare la sfera di attribuzioni dei poteri interessati determinata da norme costituzionali;
che soggetti o organi diversi dallo Stato apparato possono essere parti di un conflitto tra poteri, ai sensi dell’art. 134 della Costituzione e dell’art. 37 della legge n. 87 del 1953, solo se titolari di una «funzione pubblica costituzionalmente rilevante e garantita» (ordinanza n. 17 del 1978);
che, quanto alla persona fisica che agisce in proprio, la sua qualità di cittadino elettore non comporta che esso sia «investito di una funzione costituzionalmente rilevante tale da legittimarlo a sollevare conflitto di attribuzione» (ordinanza n. 284 del 2008);
che, quanto alla “associazione”, quale lo stesso CODACONS (Coordinamento delle associazioni e dei comitati di tutela dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori) si definisce nel ricorso, essa non è titolare di funzioni costituzionalmente rilevanti, bensì delle situazioni soggettive che spettano alle «organizzazioni proprie della società civile» (così la ordinanza n. 120 del 2009, che ha affermato il difetto di legittimazione degli stessi partiti politici a sollevare conflitto di attribuzione);
che pertanto il ricorso è inammissibile per carenza dei requisiti soggettivi, poiché nessuno dei due soggetti può qualificarsi come potere dello Stato ai sensi dell’art. 134 Cost.; e ciò preclude l’esame di ogni altra domanda in esso articolata.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dal CODACONS (Coordinamento delle associazioni e dei comitati di tutela dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori) e dall’avv. Giuseppe Ursini, in proprio, nei confronti della Presidenza della Repubblica, della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero dell’interno, del Ministero della giustizia, e nei confronti degli onorevoli Roberto Occhiuto, Stefano Quaranta, Cristian Invernizzi, Ettore Rosato, Maurizio Enzo Lupi, Lorenzo Dellai, nella qualità di delegati ai sensi dell’ art. 6 della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo), e dei senatori Vito Claudio Crimi, Loredana De Petris, Gian Marco Centinaio, Luigi Enrico Zanda, Renato Schifani e Karl Zeller, nella qualità di delegati ai sensi dell’ art. 6 della legge n. 352 del 1970, con il ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 novembre 2016.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Giancarlo CORAGGIO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 28 novembre 2016.