SENTENZA N. 211
ANNO 2016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Alessandro CRISCUOLO Giudice
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 224, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2015), promosso dalla Regione Campania con ricorso notificato il 27 febbraio 2015, depositato in cancelleria il 4 marzo 2015 ed iscritto al n. 32 del registro ricorsi 2015.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 14 giugno 2016 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;
uditi l’avvocato Marcello Collevecchio per la Regione Campania e l’avvocato dello Stato Chiarina Aiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 27 febbraio 2015 e depositato il successivo 4 marzo (reg. ric. n. 32 del 2015), la Regione Campania ha, tra l’altro, impugnato il comma 224 dell’art. 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2015), per violazione degli artt. 117, quarto comma, 119, quinto comma, 5 e 120 della Costituzione.
La norma censurata dispone che: «Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabilite le modalità di attuazione dei commi da 223 a 227 e la ripartizione delle risorse su base regionale secondo i seguenti criteri: a) migliore rapporto tra posto/km prodotti e passeggeri trasportati; b) condizioni di vetustà nonché classe di inquinamento degli attuali parchi veicolari; c) entità del cofinanziamento regionale e locale; d) posti/km prodotti».
1.1.– La Regione Campania rileva che i commi 223 (non impugnato) e 224 dell’art. 1 della legge n. 190 del 2014 contengono disposizioni in materia di trasporto pubblico locale: il primo stabilisce che le risorse di cui all’art. 1, comma 83, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizione per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2014), finalizzate a favorire il rinnovo dei parchi automobilistici destinati ai servizi di trasporto locale, regionale e interregionale, sono destinate all’acquisto di materiale rotabile su gomma; il secondo prevede, come innanzi ricordato, le modalità di attuazione e di riparto delle risorse su base regionale.
Ad avviso della ricorrente, la disposizione del comma 224 si pone in contrasto, da un lato, con l’art. 117, quarto comma, e con l’art. 119, quinto comma, Cost., dall’altro, con gli artt. 5 e 120 Cost.: sotto il primo profilo, in ragione del fatto che la materia del trasporto pubblico locale, e in particolare il rinnovo dei parchi automobilistici destinati ai servizi di trasporto pubblico locale, rientra nella competenza residuale delle Regioni, con la conseguenza che lo Stato non può prevedere propri finanziamenti in ambiti di competenza regionale nè istituire fondi settoriali di finanziamento di attività regionali; sotto il secondo profilo, perché comunque risultano inadeguate le procedure concertative previste con le Regioni.
Con riguardo al primo profilo, la ricorrente assume che, ancor prima della riforma del Titolo V, della parte seconda, Cost., il decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 (Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), nel ridisciplinare il settore, aveva conferito alle Regioni e agli enti locali i servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale, con qualsiasi modalità effettuati e in qualsiasi forma affidati, prevedendo espressamente (art. 20, comma 5) che le risorse statali di finanziamento relative all’espletamento delle funzioni così conferite alle Regioni ed enti locali fossero individuate e ripartite tramite decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri «previa intesa con la Conferenza permanente tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano».
Deduce inoltre la Regione Campania che, come più volte ribadito dalla Corte costituzionale in materia di finanziamenti statali, il legislatore statale non può porsi in contrasto con i criteri e limiti del sistema di autonomia finanziaria regionale delineato dall’art. 119 Cost., che non consentono finanziamenti di scopo per finalità non riconducibili a funzioni di spettanza statale (ex multis, sentenza n. 423 del 2004).
Eccezioni a tale divieto, rileva la Regione, sono possibili soltanto «nell’ambito e stretti limiti di quanto previsto dagli articoli 118, primo comma, 119, quinto comma e 117, secondo comma, lett. e), Cost.». In particolare, la Regione osserva che il quinto comma dell’art. 119 Cost. autorizza due specifiche e tipizzate forme di intervento finanziario nelle materie di competenza delle Regioni ed enti locali: l’erogazione di risorse aggiuntive rispetto all’ordinaria autonomia finanziaria regionale o locale, a condizione che lo Stato abbia previamente attuato le previsioni dei primi quattro commi del medesimo articolo, così da garantire alle autonomie locali che le loro entrate finanzino integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite; oppure la realizzazione di interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, città metropolitane e Regioni.
La Regione, richiamate le sentenze della Corte costituzionale n. 16 del 2004 e n. 222 del 2005, deduce che la previsione della norma impugnata non è riconducibile a tali tipologie giustificate di intervento a sostegno della finanza regionale o locale, non essendo individuato alcun particolare ente destinatario, e che pertanto la norma risulta illegittima intervenendo, finanziandolo, in un ambito di competenza regionale.
1.2.– In riferimento al secondo profilo di illegittimità, ovvero all’eccepita violazione del principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost., la Regione Campania rileva che, proprio perché il finanziamento interviene in ambito di competenza regionale, la necessità di assicurare il rispetto delle attribuzioni costituzionalmente riconosciute alle Regioni impone di prevedere che queste ultime siano pienamente coinvolte nei processi decisionali concernenti il riparto dei fondi. Viceversa, osserva la ricorrente, il comma 224 impugnato si limita a richiedere che sia “sentita” la Conferenza Stato-Regioni ai fini dell’emanazione del decreto ministeriale per stabilire le modalità di attuazione dei commi 223 e 227 e la ripartizione delle risorse su base regionale, così riducendo, secondo la ricorrente, gli spazi di autonomia riconosciuti alle Regioni attraverso un insufficiente meccanismo di coinvolgimento decisionale. A tal fine, la Regione Campania assume che è invece costituzionalmente necessario che il decreto ministeriale sia adottato sulla base di «una vera e propria intesa con la Conferenza unificata», in quanto strumento che «meglio corrisponderebbe alle più intense modalità di leale collaborazione richieste dal costante orientamento giurisprudenziale» della Corte costituzionale (in tal senso viene menzionata la sentenza n. 222 del 2005).
2.– Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l’infondatezza delle censure di illegittimità costituzionale sollevate dalla ricorrente Regione Campania.
2.1.– Con riguardo alle censure riferite agli artt. 117, quarto comma, e 119, quinto comma, Cost., secondo l’Avvocatura l’intervento statale previsto dal comma 224 della legge n. 190 del 2014 – finalizzato al rinnovo del parco autobus per i servizi di trasporto pubblico locale, attraverso contributi concessi alle Regioni a valere sulle risorse del fondo per gli investimenti destinato all’acquisto di veicoli adibiti al servizio di trasporto pubblico, istituito presso il Ministero delle infrastrutture e trasporti – è giustificato da ragioni che riguardano la sicurezza della circolazione dei mezzi stessi, materia riservata alla competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117 Cost.
Ad avviso dell’Avvocatura, il fondo, pertanto, è da intendersi «quale aiuto offerto alle Regioni perché possano svolgere la loro azione, certamente nell’ambito delle competenze ad esse attribuite in materia di trasporto pubblico locale, tuttavia nei limiti del rispetto delle esigenze di sicurezza sulla quale necessariamente deve vigilare lo Stato, anche contribuendo con risorse proprie alla realizzazione di tale finalità». Il predetto intento sarebbe, sempre ad avviso dell’Avvocatura, confermato dal successivo comma 232 dell’art. 1 della legge n. 190 del 2014, in cui si prevede che dal primo gennaio 2019 sia vietata sull’intero territorio nazionale la circolazione di veicoli a motore categoria M2 ed M3 con caratteristiche antinquinamento Euro 0.
Aggiunge inoltre l’Avvocatura che la norma appare rispettosa anche dell’art. 119, quinto comma, Cost. «in quanto il rinnovo dei parchi automobilistici destinati ai servizi di T.P.L. e regionale è volto a promuovere lo sviluppo del settore in conformità con le norme volte alla razionalizzazione ed all’efficienza dello stesso», consentendo inoltre di perseguire l’obiettivo di «garantire sull’intero territorio nazionale un livello adeguato del servizio». A tal fine l’Avvocatura generale richiama l’indirizzo espresso dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 273 del 2013.
2.2.– Relativamente alla eccepita violazione degli artt. 5 e 120 Cost., ovvero in riferimento al principio di leale collaborazione, l’Avvocatura ritiene che la scelta di adottare il previsto decreto interministeriale “sentita” la Conferenza permanente Stato-Regioni e non “di intesa” con la Conferenza stessa è coerente con quanto innanzi sostenuto, trattandosi di ripartizione di risorse stanziate dallo Stato nell’esercizio di una sua competenza esclusiva. Sempre secondo l’Avvocatura, le censure appaiono infondate, in quanto il legislatore statale ha costantemente garantito il proprio contributo al finanziamento del trasporto pubblico locale al fine di assicurare livelli di omogeneità nella fruizione del servizio sull’intero territorio nazionale, anche mediante l’istituzione di appositi fondi a destinazione vincolata, così da assicurare uno «standard» nella fruizione stessa del servizio e un livello uniforme di godimento di diritti tutelati dalla Costituzione, in tal senso richiamando la giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenza n. 273 del 2013). L’Avvocatura, affermando quindi che il fondo per il rinnovo del materiale rotabile in questione è «strumentale alla necessità di garantire, mediante un adeguato parco veicolare, l’esigenza di omogeneità nella fruizione del servizio di trasporto pubblico locale sull’intero territorio nazionale», conclude per la coerenza della disposizione in oggetto con l’orientamento costituzionale e per la conseguente infondatezza delle censure regionali.
3.– Con memoria depositata nell’imminenza dell’udienza la Regione Campania insiste per l’accoglimento del ricorso, contestando le argomentazioni svolte dalla difesa erariale. Innanzitutto, la ricorrente esclude che la norma censurata possa in alcun modo essere ricondotta alla materia della “sicurezza” non sussistendone i presupposti né avendone i requisiti, in quanto la disposizione si limita «a regolare le modalità di ripartizione delle risorse di un Fondo destinato all’acquisto di veicoli per il trasporto pubblico locale, stanziate al solo fine di favorire l’efficientamento del servizio».
Richiamando poi la costante giurisprudenza della Corte costituzionale, relativa agli interventi di finanziamento del trasporto pubblico locale, la Regione ribadisce che la norma lede le prerogative regionali in tale materia, confutando quanto asserito dall’Avvocatura generale dello Stato in ordine alla compatibilità della misura in oggetto con l’art. 119 Cost. Al riguardo, la ricorrente torna, difatti, a sostenere che la misura di finanziamento in oggetto è priva dei requisiti e delle caratteristiche richiesti a tal fine dal disposto della norma costituzionale, non riguardando interventi speciali destinati esclusivamente a determinate Regioni per scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni.
In ogni caso la Regione, nella ipotesi che l’intervento fosse invece ritenuto riconducibile nell’ambito delle prerogative del legislatore statale, ne ribadisce comunque il contrasto con gli artt. 5 e 120 Cost., a motivo della insufficienza del meccanismo di collaborazione previsto dalla norma stessa, che «si limita a richiedere che sia “sentita” la Conferenza Stato-Regioni, così riducendo gli spazi di autonomia riconosciuti alle Regioni nel complessivo sistema di finanziamento del trasporto pubblico locale».
Considerato in diritto
1.– La Regione Campania con il ricorso in epigrafe ha proposto, tra l’altro, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 224, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2015), sostenendone la non conformità al dettato costituzionale per due ordini di ragioni: a) innanzitutto perché la disposizione si pone «in evidente contrasto con gli articoli 117, quarto comma, e con l’art. 119 Cost.» in quanto interviene, finanziandola, in materia di competenza regionale, quale è il trasporto pubblico locale, attraverso un intervento finalizzato, non riconducibile alle tipologie di intervento ammissibili ai sensi dell’art. 119, quinto comma, Cost., non essendo individuato alcun particolare ente destinatario (a sostegno sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 222 del 2005, n. 423 e n. 16 del 2004); b) in secondo luogo perché, in ogni caso, la disposizione viola gli artt. 5 e 120 Cost. «sotto il profilo della inadeguatezza delle procedure concertative che involvono la Regione», in quanto per l’adozione del decreto ministeriale contemplato per la ripartizione delle risorse su base regionale non si prevede l’intesa con la Conferenza unificata, strumento che «meglio corrisponderebbe alle più intense modalità di leale collaborazione richieste dal costante orientamento giurisprudenziale» di questa Corte (è richiamata la sentenza n. 222 del 2005).
2.– A tali censure l’Avvocatura dello Stato, per il Presidente del Consiglio dei ministri, oppone, in sintesi, che l’intervento di finanziamento statale disposto dalla norma, finalizzato al rinnovo del parco veicolare su gomma per i servizi di trasporto pubblico locale, «è giustificato da ragioni che riguardano la sicurezza della circolazione dei mezzi stessi; e la materia della sicurezza è riservata, come noto, alla competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117 della Costituzione», laddove l’intervento finanziario in oggetto è da intendersi quale «aiuto offerto alle Regioni perché possano svolgere la loro azione, certamente nell’ambito delle competenze ad esse attribuite in materia di trasporto pubblico locale, tuttavia nei limiti del rispetto delle esigenze di sicurezza sulla quale necessariamente deve vigilare lo Stato, anche contribuendo con risorse proprie alla realizzazione di tale finalità».
3.– Riservate a separate pronunce le decisioni sulle ulteriori questioni di legittimità costituzionale proposte con il ricorso in epigrafe, la presente questione è parzialmente fondata nei termini di seguito esposti.
La norma censurata dispone che: «Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabilite le modalità di attuazione dei commi da 223 a 227 e la ripartizione delle risorse su base regionale secondo i seguenti criteri: a) migliore rapporto tra posto/km prodotti e passeggeri trasportati; b) condizioni di vetustà nonché classe di inquinamento degli attuali parchi veicolari; c) entità del cofinanziamento regionale e locale; d) posti/km prodotti».
Innanzitutto è necessario evidenziare che la norma medesima si inserisce nell’intervento disposto dal precedente comma 223, che a sua volta si colloca e opera in un complesso quadro normativo.
Il comma 223 dell’art. 1 della legge n. 190 del 2014 dispone difatti che: «Le risorse di cui all’articolo 1, comma 83, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, finalizzate a favorire il rinnovo dei parchi automobilistici destinati ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale, sono destinate all’acquisto di materiale rotabile su gomma secondo le modalità di cui ai commi 224, 226 e 227».
Il predetto comma 223, cui le disposizioni del comma 224 concorrono a dare attuazione, modifica dunque la destinazione delle risorse previste dal richiamato art. 1, comma 83, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014), per orientarle specificamente all’acquisto di materiale rotabile su gomma.
Tale ultima disposizione, a sua volta, incrementava, per le finalità contemplate, la dotazione finanziaria del fondo già istituito dall’art. 1, comma 1031, della legge n. 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), presso il Ministero dei trasporti, per gli investimenti destinati all’acquisto di veicoli adibiti a trasporto pubblico locale «al fine di realizzare una migliore correlazione tra lo sviluppo economico, l’assetto territoriale e l’organizzazione dei trasporti e favorire il riequilibrio modale degli spostamenti quotidiani in favore del trasporto pubblico locale attraverso il miglioramento dei servizi offerti». Il successivo comma 1032 disponeva, poi, che al riparto tra le regioni delle risorse si provvedeva con decreto del Ministero dei trasporti di intesa con la Conferenza permanente.
3.1.– Il quadro normativo in cui si inserisce la disposizione impugnata è stato modificato dopo la proposizione del presente ricorso.
Difatti la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2016), con l’art. 1, comma 866, ha istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per il concorso dello Stato al raggiungimento degli «standard» europei del parco mezzi destinato al trasporto pubblico locale e regionale, e in particolare per l’accessibilità per persone a mobilità ridotta, un Fondo finalizzato all’acquisto diretto, ovvero per il tramite di società specializzate, nonché alla riqualificazione elettrica o a noleggio dei mezzi adibiti a trasporto pubblico locale e regionale; ed ha stabilito che al predetto Fondo confluiscono, «previa intesa con le regioni», le risorse disponibili di cui all’art. 1, comma 83, della legge n. 147 del 2013 e successivi rifinanziamenti (articolo questo ultimo, si ricorda, alle cui risorse e finalità si richiama l’art. 1, comma 223, della legge n. 190 del 2014 e, conseguentemente, lo stesso comma 224, oggetto della questione di legittimità costituzionale, in quanto ne prevede le modalità di attuazione e la ripartizione delle risorse su base regionale).
Il giorno stesso della pubblicazione della legge n. 208 del 2015 è, peraltro, intervenuta la disposizione dell’art. 7, comma 11-quater, del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), poi convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 25 febbraio 2016, n. 21, che ha differito al 1° gennaio 2017 l’applicazione della disposizione, appena citata, di cui all’art. 1, comma 866, stabilendo che conseguentemente nel Fondo ivi previsto «confluiscono le risorse di cui all’articolo 1, comma 83, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, per le annualità 2017, 2018 e 2019». Per le risorse relative agli anni 2015 e 2016 la norma ha disposto che si continuano ad applicare le modalità e le procedure di cui allo stesso art. 1, comma 83, della legge n. 147 del 2013 e soprattutto di cui all’art. 1, comma 223, della legge n. 190 del 2014. Conseguentemente, il comma 224, che detta le modalità di attuazione del predetto comma 223, conserva la sua applicabilità per le annualità fino al 2016.
4.– La norma censurata, come si è detto, prevede il riparto tra le Regioni di risorse finanziarie che l’art. 1, comma 83, della legge n. 147 del 2013 finalizzava a favorire il rinnovo dei parchi automobilistici e ferroviari destinati ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale, destinandole all’acquisto di materiale rotabile su gomma e di materiale rotabile ferroviario nonché di vaporetti e ferry-boat; risorse che, a sua volta, il comma 223 della medesima legge n. 190 del 2014 destina specificamente all’acquisto di materiale rotabile su gomma.
L’intervento incide in materia di competenza regionale residuale, quale è il trasporto pubblico locale, in termini di concorso non alle spese di funzionamento, ma alle spese di investimento per il rinnovo del parco rotabile ad esso adibito.
I criteri di ripartizione delle risorse tra le Regioni, stabiliti dal comma 224, sono ispirati dalla finalità di migliorare contestualmente sia l’efficienza, l’economicità e produttività del servizio pubblico locale (criteri di cui alle lettere a e d), sia le condizioni di sicurezza, in relazione al criterio della vetustà, sia quelle ambientali, in funzione del criterio della classe di inquinamento degli attuali parchi veicolari (criteri di cui alla lettera b).
Tra i criteri il comma 224 contempla peraltro espressamente (lettera c) «l’entità del cofinanziamento regionale locale».
L’intervento prevede, dunque, risorse aggiuntive rispetto alla ordinaria capacità finanziaria regionale locale finalizzate a un intervento specifico e vincolato ma a carattere generale non essendo destinato solo a determinati ambiti territoriali.
4.1.– Questa Corte, in particolare nella sentenza n. 273 del 2013, ha avuto modo di affermare che il trasporto pubblico locale rientra nell’ambito delle competenze residuali delle Regioni, di cui all’art. 117, quarto comma, Cost.
Nel contempo, ha tuttavia rilevato che, attesa la perdurante parziale attuazione della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), e del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario), «il mancato completamento della transizione ai costi e fabbisogni standard, funzionale ad assicurare gli obiettivi di servizio e il sistema di perequazione, non consente, a tutt’oggi, l’integrale applicazione degli strumenti di finanziamento delle funzioni regionali previsti dall’art. 119 Cost.».
Ciò posto, questa Corte, sempre nella citata sentenza n. 273 del 2013, nell’escludere che il Fondo esaminato fosse riconducibile alle previsioni dell’art. 119, quarto comma, Cost. non avendone le caratteristiche, attesa la generalità dei destinatari delle risorse nonché le finalità perseguite (ex plurimis, sentenze n. 451 del 2006, n. 107 del 2005 e n. 16 del 2004), ha tuttavia affermato che nel rilevato contesto di incompiuta attuazione dell’art. 119 Cost., l’intervento dello Stato, volto a finanziare il trasporto pubblico locale, è ammissibile nel caso in cui risponda all’esigenza «di assicurare un livello uniforme di godimento dei diritti tutelati dalla Costituzione stessa (sentenza n. 232 del 2011)».
Relativamente poi al principio di leale collaborazione, sempre nella sentenza n. 273 del 2013, questa Corte ha fatto presente di aver dichiarato costituzionalmente illegittime norme che disciplinavano i criteri e le modalità ai fini del riparto o riduzione di fondi o trasferimenti destinati ad enti territoriali nella misura in cui non prevedevano “a monte” lo strumento dell’intesa con la Conferenza, non solo nel caso di intreccio di materie (sentenza n. 168 del 2008), ma anche in caso di potestà legislativa regionale residuale (ex plurimis, la sentenza n. 27 del 2010 e di nuovo la n. 222 del 2005), affermando costantemente la necessità dell’intesa (tra le tante, sentenze n. 182 e n. 117 del 2013).
5.– Le indicazioni contenute nella sentenza n. 273 del 2013, così come nelle altre pronunce ricordate da questa Corte nella medesima sentenza (in particolare, ex multis, sentenze n. 168 del 2008 e n. 222 del 2005), possono essere assunte a parametro anche ai fini dell’esame della questione di legittimità costituzionale in oggetto.
5.1.– L’intervento di finanziamento previsto dall’art. 1, comma 224, della legge n. 190 del 2014 attiene a materia sicuramente rientrante, come più volte ribadito da questa Corte, nell’ambito delle competenze regionali residuali, qual è quella del trasporto pubblico locale.
Il finanziamento previsto dalla norma censurata ha portata e carattere generale, avendo la finalità, implicita, di contribuire ad assicurare le esigenze di convergenza e omogeneità negli «standard» del materiale rotabile su gomma a livello regionale locale, funzionali alla fruizione del servizio in termini di migliore efficienza, economicità, sicurezza e rispetto dell’ambiente, tendenzialmente unitari a livello nazionale.
L’intervento di finanziamento in oggetto si configura, dunque, come un apporto dello Stato volto a migliorare sul territorio nazionale e in una prospettiva di convergenza, gli «standard» anzidetti, tra i quali la sicurezza dei mezzi adibiti al servizio assume, come evidente, carattere di particolare rilievo.
In tale ambito e ai predetti fini l’impianto costituzionale relativo alla competenza residuale delle Regioni in materia di trasporto pubblico locale e di interventi statali di finanziamento in tale settore deve conciliarsi con l’esigenza di assicurare la massima continuità, adeguatezza e grado di omogeneità del servizio di trasporto pubblico locale sull’intero territorio nazionale.
La predetta esigenza è soddisfatta attraverso il concorso di tutti gli apporti finanziari possibili, ivi compresi quelli statali in funzione di sostegno ed integrazione delle limitate risorse regionali disponibili, siano gli interventi a carattere generale, siano invece mirati a finalità specifiche.
5.2.– Tuttavia, proprio perché tale finanziamento interessa materia comunque di competenza residuale regionale quale è il trasporto pubblico locale, occorre assicurare il più ampio coinvolgimento decisionale del sistema regionale in ordine al riparto delle risorse finanziarie in oggetto; coinvolgimento che si realizza attraverso lo strumento della “previa intesa” con la Conferenza permanente Stato-Regioni (in tal senso, ex multis, sentenza n. 168 del 2008 ma anche, da ultimo, sentenza n. 147 del 2016).
La evidenziata forma di coinvolgimento “forte” risulta poi, nella fattispecie, non solo ragionevole ma anzi resa necessaria dal fatto che tra i criteri di distribuzione delle risorse vi è, come si è detto, l’entità del cofinanziamento regionale e locale.
La circostanza che la disposizione in esame indichi precisi criteri per la ripartizione delle risorse finanziarie non costituisce fattore idoneo ad attenuare la predetta esigenza di coinvolgimento maggiormente incisivo delle Regioni, ovvero a giustificare la modalità censurata di livello “debole” di coinvolgimento. Difatti, non essendo prevista la specifica percentuale di incidenza di ciascun criterio in sede di riparto, il concreto peso assegnato ad ognuno dei criteri stessi ai fini della ripartizione delle risorse finisce per essere sostanzialmente rimesso alla discrezionalità dello Stato.
Occorre del resto evidenziare che dall’illustrazione del quadro normativo concernente il susseguirsi degli interventi in materia di finanziamento statale del trasporto pubblico locale, compresi quelli per l’acquisto di materiale, tra i quali si inserisce l’intervento di cui alla presente questione di legittimità costituzionale, emerge l’indirizzo legislativo che prevede, in coerenza con la giurisprudenza di questa Corte in materia, il ricorso alla “intesa” con la Conferenza come strumento di coinvolgimento decisionale del sistema regionale.
Pertanto la disposizione scrutinata, attesa la rilevata insufficienza del previsto meccanismo di coinvolgimento decisionale delle Regioni, deve essere dichiarata illegittima limitatamente alla previsione secondo cui il contemplato decreto ministeriale è adottato “sentita” la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, anziché sulla base di una “intesa” con la Conferenza medesima.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservate a separate pronunce le decisioni sulle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso in epigrafe;
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 224, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2015), nella parte in cui prevede che le modalità di attuazione dei commi da 223 a 227 e la ripartizione delle risorse su base regionale siano stabilite con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, adottato “sentita” la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, anziché “d’intesa” con la Conferenza stessa.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 giugno 2016.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Giulio PROSPERETTI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 16 settembre 2016.