Ordinanza n. 18 del 2016

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ORDINANZA N. 18

ANNO 2016

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Alessandro                 CRISCUOLO                        Presidente

-           Giuseppe                    FRIGO                                     Giudice

-           Paolo                          GROSSI                                        ”

-           Giorgio                       LATTANZI                                   ”

-           Aldo                           CAROSI                                        ”

-           Marta                          CARTABIA                                  ”

-           Mario Rosario             MORELLI                                     ”

-           Giancarlo                    CORAGGIO                                 ”

-           Giuliano                      AMATO                                        ”

-           Silvana                        SCIARRA                                     ”

-           Daria                           de PRETIS                                     ”

-           Nicolò                         ZANON                                         ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4-bis, comma 1-quater, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), promosso dal Tribunale di sorveglianza di Bari sull’istanza proposta da I.L., con ordinanza del 23 dicembre 2014, iscritta al n. 59 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell’anno 2015.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 18 novembre 2015 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi.

Ritenuto che il Tribunale di sorveglianza di Bari, con ordinanza del 23 dicembre 2014 (r.o. n. 59 del 2015), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4-bis, comma 1-quater, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), sia nella parte in cui non equipara al delitto previsto dall’art. 609-bis del codice penale, attenuato ai sensi del terzo comma del medesimo articolo, quello di cui all’art. 609-quinquies cod. pen., «ritenuto, alla luce della pena inflitta dal giudice della cognizione, di minore gravità», sia nella parte in cui richiede, per usufruire dei benefici penitenziari, «che il condannato sia sottoposto ad osservazione scientifica della personalità condotta per almeno un anno anche nel caso di condanna per il delitto di cui all’art. 609 quinquies, cp, ritenuto, alla luce della pena inflitta dal giudice della cognizione, di minore gravità»;

che il Tribunale rimettente ha premesso di essere stato investito delle richieste di «espiazione della pena» in affidamento in prova al servizio sociale, o in detenzione domiciliare ex art. 47-ter, primo comma, lettera c), della legge n. 354 del 1975, o in detenzione domiciliare generica ex art. 47-ter, comma 1-bis, della medesima legge, oppure di differimento facoltativo dell’esecuzione della pena per grave infermità fisica, «ai sensi dell’art. 147, primo comma, numero due, cp», richieste presentate da una persona condannata con sentenza del Tribunale ordinario di Foggia alla pena di sei mesi di reclusione per il delitto di corruzione di minorenne, perché a bordo della propria auto aveva «mostrato ripetutamente i propri genitali a due minori»;

che, a quanto ha riferito il giudice a quo, il condannato risulta affetto da «disturbo ansioso generalizzato, depressione nevrotica, disturbi di personalità non specificati, ritardo mentale moderato», costituenti infermità psichiche che non consentirebbero il differimento facoltativo dell’esecuzione della pena, ai sensi dell’art. 147, primo comma, numero 2), cod. pen.;

che, in considerazione dell’epoca della commissione dell’ultimo reato, risalente al 2007, della durata modesta della pena, dell’assenza di procedimenti penali pendenti presso la Procura della Repubblica di Foggia, della presa in carico del condannato da parte della famiglia e del parere favorevole espresso dall’assistente sociale, «nulla osterebbe» all’applicazione di una misura alternativa al carcere;

che nei confronti delle persone condannate per corruzione di minorenne l’art. 4-bis, comma 1-quater, della legge n. 354 del 1975 consente l’applicazione dell’affidamento in prova al servizio sociale e della detenzione domiciliare sanitaria solo sulla base dei risultati dell’osservazione scientifica della personalità condotta collegialmente per almeno un anno, anche con la partecipazione degli esperti di cui all’art. 80, quarto comma, della stessa legge, e impedisce l’applicabilità dell’art. 47-ter, comma 1-bis, della legge n. 354 del 1975;

che, come osserva il Tribunale rimettente, la pena inflitta (sei mesi di reclusione) è di gran lunga inferiore a quella applicabile, nel minimo, per il reato di violenza sessuale attenuata (art. 609-bis, terzo comma, cod. pen.), e che questo reato, diversamente da quello di corruzione di minorenne, non richiede la preventiva osservazione della personalità (art. 4-bis, comma 1-quater, della legge n. 354 del 1975), né è ostativo all’applicazione della detenzione domiciliare generica;

che anche nei casi di minore gravità del reato di corruzione di minorenne non vi sarebbe la necessità di contemperare le esigenze rieducative con quelle di prevenzione speciale e generale, nel modo stabilito dall’art. 4-bis, comma 1-quater, della legge n. 354 del 1975;

che, nel caso in esame, il sacrificio delle esigenze di rieducazione sarebbe assoluto, dato che il condannato dovrebbe espiare tutta la pena di sei mesi di reclusione in carcere, senza la possibilità di vedersi applicare una misura alternativa, che con ogni probabilità sarebbe più adeguata per soddisfare anche le esigenze di prevenzione speciale e generale;

che l’art. 4-bis, comma 1-quater, della legge n. 354 del 1975 violerebbe l’art. 3 Cost., nella parte in cui non equipara il delitto di violenza sessuale attenuata a quello di corruzione di minorenne, quando, tenendo conto della pena inflitta dal giudice della cognizione, quest’ultimo delitto può essere ritenuto dal magistrato di sorveglianza di minore gravità;

che tale norma contrasterebbe anche con l’art. 27, terzo comma, Cost., perché richiede che il condannato sia sottoposto ad osservazione collegiale per almeno un anno, sacrificando così irragionevolmente le finalità rieducative della pena, perseguibili con le misure alternative alla detenzione quando il reato di corruzione di minorenne è ritenuto dal giudice di minore gravità;

che la rimozione dell’impedimento costituito dall’art. 4-bis, comma 1-quater, della legge n. 354 del 1975 permetterebbe di valutare nel merito le richieste presentate dal condannato, altrimenti inammissibili, e di stabilire quale potrebbe essere, in concreto, il miglior percorso rieducativo, dato che dagli atti del procedimento emerge la possibilità di disporre una misura alternativa alla detenzione;

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili e comunque non fondate;

che la difesa dello Stato sottolinea che il giudice a quo non ha formulato le questioni nei dovuti termini di univocità e chiarezza, sicché non si comprenderebbe quale tipo di intervento abbia chiesto alla Corte: se quello diretto ad ottenere una sentenza additiva, per integrare l’ultimo periodo del comma 1-quater dell’art. 4-bis della legge n. 354 del 1975, o quello volto ad introdurre nell’art. 609-quinquies cod. pen. una circostanza attenuante speciale per fatti di minore gravità, oppure abbia chiesto l’uno e l’altro intervento, in modo cumulativo;

che il petitum oscuro dovrebbe determinare l’inammissibilità delle questioni;

che le questioni non sarebbero comunque fondate, perché il Tribunale rimettente ha censurato il trattamento penitenziario riservato ai condannati per il delitto di cui all’art. 609-quinquies cod. pen., frutto di una valutazione discrezionale del legislatore e come tale sindacabile soltanto ove trasmodi nella manifesta irragionevolezza o nell’arbitrio;

che la fattispecie dell’art. 609-bis, terzo comma, cod. pen. sarebbe strutturalmente diversa da quella dell’art. 609-quinquies cod. pen. e dunque inidonea a fungere da parametro di riferimento ai sensi dell’art. 3 Cost.

Considerato che il Tribunale di sorveglianza di Bari dubita, con riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 4-bis, comma 1-quater, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), sia nella parte in cui non equipara al delitto previsto dall’art. 609-bis del codice penale, attenuato ai sensi del terzo comma del medesimo articolo, quello di cui all’art. 609-quinquies cod. pen., qualora venga «ritenuto, alla luce della pena inflitta dal giudice della cognizione, di minore gravità», sia nella parte in cui richiede che, per poter usufruire dei benefici penitenziari, «il condannato sia sottoposto ad osservazione scientifica della personalità condotta per almeno un anno anche nel caso di condanna per il delitto di cui all’art. 609 quinquies, cp, ritenuto, alla luce della pena inflitta dal giudice della cognizione, di minore gravità»;

che la prima questione è relativa al secondo periodo del comma 1-quater dell’art. 4-bis della legge n. 354 del 1975, e che il giudice rimettente, per escludere la necessità dell’osservazione scientifica della personalità ai fini della concessione dei benefici penitenziari richiesti, ha denunciato, con riferimento all’art. 3 Cost., la mancata equiparazione del delitto dell’art. 609-quinquies cod. pen., nei casi di minore gravità (da individuare «alla luce della pena inflitta dal giudice della cognizione»), al delitto dell’art. 609-bis cod. pen., attenuato ai sensi del terzo comma del medesimo articolo;

che la seconda questione, invece, concerne il primo periodo del comma 1-quater, dell’art. 4-bis della legge n. 354 del 1975, nella parte in cui richiede che, per usufruire dei benefici penitenziari, «il condannato sia sottoposto ad osservazione scientifica della personalità condotta per almeno un anno anche nel caso di condanna per il delitto di cui all’art. 609-quinquies» cod. pen., norma che sarebbe costituzionalmente illegittima perché, secondo il giudice rimettente, nei casi di minore gravità, contrasterebbe con l’art. 27, terzo comma, Cost., in quanto sacrificherebbe irragionevolmente le finalità rieducative della pena;

che, come appare evidente, questa seconda questione riguarda una parte diversa del comma impugnato e fa riferimento a un diverso parametro costituzionale;

che il giudice rimettente ha prospettato quindi, con un petitum ancipite, due questioni di legittimità costituzionale alternative, senza porle in un rapporto di subordinazione, sicché, per costante giurisprudenza di questa Corte, se ne deve dichiarare la manifesta inammissibilità (ordinanze n. 207 e n. 41 del 2015).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4-bis, comma 1-quater, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale di sorveglianza di Bari, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 novembre 2015.

F.to:

Alessandro CRISCUOLO, Presidente

Giorgio LATTANZI, Redattore

Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 2 febbraio 2016.