Ordinanza n. 35 del 2015

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ORDINANZA N. 35

ANNO 2015

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                  Presidente

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                 Giudice

-           Giuseppe                     FRIGO                                                     ”

-           Paolo                           GROSSI                                                   ”

-           Giorgio                        LATTANZI                                              ”

-           Aldo                            CAROSI                                                   ”

-           Marta                           CARTABIA                                             ”

-           Mario Rosario              MORELLI                                                ”

-           Giancarlo                     CORAGGIO                                            ”

-           Giuliano                       AMATO                                                   ”

-           Silvana                         SCIARRA                                                ”

-           Daria                            de PRETIS                                               ”

-           Nicolò                          ZANON                                                   ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 1, della legge della Regione Lombardia 18 aprile 2012, n. 7 (Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia nel procedimento vertente tra Cerutti Rosanna e il Comune di Paderno Dugnano e altri, con ordinanza del 20 giugno 2013, iscritta al n. 260 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell’anno 2013.

Visto l’atto di costituzione della Regione Lombardia;

udito nell’udienza pubblica del 10 febbraio 2015 il Giudice relatore Marta Cartabia;

udito l’avvocato Piera Pujatti per la Regione Lombardia.

Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, con ordinanza del 20 giugno 2013 (r.o. n. 260 del 2013), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 1, della legge della Regione Lombardia 18 aprile 2012, n. 7 (Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione), in riferimento all’art. 136, comma primo, della Costituzione e all’art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 (Norme sui giudizi di legittimità costituzionale e sulle garanzie d’indipendenza della Corte costituzionale), nonché in riferimento all’art. 117, comma terzo, Cost., in relazione all’art. 3, comma 1, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia – testo A), e altresì in riferimento all’art. 97 Cost.;

che il Tribunale espone di essere stato adito dalla proprietaria di un immobile, confinante con un’area nella quale il competente Comune ha autorizzato, con permesso di costruire del 9 novembre 2010, un intervento di ristrutturazione mediante demolizione dell’edificio esistente e ricostruzione con sagoma diversa;

che la ricorrente ha rivolto al Comune istanza di autotutela in relazione al permesso di costruire, invocando la sentenza n. 309 del 2011, successiva al rilascio del provvedimento, con la quale questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale: a) dell’art. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), nella parte in cui escludeva l’applicabilità del limite della sagoma alle ristrutturazioni edilizie mediante demolizione e ricostruzione; b) dell’art. 103 della stessa legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, nella parte in cui disapplicava l’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, il cui comma 1, lettera d), stabiliva che rientrano nella definizione di ristrutturazione edilizia solo gli interventi di demolizione e ricostruzione con identità di volumetria e di sagoma rispetto all’edificio preesistente; c) dell’art. 22 della legge della Regione Lombardia 5 febbraio 2010, n. 7 (Interventi normativi per l’attuazione della programmazione regionale e di modifica ed integrazione di disposizioni legislative – Collegato ordinamentale 2010), il quale, in via di interpretazione autentica del citato art. 27, comma 1, lettera d), della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, prevedeva che, nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia, la ricostruzione dell’edificio fosse «da intendersi senza vincolo di sagoma»;

che, espone il rimettente, in data 15 maggio 2012, l’istanza di autotutela è stata respinta e la validità del permesso di costruire è stata confermata, ritenendosi applicabile alla fattispecie il sopravvenuto art. 17, comma 1, della legge reg. Lombardia n. 7 del 2012, il quale, riferendosi «agli interventi di ristrutturazione edilizia oggetto della sentenza della Corte Costituzionale del 21 novembre 2011, n. 309», prevede che, «al fine di tutelare il legittimo affidamento dei soggetti interessati, i permessi di costruire rilasciati alla data del 30 novembre 2011», data di pubblicazione della sentenza citata, «nonché le denunce di inizio attività esecutive alla medesima data devono considerarsi titoli validi ed efficaci fino al momento della dichiarazione di fine lavori, a condizione che la comunicazione di inizio lavori risulti protocollata entro il 30 aprile 2012»;

che, introducendo il giudizio a quo, la ricorrente ha impugnato il diniego di autotutela, insieme al permesso di costruire, e ha eccepito l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, comma 1, della legge reg. Lombardia n. 7 del 2012, in riferimento all’art. 136 Cost;

che il TAR, premessa una ricostruzione delle vicende legislative e giurisprudenziali attinenti al vincolo della sagoma nelle ristrutturazioni edilizie, afferma che il ricorso potrebbe essere accolto, se non fosse intervenuto il censurato art. 17, comma 1, della legge reg. Lombardia n. 7 del 2012;

che, ad avviso del giudice rimettente, questa disposizione, anche alla luce del suo tenore letterale, «deve intendersi nel senso della volontà del legislatore regionale di sanare il titolo edilizio rilasciato in spregio alla (o per meglio dire privando di efficacia la) declaratoria di incostituzionalità contenuta nella sentenza n. 309 del 2011»; né la rilevanza della questione sarebbe esclusa dall’inciso secondo cui i titoli considerati nella norma in questione restano validi ed efficaci «fino al momento della dichiarazione di fine lavori», giacché, anche a prescindere dall’ambiguità di tale inciso, nella fattispecie oggetto del giudizio a quo la comunicazione di fine lavori non è ancora intervenuta;

che, prosegue il TAR, il rigetto dell’istanza di autotutela non sarebbe atto meramente confermativo del permesso di costruire, proprio perché assunto in esito a un nuovo procedimento e a una nuova istruttoria, nella quale sono stati valutati elementi sopraggiunti e in precedenza non presi in considerazione, quali appunto la sentenza n. 309 del 2011 e l’art. 17, comma 1, della legge reg. Lombardia n. 7 del 2012;

che in merito a tale disposizione il giudice rimettente ritiene non manifestamente infondata la questione di costituzionalità per contrasto con l’art. 136, comma primo, Cost. e con l’art. 1 della legge cost. n. 1 del 1948, giacché la disposizione legislativa regionale avrebbe inteso limitare gli effetti per il passato della sentenza n. 309 del 2011, escludendo che essa rilevi per i titoli edilizi anteriori alla pubblicazione di tale sentenza; ritiene altresì non manifestamente infondata la questione di costituzionalità della medesima disposizione, per i medesimi motivi per cui la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale con la sentenza n. 309 del 2011, con riguardo alle disposizioni regionali allora in questione, per contrasto con l’art. 117, comma terzo, Cost., in relazione all’art. 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 380 del 2001;

che, in via subordinata, il TAR considera altresì la possibilità di interpretare la disposizione censurata come se riguardasse non la validità dei titoli edilizi ivi considerati, ma esclusivamente il potere delle amministrazioni di annullarli in autotutela, potere che il legislatore regionale avrebbe inteso paralizzare;

che, osserva il rimettente, se anche la disposizione fosse interpretata in questi termini, essa resterebbe determinante nel giudizio a quo e la sua legittimità costituzionale risulterebbe sospetta in relazione all’art. 97 Cost., giacché, “in antitesi con i principi di legalità e buon andamento della pubblica amministrazione sanciti dalla suddetta norma costituzionale”, tale norma sacrificherebbe “in maniera aprioristica i suddetti valori”, impedendo una comparazione in concreto degli interessi coinvolti;

che, con atto del 19 dicembre 2013, depositato il 24 dicembre 2013 nella cancelleria della Corte costituzionale, si è costituita nel giudizio la Regione Lombardia, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale siano dichiarate inammissibili o, in subordine, manifestamente infondate;

che le questioni sarebbero inammissibili perché il diniego di autotutela si baserebbe su un’interpretazione dell’art. 17, comma 1, della legge reg. Lombardia n. 7 del 2012 proveniente da un ente locale, la quale avrebbe potuto essere disattesa dal Tribunale amministrativo regionale, se non condivisa;

che, nel merito, ad avviso della difesa regionale, il censurato art. 17, comma 1, della legge reg. Lombardia n. 7 del 2012 troverebbe applicazione esclusivamente “nei confronti di atti già emanati e consolidati”, e quindi in relazione a rapporti ormai esauriti; sicché, lungi dall’interferire con gli effetti della sentenza n. 309 del 2011, il legislatore regionale avrebbe inteso “garantire la certezza del diritto attraverso una sorta di sbarramento temporale per tutti i titoli abilitativi rilasciati prima della dichiarazione di incostituzionalità della norma – e perciò legittimi – purché i lavori avessero inizio entro il 30 aprile 2012”; la norma risponderebbe, in conclusione, “ad una esigenza conformativa acceleratoria, di non consentire che le disposizioni dichiarate incostituzionali potessero ricevere ulteriore applicazione”;

che, così interpretata, la norma consentirebbe il bilanciamento in concreto degli interessi rilevanti ai fini dell’esercizio del potere di autotutela, fermo restando, sostiene la difesa regionale, che l’interesse pubblico all’annullamento non può considerarsi in re ipsa nemmeno ove si ravvisi la necessità di ripristinate la legalità costituzionale;

che, con riguardo alla questione sollevata per violazione dell’art. 117, comma terzo, Cost. e alle norme statali richiamate in relazione a tale parametro, la difesa regionale eccepisce che, nelle more del giudizio, è intervenuto l’art. 30, comma 1, lettera a), del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni dall’art. 1, comma 1 della legge 9 agosto 2013, n. 98, il quale ha soppresso il riferimento alla sagoma nella definizione degli interventi di ristrutturazione di cui all’art. 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 380 del 2001;

che anche la questione sollevata per violazione dell’art. 97 Cost. risulterebbe infondata, perché il potere di autotutela sarebbe limitato non dal legislatore regionale, ma da quello statale, che pone l’espresso limite della valutazione dell’interesse pubblico, nonché degli interessi dei soggetti coinvolti nel procedimento;

che, con memoria del 19 gennaio 2015, depositata in pari data nella cancelleria della Corte costituzionale, la Regione Lombardia ha insistito negli argomenti esposti e nelle conclusioni formulate nell’atto di costituzione.

Considerato che il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, con ordinanza del 20 giugno 2013 (r.o. n. 260 del 2013), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 1, della legge della Regione Lombardia 18 aprile 2012, n. 7 (Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione), in riferimento all’art. 136, comma primo, della Costituzione e all’art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 (Norme sui giudizi di legittimità costituzionale e sulle garanzie d’indipendenza della Corte costituzionale), in relazione al giudicato formatosi con la sentenza n. 309 del 2011; nonché in riferimento all’art. 117, comma terzo, Cost., in relazione all’art. 3, comma 1, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia – testo A); e, altresì, in riferimento all’art. 97 Cost.;

che tali questioni sono state sollevate nel corso di un giudizio sull’impugnazione del provvedimento con cui un Comune ha rifiutato di annullare in autotutela un permesso di costruire, sulla base del censurato art. 17, comma 1, della legge reg. Lombardia n. 7 del 2012, il quale, riferendosi «agli interventi di ristrutturazione edilizia oggetto della sentenza della Corte Costituzionale del 21 novembre 2011, n. 309», prevede che, «al fine di tutelare il legittimo affidamento dei soggetti interessati, i permessi di costruire rilasciati alla data del 30 novembre 2011», data di pubblicazione della sentenza citata, «nonché le denunce di inizio attività esecutive alla medesima data devono considerarsi titoli validi ed efficaci fino al momento della dichiarazione di fine lavori, a condizione che la comunicazione di inizio lavori risulti protocollata entro il 30 aprile 2012»;

che, il giorno dopo il deposito dell’ordinanza di rimessione nella segreteria del giudice rimettente, è stato pubblicato il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma1, della legge 9 agosto 2013, n. 98, il cui art. 30 – applicabile, come previsto dal suo comma 6, dalla data di entrata in vigore della citata legge n. 98 del 2013 – ha modificato, tra l’altro, l’art. 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 380 del 2001, espungendo dalla definizione della ristrutturazione edilizia l’obbligo di rispetto della sagoma precedente (sentenza n. 259 del 2014);

che tale sopravvenienza normativa ha modificato il quadro normativo, proprio sotto il profilo in merito al quale è stata ravvisata da parte del rimettente TAR la rilevanza delle questioni descritte, e ha investito specificamente il parametro interposto cui hanno fatto riferimento, in relazione all’art. 117, comma terzo, Cost., sia la sentenza n. 309 del 2011, sia l’ordinanza di rimessione;

che pertanto, secondo la giurisprudenza costante di questa Corte (ex plurimis, ordinanze n. 29 del 2013, n. 316 e n. 150 del 2012), occorre restituire gli atti al giudice a quo affinché questi, a fronte del mutamento del quadro normativo, proceda a un rinnovato esame della rilevanza e dei termini della questione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 febbraio 2015

F.to:

Alessandro CRISCUOLO, Presidente

Marta CARTABIA, Redattore

Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 12 marzo 2015.