SENTENZA N. 86
ANNO 2014
Commento alla decisione di
Rachele Cocciolito
per g.c. dell’Osservatorio AIC
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Gaetano SILVESTRI Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 14, 15, 18, comma 1, 25, comma 1 e 37, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Trento 4 ottobre 2012, n. 20 (Legge provinciale sull’energia e attuazione dell’articolo 13 della direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione della direttiva 2001/77/CE e della direttiva 2003/30/CE), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 3-10 dicembre 2012, depositato in cancelleria l’11 dicembre 2012 ed iscritto al n. 186 del registro ricorsi 2012.
Visto l’atto di costituzione della Provincia autonoma di Trento;
udito nell’udienza pubblica dell’11 febbraio 2014 il Giudice relatore Aldo Carosi;
uditi l’avvocato Franco Mastragostino per la Provincia autonoma di Trento e l’avvocato dello Stato Maria Gabriella Mangia per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 3-10 dicembre 2012 e depositato l’11 dicembre 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato, in riferimento agli artt. 81, quarto comma, e 117, secondo comma, lettera s), e terzo comma della Costituzione – in relazione agli artt. 17 e 19 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica) – gli artt. 14, 15, 18, comma 1, 25, comma 1, e 37, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Trento 4 ottobre 2012, n. 20 (Legge provinciale sull’energia e attuazione dell’articolo 13 della direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione della direttiva 2001/77/CE e della direttiva 2003/30/CE), pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Trentino-Alto Adige 4 ottobre 2012, n. 40, numero straordinario n. 2.
1.1.– Anzitutto, il ricorrente impugna gli artt. 14, 15 e 18, comma 1, della legge provinciale per violazione dell’art. 81, quarto comma, Cost.
In particolare, l’art. 14, al fine di sostenere ed incentivare «gli investimenti pubblici e privati diretti ad un uso razionale dell’energia, all’efficienza energetica e all’impiego delle fonti rinnovabili di energia» (comma 1), prevede al comma 2 che la Provincia autonoma di Trento possa concedere contributi per gli interventi ivi contemplati, fino al 70% della spesa, percentuale suscettibile di aumento fino al 90% nei casi stabiliti dal comma 3; il comma 8, infine, consente alla Provincia di stipulare convenzioni per affidare a soggetti esterni lo svolgimento dell’istruttoria per la concessione del contributo e l’attività di controllo.
L’art. 15 della legge impugnata prevede al comma 1 la costituzione, da parte di banche e altri soggetti del sistema finanziario, di fondi volti a finanziare progetti di riqualificazione energetica degli edifici pubblici ed, al comma 2, che la Provincia possa erogare, a beneficio di enti pubblici, aziende speciali e società in house che gestiscono servizi pubblici locali, un contributo fino al 20% – percentuale successivamente elevata al 30% – della spesa per interventi di riqualificazione energetica degli edifici pubblici e che, per i progetti finanziati dal fondo di cui al comma 1, possa «destinare quote dei fondi di garanzia, istituiti ai sensi delle leggi in materia di incentivi ai settori economici, all’erogazione di garanzie ai realizzatori degli interventi».
L’art. 18, comma 1, prevede che la Provincia sostituisca, entro dieci anni dall’entrata in vigore della legge, tutti i veicoli a sua disposizione con mezzi a elevata efficienza energetica ed a basso impatto ambientale.
Ad avviso del ricorrente le disposizioni impugnate comporterebbero nuovi oneri senza che ne sia indicata la copertura finanziaria, nemmeno nell’art. 37 della legge provinciale, la quale la prevede solo con riferimento alle spese discendenti dall’applicazione di altre norme della medesima legge. Da ciò deriverebbe la violazione dell’art. 81, quarto comma, Cost.
1.2.– Il Presidente del Consiglio, inoltre, impugna l’art. 25, comma 1, della legge prov. Trento n. 20 del 2012 in quanto, nell’inserire il comma 3-bis nell’art. 16-novies della legge della Provincia autonoma di Trento 8 luglio 1976, n. 18 (Norme in materia di acque pubbliche, opere idrauliche e relativi servizi provinciali), prevede che: «I concessionari di piccole derivazioni a scopo idroelettrico i cui impianti sono entrati in esercizio prima del 3 ottobre 2000 possono ottenere l’aumento della portata massima derivabile, nei limiti della potenzialità delle opere già in esercizio, prescindendo dalla valutazione dell’interesse ambientale prevista dall’articolo 8, comma 16, delle norme di attuazione del piano di tutela delle acque». Tale ultima disposizione, rubricata «Disciplina per il rilascio dei minimo deflusso vitale», prevede che: «A complemento della vantazione degli usi diversi di cui all’articolo 7, comma 1, lettera F), delle norme di attuazione del progetto di piano generale per l’utilizzazione delle acque pubbliche, la Giunta provinciale valuta – preventivamente all’attivazione del procedimento di concessione di nuove derivazioni d’acqua ad uso idroelettrico – se sussiste un prevalente interesse ambientale incompatibile con la derivazione proposta, tenendo conto: a) delle necessità di garantire il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità ambientale e per specificazione del corpo idrico; b) delle esigenze di funzionalità fluviale e paesaggistiche».
Secondo il ricorrente, prescindendo dalla «valutazione dell’interesse ambientale prevista dall’articolo 8, comma 16, delle norme di attuazione del piano di tutela delle acque», la norma si porrebbe in contrasto con l’art. 12-bis, comma 1, del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici) – come da ultimo modificato dall’art. 95 (rectius: 96, comma 3) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) – secondo cui «Il provvedimento di concessione è rilasciato se: a) non pregiudica il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità definiti per il corso d’acqua interessato; b) è garantito il minimo deflusso vitale e l’equilibrio del bilancio idrico; c) non sussistono possibilità di riutilizzo di acque reflue depurate o provenienti dalla raccolta di acque piovane ovvero, pur sussistendo tali possibilità, il riutilizzo non risulta sostenibile sotto il profilo economico». A suo avviso, infatti, l’aumento della portata del prelievo consentito ai concessionari di piccole derivazioni idroelettriche determinerebbe fisiologicamente la diminuzione dei deflussi a valle, onde la necessità di verificare che venga comunque garantito il mantenimento del deflusso minimo vitale (DMV). La sede per tale verifica era la valutazione prevista dall’art. 8, comma 16, delle norme attuative del piano di tutela delle acque. Prescindere da essa significherebbe prescindere dalla garanzia che sia comunque «garantito il minimo deflusso vitale e l’equilibrio del bilancio idrico» come previsto dalla normativa statale che fissa gli standards minimi ed uniformi della tutela ambientale. Ne deriverebbe la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., che, secondo la giurisprudenza costituzionale, assegnerebbe allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema anche nei confronti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome, non trattandosi di materia rientrante tra le competenze statutarie primarie o concorrenti, regionali o provinciali, neppure per effetto dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione). Alla legislazione regionale e provinciale sarebbe soltanto consentito, nell’esercizio di una diversa competenza, incrementare i livelli di tutela assicurati dal legislatore statale.
1.3.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, infine, impugna l’art. 37, comma 1, della legge prov. Trento n. 20 del 2012. Originariamente esso prevedeva che: «Alla copertura degli oneri derivanti dall’applicazione degli articoli 11 e 20, stimati nell’importo di 60.000 euro per l’esercizio finanziario 2012 e di 54.000 euro per ciascuno degli esercizi finanziari dal 2013 al 2014, si provvede con le minori spese riferite all’unità previsionale di base 61.30.210 (Finanziamenti in conto capitale nel settore dell’energia) derivanti dall’abrogazione della legge provinciale sul risparmio energetico».
Secondo il ricorrente, la norma si porrebbe in contrasto con l’art. 17, comma 1, della legge n. 196 del 2009 – applicabile alle Regioni e Province autonome in ragione del richiamo operato dal successivo art. 19, comma 2, ed in virtù dell’art. 1, comma 5, della medesima legge – che impedisce la copertura di nuovi o maggiori oneri (peraltro, non quantificati) di parte corrente (nella specie, spese di formazione) attraverso risorse in conto capitale. Poiché il menzionato art. 17 della legge n. 196 del 2009 è dichiaratamente attuativo dell’art. 81, quarto comma, Cost., esso risulterebbe violato unitamente all’art. 117, terzo comma, Cost. «con specifico riferimento al “coordinamento della finanza pubblica”».
2.– Con atto depositato il 14 gennaio 2013, si è costituita in giudizio la Provincia autonoma di Trento, chiedendo la reiezione delle questioni proposte, in quanto inammissibili e, comunque, infondate.
3.– Dopo la notifica del ricorso è intervenuta la legge della Provincia autonoma di Trento 27 dicembre 2012, n. 25 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013-2015 della Provincia autonoma di Trento – legge finanziaria provinciale 2013).
L’art. 76, comma 1, di detta legge ha sostituito il comma 3-bis introdotto nell’art. 16-novies della legge prov. Trento n. 18 del 1976 dall’impugnato art. 25, comma 1, della legge prov. Trento n. 20 del 2012. A seguito della sostituzione, il comma 3-bis prevede che: «I concessionari di piccole derivazioni a scopo idroelettrico i cui impianti sono entrati in esercizio prima del 3 ottobre 2000 possono ottenere l’aumento della portata massima derivabile, nei limiti della potenzialità delle opere già in esercizio, a seguito di breve istruttoria ai sensi dell’articolo 49, secondo comma, del regio decreto n. 1775 del 1933, svolta dalla struttura provinciale competente in materia di acque pubbliche, nel corso della quale si procede anche alla valutazione dell’interesse ambientale, ai sensi dell’articolo 12-bis del regio decreto n. 1775 del 1933».
L’art. 78, comma 3, della legge prov. Trento n. 25 del 2012 ha sostituito l’art. 37, comma 1, della legge impugnata (lettera a) ed ha di seguito inserito i commi 1-bis, 1-ter e 1-quater, relativi alla copertura degli oneri derivanti dall’applicazione dei censurati artt. 14, 15 e 18, comma 1 (lettera b).
Il Presidente del Consiglio dei ministri ha dapprima depositato (il 18 aprile 2013) atto di rinuncia al ricorso limitatamente all’art. 37, comma 1, della legge prov. Trento n. 20 del 2012 – cui è seguito il deposito (il 9 luglio 2013) del verbale di deliberazione della Giunta provinciale di Trento contenente la relativa accettazione – e, successivamente, ha depositato (il 4 febbraio 2014) un secondo atto di rinuncia al ricorso con riferimento agli artt. 14, 15 e 18, comma 1, delle medesima legge provinciale. Nel corso dell’udienza la difesa della resistente ha depositato il verbale di deliberazione della Giunta provinciale di Trento contenente l’accettazione di detta ulteriore rinuncia parziale.
4.– Il 20 gennaio 2014 la Provincia autonoma di Trento ha depositato una memoria illustrativa delle proprie difese.
In particolare, quanto alla questione relativa all’art. 25, comma 1, della legge prov. Trento n. 20 del 2012, la resistente ricorda di aver adottato, anche prima dell’emanazione del d.lgs. n. 152 del 2006, norme di protezione dei corpi idrici, finalizzate a specifici obiettivi di tutela della qualità delle acque e dell’ambiente. Viene richiamata a tale proposito la legge provinciale n. 18 del 1976, contenente una procedura di valutazione preliminare – dunque antecedente al procedimento di rilascio della concessione di derivazione, di cui al r.d. n. 1775 del 1933 – circa la sussistenza dell’eventuale prevalente interesse ambientale, che possa risultare incompatibile con la derivazione d’acqua pubblica di cui è richiesta la concessione.
La Provincia resistente rileva che già nel Piano energetico-ambientale provinciale, approvato con deliberazione della Giunta provinciale del 3 ottobre 2003, n. 2438, era disposto che le concessioni per nuove derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico potessero essere assentite solamente in difetto di un prevalente interesse pubblico ad un diverso uso delle acque. Si tratterebbe di previsione ripresa dall’art. 7, comma 1, lettera F), del Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche (PGUAP), reso esecutivo con d.P.R. 15 febbraio 2006 (Norme di attuazione del Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche).
La valutazione della sussistenza del prevalente interesse ambientale prevista all’art. 8, comma 16, della deliberazione della Giunta provinciale di Trento 30 dicembre 2004, n. 3233 (Approvazione del piano di tutela delle acque) – per gli effetti di cui al decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole), sostituito dal codice dell’ambiente e dall’art. 55 della legge prov. Trento 19 febbraio 2002, n. 2 (recte: n. 1), recante «Misure collegate con la manovra di finanza pubblica per l’anno 2002» – sarebbe stata poi disciplinata, quanto a misure organizzative e metodologiche, in atti amministrativi e, segnatamente, nella deliberazione della Giunta provinciale del 21 aprile 2006, n. 783, come modificata dalle deliberazioni della Giunta provinciale 31 agosto 2007, n. 1847, e 11 settembre 2009, n. 2196, che prevede l’acquisizione del parere dell’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente (APPA) – con riguardo agli obiettivi di qualità, alle esigenze di funzionalità fluviale e, ove ne ricorrano i presupposti, di altra compatibilità ambientale – e l’intervento del servizio provinciale urbanistica e tutela del paesaggio.
La verifica della sussistenza di un interesse ambientale incompatibile con la derivazione si concretizzerebbe, dunque, in un parere di competenza della Giunta provinciale, fondato sulle valutazioni dei citati organi e servizi e si qualificherebbe come sub-procedimento, che si innesta nel procedimento principale, volto al rilascio della concessione idroelettrica, di competenza del servizio utilizzazione delle acque pubbliche.
La resistente afferma che in tale filtro di ammissibilità, propedeutico a qualsivoglia altro approfondimento ed esame istruttorio sulle caratteristiche tecniche e di localizzazione delle domande di nuova derivazione, consisterebbe la «valutazione dell’interesse ambientale» di cui all’impugnato art. 25, comma 1, della legge prov. Trento n. 20 del 2012. Di conseguenza, sarebbe evidente che una siffatta valutazione riguarderebbe unicamente le domande di nuove concessioni e non il rispetto dei profili di tutela ambientale del corpo idrico, a cui afferisce la concessione già in esercizio. In ordine a tale vaglio preliminare si richiama la sentenza del Tribunale superiore delle acque pubbliche 6 dicembre 2013, n. 204.
Inoltre, la Provincia precisa che nell’ambito del procedimento avviato a seguito dell’istanza di aumento della potenza dell’impianto non sarebbe omessa una valutazione di ordine ambientale ai fini della tutela dell’equilibrio del bilancio del corpo idrico interessato, poiché il procedimento richiamato dall’art. 25, comma 1, sarebbe esattamente quello prefigurato dall’art. 49, secondo comma, del r.d. n. 1775 del 1933, che prevede una procedura semplificata per le varianti non sostanziali. Tale procedura si differenzierebbe da quella ordinaria, di cui al comma primo del citato art. 49, solo per l’assenza della fase di evidenza pubblica, non più necessaria, trattandosi di variante a concessione già in esercizio. Per il resto, il procedimento avrebbe un suo compiuto svolgimento ed includerebbe, nella pur breve istruttoria, tutte le valutazioni da parte dell’APPA, dei servizi bacini montani, del servizio utilizzazione acque pubbliche e del servizio foreste e fauna.
La resistente ammette che l’originaria formulazione del comma 3-bis dell’art.16-novies della legge prov. Trento n. 18 del 1976, come introdotto dall’impugnato art. 25, comma 1, della legge provinciale n. 20 del 2012, dove si prevedeva semplicemente l’istruttoria breve di cui all’art. 49, secondo comma, del r.d. n. 1775 del 1933, poteva ingenerare dubbi. Tuttavia questi ultimi sarebbero stati superati nella seconda versione, adottata con l’art. 76, comma 1, della legge prov. Trento n. 25 del 2012, in cui è espressamente previsto lo svolgimento della verifica ambientale di cui all’art. 12-bis del r.d. n. 1775 del 1933 nel corso della predetta istruttoria breve. In base alla modifica introdotta, a giudizio della Provincia, sarebbe chiaro che anche nell’ambito dell’istruttoria breve debbano essere effettuate verifiche che garantiscano che il prelievo idrico superiore a quello oggetto di concessione e comunque nei limiti della potenzialità delle opere già in esercizio, non pregiudichi il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità definiti per il corso d’acqua interessato, garantisca il DMV ed assicuri l’equilibrio di bilancio idrico.
La Provincia conclude nel senso che non sussisterebbe alcun contrasto della normativa provinciale con il citato art. 12-bis.
Considerato in diritto
1.– Con il ricorso depositato l’11 dicembre 2012 il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato alcune disposizioni della legge della Provincia autonoma di Trento 4 ottobre 2012, n. 20 (Legge provinciale sull’energia e attuazione dell’articolo 13 della direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione della direttiva 2001/77/CE e della direttiva 2003/30/CE).
Gli artt. 14, 15, 18, comma 1, e 37, comma 1, sono stati censurati in riferimento all’art. 81, quarto comma, della Costituzione, ed il solo art. 37, comma 1, anche per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. L’art. 25, comma 1, è stato invece impugnato in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
Dopo la notifica del ricorso è intervenuta la legge della Provincia autonoma di Trento 27 dicembre 2012, n. 25 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013-2015 della Provincia autonoma di Trento – legge finanziaria provinciale 2013), il cui art. 78 ha sostituito l’art. 37, comma 1, della legge impugnata e vi ha aggiunto i commi 1-bis, 1-ter e 1-quater, relativi alla copertura finanziaria derivante dall’applicazione dei censurati artt. 14, 15 e 18, comma 1.
Il Presidente del Consiglio dei ministri ha dapprima depositato atto di rinuncia al ricorso limitatamente all’art. 37, comma 1, della legge prov. Trento n. 20 del 2012, cui è seguita l’accettazione della Provincia autonoma di Trento, e, successivamente, ha depositato un secondo atto di rinuncia al ricorso con riferimento agli artt. 14, 15 e 18, comma 1, delle medesima legge provinciale. Nel corso dell’udienza la difesa della resistente ha depositato il verbale di deliberazione della Giunta provinciale di Trento contenente l’accettazione di detta ulteriore rinuncia parziale.
Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato – come detto – anche l’art. 25, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Trento 8 luglio 1976, n. 18 (Norme in materia di acque pubbliche, opere idrauliche e relativi servizi provinciali), in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in quanto l’aumento della portata del prelievo consentito dalla norma in esame ai concessionari di piccole derivazioni idroelettriche avrebbe determinato fisiologicamente la diminuzione dei deflussi a valle, onde la necessità di verificare che venisse comunque garantito il mantenimento del deflusso minimo vitale, secondo quanto previsto dalla normativa statale (individuata dal ricorrente nell’art. 12-bis del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, recante «Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici», come successivamente modificato), che fissa gli standards minimi ed uniformi della tutela ambientale. Con riguardo all’ambito provinciale, la sede per tale verifica sarebbe quella della valutazione prevista dall’art. 8, comma 16, della deliberazione della Giunta provinciale di Trento 30 dicembre 2004, n. 3233 (Approvazione del piano di tutela delle acque), da cui, invece, la disposizione censurata avrebbe consentito di prescindere.
L’art. 76, comma 1, della legge prov. Trento n. 25 del 2012 ha sostituito il comma 3-bis introdotto nell’art. 16-novies della legge della Provincia autonoma di Trento 8 luglio 1976, n. 18 (Norme in materia di acque pubbliche, opere idrauliche e relativi servizi provinciali), dall’impugnato art. 25, comma 1, della legge prov. Trento n. 20 del 2012, prevedendo espressamente che, nel corso della breve istruttoria ai sensi dell’art. 49, secondo comma, del r.d. n. 1775 del 1933, si proceda anche alla valutazione dell’interesse ambientale.
Con riguardo all’art. 25, comma 1, della legge prov. Trento n. 20 del 2012, nella memoria illustrativa delle proprie difese la resistente evidenzia che l’art. 8, comma 16, del piano di tutela delle acque, conterrebbe una procedura di valutazione preliminare – rispetto al procedimento di rilascio della concessione di derivazione, disciplinato dal r.d. n. 1775 del 1933 – circa la sussistenza dell’eventuale prevalente interesse ambientale, che possa risultare incompatibile con la derivazione d’acqua pubblica di cui è richiesta la concessione.
La Provincia afferma che in tale filtro di ammissibilità sarebbe consistita la «valutazione dell’interesse ambientale» di cui all’impugnato art. 25, comma 1, che avrebbe riguardato unicamente le domande di nuove concessioni e non il rispetto dei profili di tutela ambientale del corpo idrico, a cui afferisce la concessione già in esercizio. Inoltre, precisa che, nell’ambito del procedimento avviato a seguito dell’istanza di aumento della potenza dell’impianto, quello richiamato dall’art. 25, comma 1, della legge prov. Trento n. 20 del 2012 corrispondeva esattamente alla procedura prefigurata dall’art. 49, secondo comma, del r.d. n. 1775 del 1933, che la prevede in forma semplificata per le varianti non sostanziali.
2.– In via preliminare dev’essere dichiarata, ai sensi dell’art. 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, l’estinzione del processo limitatamente alle questioni relative agli artt. 14, 15 e 18, comma 1, e 37, comma 1, della legge prov. Trento n. 20 del 2012, a seguito delle rinunce al ricorso da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, intervenute in successione e, con analoghe modalità, accettate dalla Provincia autonoma di Trento.
3.– Al contrario, non è stata oggetto di rinunzia la questione di legittimità costituzionale dell’art. 25, comma 1, della legge prov. Trento n. 20 del 2012, proposta in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
Secondo il ricorrente, l’esonero dalla relativa procedura di accertamento del rispetto degli standards minimi previsti dall’art. 8, comma 16, del piano di tutela delle acque avrebbe consentito di assentire l’aumento della portata del prelievo ai concessionari di piccole derivazioni idroelettriche senza alcuna verifica complessiva dei potenziali effetti di diminuzione dei deflussi a valle.
È opportuno ricordare in questo contesto la sopravvenienza, rispetto alla norma impugnata, dell’art. 76, comma 1, della legge prov. Trento n. 25 del 2012, il quale ha espunto dal suo testo l’inciso «prescindendo dalla valutazione dell’interesse ambientale prevista dall’art. 8, comma 16, delle norme di attuazione del piano di tutela delle acque, approvato con deliberazione della Giunta provinciale 30 dicembre 2004, n. 3233» ed ha disposto che, nell’ambito della breve istruttoria svolta ai sensi dell’articolo 49, secondo comma, del r.d. n. 1775 del 1933, «si procede anche alla valutazione dell’interesse ambientale, ai sensi dell’articolo 12-bis del regio decreto n. 1775 del 1933».
Dal confronto tra le censure formulate ed il contenuto della norma rideterminata dalla novella legislativa si evince con chiarezza che la disposizione risultante è immune dal profilo d’illegittimità oggetto di doglianza da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, risultando in tal modo satisfattiva della pretesa del ricorrente.
Tuttavia, non v’è prova che, nel lasso temporale intercorso tra la data di emanazione della norma impugnata e l’entrata in vigore di quella modificativa, la prima non abbia avuto applicazione e, conseguentemente, non può essere dichiarata la cessazione della materia del contendere. Occorre pertanto scrutinare egualmente la norma originaria (ex plurimis, sentenza n. 18 del 2013) per verificarne la conformità al precetto espresso dall’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
3.1.– Tanto premesso, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 25, comma 1, della legge prov. Trento n. 20 del 2012, proposta in riferimento a tale parametro costituzionale, è fondata.
La norma in esame, pur nell’asserito intento semplificatorio, invade la materia riservata all’esclusiva competenza statale della tutela dell’ambiente senza che il suo contenuto sia rivolto nell’unica direzione consentita dall’ordinamento al legislatore regionale, ovvero quella di innalzare, eventualmente, il livello di tutela dell’ambiente. Infatti, l’orientamento di questa Corte è fermo nel ritenere che «non è consentito alle Regioni ed alle Province autonome di legiferare, puramente e semplicemente, in campi riservati dalla Costituzione alla competenza esclusiva dello Stato, ma soltanto di elevare i livelli di tutela degli interessi costituzionalmente protetti, purché nell’esercizio di proprie competenze legislative, quando queste ultime siano connesse a quelle di cui all’art. 117, secondo comma, Cost.» (ex plurimis, sentenza n. 151 del 2011).
Con riguardo alla fattispecie in esame, assume valore dirimente il fatto che la formulazione originaria dell’impugnato art. 25, comma 1, della legge prov. Trento n. 20 del 2012 – nel prevedere che i concessionari di piccole derivazioni a scopo idroelettrico, i cui impianti sono entrati in esercizio prima del 3 ottobre 2000, possono ottenere l’aumento della portata massima derivabile, «prescindendo dalla valutazione dell’interesse ambientale prevista dall’articolo 8, comma 16, delle norme di attuazione del piano di tutela delle acque» – risulta in contrasto con l’art. 12-bis del r.d. n. 1775 del 1933 – come modificato dall’art. 96, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) – il quale, a sua volta, ha specificato il precetto costituzionale invocato dal ricorrente. E ciò nel senso di disporre che il provvedimento di concessione può essere rilasciato solo ove siano garantiti il minimo deflusso vitale e l’equilibrio del bacino idrico, valutazioni, queste ultime, previste proprio nell’ambito dell’art. 8, comma 16, del richiamato piano di tutela delle acque.
Il tenore letterale dell’originaria formulazione dell’art. 25, comma 1, della legge prov. Trento n. 20 del 2012 esclude inequivocabilmente la soluzione interpretativa proposta dalla Provincia, la quale ha sostenuto l’esistenza di un implicito precetto – di contenuto conforme alla normativa statale – nell’ambito della disposizione impugnata.
Peraltro l’univoco significato di detta disposizione viene indirettamente confermato dal comportamento della Provincia autonoma, la quale – proprio per tale ragione – l’ha modificata, introducendo l’obbligo di procedere alla valutazione di cui all’art. 12-bis del r.d. n. 1775 del 1933 secondo le modalità previste dal citato art. 8, comma 16, del piano di tutela delle acque.
Pertanto, l’art. 25, comma 1, della legge prov. Trento n. 20 del 2012, intervenendo in materia di tutela ambientale e riducendo il livello di protezione fissato dalla legge statale, deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 25, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Trento 4 ottobre 2012, n. 20 (Legge provinciale sull’energia e attuazione dell’articolo 13 della direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione della direttiva 2001/77/CE e della direttiva 2003/30/CE);
2) dichiara l’estinzione del processo relativamente alle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 14, 15, 18, comma 1, e 37, comma 1, della legge prov. Trento n. 20 del 2012, promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 aprile 2014.
F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Aldo CAROSI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 10 aprile 2014.