Ordinanza n. 239 del 2012

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 239

ANNO 2012

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Alfonso                  QUARANTA                                      Presidente

-    Franco                    GALLO                                                 Giudice

-    Luigi                      MAZZELLA                                             ”

-    Gaetano                 SILVESTRI                                              ”

-    Sabino                    CASSESE                                                 ”

-    Giuseppe                TESAURO                                                ”

-    Paolo Maria          NAPOLITANO                                        ”

-    Giuseppe                FRIGO                                                      ”

-    Alessandro             CRISCUOLO                                           ”

-    Paolo                      GROSSI                                                    ”

-    Giorgio                  LATTANZI                                               ”

-    Aldo                      CAROSI                                                    ”

-    Marta                     CARTABIA                                              ”

-    Sergio                    MATTARELLA                                        ”

-    Mario Rosario        MORELLI                                                ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 20 della legge della Regione Sardegna 21 novembre 2011, n. 21 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale n. 4 del 2009, alla legge regionale n. 19 del 2011, alla legge regionale n. 28 del 1998 e alla legge regionale n. 22 del 1984, ed altre norme di carattere urbanistico), promosso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Oristano nel procedimento penale a carico di C.G. e C.G., con ordinanza del 30 dicembre 2011, iscritta al n. 89 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell’anno 2012.

Visto l’atto di intervento della Regione autonoma della Sardegna;

udito nella camera di consiglio del 19 settembre 2012 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano.

Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Oristano, con ordinanza del 30 dicembre 2011, ha sollevato – in riferimento agli articoli 3, 25, secondo comma, 117, secondo comma, lettere l) e s), e 118 della Costituzione e 3, primo comma, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto Speciale per la Sardegna), questione di legittimità costituzionale dell’articolo 20 della legge della Regione Sardegna 21 novembre 2011, n. 21 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale n. 4 del 2009, alla legge regionale n. 19 del 2011, alla legge regionale n. 28 del 1998 e alla legge regionale n. 22 del 1984, ed altre norme di carattere urbanistico);

che il rimettente premette in fatto che si sta procedendo nei confronti di due indagati in ordine: «a) alla contravvenzione p. e p. dagli artt. 110 c. p. e 44, lett. c), in relazione all’art. 30, del d.P.R. n. 380 del 2001 e all’art. 17 della legge n. 23 del 1985 della regione Sardegna» e riferisce di avere emesso, in relazione a tale imputazione, un provvedimento di sequestro preventivo di undici unità abitative;

che a seguito dell’entrata in vigore della legge della Regione Sardegna n. 21 del 2011 la difesa degli imputati ha chiesto il dissequestro delle unità abitative sopra indicate;

che il pubblico ministero, nel corpo del provvedimento del 13 dicembre 2011 con il quale ha espresso parere negativo sull’istanza di dissequestro proposta dalla difesa, ha eccepito l’illegittimità costituzionale della norma censurata la cui applicazione altrimenti imporrebbe il dissequestro;

che il rimettente ritiene di condividere integralmente il contenuto delle osservazioni del pubblico ministero in punto di fondatezza e di rilevanza, tanto da affermare che il detto provvedimento deve essere inteso «come totalmente richiamato» nella propria ordinanza;

che il G.i.p. di Oristano, in punto di rilevanza, aggiunge che l’introduzione della norma regionale non incide sulla configurabilità del reato ma condiziona, invece, la permanenza del vincolo sul bene;

che, secondo il rimettente, infatti, non ci si troverebbe di fronte ad una successione di leggi penali nel tempo tale da comportare una abolitio criminis, quanto piuttosto al mutamento di un elemento normativo della fattispecie, ovvero di una norma extrapenale che integrava dall’esterno il precetto penale contestato (lottizzazione abusiva) che, invece, rimane immutato nella previsione dell’art. 44, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia);

che, tuttavia, ai fini della questione di costituzionalità non rileverebbe la permanenza o meno del reato ma la possibilità di revocare o meno il sequestro;

che, infatti, se la norma censurata fosse dichiarata costituzionalmente illegittima, non si potrebbero dissequestrare le opere oggetto del provvedimento di sequestro, perchè altrimenti si consentirebbe la consumazione di un ulteriore reato di lottizzazione abusiva, o, quantomeno, un aggravarsi delle conseguenze del primo reato;

che, al contrario, se la norma censurata non fosse dichiarata costituzionalmente illegittima la permanenza delle case mobili non potrebbe aggravare in alcun modo le conseguenze del reato, posto che per il futuro l’attività sarebbe pienamente lecita e non costituirebbe ulteriore commissione del delitto di lottizzazione abusiva;

che, inoltre, «se la norma della cui costituzionalità si dubita fosse legittima i beni dovrebbero anche sotto questo profilo essere immediatamente restituiti, posto che dei medesimi non sarebbe possibile la confisca per le esatte ragioni esposte dal p.m. nell’atto già richiamato»;

che, dunque, secondo il rimettente, la decisione in ordine alla revoca del sequestro preventivo dipende dall’applicazione o meno dell’art. 20 della legge reg. n. 21 del 2011 della cui costituzionalità egli dubita;

che con atto depositato il 12 giugno 2012 è intervenuta in giudizio la Regione Sardegna chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o infondata;

che la difesa regionale, in primo luogo, eccepisce l’insufficiente descrizione della fattispecie, in quanto i fatti di causa non sarebbero descritti con la necessaria precisione e compiutezza, limitandosi il remittente a dare per scontati certi svolgimenti processuali, dei quali, però, non offrirebbe un quadro puntuale;

che, inoltre, la questione sarebbe manifestamente inammissibile per la palese insufficiente motivazione in punto di non manifesta infondatezza, limitandosi il rimettente ad affermare di «condividere integralmente il contenuto delle osservazioni del pubblico ministero in punto di fondatezza e di rilevanza, tanto da poter qui esser inteso detto provvedimento come totalmente richiamato»;

che la difesa regionale evidenzia come nel prosieguo dell’ordinanza il rimettente non riporti, nemmeno in sintesi o per cenni, le «osservazioni» del pubblico ministero in cui si troverebbe l’esposizione dei pretesi vizi della normativa censurata;

che, pertanto, non vi sarebbe, nell’atto di promovimento del presente giudizio, alcuna motivazione nel merito, con la conseguenza della manifesta inammissibilità della questione;

che la Regione richiama la giurisprudenza della Corte con la quale si è più volte ribadito, in casi simili, il cosiddetto principio di autosufficienza dell’ordinanza di rimessione, nel senso che tutti gli elementi richiesti per l’ammissibilità della questione debbono risultare esclusivamente dal provvedimento di rinvio e non possono essere eventualmente tratti dagli atti del giudizio a quo;

che, in altri termini, «non possono avere ingresso nel giudizio incidentale di costituzionalità questioni motivate solo per relationem, dovendo il rimettente rendere esplicite in ciascuna ordinanza le ragioni per le quali ritenga rilevante e non manifestamente infondata la questione sollevata, mediante una motivazione autosufficiente» (sentenza n. 103 del 2007);

che la questione sarebbe inammissibile anche per la carenza della motivazione sulla rilevanza, asserita più che dimostrata;

che, secondo la Regione, le eccezioni sopra riferite sono assorbenti rispetto ad ogni altro profilo del giudizio perché l’assenza di ogni motivazione sulla non manifesta infondatezza impedisce alla difesa di dedurre compiutamente nel merito;

che, in ogni caso, la norma censurata sarebbe espressione della competenza legislativa esclusiva della Regione Sardegna nelle materie «urbanistica ed edilizia» e «turismo e industria alberghiera» di cui all’art. 3, comma 1, lettere f) e p), dello statuto di autonomia;

che la Regione nel dettare la disciplina degli effetti urbanistico-paesaggistici dello stazionamento temporaneo degli «allestimenti mobili di pernottamento» nelle «aziende ricettive all’area aperta regolarmente autorizzate e nei limiti della ricettività autorizzata» avrebbe esercitato le proprie prerogative costituzionali;

che, pertanto, la disposizione censurata sarebbe pienamente conforme all’art. 3 dello statuto, nonché agli artt. 117 e seguenti della Costituzione;

che, infatti, la disposizione censurata non rientrerebbe nell’ambito riservato allo Stato nella materia «ordinamento penale», come del resto riconosce lo stesso remittente;

che non vi sarebbe neanche una violazione della competenza statale nella materia «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali»;

che, a tale proposito, la difesa regionale richiama la sentenza di questa Corte n. 51 del 2006 con la quale, a suo dire, si è chiarita la portata delle competenze della Regione nella regolamentazione urbanistica e paesaggistica e si è affermata la rilevanza, «in tema di tutela paesaggistica, di apposite norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Sardegna» e si è dato atto «della stessa esistenza di una risalente legislazione della medesima Regione in questo specifico ambito (legge della Regione Sardegna 22 dicembre 1989, n. 45, recante “Norme per l’uso e la tutela del territorio regionale”)»;

che in tale sentenza si è precisato che «il Capo III del d.P.R. 22 maggio 1975, n. 480 (Nuove norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna), intitolato “Edilizia ed urbanistica”, concerne non solo le funzioni di tipo strettamente urbanistico, ma anche le funzioni relative ai beni culturali e ai beni ambientali; infatti, l’art. 6 dispone espressamente, al comma l, che “sono trasferite alla Regione autonoma della Sardegna le attribuzioni già esercitate dagli organi centrali e periferici del Ministero della pubblica istruzione ai sensi della legge 6 agosto 1967, n. 765 ed attribuite al Ministero dei beni culturali ed ambientali con decreto-legge 14 dicembre 1974, n. 657, convertito in legge 29 gennaio 1975, n. 5, nonché da organi centrali e periferici di altri ministeri”. Al tempo stesso, il secondo comma del medesimo art. 6 del d.P.R. n. 480 del 1975 prevede puntualmente che il trasferimento di cui al primo comma «riguarda altresì la redazione e l’approvazione dei piani territoriali paesistici, di cui all’art. 5 della legge 29 giugno 1939, n. 1497”» (sentenza n. 51 del 2006);

che, pertanto, è evidente che la Regione Sardegna dispone, nell’esercizio delle proprie competenze statutarie in tema di edilizia ed urbanistica, anche del potere di intervenire in relazione ai profili di tutela paesistico-ambientale, sia sul piano amministrativo che sul piano legislativo, in forza del cosiddetto «principio del parallelismo» di cui all’art. 6 dello statuto speciale;

che non vi sarebbe alcuna violazione dell’art. 3 Cost. in relazione al principio di eguaglianza, in quanto il citato articolo 20 della legge reg. n. 21 del 2011 è senz’altro norma generale ed astratta, che non impone alcuna discriminazione né garantisce alcun privilegio;

che, anche sotto il profilo della ragionevolezza, deve ritenersi che la norma, limitandosi a disciplinare solamente «gli allestimenti mobili di pernottamento», opererebbe un coerente bilanciamento tra l’interesse alla promozione del turismo e quello della tutela paesaggistica del territorio, anche perché – come prevede la disposizione censurata – essi devono «conservare i meccanismi di rotazione in funzione», non possono possedere «alcun collegamento di natura permanente al terreno» e, dato che «gli allacciamenti alle reti tecnologiche, gli accessori e le pertinenze devono essere rimovibili in ogni momento», non comportano alcun utilizzo permanente del territorio o di trasformazione del paesaggio per i quali si possa ipotizzare una deminutio di tutela ambientale o paesaggistica.

Considerato che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Oristano, con ordinanza del 30 dicembre 2011, ha sollevato – in riferimento agli articoli 3, 25, secondo comma, 117, secondo comma, lettere l) e s), e 118 della Costituzione e 3, primo comma, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto Speciale per la Sardegna) – questione di legittimità costituzionale dell’art. 20 della legge della Regione Sardegna 21 novembre 2011, n. 21 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale n. 4 del 2009, alla legge regionale n. 19 del 2011, alla legge regionale n. 28 del 1998 e alla legge regionale n. 22 del 1984, ed altre norme di carattere urbanistico);

che il rimettente, in punto di non manifesta infondatezza della questione, si limita ad affermare di condividere integralmente il contenuto delle osservazioni del pubblico ministero;

che la Regione Sardegna nel costituirsi in giudizio ha eccepito l’inammissibilità della questione per non essere in grado di svolgere le proprie difese non essendo a conoscenza delle ragioni che hanno determinato il Giudice a sollevare la questione di costituzionalità;

che, infatti, il rimettente, quanto alla motivazione della non manifesta infondatezza, richiama un parere del pubblico ministero che, tuttavia, non è stato neanche allegato all’ordinanza notificata;

che la questione è, pertanto, manifestamente inammissibile;

che, infatti, il rimettente non espone alcuna motivazione a sostegno dei dubbi di legittimità costituzionale, limitandosi a rinviare alle «osservazioni» del pubblico ministero senza neanche riportarle in sintesi o per cenni;

che è costante giurisprudenza di questa Corte che non possono avere ingresso nel giudizio incidentale di costituzionalità questioni motivate solo per relationem dovendo il rimettente rendere esplicite le ragioni per le quali ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione sollevata (ex plurimis, ordinanze n. 162 del 2011 e n. 190 del 2009).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 20 della legge della Regione Sardegna 21 novembre 2011, n. 21 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale n. 4 del 2009, alla legge regionale n. 19 del 2011, alla legge regionale n. 28 del 1998 e alla legge regionale n. 22 del 1984, ed altre norme di carattere urbanistico), sollevata – in riferimento agli articoli 3, 25, secondo comma, 117, secondo comma, lettera l) e s), e 118 della Costituzione e 3, primo comma, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto Speciale per la Sardegna) – dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Oristano con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 2012.

F.to:

Alfonso QUARANTA, Presidente

Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 26 ottobre 2012.