ORDINANZA N. 130
ANNO 2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alfonso QUARANTA Presidente
- Franco GALLO Giudice
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
- Aldo CAROSI "
- Marta CARTABIA "
- Sergio MATTARELLA "
- Mario Rosario MORELLI "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 1 della legge 21 luglio 2000, n. 202 (Disposizioni in materia di nomina del Presidente della Corte dei conti) e dell’articolo 11, comma 7, ultimo periodo, della legge 4 marzo 2009, n. 15 (Delega al Governo finalizzata all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e alla Corte dei conti), promosso dalla Corte dei conti – sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, nel procedimento vertente tra A.D. ed altri e il Comando della Regione militare meridionale ed altra, con ordinanza del 20 giugno 2011, iscritta al n. 238 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell’anno 2011.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 4 aprile 2012 il Giudice relatore Sabino Cassese.
Ritenuto che la Corte dei conti – sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, con ordinanza del 20 giugno 2011 (reg. ord. n. 238 del 2011), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1 della legge 21 luglio 2000, n. 202 (Disposizioni in materia di nomina del Presidente della Corte dei conti), in riferimento agli articoli 100, terzo comma, e 101 della Costituzione, e dell’articolo 11, comma 7, ultimo periodo, della legge 4 marzo 2009, n. 15 (Delega al Governo finalizzata all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e alla Corte dei conti), in riferimento agli articoli 3, 25 e 101 Cost.;
che il giudice rimettente riferisce che i ricorrenti nel giudizio principale – in qualità di ex dipendenti del Ministero della difesa – hanno chiesto la rideterminazione dell’indennità di ausiliaria, sostenendo che il Ministero, erroneamente interpretando l’art. 44 della legge 19 maggio 1986, n. 224 (Norme per il reclutamento degli ufficiali e sottufficiali piloti di complemento delle Forze armate e modifiche ed integrazioni alla L. 20 settembre 1980, n. 574, riguardanti lo stato e l’avanzamento degli ufficiali delle Forze armate e della Guardia di Finanza), come interpretato dall’art. 6 della legge 27 dicembre 1990, n. 404 (Nuove norme in materia di avanzamento degli ufficiali e sottufficiali delle Forze armate e del Corpo della guardia di finanza), non avrebbe incluso, nel computo di tale indennità, l’indennità militare, le maggiorazioni stipendiali biennali e le ore di lavoro straordinario obbligatorio;
che, pertanto, rilevato un contrasto giurisprudenziale al riguardo, il giudice rimettente ha deferito la questione di massima alle sezioni riunite le quali, con la decisione n. 1/QM del 26 febbraio 2010, hanno risolto il contrasto giurisprudenziale nel senso di escludere la computabilità dell’indennità militare in quella ausiliaria;
che la Corte dei conti – sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, riassunto il giudizio dinanzi a essa, in primo luogo ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge n. 202 del 2000, nella parte in cui prevede che il Presidente della Corte dei conti è nominato su proposta governativa, per violazione degli artt. 100, terzo comma, e 101 Cost.;
che, secondo la Corte dei conti – sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, questa norma contrasterebbe, in primo luogo, con il principio di indipendenza della funzione giurisdizionale (art. 101 Cost.), per cui i giudici non possono essere «scelti» dal potere esecutivo, «giacché in tal guisa si spezzerebbe quel rapporto esclusivo che il legislatore costituente ha voluto istituire tra il giudice e la legge, il quale non ammette in alcun modo la interferenza di altri poteri dello Stato, tra cui quello esecutivo», e, inoltre, il potere di proposta del Presidente del Consiglio dei ministri minerebbe alla radice l’indipendenza della Corte dei conti nella veste di organo controllore dell’attività di Governo (art. 100, terzo comma, Cost.);
che il giudice rimettente, in secondo luogo, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 7, ultimo periodo, della legge n. 15 del 2009, per contrasto con gli artt. 3, 25 e 101 Cost.;
che la disposizione censurata prevede, in particolare, che «[S]i applica al Presidente della Corte dei conti, per la composizione nominativa e per la determinazione delle competenze delle sezioni riunite, in ogni funzione ad esse attribuita, ferme restando le previsioni organiche vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, la disposizione di cui all’articolo 1, quinto comma, della legge 27 aprile 1982, n. 186, introdotto dall’articolo 54 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133»;
che, in base all’art. 1, quinto comma, della legge 27 aprile 1982, n. 186, il «Presidente del Consiglio di Stato, con proprio provvedimento, all’inizio di ogni anno, sentito il Consiglio di Presidenza, individua le sezioni che svolgono funzioni giurisdizionali e consultive, determina le rispettive materie di competenza e la composizione, nonché la composizione della Adunanza Plenaria ai sensi dell’art. 5, primo comma» che, a sua volta novellato, attribuirebbe al Presidente del Consiglio di Stato, secondo il giudice rimettente, la più ampia libertà nella composizione dell’Adunanza Plenaria, in quanto i magistrati che la compongono vengono scelti dal medesimo e non più dal Consiglio di presidenza, che deve essere soltanto sentito, talché la legge n. 15 del 2009 autorizzerebbe il presidente a stabilire la «composizione nominativa» delle sezioni riunite, consentendogli di costituire collegi ad hoc per l’esercizio sia del controllo sia della giurisdizione, con l’unico limite delle «previsioni organiche vigenti»;
che, ad avviso del giudice rimettente, la disposizione censurata violerebbe «il principio di indipendenza interna del giudice, che risulta strettamente connesso alla garanzia costituzionale del giudice naturale precostituito per legge, la quale viene richiamata ad escludere l’attività discrezionale all’interno della magistratura da parte dei capi degli uffici giudiziari», e, inoltre, l’assenza di criteri oggettivi e predeterminati per l’assegnazione degli affari, a causa di una carenza strutturale del sistema, renderebbe in concreto impossibile la verifica ex post della loro osservanza, in quanto vi sarebbe un problema di «effettività» della garanzia del giudice naturale precostituito per legge, intesa come reale possibilità di far valere le eventuali violazioni dei criteri per l’assegnazione degli affari;
che l’art. 11, comma 7, ultimo periodo, della legge n. 15 del 2009, infine, sarebbe illegittimo anche sotto il profilo della violazione del principio di eguaglianza, assumendo a tertium comparationis il comma 1-bis dell’art. 5 della legge 21 luglio 2000, n. 205 (Disposizioni in materia di giustizia amministrativa), introdotto dall’art. 42, comma 1, lettera a), della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), nella parte in cui prevede che i ricorsi sono assegnati dai presidenti delle sezioni giurisdizionali regionali ai giudici unici delle pensioni secondo criteri predeterminati, perché vi sarebbe una situazione di irragionevole disparità di trattamento tra i giudici che compongono le sezioni riunite e i giudici che prestano servizio presso le sezioni giurisdizionali regionali: i primi, in assenza di criteri oggettivi e predeterminati, possono essere chiamati ad libitum dal Presidente della Corte dei conti a comporre i collegi, senza che questi debba rendere conto dei criteri in concreto seguiti al Consiglio di presidenza;
che, quanto alla rilevanza della questione sollevata, il giudice rimettente sottolinea che il Collegio delle sezioni riunite che ha emesso la decisione n. 1/2010 è stato presieduto dal Presidente della Corte dei conti e la decisione è destinata a dispiegare efficacia vincolante per ciò che riguarda la soluzione data alla questione di massima, in quanto, anche a voler considerare applicabile la modifica introdotta dall’art. 42, comma 2, della legge n. 69 del 2009 all’art. 1, comma 7, del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453 (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, che riguarda più propriamente i casi nei quali la questione è stata deferita dal Presidente della Corte dei conti, «il giudice rimettente non può limitarsi a riproporre le medesime argomentazioni giuridiche che sono state ritenute non fondate dalle Sezioni riunite con la sentenza nella quale hanno statuito il punto di diritto non condiviso dal medesimo, e, comunque, la giurisprudenza contabile è costante nell’affermare che le decisioni delle SS.RR. hanno valore vincolante per il giudice a quo (cfr. SS.RR. n. 5/QM/2008, n. 9/QM/2007, n. 25/QM/1999, n. 2/QM/1999, n. 5/QM/1998)»;
che, con atto depositato presso la cancelleria di questa Corte il 22 novembre 2011, si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, sostenendo l’inammissibilità e la non fondatezza della questione;
che, innanzitutto, la difesa dello Stato lamenta l’inammissibilità della questione per la sua irrilevanza, perché, nel dubitare della legittimità costituzionale delle norme concernenti la nomina del Presidente della Corte dei conti e l’individuazione e la composizione nominativa delle sezioni riunite, il giudice rimettente avrebbe erroneamente ritenuto che «qualora fosse dichiarata l’illegittimità costituzionale delle disposizioni denunciate, verrebbe meno il valore vincolante, per la definizione del giudizio di merito, della decisione n. 1/QM del 2010 sulla questione di massima dallo stesso proposta»;
che la questione sarebbe quindi inammissibile perché mirerebbe «ad esonerare il rimettente dalla necessità di conformarsi a una pronuncia giurisdizionale con funzione nomofilattica che il giudice a quo non condivide con la giustificazione di un vulnus, in realtà insussistente, alla sua indipendenza e autonomia» e il giudice rimettente punterebbe a introdurre nella controversia pensionistica una questione che sul giudizio non ha diretta e immediata attinenza, né potrebbe in alcun modo condizionare la decisione di merito del giudizio pensionistico a quo;
che, in aggiunta, le motivazioni addotte dal giudice rimettente non riuscirebbero a evidenziare il rapporto di strumentalità necessaria che deve esservi tra questione di costituzionalità e decisione della controversia, talché sarebbe riscontrabile «un difetto di motivazione in ordine alla rilevanza, in quanto il giudizio principale potrebbe essere definito indipendentemente dalla decisione sulla questione di legittimità costituzionale»;
che nel merito, secondo la difesa dello Stato, la questione sarebbe comunque infondata, in quanto, in primo luogo, la disposizione concernente la nomina del Presidente della Corte dei conti tenderebbe «a bilanciare il ruolo del Consiglio di presidenza con quello del Governo al fine di evitare sia la dipendenza dei giudici dal potere politico, quanto la chiusura degli stessi in “casta” autoreferenziale», e, in secondo luogo, il principio del giudice naturale non sarebbe violato in quanto la nomina dei suoi componenti avviene all’inizio di ogni anno e non in vista delle singole controversie e sempre sentito il Consiglio di presidenza, né sarebbe leso il principio della predeterminazione del giudice perché, ad inizio anno, il Presidente della Corte, sentito il Consiglio, emana apposita delibera indicante i criteri oggettivi e soggettivi per l’individuazione dei componenti delle sezioni riunite.
Considerato che la Corte dei conti – sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, con ordinanza del 20 giugno 2011 (reg. ord. n. 238 del 2011), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1 della legge 21 luglio 2000, n. 202 (Disposizioni in materia di nomina del Presidente della Corte dei conti), in riferimento agli articoli 100, terzo comma, e 101 della Costituzione, e dell’articolo 11, comma 7, ultimo periodo, della legge 4 marzo 2009, n. 15 (Delega al Governo finalizzata all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e alla Corte dei conti), in riferimento agli articoli 3, 25 e 101 Cost.;
che la Corte dei conti – sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, ha sollevato le due questioni di legittimità costituzionale dopo che innanzi ad essa è stato riassunto il giudizio a séguito della decisione n. 1/QM del 26 febbraio 2010 delle sezioni riunite, le quali avevano risolto la questione di massima ad esse deferita dal giudice rimettente in merito alla computabilità o meno dell’indennità militare in quella ausiliaria;
che il giudice rimettente, in particolare, censura l’art. 1 della legge n. 202 del 2000, nella parte in cui prevede che il Presidente della Corte dei conti è nominato su proposta governativa, e l’art. 11, comma 7, ultimo periodo, della legge n. 15 del 2009, nella parte in cui attribuirebbe il potere del Presidente della Corte dei conti di comporre nominativamente le sezioni riunite;
che, tuttavia, nel motivare in ordine alla rilevanza delle due questioni sollevate, la Corte dei conti – sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, si limita a osservare che il Collegio delle sezioni riunite che ha emesso la decisione n. 1/QM del 2010 è stato presieduto dal Presidente della Corte dei conti e che la decisione è destinata a dispiegare efficacia vincolante per ciò che riguarda la soluzione data alla questione di massima, in quanto «il giudice rimettente non può limitarsi a riproporre le medesime argomentazioni giuridiche che sono state ritenute non fondate dalle Sezioni riunite con la sentenza nella quale hanno statuito il punto di diritto non condiviso dal medesimo»;
che, di conseguenza, il giudice rimettente non indica quali effetti potrebbe avere nei confronti della decisione delle sezioni riunite n. 1/QM del 2010 una eventuale pronuncia di illegittimità costituzionale delle due disposizioni censurate, talché «non chiarisce in che modo il giudizio principale sia inciso dall’esito di quello incidentale di costituzionalità» (ex plurimis, ordinanza n. 63 del 2010);
che, peraltro, con riguardo alla questione concernente l’art. 1 della legge n. 202 del 2000, in base al quale «il Presidente della Corte dei conti è nominato (…) con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previsa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Presidenza», il giudice rimettente, nel descrivere il procedimento regolato dalla norma censurata, attribuisce il potere di proporre e nominare il Presidente della Corte dei conti alternativamente al Presidente del Consiglio dei ministri e al Consiglio dei ministri, muovendo quindi da una erronea ricostruzione del quadro normativo;
che, inoltre, nell’ordinanza di rimessione non è indicato in alcun modo come l’art. 1 della legge n. 202 del 2000 e l’art. 11, comma 7, ultimo periodo, della legge n. 15 del 2009 dovrebbero o potrebbero essere applicati nel giudizio principale, né viene precisato per quali ragioni tale giudizio non potrebbe essere definito indipendentemente dalla decisione sulle questioni di legittimità costituzionale sollevate;
che, dunque, il giudice rimettente nulla osserva in relazione a uno dei requisiti necessari per l’ammissibilità dello scrutinio di costituzionalità di una legge, ossia che l’applicazione delle norme censurate si ponga come necessaria ai fini della definizione del giudizio principale (ex multis, ordinanze n. 53 del 2010 e n. 241 del 2008);
che, pertanto, entrambe le questioni sono manifestamente inammissibili per assenza di motivazione in ordine alla rilevanza.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1 della legge 21 luglio 2000, n. 202 (Disposizioni in materia di nomina del Presidente della Corte dei conti), sollevata, in riferimento agli articoli 100, terzo comma, e 101 della Costituzione, dalla Corte dei conti – sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, con l’ordinanza indicata in epigrafe;
2) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 11, comma 7, ultimo periodo, della legge 4 marzo 2009, n. 15 (Delega al Governo finalizzata all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e alla Corte dei conti), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 25 e 101 della Costituzione, dalla Corte dei conti – sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 maggio 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Sabino CASSESE, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 17 maggio 2012.