ORDINANZA N. 122
ANNO 2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alfonso QUARANTA Presidente
- Franco GALLO Giudice
- Luigi MAZZELLA “
- Gaetano SILVESTRI “
- Sabino CASSESE “
- Giuseppe TESAURO “
- Paolo Maria NAPOLITANO “
- Giuseppe FRIGO “
- Alessandro CRISCUOLO “
- Paolo GROSSI “
- Giorgio LATTANZI “
- Aldo CAROSI “
- Marta CARTABIA “
- Sergio MATTARELLA “
- Mario Rosario MORELLI “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 2, della legge della Regione Calabria 7 marzo 2011, n. 3 (Interventi regionali di sostegno alle imprese vittime di reati di ‘ndrangheta e disposizioni in materia di contrasto alle infiltrazioni mafiose nel settore dell’imprenditoria), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso spedito per la notifica il 13 maggio 2011, depositato in cancelleria il 17 maggio 2011 ed iscritto al n. 46 del registro ricorsi 2011.
Udito nella camera di consiglio del 15 febbraio 2012 il Giudice relatore Luigi Mazzella.
Ritenuto che con ricorso ex articolo 127 della Costituzione, depositato il 17 maggio 2011, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, censura – in relazione all’articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione – l’art. 2, comma 2, della legge della Regione Calabria 7 marzo 2011, n. 3 (Interventi regionali di sostegno alle imprese vittime di reati di ‘ndrangheta e disposizioni in materia di contrasto alle infiltrazioni mafiose nel settore dell’imprenditoria);
che detta norma dispone, al comma 1, che «Nei contratti conclusi dalla Regione Calabria e dagli enti, aziende e società regionali, è sempre inserita una clausola espressa per inadempimento del contraente privato, ai sensi dell’art. 1456 cod. civ., operante laddove sia accertata, con la richiesta di rinvio a giudizio secondo quanto previsto dall’art. 38, lettera m-ter), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, la mancata denuncia all’autorità giudiziaria di reati di ‘ndrangheta, di criminalità, di estorsione, di usura, ovvero contro la pubblica amministrazione o contro la libertà degli incanti, dei quali il contraente, od altri soggetti facenti parte della sua organizzazione imprenditoriale, siano venuti a conoscenza con riferimento alla conclusione od all’esecuzione del contratto con l’ente pubblico. Tale clausola è inserita anche nei contratti di subappalto ed opera nei confronti di ogni impresa con la quale i soggetti aggiudicatari possono avere rapporti derivati»;
che il successivo comma 2 stabilisce che «il mancato inserimento della clausola o la sua mancata attivazione determinano la nullità del contratto e costituiscono causa di responsabilità amministrativa e/o disciplinare»;
che, secondo il ricorrente, quest’ultima previsione viola l’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, che attribuisce allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di «ordinamento civile»;
che la norma censurata, infatti, disponendo che al mancato inserimento nei contratti pubblici della clausola risolutiva espressa prevista al comma 1 della medesima disposizione, o alla mancata attivazione della medesima clausola, conseguano la nullità del contratto e costituiscano causa di responsabilità amministrativa e/o disciplinare, riguarderebbe la fase di esecuzione del rapporto contrattuale, nell’ambito del quale l’amministrazione non agisce come autorità, ma nell’esercizio della sua autonomia negoziale;
che, peraltro, la disposizione regionale all’esame si discosterebbe dalla disciplina dettata dallo Stato con il codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), il cui art. 38, lettera m-ter), stabilirebbe (solo) che non possano concludere i contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture «i soggetti che pur essendo stati vittime dei reati previsti e puniti dagli artt. 317 e 629 del codice penale non risultino avere denunciati i fatti all’autorità giudiziaria»;
che la Regione Calabria non si è costituita nel presente giudizio;
che con successivo atto, regolarmente notificato alla Regione Calabria il 12 dicembre 2011 e depositato in cancelleria il 16 dicembre 2011, il Presidente del Consiglio, dato atto dell’avvenuta abrogazione della disposizione regionale impugnata, per effetto dell’art. 1 della legge della Regione Calabria 18 luglio 2011, n. 22 (Modifica alla legge regionale 7 marzo 2011, n. 3 «Interventi regionali di sostegno alle imprese vittime di reati di ‘ndrangheta e disposizioni in materia di contrasto alle infiltrazioni mafiose nel settore dell’imprenditoria»), ha rinunciato formalmente al ricorso, dichiarando peraltro come sia venuto meno ogni suo interesse alla declaratoria di incostituzionalità della disposizione.
Considerato che, in mancanza di costituzione in giudizio della parte resistente, la rinuncia al ricorso comporta di per sé − ai sensi dell’art. 25 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale − l’estinzione del processo (ex plurimis, ordinanze n. 199 del 2009, n. 48 del 2009, n. 313 del 2007 e n. 418 del 2006).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara estinto il processo.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 maggio 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Luigi MAZZELLA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 10 maggio 2012.