ORDINANZA N. 146
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Ugo DE SIERVO Presidente
- Paolo MADDALENA Giudice
- Alfio FINOCCHIARO “
- Alfonso QUARANTA “
- Franco GALLO “
- Luigi MAZZELLA “
- Gaetano SILVESTRI “
- Sabino CASSESE “
- Maria Rita SAULLE “
- Giuseppe TESAURO “
- Paolo Maria NAPOLITANO “
- Giuseppe FRIGO “
- Alessandro CRISCUOLO “
- Paolo GROSSI “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 124 del codice penale promosso dal Giudice di pace di Messina nel procedimento penale a carico di C. G., con ordinanza del 7 luglio 2009, iscritta al n. 288 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell’anno 2009.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 24 marzo 2010 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo.
Ritenuto che il Giudice di pace di Messina, con ordinanza depositata il 7 luglio 2009, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, dell’art. 124 del codice penale, nella parte in cui prevede il termine perentorio di tre mesi per proporre querela e non quello di novanta giorni;
che, ad avviso del rimettente, il termine perentorio di tre mesi per proporre querela «deve essere interpretato in 90 giorni, poiché una diversa interpretazione porterebbe ad una disparità di trattamento dei soggetti essendo, i mesi dell’anno composti da giorni 30 e 31 e 28, in violazione dell’art. 3 della Costituzione»;
che, come il giudice a quo pone in evidenza, «il capo di imputazione come formulato dall’ufficio del PM al capo A della rubrica, indica la violazione dell’art. 612 c.p. e quindi lo stesso PM non ha ritenuto grave la minaccia di morte, e non ha ritenuto di dover contestare all’imputato l’ipotesi più grave del 2° comma»;
che nel giudizio di legittimità costituzionale, con atto depositato in data 22 dicembre 2009, ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, eccependo la manifesta inammissibilità della questione per l’assoluta assenza di motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza.
Considerato che il Giudice di pace di Messina dubita, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 124 del codice penale, nella parte in cui prevede il termine perentorio di tre mesi per proporre querela e non quello di novanta giorni;
che la questione è manifestamente inammissibile per più motivi;
che, infatti, il giudice a quo ha omesso di descrivere la fattispecie concreta oggetto del giudizio principale;
che, in particolare, il rimettente ha riferito soltanto che il pubblico ministero ha formulato il capo d’imputazione per il delitto di cui all’art. 612 cod. pen. non qualificando grave la minaccia di morte;
che tale carenza preclude a questa Corte ogni possibilità di controllo sulla rilevanza della questione (ex plurimis, ordinanze n. 181 del 2009, nn. 444, 433 e 54 del 2008) e si risolve, altresì, in difetto di motivazione sulla non manifesta infondatezza (ex plurimis, ordinanze n. 181 del 2009, nn. 313 e 207 del 2008 e n. 404 del 2007);
che, inoltre, il giudice a quo ha omesso di motivare in ordine alla violazione dei parametri costituzionali invocati, essendosi limitato ad affermare, genericamente, che il termine per proporre querela deve essere interpretato in novanta giorni poiché una diversa interpretazione porterebbe ad una disparità di trattamento dei soggetti, stante la diversa durata dei mesi dell’anno, (ex plurimis, ordinanze n. 181 del 2009, n. 32 del 2008, n. 114 del 2007; n. 39 del 2005).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 124 del codice penale, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, dal Giudice di pace di Messina, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 14 aprile 2010.
F.to:
Ugo DE SIERVO, Presidente
Alessandro CRISCUOLO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 23 aprile 2010.