ORDINANZA N. 144
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Ugo DE SIERVO Presidente
- Paolo MADDALENA Giudice
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’intero testo del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), e, in particolare, dell’art. 153, comma 1, promosso dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte nel procedimento vertente tra la Federconsumatori Piemonte ed altri e l’Autorità d’àmbito n. 2 - Biellese - Vercellese - Casalese ed altri, con ordinanza del 3 settembre 2009, iscritta al n. 297 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell’anno 2009.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e della Regione Piemonte;
udito nella camera di consiglio del 24 marzo 2010 il Giudice relatore Franco Gallo.
Ritenuto che, con ordinanza del 3 settembre 2009, il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, nel corso di un giudizio promosso dalla Federconsumatori Piemonte e da altri nei confronti dell’Autorità d’àmbito n. 2 Biellese-Vercellese-Casalese ed altri, ha sollevato – in riferimento all’art. 76 della Costituzione, in relazione all’art. 17, comma 25, lettera a), della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo), e all’art. 16, comma 1, numero 3), del regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054 (Approvazione del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato) – questione di legittimità del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), e, in particolare, del suo art. 153, comma 1;
che lo stesso rimettente ha inoltre sollevato – in riferimento all’art. 76 Cost., in relazione all’art. 1, commi 1 e 8, lettera c), della legge di delegazione 15 dicembre 2004, n. 308 (Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione), all’art. 119, primo comma, Cost. e all’art. 3 Cost. e al «correlativo principio di ragionevolezza, logicità e coerenza interna della legge», in relazione all’art. 2 del medesimo d.lgs. n. 152 del 2006 – questioni di legittimità del citato art. 153, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale stabilisce che «Le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi dell’articolo 143 sono affidate in concessione d’uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato»;
che il giudice a quo riferisce che i ricorrenti hanno richiesto l’annullamento di atti della Conferenza dell’Autorità d’àmbito n. 2 aventi ad oggetto: a) l’uso delle reti idriche e fognarie del Comune di Vercelli; b) la tariffa servizio idrico integrato e gli indirizzi in materia di canone per l’uso delle infrastrutture idriche; c) l’azzeramento del canone di concessione per l’uso delle reti idriche e fognarie del Comune di Vercelli; d) il «Piano economico-finanziario in stralcio al Piano d’Ambito per il triennio 2007/2009 riguardante la gestione della S.p.A. ATENA Approvazione modifiche ed integrazioni»; e) l’articolazione tariffaria per il servizio idrico integrato per l’anno 2007 applicabile nel Comune di Vercelli;
che il rimettente prosegue descrivendo i profili fondamentali della controversia al suo esame ed evidenziando che: a) con deliberazione della Giunta Comunale di Vercelli n. 63 del 20 dicembre 2000 era stata approvata una nuova convenzione quadro che, all’art. 7, conteneva la previsione della possibilità che la società di gestione del servizio idrico integrato corrispondesse all’Ente locale un canone, «sulla base di un atto di concessione amministrativa nel quale verrà stabilito il canone a favore del Comune per l’uso dei beni strumentali costituenti le dotazioni del servizio idrico»; b) era stato contestualmente approvato il relativo contratto di servizio e «la concessione si presentava come onerosa, in linea con il dettato dell’art. 9, co. 5 della L. Reg. Piemonte n. 13/1997, a mente del quale “la convenzione determina l’ammontare del canone di concessione del servizio idrico integrato che i soggetti gestori sono tenuti a corrispondere per l’affidamento delle predette infrastrutture”»; c) il regime concessorio oneroso era proseguito anche dopo la privatizzazione della società di gestione s.p.a. Atena; d) l’Autorità d’àmbito aveva deliberato, con atto n. 211 dell’8 ottobre 2007, il «riconoscimento in tariffa del servizio idrico integrato del canone per l’uso delle reti idriche e fognarie del Comune di Vercelli», approvando un atto di indirizzo che vincolava tutti gli uffici competenti; e) il Comune di Vercelli, con atto consiliare n. 91 del 12 novembre 2007, aveva deliberato di concorrere alle esigenze di sostenibilità tariffaria dei servizi pubblici attraverso l’azzeramento graduale e quinquennale del canone d’uso delle reti e delle infrastrutture con varie modalità; f) le due ultime delibere del 2007 erano state impugnate dai ricorrenti, i quali ne avevano chiesto l’annullamento, per violazione del censurato art. 153, sul rilievo che «tale norma costituisce disposizione che si inserisce automaticamente nelle concessioni-contratto in corso, in virtú del noto meccanismo civilistico dell’inserzione automatica di clausole o norme di diritto di cui al modulo delineato dall’art. 1339 c.c., applicabile anche ai rapporti stipulati da privati con la PA»; g) i resistenti avevano contestato l’applicazione retroattiva della norma invocata, che non sarebbe stata atta a incidere negozi già in fase di esecuzione alla data della sua entrata in vigore, pena la violazione dei diritti quesiti;
che il giudice a quo osserva che, al fine di risolvere la controversia al suo esame, è necessario stabilire se il principio di gratuità dell’uso delle infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali fissato dalla disposizione censurata «sia applicabile ai rapporti concessori già sorti al momento della sua entrata in vigore e, in particolare, alle convenzioni di gestione del servizio idrico già stipulate e perduranti fino alla scadenza convenuta» o, in altri termini, se detto principio «si imponga o meno, attraverso il noto meccanismo civilistico dell’inserzione automatica di clausole secondo il paradigma definito all’art. 1339 c.c., anche alle convenzioni accessive a provvedimenti concessori già in essere e contenenti, invece, la previsione di un corrispettivo a favore degli Enti locali e a carico dei gestori del servizio, cessionari quindi anche dell’uso delle infrastrutture strumentali al servizio idrico integrato»;
che, in punto di rilevanza, il rimettente afferma che, qualora la Corte costituzionale «dovesse ritenere l’illegittimità costituzionale dell’art. 153 del Codice dell’Ambiente, la norma non potrebbe essere applicata al caso al vaglio della Sezione, conseguendone il rigetto dell’interposto gravame demolitorio, il quale si fonda su di un unico articolato mezzo deduttivo, con cui si lamenta la violazione del principio di gratuità recato dal predetto censurato articolo»;
che sono censurati, in primo luogo, tutto il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), e, in particolare, il suo art. 153, comma 1, nella parte in cui stabilisce che «Le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi dell’articolo 143 sono affidate in concessione d’uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato», in riferimento all’art. 76 della Costituzione, in relazione: a) all’art. 17, comma 25, lettera a), della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo), il quale prevede che il parere del Consiglio di Stato è richiesto in via obbligatoria: «a) per l’emanazione degli atti normativi del Governo e dei singoli ministri, ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, nonché per l’emanazione di testi unici»; b) all’art. 16, comma 1, numero 3), del regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054 (Approvazione del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato), il quale prevede che il voto del Consiglio di Stato è richiesto «sopra tutti i coordinamenti in testi unici di leggi o di regolamenti, salvo che non sia diversamente stabilito per legge»;
che, ad avviso del rimettente, le disposizioni denunciate violano l’evocato parametro costituzionale, per il tramite degli indicati parametri interposti, perché il Governo non ha richiesto e acquisito il previo obbligatorio parere del Consiglio di Stato;
che, a sostegno della sua prospettazione, il giudice a quo rileva che «la ratio della necessità della preventiva richiesta e conseguente acquisizione del parere del Consiglio di Stato sullo schema di un testo unico, specie se di natura innovativa, si spiega proprio in virtú dell’attitudine di siffatta seconda tipologia di testi unici ad innovare il panorama normativo»;
che, in particolare – sempre secondo il rimettente – «l’obbligo di richiesta del parere del Consiglio di Stato trascende e supera il livello formale – di legge ordinaria – della fonte che lo ha istituito, dovendo a detto obbligo attribuirsi il valore di un principio e criterio direttivo a cui deve necessariamente conformarsi l’esercizio della potestà normativa delegata al Governo, alla stregua e allo stesso livello di uno di quei principi […] additati dall’art. 76 della Carta costituzionale a limite della potestà legislativa delegata»;
che tale ricostruzione troverebbe conferma nell’art. 17-bis, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il quale prevede, per i testi unici compilativi, che «Lo schema di ciascun testo unico è deliberato dal Consiglio dei ministri, valutato il parere che il Consiglio di Stato deve esprimere entro quarantacinque giorni dalla richiesta»;
che l’art. 153, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006 – sempre nella parte in cui stabilisce che «Le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi dell’articolo 143 sono affidate in concessione d’uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato» – è censurato, in secondo luogo, in riferimento: a) all’art. 76 Cost., in relazione all’art. 1, commi 1 e 8, lettera c), della legge di delegazione 15 dicembre 2004 n. 308 (Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione), i quali prevedono, rispettivamente, che «Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, uno o piú decreti legislativi di riordino, coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative nei seguenti settori e materie, anche mediante la redazione di testi unici» (comma 1, alinea) e che vi debba essere «invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica» (comma 8, lettera c); b) all’art. 119, primo comma, Cost.; c) all’art. 3 Cost. e al «correlativo principio di ragionevolezza, logicità e coerenza interna della legge», in relazione all’art. 2 del medesimo d.lgs. n. 152 del 2006, il quale prevede che «le disposizioni di cui la presente decreto sono attuate nell’àmbito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»;
che, per il rimettente, la disposizione víola gli evocati parametri, perché sottrae le infrastrutture idriche «dal novero dei beni patrimoniali produttivi di entrata», privando i Comuni di una fonte di autofinanziamento;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le sollevate questioni siano dichiarate manifestamente inammissibili o, comunque, infondate;
che, quanto al problema preliminare riguardante «la attitudine dell’art. 153 D.Igs n. 152/2006 ad imporsi o meno, attraverso il noto meccanismo civilistico dell’inserzione automatica di clausole secondo il paradigma definito all’art. 1339 c.c.», la difesa erariale osserva che esso «attiene al concreto esercizio del potere giurisdizionale, il quale può ben svolgersi con interpretazioni, delle richiamate disposizioni, coerenti con il quadro costituzionale»;
che, quanto al merito, l’Avvocatura generale dello Stato rileva che: a) poiché il d.lgs. n. 152 del 2006 non ha la natura di testo unico, non vi è per esso l’obbligo di richiedere il parere preventivo del Consiglio di Stato; b) il parere del Consiglio di Stato non è, in ogni caso, richiesto da norme costituzionali, ma soltanto da norme di legge ordinaria; c) quanto al profilo economico, «il legislatore delegante ed il Governo delegato hanno vietato soltanto o maggiori oneri (vulgo, spese) per l’ente pubblico, non anche minori entrate (quali quelle che in precedenza derivavano dalla concessione d’uso delle infrastrutture idriche), che infatti avrebbero imposto una specifica previsione»;
che è intervenuta in giudizio la Regione Piemonte, sostenendo, quanto all’ammissibilità del suo intervento, di essere «portatrice di un interesse qualificato strettamente correlato alle proprie competenze nella materia», di avere adottato una legislazione coerente con quella statale e di condividere il principio di gratuità dell’affidamento delle infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali;
che, con memoria depositata in prossimità dell’udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri ha ribadito quanto già rilevato nell’atto di intervento.
Considerato che il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte dubita della legittimità costituzionale del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), e, in particolare, del suo art. 153, comma 1, nella parte in cui stabilisce che «Le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi dell’articolo 143 sono affidate in concessione d’uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato»;
che tale dubbio è posto in riferimento: a) all’art. 76 della Costituzione, in relazione all’art. 17, comma 25, lettera a), della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo), e all’art. 16, comma 1, numero 3), del regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054 (Approvazione del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato); b) allo stesso art. 76 Cost., in relazione però all’art. 1, commi 1 e 8, lettera c), della legge di delegazione 15 dicembre 2004, n. 308 (Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione); c) all’art. 119, primo comma, Cost.; d) all’art. 3 Cost. e al «correlativo principio di ragionevolezza, logicità e coerenza interna della legge», in relazione all’art. 2 del medesimo d.lgs. n. 152 del 2006;
che è intervenuta in giudizio la Regione Piemonte, sostenendo, quanto all’ammissibilità del suo intervento, di essere «portatrice di un interesse qualificato strettamente correlato alle proprie competenze nella materia», di avere adottato una legislazione coerente con quella statale e di condividere il principio di gratuità dell’affidamento delle infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali;
che l’intervento è inammissibile, perché la Regione Piemonte non è parte del giudizio a quo;
che infatti, per costante giurisprudenza di questa Corte, possono partecipare al giudizio incidentale di legittimità costituzionale le sole parti del giudizio principale e i terzi portatori di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio (ex plurimis, sentenza n. 96 del 2008; ordinanza pronunciata nell’udienza del 26 febbraio 2008 e ordinanze n. 393 del 2008 e n. 414 del 2007);
che, contrariamente a quanto sostenuto dalla interveniente, l’interesse da questa prospettato non è correlato con le specifiche e peculiari posizioni soggettive dedotte nel giudizio a quo e, pertanto, la Regione non vanta una posizione giuridica individuale, suscettibile di essere pregiudicata immediatamente e irrimediabilmente dall’esito del giudizio incidentale;
che, quanto all’oggetto del giudizio a quo, il rimettente riferisce che i ricorrenti chiedono l’annullamento di atti amministrativi dell’Autorità d’àmbito e del Comune di Vercelli, con i quali si riconosce, per le gestioni già in corso del servizio idrico integrato, il carattere oneroso della concessione al gestore delle infrastrutture idriche da parte del Comune proprietario;
che, quanto alla rilevanza delle questioni proposte, il giudice a quo premette che, al fine di risolvere la controversia al suo esame, è necessario stabilire se il principio di gratuità dell’uso delle infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali fissato dal censurato art. 153 del d.lgs. n. 152 del 2006 «sia applicabile ai rapporti concessori già sorti al momento della sua entrata in vigore e, in particolare, alle convenzioni di gestione del servizio idrico già stipulate e perduranti fino alla scadenza convenuta», le quali contengano, invece, «la previsione di un corrispettivo a favore degli Enti locali e a carico dei gestori del servizio»;
che, sempre in punto di rilevanza, il rimettente conclude affermando che, qualora la Corte costituzionale «dovesse ritenere l’illegittimità costituzionale dell’art. 153 del Codice dell’Ambiente, la norma non potrebbe essere applicata al caso» posto al suo esame, «conseguendone il rigetto dell’interposto gravame demolitorio»;
che le questioni sono manifestamente inammissibili;
che, infatti, il rimettente non fornisce alcuna soluzione al problema preliminare, da lui stesso posto, relativo all’applicabilità del principio di gratuità dell’uso delle infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali, fissato dal censurato art. 153 del d.lgs. n. 152 del 2006, anche alle gestioni già in corso al momento della sua entrata in vigore, come quelle oggetto degli atti amministrativi impugnati nel giudizio a quo;
che tale lacuna si risolve in un difetto di motivazione sulla rilevanza delle questioni proposte, perché il rimettente non spiega se le norme denunciate – e cioè il d.lgs. n. 152 del 2006 nel suo complesso e, piú in particolare, il suo art. 153 – trovino applicazione nel caso concreto alle suddette gestioni;
che, anche a prescindere da tale difetto di motivazione, le questioni proposte sarebbero comunque non rilevanti;
che, infatti, il censurato art. 153, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006 non potrebbe trovare applicazione nel caso, come quello di specie, di concessioni di infrastrutture idriche che siano già in essere al momento della sua entrata in vigore, perché, come affermato da questa Corte, tale disposizione «fa riferimento […] al contenuto della convenzione e del disciplinare di affidamento al gestore del servizio idrico integrato e, dunque, si applica alle concessioni nuove o rinnovate […]»; e cioè ai soli «nuovi affidamenti» (sentenza n. 246 del 2009, punto 16.2.5. del Considerato in diritto);
che, inoltre, non potrebbero trovare applicazione nel giudizio principale neppure gli altri articoli del d.lgs. n. 152 del 2006 – censurato dal rimettente anche nel suo complesso – perché tali articoli disciplinano fattispecie diverse da quella oggetto del giudizio a quo, la quale attiene allo specifico profilo del regime della concessione d’uso delle infrastrutture idriche.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile l’intervento della Regione Piemonte;
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), e, in particolare, del suo art. 153, comma 1, sollevate, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, all’art. 17, comma 25, lettera a), della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo), e all’art. 16, comma 1, numero 3), del regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054 (Approvazione del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato), dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte con l’ordinanza indicata in epigrafe;
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 153, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006 sollevate, in riferimento agli artt. 3, 76 e 119, primo comma, Cost., all’art. 1, commi 1 e 8, lettera c), della legge 15 dicembre 2004, n. 308 (Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione), e all’art. 2 del medesimo d.lgs. n. 152 del 2006, dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Cosí deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 aprile 2010.
F.to:
Ugo DE SIERVO, Presidente
Franco GALLO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 23 aprile 2010.