ORDINANZA N. 96
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA ''
- Alfio FINOCCHIARO ''
- Alfonso QUARANTA ''
- Franco GALLO ''
- Luigi MAZZELLA ''
- Gaetano SILVESTRI ''
- Sabino CASSESE ''
- Maria Rita SAULLE ''
- Giuseppe TESAURO ''
- Paolo Maria NAPOLITANO ''
- Giuseppe FRIGO ''
- Alessandro CRISCUOLO ''
- Paolo GROSSI ''
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera m), della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 29 luglio 2004, n. 21 (Determinazione dei casi di ineleggibilità e incompatibilità relativi alla carica di consigliere e di membro della Giunta regionale, ai sensi dell’art. 12, secondo comma, dello Statuto), promosso dal Tribunale ordinario di Trieste nel procedimento vertente tra Bolzan Mirio e Brandolin Giorgio ed altri con ordinanza del 19 febbraio 2009, iscritta al n. 198 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell’anno 2009.
Visti gli atti di costituzione di Bolzan Mirio e di Brandolin Giorgio;
udito nell’udienza pubblica del 9 febbraio 2010 il Giudice relatore Paolo Grossi;
uditi gli avvocati Renato Fusco per Bolzan Mirio e Francesco Saverio Bertolini per Brandolin Giorgio.
Ritenuto che – nel corso di un giudizio, instaurato dal primo dei non eletti nelle elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia, onde ottenere (tra l’altro) l’accertamento dell’invalidità dell’elezione di altro candidato per ineleggibilità del medesimo – il Tribunale ordinario di Trieste in composizione collegiale, con ordinanza emessa il 19 febbraio 2009, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 51 della Costituzione e 12, primo [recte: secondo] comma, della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera m), della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 29 luglio 2004, n. 21 (Determinazione dei casi di ineleggibilità e incompatibilità relativi alla carica di consigliere e di membro della Giunta regionale, ai sensi dell’art. 12, secondo comma, dello Statuto), nella parte in cui sancisce, «quale causa di ineleggibilità, l’avere rivestito il ruolo di legale rappresentante o di dirigente di società partecipata dalla regione, senza nel contempo prevedere l’ulteriore requisito del carattere maggioritario o di controllo della partecipazione regionale»;
che il Tribunale ritiene la questione rilevante nel processo a quo, in cui appunto si controverte in ordine alla ineleggibilità a consigliere regionale del convenuto, sul presupposto che il medesimo, fino a due giorni prima dell’inizio delle votazioni, aveva ricoperto la carica di Presidente dell’Aeroporto Friuli Venezia Giulia S.p.a., società partecipata dalla Regione con una quota inferiore al 50% del capitale azionario (nella specie il 49%);
che, peraltro – pur avendo rilevato la sussistenza (all’interno della stessa legge in oggetto) di «una vera e propria antinomia tra l’art. 3, che parrebbe correlare l’inefficacia della causa di ineleggibilità ad una cessazione dalle funzioni non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature, e l’art. 7, che parrebbe sanzionare l’ineleggibilità solo in caso di permanenza della causa al momento dell’elezione» – il rimettente osserva tuttavia che «solo dopo avere risolto la questione, logicamente preliminare, dell’applicabilità al caso concreto della fattispecie costitutiva dell’ineleggibilità […] potrà essere utilmente affrontata la questione della eventuale tempestività della fattispecie estintiva (dimissioni dalla carica di presidente e dalle funzioni di rappresentante legale della società partecipata)»;
che, nel merito, il Tribunale considera che la legge regionale impugnata interviene nella materia del godimento del diritto di elettorato passivo, che è diritto fondamentale riconosciuto e garantito dalla Costituzione con i caratteri dell’inviolabilità per essere esercitato da tutti i cittadini in condizioni di uguaglianza; e ritiene, quindi, che – in quanto «tale diritto, e la sua garanzia in termini di eguaglianza, fanno senz’altro parte dei principi generali dell’ordinamento della Repubblica ai quali anche il legislatore della Regione Friuli-Venezia Giulia, pur nell’ambito di una materia divenuta di competenza esclusiva, è tenuto ad uniformarsi, come espressamente previsto dall’art. 12 della legge cost. 31 gennaio 1963, n. 1, modif. dall’art. 5, comma 1, lett. d) della legge cost. 31 gennaio 2001, n. 2» – eventuali restrizioni (rispetto alla disciplina nazionale) del diritto di elettorato passivo possono superare il vaglio di costituzionalità solo se siano: a) conformi al principio di eguaglianza e ragionevolezza; b) giustificate da esigenze di salvaguardia di beni giuridici di pari rango; c) delineate entro limiti strettamente funzionali allo scopo; d) sorrette da motivi adeguati e ragionevoli a tutela di interessi generali, seppure «localizzati»;
che, pertanto, il rimettente lamenta, in primo luogo, la violazione del combinato disposto degli artt. 51 Cost. e 12, secondo comma, dello Statuto speciale, in ragione della «disarmonia [della norma censurata] con la Costituzione ed i principi dell’ordinamento – tra i quali l’eguaglianza dei cittadini nell’accesso all’elettorato passivo –, dato che la normativa nazionale [in particolare il giudice a quo cita l’art. 2, primo comma, numero 10) della legge 23 aprile 1981, n. 154 (Norme in materia di ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche di consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale e in materia di incompatibilità degli addetti al Servizio sanitario nazionale); l’art. 60, comma 1, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), e la legge 2 luglio 2004, n. 165 (Disposizioni di attuazione dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione)] prevede, invece, il requisito del carattere maggioritario della partecipazione regionale, in linea con la ratio – pure prevista dal legislatore nazionale – di evitare il pericolo di indebite pressioni sull’elettorato»;
che, in secondo luogo, il Tribunale deduce la violazione del combinato disposto degli artt. 3 e 51 Cost. e 12, secondo comma, dello Statuto speciale, «essendo [la norma censurata] irragionevole ed in difformità con i principi dell’ordinamento, che giustificano la causa di ineleggibilità dell’avere rivestito il ruolo di legale rappresentante o di dirigente di società partecipata dalla Regione, solo nel caso di società partecipata in modo maggioritario o controllata dalla regione, solo in tal caso potendosi avere – da parte della stessa regione – la possibilità di turbare o condizionare in modo diretto la libera decisione di voto degli elettori regionali ovvero di violare la parità di accesso alle cariche elettive rispetto agli altri candidati»;
che si è costituita la parte privata ricorrente nel giudizio a quo, la quale ha concluso per la non fondatezza della questione, sottolineando tra l’altro che – stante anche il regime di autonomia differenziata attribuito in materia elettorale alla Regione Friuli-Venezia Giulia dallo Statuto speciale, come tale non soggetto all’onere di conformazione ai principi fondamentali sanciti per le Regioni ordinarie (in attuazione dell’art. 122 Cost.) dall’art. 2 della legge n. 165 del 2004 – il pur inviolabile diritto di elettorato passivo non ha carattere assoluto (come sostanzialmente affermato dal rimettente), poiché l’art. 51 Cost. stabilisce che esso va esercitato «secondo i requisiti stabiliti dalla legge»;
che si è, altresì, costituita la parte privata resistente nel giudizio a quo, la quale ha concluso per l’accoglimento della questione e per la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma censurata, sulla base di argomentazioni analoghe a quelle svolte dal rimettente, rilevando in particolare che – dovendosi esercitare la competenza legislativa del Friuli-Venezia Giulia (ai sensi dell’art. 12 dello Statuto) «in armonia con la Costituzione ed i principi dell’ordinamento della Repubblica» – è proprio l’art. 51 Cost. a svolgere il ruolo di garanzia generale di un diritto politico fondamentale riconosciuto ad ogni cittadino con i caratteri dell’inviolabilità.
Considerato che il Tribunale ordinario di Trieste – chiamato a pronunciarsi sulla domanda di accertamento dell’invalidità dell’elezione al Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia di un candidato per dedotta ineleggibilità del medesimo, in quanto Presidente dell’Aeroporto Friuli Venezia Giulia S.p.a. – deduce che la violazione degli evocati parametri (artt. 3 e 51 della Costituzione e 12, secondo comma, dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), deriverebbe dal fatto che il censurato art. 2, comma 1, lettera m), della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 29 luglio 2004, n. 21 (Determinazione dei casi di ineleggibilità e incompatibilità relativi alla carica di consigliere e di membro della Giunta regionale, ai sensi dell’art. 12, secondo comma, dello Statuto), sancisce, «quale causa di ineleggibilità, l’avere rivestito il ruolo di legale rappresentante o di dirigente di società partecipata dalla regione, senza nel contempo prevedere l’ulteriore requisito del carattere maggioritario o di controllo della partecipazione regionale»;
che il rimettente ritiene la questione rilevante, in quanto nel giudizio a quo si controverte appunto in ordine alla ineleggibilità a consigliere regionale del convenuto, sul presupposto che il medesimo, fino a due giorni prima dell’inizio delle votazioni, aveva ricoperto la menzionata carica in detta società partecipata dalla Regione con una quota inferiore al 50% del capitale azionario (nella specie il 49%);
che peraltro, nel contempo, il rimettente sottolinea che (all’interno della stessa legge in oggetto) «sussiste una vera e propria antinomia tra l’art. 3, che parrebbe correlare l’inefficacia della causa di ineleggibilità ad una cessazione dalle funzioni non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature, e l’art. 7, che parrebbe sanzionare l’ineleggibilità solo in caso di permanenza della causa al momento dell’elezione»;
che, tuttavia, nonostante tale rilievo, il rimettente afferma che «solo dopo avere risolto la questione, logicamente preliminare, dell’applicabilità al caso concreto della fattispecie costitutiva dell’ineleggibilità […] potrà essere utilmente affrontata la questione della eventuale tempestività della fattispecie estintiva (dimissioni dalla carica di presidente e dalle funzioni di rappresentante legale della società partecipata)»;
che, al riguardo – se è vero che il sindacato in merito alla evidenziata antinomia compete effettivamente al rimettente (sentenze n. 284 del 2007 e n. 243 del 2005, nonché ordinanze n. 65 del 2009 e n. 415 del 2008) –, non è affatto condivisibile l’affermazione della priorità logica, rispetto a tale sindacato, dell’esame del denunciato profilo di incostituzionalità, essendo viceversa logicamente e giuridicamente pregiudiziale (in funzione dell’affermazione della rilevanza della questione nel giudizio a quo) proprio lo scioglimento del dubbio riguardante la validità o meno della elezione a consigliere, in rapporto alla diversa individuazione del momento in cui la causa di ineleggibilità avrebbe dovuto essere rimossa;
che, pertanto, nei termini in cui è stata sollevata, la questione si configura come ipotetica o astratta, in quanto prematura (sentenza n. 317 del 2009; ordinanze n. 77 del 2009, n. 109 del 2008 e n. 311 del 2007);
che peraltro, sotto diverso e concorrente profilo, va rilevato che il giudice a quo, onde porre rimedio alla denunciata violazione dei parametri costituzionali, ha richiesto una pronuncia che restringa l’ambito di operatività della specifica causa di ineleggibilità mediante la ulteriore previsione del «requisito del carattere maggioritario o di controllo della partecipazione regionale»;
che – anche a prescindere da una non del tutto esauriente motivazione in ordine alla impossibilità da parte del giudice di sperimentare una interpretazione sistematica della norma censurata capace di sottrarla ai palesati dubbi di costituzionalità – una tale formulazione del petitum (basata sulla palesata consapevolezza della diversità, quanto a presupposti ed effetti, delle due distinte figure della partecipazione maggioritaria, da un lato, e di controllo, dall’altro lato, in una società per azioni) finisce sostanzialmente per demandare alla Corte, senza alcun nesso di subordinazione, la definizione di una alternativa irrisolta da parte del giudice a quo (da ultimo, ordinanza n. 49 del 2010);
che, pertanto, la questione sollevata è manifestamente inammissibile.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera m), della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 29 luglio 2004, n. 21 (Determinazione dei casi di ineleggibilità e incompatibilità relativi alla carica di consigliere e di membro della Giunta regionale, ai sensi dell’art. 12, secondo comma, dello Statuto), sollevata – in riferimento agli artt. 3 e 51 della Costituzione e 12, secondo comma, della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia) – dal Tribunale ordinario di Trieste, in composizione collegiale, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 marzo 2010.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Paolo GROSSI, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 12 marzo 2010.