Sentenza n. 328 del 2009

SENTENZA N.328

ANNO 2009

 

Commento alla decisione di

Sergio Bartole

Esiste oggi una dottrina delle autonomie regionali e provinciali speciali?

(per gentile concessione del Forum dei Quaderni Costituzionali)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

 

- Francesco                        AMIRANTE                                 Presidente          

 

- Ugo                                 DE SIERVO                                   Giudice

 

- Paolo                               MADDALENA                                    "

 

- Alfio                                FINOCCHIARO                                  "

 

- Alfonso                           QUARANTA                                        "

 

- Franco                             GALLO                                                 "

 

- Gaetano                           SILVESTRI                                          "

 

- Sabino                             CASSESE                                             "

 

- Maria Rita                       SAULLE                                               "

 

- Giuseppe                         TESAURO                                            "

 

- Paolo Maria                     NAPOLITANO                                    "

 

- Giuseppe                         FRIGO                                                  "

 

- Alessandro                      CRISCUOLO                                       "

 

- Paolo                               GROSSI                                                "

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 22 e 23 della legge regionale del Trentino-Alto Adige/Südtirol 9 luglio 2008, n. 5 (Disciplina della vigilanza sugli enti cooperativi), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 19 settembre 2008, depositato in cancelleria il 26 settembre 2008 ed iscritto al n. 57 del registro ricorsi 2008.

 

Visto l’atto di costituzione della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol;

 

udito nell’udienza pubblica del 3 novembre 2009 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;

 

uditi l’avvocato dello Stato Chiarina Aiello per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol.

 

Ritenuto in fatto

 

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato in via principale, a seguito di deliberazione governativa in data 11 settembre 2008, con ricorso notificato in data 19 settembre 2008, questione di legittimità costituzionale degli artt. 22 e 23 della legge regionale del Trentino-Alto Adige/Südtirol 9 luglio 2008, n. 5 (Disciplina della vigilanza sugli enti cooperativi), affermandone il contrasto con l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, nella parte in cui esso attribuisce allo Stato la competenza legislativa riguardo ai principi fondamentali in materia di professioni.

 

1.1. – Riferisce il ricorrente che la citata legge regionale si propone di disciplinare, in attuazione del primo comma dell’art. 45 della Costituzione e dell’art. 4, primo comma, numero 9, dello statuto di autonomia della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, la vigilanza sulle società cooperative, sui consorzi di società cooperative, sui gruppi cooperativi di cui all’art. 2545-septies del codice civile, sulle società di mutuo soccorso e sulle società cooperative europee aventi sede nel territorio regionale.

 

Dopo aver brevemente illustrato il contenuto degli articoli da 2 a 9, nonché dell’art. 21 della legge regionale n. 5 del 2008, il ricorrente precisa che gli artt. da 22 a 26 della medesima legge regionale disciplinano la nomina, la professionalità, l’indipendenza, i doveri e i poteri dei revisori cooperativi, oltre a dettare le regole per il riparto delle spese relative alle operazioni di revisione ordinaria e straordinaria.

 

In particolare, l’art. 22 dispone che la “associazione di rappresentanza” – cioè l’organismo, riconosciuto ai sensi dell’art. 7 della legge stessa, abilitato allo svolgimento della revisione cooperativa riguardo ai propri aderenti – esegue la revisione incaricando propri revisori «il cui elenco, con l’indicazione della loro eventuale iscrizione nel registro dei revisori contabili, deve essere comunicato alla struttura amministrativa ad ogni variazione». Se la revisione è eseguita dalla struttura amministrativa, prosegue l’art. 22, essa si avvale di propri dipendenti, ovvero di revisori, o di una società di revisione, iscritti nel registro dei revisori contabili, potendo, tuttavia, stipulare apposite convenzioni con le «associazioni di rappresentanza» onde far svolgere a queste la revisione di cooperative non aderenti ad alcuna associazione.

 

Il successivo art. 23, a sua volta, sotto la rubrica «Professionalità», indica quali siano i requisiti richiesti affinché il revisore possa essere iscritto nell’elenco di cui al comma 1 dell’art. 22, prevedendo altresì, al comma 2, che egli deve avere «perfetta conoscenza» della lingua parlata presso l’ente sottoposto a revisione e, al comma 3, che l’associazione debba predisporre la verifica, almeno triennale, della professionalità dei propri revisori.

 

1.2. – Il ricorrente osserva che i predetti artt. 22 e 23, in quanto individuano e disciplinano la figura professionale del “revisore cooperativo”, eccedono i limiti sia della competenza legislativa regionale esclusiva della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol in materia di sviluppo della cooperazione e vigilanza sulle cooperative, fissati dall’art. 4, primo comma, n. 9, dello statuto di autonomia, sia di quella in tema di professioni, fissati dal terzo comma dell’art. 117 della Costituzione, disposizione applicabile anche alla Regione a statuto speciale in forza dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).

 

Le due indicate norme, infatti, prosegue il ricorrente, in quanto prevedono un apposito elenco dei “revisori contabili” (recte: cooperativi) nonché i requisiti per esservi ammessi si porrebbero in contrasto con la previsione, desumibile dal citato terzo comma dell’art. 117 della Costituzione, in base alla quale, in tema di professioni, spetta allo Stato la definizione dei principi generali mentre alle Regioni compete solo la applicazione nel dettaglio di tali principi. E, secondo la costante giurisprudenza della Corte costituzionale, tra i principi generali in materia di professioni vi sarebbe quello che spetta allo Stato l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili ed ordinamenti didattici.

 

Le disposizioni regionali, invece, si porrebbero in contraddizione con la normativa nazionale concernente il registro dei revisori contabili, in quanto i requisiti e le modalità di accesso a quest’ultimo secondo la previsione statale divergerebbero rispetto alla regolamentazione contenuta nella legge impugnata.

 

Ricordato che la attribuzione alla competenza legislativa statale della materia «professioni» prescinde dal settore nel quale l’attività professionale è svolta, potendo questa riguardare anche un settore oggetto di competenza esclusiva regionale, la difesa erariale ribadisce, richiamando a conforto la giurisprudenza di questa Corte, la violazione da parte degli artt. 22 e 23 della legge regionale n. 5 del 2008 del limite posto nella materia in questione alla competenza legislativa regionale.

 

Contrasto che la Avvocatura riscontra, oltre che nella istituzione del registro dei revisori cooperativi e nella indicazione del percorso formativo da seguire ai fini dell’inserimento in esso, anche nel fatto che il comma 2 del ricordato art. 22, nel prevedere che i revisori cooperativi possano essere scelti anche fra gli iscritti al registro dei revisori contabili, limita tale facoltà solo in favore di quanti siano dotati di «una specifica competenza in materia di enti cooperativi», in tal modo incidendo sulla normativa statale che disciplina il predetto “albo nazionale”.

 

2. – Con atto del 16 ottobre 2008 si è costituita nel giudizio di legittimità costituzionale la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, opponendosi all’accoglimento del ricorso e riservando a successivo atto il compiuto svolgimento delle sue difese.

 

3. – In prossimità della udienza pubblica la difesa della Regione resistente ha depositato una ampia memoria illustrativa volta a confutare sia la ammissibilità che la fondatezza del ricorso.

 

Dopo aver fatto presente che la legge che contiene le due disposizioni censurate si inserisce in una serie normativa, avente ad oggetto la disciplina della vigilanza sulle cooperative, che trae origine da una prima legge regionale 29 gennaio 1974, n. 7 (Vigilanza sulle cooperative), assai risalente, che, dopo una serie di modificazioni intervenute nel tempo, è stata abrogata solo con la legge regionale n. 5 del 2008, la difesa regionale eccepisce l’inammissibilità del ricorso sotto una nutrita serie di profili.

 

Esso, infatti, sarebbe inammissibile, nella parte in cui è dedotto quale parametro di costituzionalità violato l’art. 4, primo comma, numero 9, dello statuto di autonomia, poiché non sarebbe chiarito in quale modo le disposizioni censurate eccedano l’ambito della competenza legislativa regionale in materia di «sviluppo della cooperazione e vigilanza sulle cooperative».

 

Altro profilo di inammissibilità deriverebbe dalla inapplicabilità alla Regione del parametro di costituzionalità di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione. Ribadito, infatti, che, secondo i termini dello statuto, la Regione ha competenza legislativa primaria in tema di «sviluppo della cooperazione e vigilanza sulle cooperative» e che in applicazione di tale competenza essa ha emanato la legge regionale n. 5 del 2008, la parte resistente ritiene del tutto inappropriato il richiamo all’art. 117, terzo comma, della Costituzione; infatti questo potrebbe essere ritenuto applicabile alla Regione a statuto speciale, per effetto dell’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, solo in quanto esso attribuisca alla medesima una autonomia maggiore di quella di cui gode a termini statutari. Ma, aggiunge la resistente, la Avvocatura intende «addossare» alla Regione la competenza concorrente in materia di professioni – propria delle Regioni a statuto ordinario – solo per farne valere i limiti; in altre parole la attribuzione della materia nuova non varrebbe ad integrare, ampliandola, la competenza già assegnata alla Regione in tema di cooperazione, ma semmai, attraverso i limiti della competenza di nuova assegnazione, a ridurne i confini.

 

La Regione ritiene, altresì, inammissibile la questione stante la sua incerta determinazione: il ricorso, infatti, dapprima lamenta la introduzione, tramite le norme censurate, della figura professionale del “revisore cooperativo” poi, invece, contesta il fatto che la medesima disciplina impingerebbe sulla normativa statale in materia di “revisori contabili”, per poi nuovamente dolersi della disciplina relativa all’accesso alla figura professionale del “revisore cooperativo”. Siffatta equivocità della questione effettivamente sottoposta alla Corte, imponendo a questa l’esame di più questioni e costringendo anche chi resiste a difendersi su più fronti, sarebbe motivo di inammissibilità.

 

La questione sarebbe, altresì, inammissibile con riferimento alla violazione del parametro interposto costituito dal decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220 (Norme in materia di riordino della vigilanza sugli enti cooperativi, ai sensi dell’art. 7, comma 1, della legge 3 aprile 2001, n. 142, recante «Revisione della legislazione in materia cooperativistica, con particolare riferimento alla posizione del socio lavoratore»). Infatti mentre per un verso le due norme regionali sono impugnate poiché introdurrebbero la figura professionale del “revisore cooperativo” – peraltro già da lungo tempo presente nella legislazione regionale – poi se ne lamenta, contraddittoriamente, il contrasto con la normativa statale sul “revisore delle cooperative”, senza, però, chiarire né cosa preveda detta normativa statale né in che modo essa sia violata da quella regionale.

 

Altresì inammissibile sarebbe la censura relativa alla violazione del parametro interposto costituito dal d.lgs. n. 88 del 1992, concernente la normativa nazionale sul registro dei revisori contabili. Afferma, infatti, la resistente difesa che, in primo luogo, nella delibera governativa di impugnazione non si lamenta che le due disposizioni censurate disciplinino la professione del revisore contabile; sotto tale aspetto, pertanto, il ricorso sarebbe inammissibile in quanto esso prospetta una censura diversa da quella deliberata dall’autorità politica. Peraltro, prosegue la memoria, la legge regionale censurata non disciplina la professione del revisore contabile ma si occupa della “revisione cooperativa”. Unico punto di contatto è nel fatto che, ove la revisione sia operata dalla “struttura amministrativa”, questa può incaricare di ciò revisori contabili «con una specifica esperienza in materia di enti cooperativi». Il ricorso, d’altra parte, non chiarisce come le disposizioni censurate disciplinerebbero la figura del revisore contabile né quale disposizione statale sarebbe violata; si dice solo che l’art. 22, comma 2, richiedendo anche ai revisori contabili il possesso dei requisiti per accedere all’elenco dei “revisori cooperativi”, inciderebbe sulla normativa relativa all’albo nazionale del revisori contabili.

 

Per la resistente tale affermazione si fonderebbe su di un equivoco: l’impugnato art. 22, comma 2, non richiede ai revisori contabili il possesso dei requisiti previsti per i revisori cooperativi, ma si limita a richiedere una «specifica competenza in materia di enti cooperativi», così fornendo un criterio per la Amministrazione nello scegliere il soggetto cui affidare la revisione cooperativa. Di qui la inammissibilità della censura, priva di illustrazione, ovvero la sua infondatezza in quanto basata su di un errata ricostruzione della disposizione censurata.

 

3.1. – Subordinatamente alla inammissibilità del ricorso la difesa della Regione ne deduce la infondatezza. Infatti, con riguardo alle censure concernenti l’asserita individuazione della figura professionale del revisore contabile e alle regole che disciplinano l’accesso al relativo elenco, osserva la parte resistente che l’art. 1 del d.lgs. n. 220 del 2002, parametro interposto che si assume violato, pur attribuendo la vigilanza cooperativa al Ministero delle attività produttive, conserva le funzioni di vigilanza riservate alle Regioni a statuto speciale e alle Provincie autonome: in tal modo, ad avviso della Regione, sono fatte salve anche le discipline speciali dettate dalle Regioni a statuto speciale in materia di vigilanza sulle cooperative.

 

D’altra parte, per quanto concerne il Trentino-Alto Adige/Südtirol, la disciplina regionale è in gran parte coincidente con quella nazionale di cui al citato d.lgs. n. 220 del 2002, che, si segnala, all’art. 7, disciplina la figura del “revisore delle cooperative” (regolando il percorso, a seguito di formazione promossa in sede ministeriale, per l’abilitazione professionale, nonché prevedendo la tenuta di un elenco sempre in sede ministeriale), così smentendo l’assunto del ricorrente, secondo il quale le disposizioni censurate avrebbero “individuato” una nuova professione ed il relativo albo.

 

La Regione, sebbene dotata di competenza legislativa primaria in materia, si sarebbe limitata, invece, ad applicare in sede locale i principi dettati dal legislatore statale, richiedendo ai revisori cooperativi una specifica competenza tecnica e prevedendo la loro iscrizione in un albo: non vi sarebbe, in questo senso, alcun contrasto fra la impugnata normativa regionale e quella nazionale. Le marginali differenze esistenti fra l’una e l’altra deriverebbero dal legittimo esercizio della potestà legislativa primaria della Regione in materia di vigilanza sulle cooperative.

 

Quanto, infine, alla asserita interferenza fra la normativa regionale impugnata e quella statale concernente la professione di revisore contabile, ribaditi i profili di inammissibilità di siffatta censura, la difesa resistente ritiene che la disciplina regionale non contrasti con quella di cui al d.lgs. n. 88 del 1992, posto che le attività da esse regolate non coincidono: la prima attiene alla verifica dell’osservanza dei caratteri e delle finalità degli enti cooperativi, la seconda al controllo di legge sui documenti contabili.

 

I diversi piani su cui le disposizioni incidono rendono legittimo che la Regione, nell’esercizio della sua potestà legislativa primaria in materia di vigilanza sugli enti cooperativi, preveda che siano abilitati alla revisione cooperativa i revisori contabili dotati di «specifica competenza in materia di enti cooperativi», non essendo l’esperienza in tale campo bagaglio di tutti gli iscritti al registro dei revisori contabili.

 

Considerato in diritto

 

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 22 e 23 della legge regionale del Trentino-Alto Adige/Südtirol 9 luglio 2008, n. 5 (Disciplina della vigilanza sugli enti cooperativi), con riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

 

1.1 – Ad avviso del ricorrente, le due citate disposizioni – in quanto, per un verso, individuano e disciplinano la figura professionale dei “revisori cooperativi” e, per altro verso, caratterizzano, ai fini dello svolgimento delle funzioni proprie di detta categoria professionale, anche la figura professionale del “revisore contabile” – si pongono in contrasto col principio fondamentale in materia di regolamento delle professioni, in base al quale spetta esclusivamente allo Stato l’individuazione delle figure professionali con i relativi profili ed ordinamenti didattici.

 

In particolare, la difesa erariale dubita della legittimità costituzionale delle due disposizioni poiché esse disciplinano l’accesso alla figura professionale del revisore cooperativo, prevedendo l’istituzione di un apposito elenco e stabilendo i requisiti ai fini della iscrizione e della permanenza in esso, e poiché stabiliscono che siano abilitati ad effettuare le operazioni di revisione cooperativa anche gli iscritti al registro dei revisori contabili, purché dotati di «specifica competenza in materia di enti cooperativi».

 

2. – Avendo la parte resistente formulato diverse eccezioni di inammissibilità del ricorso, è preliminarmente necessario esaminare la loro fondatezza.

 

2.1. – La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol ritiene che la questione, in quanto parametrata sulla asserita violazione dell’art. 4, comma 1, numero 9, dello statuto di autonomia sia inammissibile poiché non sarebbe chiarito in che modo le due disposizioni censurate siano in contrasto col predetto parametro di legittimità costituzionale.

 

La eccezione, così come formulata dalla resistente, non trova, in realtà, un riscontro nel ricorso introduttivo del giudizio; come emerge chiaramente dal petitum indicato in calce al ricorso, la difesa erariale ha inteso formulare la questione di legittimità costituzionale esclusivamente con riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, violando le disposizioni impugnate, secondo la prospettazione dell’attore, i principi fondamentali in materia di professioni.

 

È ben vero che nel ricorso si richiama anche l’art. 4, comma 1, numero 9, dello statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige/Südtirol, il quale prevede la competenza primaria regionale in materia di «sviluppo della cooperazione e vigilanza sulle cooperative», ma tale richiamo viene ad avere due finalità. La prima è quella di chiarire in quale ambito materiale generale si situa la normativa contenuta nella legge regionale n. 5 del 2008, la quale, ove si eccettuino le uniche due disposizioni censurate, risponde ai limiti competenziali regionali in materia di «vigilanza sulle cooperative». La seconda è quella di escludere che tale disposizione statutaria venga ad attribuire alla Regione specifiche competenze che possano riguardare, nell’ambito della cooperazione, l’aspetto delle professioni.

 

2.2. – La Regione ritiene, altresì, inammissibile la questione sollevata, anche là dove parametrata sull’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in quanto questa disposizione, stante la autonomia speciale di cui gode la Regione, non sarebbe alla medesima applicabile: in particolare non lo sarebbe ove di tale applicazione la parte ricorrente intendesse valorizzarne specificamente i limiti.

 

L’eccezione non ha fondamento.

 

Questa Corte (sentenze n. 370 del 2006 e n. 279 del 2005) ha, infatti, chiarito che, secondo quanto previsto dall’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), alle Regioni a statuto speciale e alle Provincie autonome, «sino all’adeguamento dei rispettivi statuti», si applicano indubbiamente le disposizioni del novellato titolo V della parte seconda della Costituzione «per le parti in cui prevedono forme più ampie di autonomia rispetto a quelle già attribuite», dovendo essere applicate, a seconda dei casi, ora in luogo ora in aggiunta alle disposizioni statutarie, quelle direttamente rinvenibili nella Costituzione, ove queste siano tali da attribuire alla Regione a statuto speciale un ambito di autonomia che non le spetterebbe in base alle sole previsioni statutarie.

 

Nel caso che interessa va osservato – come si è già accennato – che lo statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige/Südtirol non attribuisce alla Regione competenze legislative in materia di professioni. È, pertanto, evidente che la previsione contenuta nel comma terzo dell’art. 117 della Costituzione, attributiva alle Regioni della potestà legislativa concorrente in detta materia, realizzando in favore della predetta Regione una «forma più ampia di autonomia» è applicabile anche a quest’ultima.

 

Ineludibile corollario di siffatta attribuzione legislativa è, tuttavia, che la Regione, trattandosi di materia nella quale la competenza legislativa è concorrente, è tenuta a rispettare i principi fondamentali posti con legge dello Stato (sentenza n. 450 del 2006).

 

Da quanto sopra discende la ammissibilità della questione di legittimità costituzionale in quanto riferita alla assunta violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

 

2.3. – La resistente ritiene che la questione, così come prospettata da parte ricorrente, sarebbe inammissibile stante la sua incerta determinazione.

 

Anche in questo caso la eccezione non coglie nel segno. Infatti, al di là di un evidente errore materiale in cui incorre la difesa erariale allorché, al punto 2 del ricorso, censura i «detti artt. 22 e 23 della legge regionale, nella parte in cui disciplinano l’accesso alla figura professionale dei revisori contabili prevedendo, come si è visto, un apposito elenco e i requisiti di ammissione» ad esso, là dove è palmare, non foss’altro che attraverso il riferimento all’«apposito elenco e [a]i requisiti di ammissione» ad esso, che la figura professionale di cui si parla è quella dei revisori cooperativi, l’oggetto delle doglianze di parte ricorrente è adeguatamente chiaro e preciso, tanto che la difesa regionale non ha avuto in realtà alcuna incertezza in ordine a ciò da cui si doveva difendere.

 

2.4. – Parimenti chiaro è in quali termini le due disposizioni impugnate si porrebbero in contrasto coi principi fondamentali fissati, quanto alla figura del revisore cooperativo, dal decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220 (Norme in materia di riordino della vigilanza sugli enti cooperativi, ai sensi dell’art. 7, comma 1, della legge 3 aprile 2001, n. 142, recante «Revisione della legislazione in materia cooperativistica, con particolare riferimento alla posizione del socio lavoratore»), e, quanto alla figura del revisore contabile, dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88 (Attuazione della direttiva n. 84/253/CEE, relativa alla abilitazione delle persone incaricate del controllo di legge dei documenti contabili).

 

2.5. – Quanto a tale secondo parametro interposto, la difesa regionale afferma anche che sarebbe inammissibile la censura relativa alla sua violazione in quanto, nella deliberazione di impugnazione della legge regionale presa in sede governativa, non ci si dorrebbe del fatto che le due disposizioni disciplinino anche la figura del revisore contabile. Si tratta di una argomentazione destituita di fondamento in fatto, posto che la relazione predisposta dal Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio, che è espressamente richiamata in occasione della deliberazione governativa con la quale si è disposta la impugnazione della legge regionale n. 5 del 2008, precisa che fra i motivi di impugnazione vi è il contrasto con la normativa nazionale concernente il registro dei revisori contabili.

 

3. – Così sgombrato il campo dalle questioni preliminari, può procedersi a valutare il merito del ricorso.

 

La questione di legittimità costituzionale sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri è fondata.

 

3.1. – Questa Corte ha ripetutamente affermato che «la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle professioni deve rispettare il principio secondo cui l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle Regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale. Tale principio, al di là della particolare attuazione ad opera dei singoli precetti normativi, si configura infatti quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale» (sentenza n. 138 del 2009, nonché, fra le altre, sentenze n. 57 del 2007, n. 424 del 2006 e n. 153 del 2006).

 

Ha, altresì, precisato che la «istituzione di un registro professionale e la previsione delle condizioni per la iscrizione in esso hanno già, di per sé, una funzione individuatrice della professione, preclusa alla competenza regionale» (sentenze n. 138 del 2009, n. 93 del 2008, n. 300 del 2007 e n. 355 del 2005).

 

3.2. – Così tratteggiato il quadro della giurisprudenza costituzionale in materia, rileva questa Corte, riguardo al caso in esame, che sia l’art. 22 che il successivo art. 23 della legge regionale n. 5 del 2008 prevedono la istituzione di un apposito elenco ove sono iscritti i revisori cooperativi legittimati ad eseguire la revisione per conto delle associazioni di rappresentanza. In particolare, l’art. 23 disciplina anche i requisiti per essere iscritti in detto elenco, prevedendo, oltre all’avvenuto conseguimento di un determinato titolo di studio e l’espletamento di un periodo di tirocinio, o comunque di esperienza professionale, non infrannuale, anche il superamento di un esame diretto alla verifica delle conoscenze teoriche e pratiche necessarie per lo svolgimento della attività.

 

Non pare dubbio che attraverso la predetta disciplina sia stato delineato il profilo professionale e siano stati individuati i titoli abilitanti necessari per lo svolgimento in ambito regionale della professione di revisore cooperativo, in tal modo travalicando, secondo quanto dianzi precisato, gli ambiti di competenza legislativa regionale in materia di professioni.

 

Ambiti, peraltro, già delineati, con specifico riferimento alla figura del revisore di cooperative, dall’art. 7 del d.lgs. n. 220 del 2002, il quale prevede sia la istituzione, presso il Ministero delle attività produttive di apposito elenco ove sono iscritti i revisori delle cooperative abilitati, sia il percorso formativo necessario per il conseguimento della abilitazione alla attività di vigilanza sulle cooperative.

 

Irrilevante è l’invocato contenuto del comma 5 dell’art 1 del citato d.lgs. n. 220 del 2002, il quale fa salve le funzioni di vigilanza riservate alle Regioni a statuto speciale e alle Provincie autonome, essendo chiaro che siffatta clausola di salvaguardia è limitata alla disciplina delle modalità di esercizio della funzione e non può intendersi estesa anche alla individuazione delle figure e dei titoli professionali necessari per lo svolgimento delle funzioni medesime.

 

3.3. – Né vale osservare, come segnalato dalla difesa regionale nella sua memoria illustrativa, che la predetta figura professionale già era oggetto di disciplina regionale sin dalla legge regionale 29 gennaio 1954, n. 7 (Vigilanza sulle cooperative), e successive modificazioni. Per un verso, infatti, l’esistenza di una preesistente normativa non costituirebbe motivo di preclusione alla impugnazione di altra sopravveniente disciplina che, novando il quadro normativo, andasse a regolare la medesima materia; ma, per altro verso, non può non osservarsi che la precedente legge regionale, là dove disciplinava l’elenco dei revisori, prevedeva che potessero essere iscritti in esso esclusivamente soggetti dotati di una abilitazione professionale, o di una autorizzazione, rilasciate in forza di provvedimenti normativi di fonte statale, di talchè il predetto elenco non si caratterizzava per una sua autonomia, essendo, in sostanza, riproduttivo di altri elenchi compilati sulla base di disposizioni non regionali, ma statali.

 

3.4. – Non diversamente da quanto sopra indicato si atteggia la questione relativa alla dedotta illegittimità costituzionale dell’art. 22 della legge regionale n. 5 del 2008, nella parte in cui esso, al comma 2, prevede che possano svolgere, per conto della «struttura amministrativa», le funzioni di revisore cooperativo anche i revisori contabili, iscritti nel relativo registro tenuto presso il Ministero della giustizia, in quanto dotati di «una specifica competenza in materia di enti cooperativi».

 

In tal modo, infatti, la legge regionale finisce per enucleare, nell’ambito di una categoria professionale prevista da normativa statale, a partire dal d.lgs. n. 88 del 1992, un segmento di essa dotato di una particolare legittimazione professionale, diversificando, quindi, in maniera inammissibile per il legislatore regionale, nel più ampio genere dei revisori contabili, la specie di quelli abilitati anche allo svolgimento delle funzioni di revisori cooperativi.

 

– In accoglimento del ricorso presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri, deve, pertanto, essere dichiarata la illegittimità costituzionale degli artt. 22 e 23 della legge regionale del Trentino-Alto Adige/Südtirol n. 5 del 2008.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la illegittimità costituzionale degli artt. 22 e 23 della legge regionale del Trentino-Alto Adige/Südtirol 9 luglio 2008, n. 5 (Disciplina della vigilanza sugli enti cooperativi).

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 dicembre 2009.

 

F.to:

 

Francesco AMIRANTE, Presidente

 

Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore

 

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

 

Depositata in Cancelleria l'11 dicembre 2009.