ANNO 2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 2, della legge 8 febbraio 2006, n. 54 (Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli), dell'art. 317-bis del codice civile e dell'art. 38 delle disposizioni di attuazione del codice civile, promosso dalla Corte di appello di Lecce nel procedimento vertente tra P. F. e F. F., con ordinanza del 22 dicembre 2008, iscritta al n. 129 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 2009.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 7 ottobre 2009 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro.
Ritenuto che, nel corso di un procedimento avente ad oggetto la entità del contributo economico al mantenimento del figlio riconosciuto di genitori non coniugati e la regolamentazione del diritto di visita, di cui il padre del minore aveva chiesto la revisione, la Corte d'appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto – sezione per i minorenni, con ordinanza del 22 dicembre 2008, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 4, comma 2, della legge 8 febbraio 2006, n. 54 (Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli), 317-bis del codice civile e 38 delle disposizioni di attuazione del codice civile;
che il giudice a quo rileva che la modifica delle norme codicistiche di cui ai citati artt. 317-bis cod. civ. e 38 disp. att. cod. civ., per effetto della lettura sistematica del richiamato art. 4 della legge n. 54 del 2006, contrasta con lo stesso intento dichiarato del legislatore del 2006 di equiparare, nella disciplina, la famiglia di fatto alla famiglia formata da genitori regolarmente coniugati, distinguendole quanto alla individuazione del giudice rispettivamente destinato a provvedere;
che – osserva la Corte rimettente – da un lato, il giudice minorile non è il giudice della separazione fra i conviventi more uxorio, i quali non hanno necessità di alcun intervento della magistratura per separarsi; dall'altro, il tribunale ordinario è il giudice dotato di più specifica esperienza ad occuparsi degli aspetti patrimoniali della famiglia;
che, in tale ottica, la legge n. 54 del 2006 radicalizza, secondo il giudice a quo, la divisione delle competenze (tribunale ordinario per la famiglia “regolare”, tribunale per i minorenni per la famiglia di fatto) anche con riferimento a questioni (diritti patrimoniali, diritti di visita) che non rientrano tra quelle concernenti direttamente il minore;
che la diversità dei modelli processuali – pur in presenza dei medesimi interessi da tutelare e dell'intento dichiarato del legislatore di unificare la disciplina che regolamenta i due tipi di famiglia – comporta, ad avviso del collegio rimettente, una diversificazione nelle possibilità concrete di tutela nelle indicate situazioni;
che, mentre il procedimento camerale innanzi al giudice minorile, non prevede il ricorso per cassazione, concludendosi con un provvedimento non suscettibile di acquisire la forza di giudicato, in quanto sempre revocabile o modificabile, quello innanzi al tribunale ordinario è un normale procedimento di cognizione, anche se si svolge con rito camerale;
che – si osserva nell'ordinanza di rimessione – la considerazione che la innovazione legislativa favorirebbe la concentrazione delle tutele e perciò la ragionevole durata del processo non appare al giudice a quo realistica, alla stregua del rilievo che il procedimento camerale non ha generalmente lunga durata;
che, ciò posto, al collegio rimettente appare evidente il contrasto delle norme impugnate con l'art. 3 Cost. per la diversità di tutela in situazioni identiche, nonché con gli artt. 24 e 111 Cost. per la diversificazione delle possibilità di agire in giudizio e di intensità di tutela, nonostante il contrario intento del legislatore;
che nella ordinanza si sottolinea la rilevanza nel giudizio a quo della risoluzione della questione, che riguarda strettamente la competenza del giudice, non essendo quello minorile, cui è attualmente attribuita la competenza in materia, dotato, quanto agli aspetti patrimoniali, di quella specifica esperienza che invece possiede il tribunale ordinario;
che, nel giudizio innanzi alla Corte, è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, concludendo per la inammissibilità o, comunque, per la manifesta infondatezza della questione.
Considerato che la Corte d'appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto – sezione per i minorenni, dubita della legittimità costituzionale degli artt. 4, comma 2, della legge 8 febbraio 2006, n. 54 (Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli), 317-bis del codice civile e 38 delle disposizione di attuazione del codice civile, nella parte in cui estendono ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati la disciplina dettata dalla citata legge n. 54 del 2006 in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli, con attribuzione al tribunale per i minorenni, anziché al tribunale ordinario, della competenza ad adottare provvedimenti di contenuto patrimoniale o non direttamente concernenti il minore;
che il giudice a quo sospetta la violazione dell'art. 3 Cost., sotto il profilo della diversità di tutela di situazioni identiche, sub specie di ingiustificata disparità di trattamento della famiglia di fatto rispetto a quella legittima quanto alla disciplina processuale, pur in presenza dei medesimi interessi da tutelare; nonché degli artt. 24 e 111 Cost., per le differenti possibilità, in relazione alle due situazioni sopra descritte, di agire in giudizio e per la diversa intensità di garanzie processuali;
che la questione è manifestamente inammissibile per una duplicità di ragioni, ravvisabili, da un lato, nella mancanza di una specifica e univoca formulazione del petitum, non risultando in modo chiaro il contenuto dell'intervento richiesto a questa Corte (ordinanze nn. 187, 155, 117, 70 del 2009); dall'altro, nel mancato svolgimento da parte del giudice a quo del doveroso tentativo di esplorazione della possibilità di una interpretazione adeguatrice delle disposizioni impugnate (ordinanze n. 155 del 2009, n. 441 del 2008).
Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 4, comma 2, della legge 8 febbraio 2006, n. 54 (Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli), 317-bis del codice civile e 38 delle disposizioni di attuazione del codice civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, dalla Corte d'appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto – sezione per i minorenni, con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 novembre 2009.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 6 novembre 2009.