Ordinanza n. 281 del 2009

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ORDINANZA N. 281

ANNO 2009

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Francesco          AMIRANTE                     Presidente

- Ugo                  DE SIERVO                     Giudice

- Paolo                MADDALENA                        “

- Alfio                FINOCCHIARO                      “

- Alfonso            QUARANTA                           “

- Luigi                MAZZELLA                            “

- Gaetano            SILVESTRI                             “

- Sabino              CASSESE                               “

- Maria Rita         SAULLE                                 “

- Giuseppe           TESAURO                              “

- Paolo Maria       NAPOLITANO                        “

- Giuseppe           FRIGO                                    “

- Alessandro        CRISCUOLO                          “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 108 del codice di procedura penale promosso dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Lecce, nel procedimento penale a carico di D. N. L., con ordinanza dell’11 luglio 2008, iscritta al n. 435 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell’anno 2009.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 7 ottobre 2009 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo.

Ritenuto che il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Lecce, con ordinanza depositata l’11 luglio 2008, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111, secondo comma, secondo periodo, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 108 del codice di procedura penale «nella parte in cui non consente al giudice di valutare se il termine a difesa ivi previsto sia stato richiesto effettivamente al fine di prendere cognizione degli atti e per informarsi sui fatti oggetto del procedimento e non per altre indebite finalità»;

che, come il rimettente riferisce, i comportamenti posti in essere dall’imputato e dal difensore «hanno determinato l’impossibilità di definire questa fase processuale» in quanto, all’udienza del 10 luglio 2008, il difensore di fiducia nominato dall’imputato, a seguito di rinuncia e comunque di revoca del precedente difensore, ha chiesto termine per la difesa, ai sensi dell’art. 108 cod. proc. pen., mentre già in un’udienza anteriore l’imputato aveva revocato il difensore, nominandone uno nuovo, il quale, a sua volta, aveva formulato analoga domanda;

che, inoltre, l’imputato ha avanzato due richieste di ricusazione del giudicante, dichiarate inammissibili dalla Corte d’appello di Bari;

che, secondo il rimettente, la disposizione impugnata, non consentendo al giudice di valutare la sussistenza del diritto, per il nuovo difensore dell’imputato che ne faccia richiesta, ad un termine congruo per prendere cognizione degli atti e per informarsi sui fatti oggetto del procedimento, si pone in contrasto con l’art. 3 Cost. perché “irragionevolmente” non permette al giudicante di verificare se la richiesta del termine per la difesa sia stata correttamente finalizzata a prendere cognizione degli atti e ad informarsi sui fatti oggetto del procedimento, «ovvero sia stata mossa da esigenze estranee a tale legittima finalità ed in particolare da esigenze di tipo ostruzionistico, evidentemente frutto di un concerto tra l’imputato e la sua difesa nella sequenza: rinuncia, revoca o abbandono del vecchio difensore e nomina del nuovo difensore o designazione di quello di ufficio e richiesta del termine a difesa da parte di quest’ultimo»;

che, inoltre, la norma impugnata sarebbe in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., in quanto la previsione del diritto al termine per la difesa, senza la facoltà del giudice di valutarne la fondatezza, «è suscettibile di pregiudicare indebitamente le posizioni costituzionalmente garantite degli altri imputati e della parte civile che possono avere interesse ad una rapida definizione del giudizio»;

che la citata norma sarebbe, altresì, in contrasto con l’art. 111, secondo comma, secondo periodo, Cost., poiché «la detta previsione è pure suscettibile di pregiudicare la ragionevole durata del processo, in quanto una serie di comportamenti scientemente posti in essere dall’imputato in concerto con la difesa tecnica secondo la sequenza indicata» determinano ripetuti differimenti dell’udienza, venendo «di fatto a paralizzare l’attività processuale»;

che nel giudizio di legittimità costituzionale ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, eccependo l’inammissibilità della questione, in quanto il dubbio di costituzionalità sollevato dal giudice a quo non concerne il disposto dell’art. 108 cod. proc. pen. in sé e per sé considerato, ma il patologico abuso che del diritto ad ottenere un termine per la difesa alcuni soggetti processuali possono fare.

Considerato che il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Lecce ha riferito di non poter definire la fase processuale a causa delle ripetute revoche del difensore da parte dell’imputato e di rinunce del difensore stesso, alle quali ha fatto seguito la nomina o designazione di nuovo difensore, che a sua volta ha richiesto, ai sensi dell’articolo 108 del codice di procedura penale, il termine per la difesa;

che, inoltre, sono intervenute due istanze di ricusazione formulate dall’imputato nei confronti del giudicante, dichiarate inammissibili dalla Corte d’appello competente;

che, pertanto, il rimettente  ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 108 cod. proc. pen., «nella parte in cui non consente al giudice di valutare se il termine a difesa ivi previsto sia stato richiesto effettivamente al fine di prendere cognizione degli atti e per informarsi sui fatti oggetto del procedimento e non per altre indebite finalità»;

che la questione è manifestamente inammissibile;

che, secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale, prospettate in relazione al funzionamento patologico della disciplina e non riferite, invece, alla norma considerata nel suo contenuto precettivo (sentenze n. 40 del 1998, n. 175 del 1997 e n. 417 del 1996, ordinanza n. 16 del 2006);

che, in particolare, con l’ordinanza n. 16 del 2006, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale sollevata nei confronti della medesima disposizione oggetto di impugnazione, in riferimento agli artt. 111, secondo comma, secondo periodo, 3, 24 e 25 Cost., nella parte in cui consente un esercizio illimitato del diritto di revoca e della facoltà di rinuncia al mandato difensivo;

che, con l’ordinanza citata, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità di questioni di legittimità costituzionale fondate su situazioni prospettate come patologiche, estranee al normale funzionamento della disciplina denunziata, affermando che eventuali interventi volti a prevenire abusi di facoltà processuali sono sottratti al suo sindacato, in quanto di competenza del legislatore;

che, anche nel caso di specie, le doglianze prospettate dal rimettente non concernono effettivi vizi del quadro normativo, ma l’uso distorto che di esso possono fare l’imputato ed il difensore, sicché iniziative dirette a prevenire l’abuso del diritto al termine per la difesa, risolvendosi in una limitazione delle garanzie difensive e di un diritto processuale dello stesso difensore, sono riservate alla discrezionalità del legislatore;

che, inoltre, la questione sollevata presenta un ulteriore profilo di inammissibilità, in quanto il rimettente ha omesso di formulare un petitum specifico, né questo è deducibile dalla motivazione dell’ordinanza di rimessione, lasciando così indeterminata la pronuncia (additiva, interpretativa o caducatoria) che questa Corte dovrebbe emettere per evitare i comportamenti denunziati (ex plurimis: ordinanze nn. 98 e 70 del 2009; n. 380 del 2008; n. 123 del 2007).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 108 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111, secondo comma, secondo periodo, della Costituzione, dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Lecce, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 ottobre 2009.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Alessandro CRISCUOLO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 29 ottobre 2009.