Ordinanza n. 448 del 2008

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ORDINANZA N. 448

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Giovanni Maria   FLICK                                     Presidente

-  Francesco          AMIRANTE                                Giudice

-  Ugo                   DE SIERVO                                    ”

-  Paolo                 MADDALENA                                 ”

-  Alfio                  FINOCCHIARO                              ”

-  Alfonso              QUARANTA                                   ”

-  Franco               GALLO                                           ”

-  Luigi                  MAZZELLA                                    ”

-  Gaetano             SILVESTRI                                     ”

-  Sabino               CASSESE                                       ”

-  Maria Rita          SAULLE                                         ”

-  Giuseppe            TESAURO                                       ”

-  Paolo Maria       NAPOLITANO                                ”

-  Giuseppe            FRIGO                                            ”

-  Alessandro         CRISCUOLO                                  ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 213, comma 2-sexies, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nel suo testo originario, introdotto dall’art. 5-bis, comma 1, lettera c), numero 2, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115 (Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione), introdotto, a sua volta, dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168, promosso con ordinanza del 4 marzo 2008 dal Tribunale di Trieste nel procedimento civile vertente tra M. R. e Ministero dell’Interno iscritta al n. 276 del registro ordinanze 2008 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 2008.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 17 dicembre 2008 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.

Ritenuto che il Tribunale di Trieste ha sollevato – in riferimento agli articoli 3 e 42 della Costituzione – questione di legittimità costituzionale dell’articolo 213, comma 2-sexies, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nel suo testo originario, introdotto dall’art. 5-bis, comma 1, lettera c), numero 2, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115 (Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione), a sua volta introdotto dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168;

che il remittente precisa di censurare la norma «nella parte in cui disponeva la confisca in tutti i casi in cui il ciclomotore o motociclo fosse stato adoperato per commettere una delle violazioni amministrative di cui agli artt. 169, commi 2 e 7, 170 e 171» del medesimo codice della strada;

che, in punto di fatto, il giudice a quo premette di essere investito dell’appello proposto per la riforma della sentenza con cui il Giudice di pace di Trieste ha rigettato l’opposizione presentata – ai sensi dell’art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) – dal proprietario di un quadriciclo per l’annullamento del verbale con il quale, contestata all’appellante la violazione dell’art. 170, commi 2 e 6, del codice della strada (per avere il medesimo condotto un passeggero a bordo del veicolo di sua proprietà, sebbene lo stesso fosse «inidoneo al trasporto di due persone»), veniva comminata a suo carico, oltre alla sanzione pecuniaria, anche quella della confisca del mezzo, ai sensi, appunto, dell’art. 213, comma 2-sexies, del medesimo codice della strada;

che il tribunale evidenzia come il testo originario di tale norma – anteriore, cioè, alle modifiche apportate dall’art. 2, comma 169, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), introdotto dall’art. 1, comma 1, della relativa legge di conversione, 24 novembre 2006, n. 286 (modifiche a seguito delle quali l’applicazione della confisca è ormai limitata alla sola ipotesi in cui ciclomotori o motocicli siano stati adoperati per commettere un reato) – risulti senz’altro applicabile, ratione temporis, alla fattispecie oggetto del giudizio principale;

che, difatti, gli illeciti amministrativi – ai sensi dell’art. 1 della già citata legge n. 689 del 1981 (nell’interpretazione costatante che di tale norma ha proposto la giurisprudenza di legittimità) – sono soggetti al principio tempus regit actum, in ordine al quale la Corte costituzionale, rammenta il remittente, ha sempre escluso sussistere dubbi di costituzionalità, data l’assenza di un «vincolo per il legislatore nel senso dell’applicazione della legge più favorevole»;

che, ciò premesso, il giudice a quo – nel sottolineare che l’appellante ha chiesto sollevarsi questione di legittimità costituzionale del testo originario dell’art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada «per irragionevolezza e sproporzione della misura di sicurezza amministrativa di carattere patrimoniale della confisca obbligatoria del veicolo e per l’ingiustificata compressione del diritto di proprietà privata» – ha ritenuto necessario dare corso all’incidente di costituzionalità;

che il remittente reputa la questione rilevante – dal momento che il giudizio principale non potrebbe essere definito indipendentemente dalla sua risoluzione, giacché nel caso di specie è necessario applicare la sanzione (confisca) «che era prevista dalla disciplina vigente al momento della commissione del fatto illecito» – e non manifestamente infondata;

che sussiste, a suo dire, «certamente un fumus di irragionevolezza e sproporzione tra la condotta e la sanzione accessoria, anche alla luce dei successivi interventi del legislatore che è parso prendere atto delle incongruenze della norma»;

che, d’altra parte, in senso contrario non potrebbe invocarsi la sentenza (n. 345 del 2007) con cui la Corte costituzionale ha escluso l’illegittimità costituzionale dell’art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada, giacché essa ha riguardato la disposizione de qua nella parte in cui stabilisce che è «sempre disposta la confisca del veicolo in tutti i casi in cui un ciclomotore o un motoveicolo sia stato adoperato per commettere un reato, sia che il reato sia stato commesso da un conducente maggiorenne, sia che sia stato commesso da un conducente minorenne»;

che su tali basi, quindi, il remittente ha chiesto dichiararsi l’illegittimità costituzionale del testo originario dell’art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada «nella parte in cui disponeva la confisca in tutti i casi in cui il ciclomotore o motociclo fosse stato adoperato per commettere una delle violazioni amministrative di cui agli artt. 169, commi 2 e 7, 170 e 171» del medesimo codice;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sollevata sia dichiarata inammissibile o infondata;

che, in particolare, la difesa statale deduce che in relazione al testo originario dell’art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada è già intervenuta l’ordinanza della Corte costituzionale n. 125 del 2008, la quale ha affermato che appare conforme al principio di ragionevolezza «la scelta del legislatore di reprimere più intensamente, mediante l’irrogazione anche della sanzione accessoria della confisca del mezzo, oltre che di quella pecuniaria», non soltanto «l’infrazione consistente nell’inosservanza dell’obbligo di indossare il casco protettivo (posta in essere dal conducente di un veicolo a due ruote o da eventuali passeggeri trasportati a bordo dello stesso)», ma anche «altre infrazioni» (tra le quali anche quella oggetto del giudizio principale) «che condividono, con la prima, la medesima funzione di prevenire i rischi specifici derivanti da quegli incidenti nei quali risultino coinvolti veicoli a due ruote».

Considerato che il Tribunale di Trieste ha sollevato – in riferimento agli articoli 3 e 42 della Costituzione – questione di legittimità costituzionale dell’articolo 213, comma 2-sexies, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nel suo testo originario, introdotto dall’art. 5-bis, comma 1, lettera c), numero 2, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115 (Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione), a sua volta introdotto dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168;

che il giudice a quo censura la norma «nella parte in cui disponeva la confisca in tutti i casi in cui il ciclomotore o motociclo fosse stato adoperato per commettere una delle violazioni amministrative di cui agli artt. 169, commi 2 e 7, 170 e 171» del medesimo codice della strada, ritenendo la stessa applicabile – in base al corretto presupposto di dover decidere la controversia devoluta al suo esame proprio facendo applicazione, ratione temporis, del previgente testo di tale norma – alla fattispecie oggetto del giudizio principale;

che, in via preliminare, deve essere dichiarata la manifesta inammissibilità della censura formulata in riferimento all’art. 42 Cost., non avendo il remittente addotto alcuna motivazione in relazione all’ipotizzato contrasto tra la contestata disposizione e tale parametro costituzionale;

che quanto, invece, alla violazione dell’art. 3 Cost. la questione è manifestamente infondata, avendo questa Corte già più volte vagliato, sempre con esito negativo, il preteso difetto di ragionevolezza della norma censurata (ordinanza n. 125 del 2008; ordinanze n. 256 e n. 196 del 2008);

che, difatti, la Corte ha ritenuto sorretta «da una adeguata ragione giustificativa» la scelta del legislatore di «reprimere più intensamente, mediante l’irrogazione anche della sanzione accessoria della confisca del mezzo, oltre che di quella pecuniaria», sia «l’infrazione consistente nell’inosservanza dell’obbligo di indossare il casco protettivo (posta in essere dal conducente di un veicolo a due ruote o da eventuali passeggeri trasportati a bordo dello stesso)», sia quelle altre infrazioni che condividono, con la prima, «la medesima funzione di prevenire i rischi specifici derivanti da quegli incidenti nei quali risultino coinvolti veicoli a due ruote» (ai quali, a tutti gli effetti, deve essere equiparato il “quadriciclo”, ai sensi dell’art. 53, lettera h, del codice della strada);

che, infatti, si è «ritenuto di identificare la ratio legis della più accentuata risposta punitiva» – a cui sono assoggettate le infrazioni de quibus «attraverso la previsione della sanzione accessoria della confisca» del mezzo – «nella necessità di prevenire i rischi specifici conseguenti alla utilizzazione dei veicoli a due ruote» (ordinanze n. 256, n. 196 e n. 125 del 2008);

che si è, pertanto, precisato che le «misure dirette ad attenuare le conseguenze che possano derivare dai traumi prodotti da incidenti, nei quali siano coinvolti motoveicoli», risultano dettate da esigenze tali da escludere che il più severo trattamento punitivo – previsto dal testo originario dell’art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada, per le violazioni amministrative di cui agli artt. 169, commi 2 e 7, 170 e 171 del medesimo codice – limiti irragionevolmente la «estrinsecazione della personalità» del soggetto sanzionato (ordinanze n. 256, n. 196 e n. 125 del 2008);

che, pertanto, non essendo state prospettate censure nuove e diverse da quelle già esaminate da questa Corte, la censura di violazione dell’art. 3 Cost. deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 213, comma 2-sexies, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nel suo testo originario, introdotto dall’art. 5-bis, comma 1, lettera c), numero 2, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115 (Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione), a sua volta introdotto dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168, sollevata, in riferimento all’articolo 42 della Costituzione, dal Tribunale di Trieste, con l’ordinanza indicata in epigrafe;

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del medesimo art. 213, comma 2-sexies, del d.lgs. n. 285 del 1992, sempre nel suo testo originario, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Trieste, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 dicembre 2008.

F.to:

Giovanni Maria FLICK, Presidente

Alfonso QUARANTA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 29 dicembre 2008.