ORDINANZA N. 256
ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE ”
- Ugo DE SIERVO ”
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Maria Rita SAULLE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 213, comma 2-sexies (comma introdotto dall’art. 5-bis, comma 1, lettera c, numero 2, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, recante «Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione», nel testo risultante dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promosso con ordinanza del 15 novembre 2007 dal Giudice di pace di Vasto nel procedimento civile vertente tra P.M. e l’Ufficio territoriale del Governo di Chieti, iscritta al n. 52 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell’anno 2008.
Visto l’atto di intervento del Presidente del consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 25 giugno 2008 il giudice relatore Alfonso Quaranta.
Ritenuto che il Giudice di pace di Vasto, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha sollevato – in riferimento agli articoli 3 e 27 della Costituzione – questione di legittimità costituzionale dell’articolo 213, comma 2-sexies (comma introdotto dall’art. 5-bis, comma 1, lettera c, numero 2, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, recante «Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione», nel testo risultante dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui prevede che è «sempre disposta la confisca in tutti i casi in cui un ciclomotore o un motoveicolo sia stato adoperato per commettere una delle violazioni amministrative di cui agli articoli 169, commi 2 e 7, 170 e 171, o per commettere un reato»;
che il giudice remittente evidenzia, in via preliminare, come il legislatore, «resosi conto della sproporzione della sanzione» accessoria de qua, abbia modificato la disciplina in contestazione;
che, infatti, l’art. 2, comma 169, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), comma aggiunto dall’art. 1, comma 1, della relativa legge di conversione 24 novembre 2006, n. 286, ha novellato la formulazione dell’art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada, limitando l’applicazione della sanzione della confisca ai soli casi in cui ciclomotori e motoveicoli siano adoperati per commettere un reato;
che, nondimeno, secondo il giudice a quo, la nuova disciplina non può applicarsi alla fattispecie oggetto del giudizio principale, e ciò per effetto del principio sancito dall’art. 1 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), secondo cui le leggi che prevedono sanzioni amministrative «si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati»;
che il remittente, pertanto, reputa di dover decidere in applicazione del testo originario dell’art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada l’opposizione proposta dal proprietario di un ciclomotore avverso il verbale con il quale è stata contestata, al conducente del mezzo, l’infrazione (art. 170 del codice della strada) consistente nel trasporto di un terzo «benché nel certificato di circolazione non fosse indicato il posto per il passeggero»;
che il Giudice di pace di Vasto assume, tuttavia, l’illegittimità costituzionale della norma de qua per contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost.;
che è ipotizzata, innanzitutto, la «violazione del principio di ragionevolezza» e «proporzionalità della sanzione», in quanto «alla sanzione pecuniaria principale, fissata in misura modesta» corrisponde «una sanzione accessoria notevolmente penalizzante per il cittadino»;
che è dedotta, poi, la «violazione del principio della eguaglianza dei cittadini davanti alla legge», e ciò sotto un duplice concorrente profilo;
che, infatti, «a fronte di una identica fattispecie astratta», la sanzione della confisca si applica «solo a coloro che hanno subìto l’accertamento prima della modifica introdotta» al testo della norma censurata dalla citata legge n. 286 del 2006;
che la norma censurata, inoltre, determinerebbe una «disparità di trattamento sanzionatorio», non applicandosi ad «analoghe condotte compiute alla guida di altri tipi di veicoli, sanzionate sempre a tutela della sicurezza della circolazione e dell’incolumità personale» (sono indicate, a titolo esemplificativo, quelle previste dagli artt. 164, 169 e 172 del codice della strada);
che il remittente, infine, assume l’illegittimità costituzionale della norma anche «per mancato bilanciamento degli interessi», in quanto, nella specie, la tutela riservata alla sicurezza della circolazione stradale «comprime eccessivamente il diritto di proprietà», in particolare quando la confisca colpisce un soggetto «diverso dal trasgressore»;
che per la stessa ragione, infine, è dedotta anche la «violazione del principio di personalità» della sanzione, «poiché la sanzione della confisca colpisce esclusivamente il proprietario del veicolo, di solito un soggetto diverso dal trasgressore»;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato;
che la difesa statale ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità della questione, giacché il remittente non avrebbe motivato in ordine alla sua rilevanza rispetto al giudizio principale;
che, in subordine, la difesa statale assume la non fondatezza della questione sollevata;
che, infatti, preliminarmente esclusa la possibilità di evocare quale parametro l’art 27 Cost. (che si riferisce alle sole sanzioni penali e non anche a quelle amministrative), la legittimità costituzionale della norma censurata andrebbe valutata, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, in relazione al solo art. 3 Cost;
che sotto questo profilo, tuttavia, la questione si presenta non fondata, come emergerebbe dalla sentenza della Corte costituzionale n. 345 del 2007.
Considerato che il Giudice di pace di Vasto, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha sollevato – in riferimento agli articoli 3 e 27 della Costituzione – questione di legittimità costituzionale dell’articolo 213, comma 2-sexies (comma introdotto dall’art. 5-bis, comma 1, lettera c, numero 2, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, recante «Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione», nel testo risultante dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui prevede che è «sempre disposta la confisca in tutti i casi in cui un ciclomotore o un motoveicolo sia stato adoperato per commettere una delle violazioni amministrative di cui agli articoli 169, commi 2 e 7, 170 e 171, o per commettere un reato»;
che la questione è rilevante, atteso che il giudice a quo muove dal corretto (ed adeguatamente motivato) presupposto di dover decidere la controversia devoluta al suo esame facendo applicazione della norma suddetta nel suo testo originario;
che la questione è, però, manifestamente infondata, alla luce di quanto affermato da questa Corte nell’ordinanza n. 125 del 2008, nonché ribadito nell’ordinanza n. 196 del 2008;
che – come osservato nelle ordinanze testé menzionate – risulta, prima facie, non fondata la dedotta violazione dell’art. 27 Cost., essendo la giurisprudenza costituzionale costante nell’affermare «che il parametro costituzionale suddetto si riferisce esclusivamente alle sanzioni penali e non pure a quelle amministrative» (ordinanze n. 125 e n. 196 del 2008);
che, del pari, in entrambe le pronunce di questa Corte sopra richiamate, si è sottolineata l’esistenza di «una adeguata ragione giustificativa» a fondamento della scelta del legislatore di «reprimere più intensamente, mediante l’irrogazione anche della sanzione accessoria della confisca del mezzo, oltre che di quella pecuniaria», sia «l’infrazione consistente nell’inosservanza dell’obbligo di indossare il casco protettivo (posta in essere dal conducente di un veicolo a due ruote o da eventuali passeggeri trasportati a bordo dello stesso)», sia quelle altre infrazioni – tra le quali anche quella oggetto del giudizio principale – che condividono, con la prima, «la medesima funzione di prevenire i rischi specifici derivanti da quegli incidenti nei quali risultino coinvolti veicoli a due ruote»;
che, difatti, si è «ritenuto di identificare la ratio legis della più accentuata risposta punitiva» – stabilita per le infrazioni de quibus «attraverso la previsione della sanzione accessoria della confisca» del mezzo – «nella necessità di prevenire i rischi specifici conseguenti alla utilizzazione dei veicoli a due ruote», precisandosi, così, che le «misure dirette ad attenuare le conseguenze che possano derivare dai traumi prodotti da incidenti, nei quali siano coinvolti motoveicoli» risultano dettate da esigenze tali da non far reputare irragionevolmente limitatrici della «estrinsecazione della personalità» il più severo trattamento sanzionatorio, previsto dal testo originario dell’art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada, per le violazioni amministrative di cui agli artt. 169, commi 2 e 7, 170 e 171 del medesimo codice (ordinanze n. 196 e n. 125 del 2008);
che, del pari, si è esclusa l’irragionevolezza della scelta legislativa di far gravare la sanzione della confisca «anche sul proprietario del mezzo che non sia il responsabile dell'infrazione stradale», ribadendo quella consolidata affermazione della giurisprudenza costituzionale secondo cui «la responsabilità del proprietario di un veicolo per le violazioni commesse da chi si trovi alla guida costituisce, nel sistema delle sanzioni amministrative previste per le violazioni delle norme relative alla circolazione stradale, un principio di ordine generale», principio destinato ad operare in riferimento tanto alla sanzione pecuniaria principale quanto a quelle accessorie, salvo che queste ultime non presentino contenuto «afflittivo personale», tale non essendo, però, il caso della confisca «giacché essa mantiene i suoi effetti in un ambito puramente “patrimoniale”» (ordinanze n. 196 e n. 125 del 2008);
che quanto, poi, alle asserite disuguaglianze, che deriverebbero dalla prevista irrogazione della sanzione suddetta soltanto in caso di infrazioni commesse attraverso l’uso di ciclomotori o motoveicoli, questa Corte ha ribadito come ogni iniziativa volta a superarle «non potrebbe che spettare al legislatore», stante, comunque, l’ampia discrezionalità che caratterizza la scelta di «rimodellare il sistema della confisca, stabilendo alcuni canoni essenziali al fine di evitare che l’applicazione giudiziale della sanzione amministrativa produca disparità di trattamento» (così, nuovamente, le ordinanze n. 196 e n. 125 del 2008);
che è, infine, manifestamente infondata anche la censura – tra le varie prospettate dall’odierno rimettente – che presenta carattere di novità, rispetto a quelle già prese in esame da questa Corte con le citate ordinanze n. 196 e n. 125 del 2008;
che, difatti, l’ipotizzata disparità di trattamento – derivante dalla circostanza che la sanzione prevista dal testo originario dell’art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada, pur «a fronte di una identica fattispecie astratta», si applica soltanto a coloro che hanno subìto l’accertamento di taluna delle infrazioni stradali di cui agli artt. 169, commi 2 e 7, 170 e 171 del medesimo codice, prima della modifica introdotta alla norma censurata dal già più volte citato ius superveniens costituito dall’art. 2, comma 169, de d.l. n. 268 del 2006 – non costituisce affatto una evenienza patologica, bensì – come rilevato, tra l’altro, dallo stesso remittente – l’effetto tipicamente riconducibile alla vigenza del principio sancito dall’art. 1 delle legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), in forza del quale le leggi che prevedono sanzioni amministrative «si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati».
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 213, comma 2-sexies (comma introdotto dall’art. 5-bis, comma 1, lettera c, numero 2, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, recante «Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione», nel testo risultante dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui prevede che è «sempre disposta la confisca in tutti i casi in cui un ciclomotore o un motoveicolo sia stato adoperato per commettere una delle violazioni amministrative di cui agli articoli 169, commi 2 e 7, 170 e 171, o per commettere un reato», sollevata – in riferimento agli articoli 3 e 27 della Costituzione – dal Giudice di pace di Vasto, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 giugno 2008.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Alfonso QUARANTA, Redattore
Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 4 luglio 2008.