SENTENZA N. 291
ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZAnei giudizi di legittimità costituzionale degli articoli da 30 a 42 del regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038 (Approvazione del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti), promosso con ordinanza del 5 giugno 2007 dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione siciliana nel giudizio sul conto reso dalla Bipielle Società di gestione del credito s.p.a., nella qualità di cassiere dell’Azienda ospedaliera V. Cervello di Palermo, iscritta al n. 803 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 49, prima serie speciale, dell’anno 2007.
Visto l’atto di intervento del presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 25 giugno 2008 il Giudice relatore Paolo Maddalena.
Ritenuto in fatto
1. ¾ Con ordinanza del 5 giugno 2007, notificata in data 12 settembre 2007, iscritta al n. 803 del registro ordinanze dell’anno 2007, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, solleva, in riferimento agli artt. 24 e 111, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli articoli da 30 a 42 del regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038 (Approvazione del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti), nella parte in cui, «nel regolare la procedura del giudizio di conto, non prevedono che la relazione del Magistrato Relatore in uno al decreto di fissazione della conseguente udienza per la celebrazione del giudizio di conto stesso, sia notificata anche all’Amministrazione».
1.1. ¾ Le disposizioni censurate prevedono la trasmissione della suddetta relazione al solo procuratore generale (art. 30) e, più complessivamente (articoli da 31 a 42), la partecipazione del solo pubblico ministero contabile (e non della pubblica amministrazione) al giudizio sul conto reso o omesso dal contabile.
2. ¾ In punto di fatto, la rimettente sezione regionale della Corte dei conti chiarisce:
a) che il magistrato relatore, esaminando i conti dei tesorieri di diverse Aziende U.S.L. ed ospedaliere della Provincia di Palermo, ha contestato la legittimità della liquidazione degli interessi passivi posti a carico dell’Azienda ospedaliera “V. Cervello” di Palermo per anticipazioni di cassa da parte del tesoriere Banca Popolare Italiana s.p.a., da cui risulta un debito finale, a carico dell’Azienda ospedaliera, di € 646, 79;
b) che il magistrato relatore nella sua relazione ha chiesto l’iscrizione a ruolo del conto in questione, al fine di accertare il «superiore addebito a carico dell’Azienda ed in favore del contabile “Banca Popolare Italiana s.p.a.”, con contestuale discarico di quest’ultima»;
c) che il Presidente di sezione ha fissato con decreto apposto in calce alla suddetta relazione l’udienza di trattazione e che la relazione, unitamente al decreto presidenziale, è stata, poi, notificata alla società contabile;
d) che “Bipielle” Società di gestione del credito s.p.a., quale mandataria della “Banca Popolare Italiana s.p.a.” ha depositato una memoria di costituzione, aderendo alle conclusioni del magistrato relatore;
e) che la relazione non risulta, invece, notificata all’Azienda ospedaliera “V. Cervello” di Palermo, la quale non si è, pertanto, costituta nel giudizio di conto.
2.1. ¾ In ordine alla non manifesta infondatezza della questione, il giudice rimettente rileva che tale mancata notifica e, quindi, la mancata partecipazione dell’Azienda ospedaliera al giudizio derivano dalla disciplina positiva degli impugnati artt. da 30 a 42 del regio decreto n. 1038 del 1933, il quale configura il giudizio di conto, «configurando il contraddittorio esclusivamente nei confronti del contabile».
Questa disciplina sarebbe, tuttavia, in contrasto con gli artt. 24 e 111, secondo comma, della Costituzione.
Tali disposizioni costituzionali, secondo il rimettente, impongono anzitutto al legislatore che ogni processo si svolga nel contraddittorio e nella parità processuale delle parti sostanziali.
Parti sostanziali sarebbero, nella specie, non solo il contabile, ma anche la amministrazione interessata, dato che essa subisce le conseguenze giuridiche «dell’accertamento giudiziale dell’eventuale credito/debito riconosciuto ed accertato dalla Corte in capo al contabile».
La mancata partecipazione di una parte sostanziale al giudizio di conto varrebbe a negare il contraddittorio e a determinare una chiara ed illegittima disparità tra le parti.
Né «la pur necessaria partecipazione del P.M., quale garante “dell’imparziale buona gestione contabile”» sarebbe, per il remittente, sufficiente a «soddisfare di per sé la richiesta condizione di parità processuale e di contraddittorio tra le parti sostanziali».
A conferma di tale tesi la rimettente sezione regionale della Corte dei conti richiama la sentenza n. 1 del 2007 della Corte costituzionale, che, in materia di giudizio per il rimborso di quote inesigibili d’imposta, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli articoli 52, 53 e 54 del medesimo regio decreto n. 1038 del 1933, nella parte in cui non prevedono che il ricorso dell’esattore sia notificato all’amministrazione finanziaria e che anche ad essa siano dati gli ulteriori avvisi.
Alla luce della prospettata analogia tra le due questioni, secondo la rimettente Corte dei conti, dovrebbe allora dichiararsi la illegittimità costituzionale pure degli artt. da 30 a 42 del regio decreto n. 1038 del 1933, nella parte in cui, «nel regolare la procedura del giudizio di conto, non prevedono che la relazione del Magistrato Relatore in uno al decreto di fissazione della conseguente udienza per la celebrazione del giudizio di conto stesso, sia notificata anche all’Amministrazione».
2.2. ¾ Il giudice rimettente chiarisce di stare celebrando l’udienza del giudizio di conto e, in ordine alla rilevanza della questione, sostiene che dall’accoglimento di essa nei termini prospettati «deriverebbe la necessità di procedere ai surriferiti adempimenti processuali per la corretta instaurazione del contraddittorio con l’Amministrazione e l’ulteriore regolare seguito del giudizio di conto».
2.3. ¾ Il rimettente dispone, infine, la notifica dell’ordinanza di rimessione alla indicata Azienda ospedaliera, affermando che questa sarebbe portatrice di un interesse personale e diretto strettamente legato al giudizio in corso, che potrebbe trovare tutela solo attraverso un’eventuale costituzione nel giudizio incidentale di costituzionalità. Ed invoca, sul punto, le sentenze n. 42 del 1991 e n. 314 del 1993 della Corte costituzionale.
3. ¾ E’ intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato una memoria, con la quale chiede che la questione venga dichiarata inammissibile o manifestamente infondata.
3.1. ¾ La difesa erariale ricostruisce, anzitutto, il procedimento del giudizio di conto, rilevando come in esso il pubblico ministero intervenga a tutela dell’ordinamento, degli interessi generali ed indifferenziati della collettività, ma, al contempo, agisca anche a tutela degli interessi concreti e particolari dei singoli e delle amministrazioni pubbliche.
Proprio la necessaria partecipazione del pubblico ministero, quale garante imparziale non solo della buona gestione contabile, ma anche degli interessi dei singoli e delle amministrazioni pubbliche interessate, varrebbe, per l’Avvocatura dello Stato, a soddisfare la condizione di parità processuale e di contraddittorio tra le parti sostanziali del rapporto.
3.2. ¾ Sotto questo profilo, la questione sarebbe, allora, manifestamente infondata. Ma essa, per l’Avvocatura generale, sarebbe pure (e prima ancora) inammissibile, dacché la richiesta pronuncia additiva tesa a configurare una diretta partecipazione dell’amministrazione interessata al giudizio di conto, più che ad attuare gli evocati principi costituzionali, verrebbe piuttosto a modificare radicalmente il modello processuale esistente ovvero ad effettuare una scelta normativa non costituzionalmente obbligata e rimessa unicamente alle scelte discrezionali del legislatore.
Considerato in diritto
1. ¾ La Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, solleva, in riferimento agli artt. 24 e 111, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli articoli da 30 a 42 del regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038 (Approvazione del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti), nella parte in cui, «nel regolare la procedura del giudizio di conto, non prevedono che la relazione del Magistrato Relatore in uno al decreto di fissazione della conseguente udienza per la celebrazione del giudizio di conto stesso, sia notificata anche all’Amministrazione».
1.1. ¾ Il rimettente censura le disposizioni denunciate in quanto esse (art. 30) prevedono la trasmissione della suddetta relazione al solo procuratore generale ed inoltre (articoli da 31 a 42), prevedono la partecipazione del solo pubblico ministero contabile e non della pubblica amministrazione al giudizio di conto.
Il rimettente sostiene che l’amministrazione interessata dovrebbe essere parte del giudizio di conto, dato che essa subisce le conseguenze giuridiche «dell’accertamento giudiziale dell’eventuale credito/debito riconosciuto ed accertato dalla Corte in capo al contabile», e che la mancata partecipazione al giudizio di tale parte sostanziale contrasterebbe con il diritto di difesa, con il principio del contraddittorio e con il principio della parità delle parti, sanciti dagli artt. 24 e 111, secondo comma, della Costituzione.
Né «la pur necessaria partecipazione del P.M., quale garante “dell’imparziale buona gestione contabile”» sarebbe, per il rimettente, sufficiente a «soddisfare di per sé la richiesta condizione di parità processuale e di contraddittorio tra le parti sostanziali».
Il giudice a quo richiama, sul punto, il precedente costituito dalla sentenza n. 1 del 2007 di questa Corte, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 52, 53 e 54 del medesimo regio decreto n. 1038 del 1933, proprio nella parte in cui non prevedono che il ricorso dell’esattore sia notificato all’amministrazione finanziaria e che anche ad essa siano dati gli ulteriori avvisi nell’àmbito del giudizio per rifiutato rimborso di quote di imposta inesigibili.
2. ¾ La questione non è fondata.
2.1. ¾ Il rimettente chiede, in buona sostanza, una pronuncia additiva che valga ad imporre la partecipazione necessaria al giudizio di conto dell’amministrazione interessata, ritenendo insufficiente la partecipazione del pubblico ministero contabile per la rappresentazione degli interessi di quest’ultima.
Questa Corte ha più volte chiarito (si vedano le sentenze n. 104 del 1989 e n. 65 del 1992) che il pubblico ministero contabile interviene a tutela dell'ordinamento e degli interessi generali ed indifferenziati della collettività e, al contempo, agisce, per questa via, anche a tutela degli interessi concreti e particolari dei singoli e delle amministrazioni pubbliche. Ciò vale, pertanto, a ritenere integrato il principio del contraddittorio e rispettato il principio di parità processuale.
2.2. ¾ A tale consolidato indirizzo la recente sentenza n. 1 del 2007, invocata dal rimettente, non apporta alcuna modifica che sia rilevante ai fini del presente giudizio.
Con tale pronuncia, infatti, si è ritenuta l’illegittimità costituzionale degli artt. 52, 53 e 54 del regio decreto n. 1038 del 1933, proprio perché si è ritenuto che il giudizio per rifiutato rimborso di quote di imposta inesigibili fuoriesca dallo schema generale dei giudizi contabili.
Si è ritenuto, in specie, che la peculiarità di tale giudizio discenda dal fatto che esso sia promosso ad istanza di parte, nonché nell’interesse esclusivo o dell’esattore, o (caso meno frequente a verificarsi) dell’Amministrazione, considerata in posizione paritetica a quella della parte privata. Ed in considerazione di questa specialità di giudizio, che ha ad oggetto un rapporto paritetico e non l’interesse oggettivo dell’ordinamento, si è ritenuto necessario estendere la legittimazione processuale all’Amministrazione interessata, qualora sia l’esattore ad agire, ed a quest’ultimo, qualora l’azione sia promossa dall’Amministrazione.
Al di fuori di tale ipotesi, pertanto, ed, in particolare, in riferimento al giudizio di conto (che non presenta le evidenziate peculiarità del giudizio per rifiutato rimborso di quote di imposta inesigibili e che, anzi, presenta specifici profili di controllo giurisdizionale automatico ed obiettivo) il consolidato indirizzo sopra richiamato deve essere espressamente confermato.
2.3. ¾ Alla luce di quanto appena osservato, si deve, dunque, escludere qualsiasi violazione degli artt. 24 e 111 della Costituzione.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli da 30 a 42 del regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038 (Approvazione del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti), sollevata, in riferimento agli artt. 24 e 111, secondo comma, della Costituzione, dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 2008.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Paolo MADDALENA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2008.