SENTENZA N. 200
ANNO 2008
Commenti alla decisione di
I. Cristina Napoli, La Consulta statutaria calabrese: tra incertezze legislative e parziali chiarimenti giurisprudenziali (per gentile concessione del Forum dei Quaderni Costituzionali)
II. Davide Baldazzi, Le “consulte di garanzia statutaria” tra dispute dottrinali e concrete possibilità di azione (per gentile concessione del Forum dei Quaderni Costituzionali)
III. Antonio Ruggeri, Il doppio volto della Consulta statutaria calabrese (per gentile concessione del Forum dei Quaderni Costituzionali)
IV. Roberto Romboli, La natura amministrativa degli organi di garanzia statutaria e delle relative decisioni: la Corte costituzionale infrange il sogno di un’Alta corte per la regione calabrese (per gentile concessione del sito dell’AIC – Associazione Italiana dei Costituzionalisti)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE ”
- Ugo DE SIERVO ”
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Maria Rita SAULLE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZAnel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 1, 6, 7 e 8 della legge della Regione Calabria 5 gennaio 2007, n. 2 (Istituzione e disciplina della Consulta Statutaria), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 12 marzo 2007, depositato in cancelleria il 20 marzo 2007 ed iscritto al n. 16 del registro ricorsi 2007.
Visto l’atto di costituzione della Regione Calabria;
udito nell’udienza pubblica del 15 aprile 2008 il Giudice relatore Gaetano Silvestri;
uditi l’avvocato dello Stato Gianna Maria De Socio per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Raffaele Silipo per la Regione Calabria.
Ritenuto in fatto1. – Con ricorso notificato il 12 marzo 2007 e depositato il successivo 20 marzo, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 1, 6, 7 e 8 della legge della Regione Calabria 5 gennaio 2007, n. 2 (Istituzione e disciplina della Consulta Statutaria), per violazione degli artt. 102, 103, 117, secondo comma, lettera l), e 123, quarto comma, della Costituzione.
1.1. – In particolare, il ricorrente ritiene che l’art. 3, comma 1, della legge reg. Calabria n. 2 del 2007, nella parte in cui prevede che «Nei sei anni dello svolgimento del loro mandato, i componenti della Consulta non possono essere perseguiti, per responsabilità penale, civile o contabile, esclusivamente, per le opinioni espresse (dissenzienti o consenzienti) e per i voti dati nello stretto esercizio delle loro funzioni», violi l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., «non essendo consentito alle Regioni di stabilire autonomamente delle scriminanti, in ogni caso, delle cause di esenzione dalla responsabilità penale, civile e amministrativa che non siano già previste dalla normativa statale».
1.2. – In merito alle censure mosse agli artt. 6, 7 e 8 della legge reg. Calabria n. 2 del 2007, il Presidente del Consiglio osserva come queste disposizioni attribuiscano alla Consulta statutaria «poteri ulteriori» rispetto all’emanazione di pareri semplicemente consultivi, «configurando l’adozione da parte della stessa di decisioni e pareri di carattere vincolante per i soggetti interessati e per tutti gli enti ed organi della Regione, istituto quest’ultimo tipico delle decisioni a contenuto giurisdizionale».
Secondo la difesa erariale, ciò determinerebbe un contrasto con l’art. 123 Cost., nella parte in cui prevede che «in ogni Regione, lo statuto disciplina il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali».
Inoltre, sarebbero stati superati i limiti posti dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 378 del 2004 e la Consulta statutaria calabrese avrebbe assunto «il carattere ibrido» di organo consultivo e, al tempo stesso, «munito di potestà decisoria vincolante nei riguardi di tutti gli organi ed enti della Regione».
Il ricorrente ritiene, pertanto, che le norme contenute negli artt. 6, 7 e 8, violino gli artt. 102, 103 e 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto attribuirebbero alla Consulta statutaria «la decisione in ordine all’interpretazione delle norme che individuino la competenza delle amministrazioni pubbliche, riservata ex artt. 102 e 103 della Costituzione, alla giustizia amministrativa ed ordinaria». La Regione Calabria, dunque, con le disposizioni impugnate avrebbe superato i limiti della competenza regionale, previsti dall’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. nella materia «giurisdizione e norme processuali» e dagli artt. 102, 103 e 123 Cost.
2. − Con atto depositato il 10 aprile 2007, la Regione Calabria si è costituita in giudizio, chiedendo che il ricorso sia rigettato.
2.1. – In merito alla questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto la norma di cui all’art. 3, comma 1, della legge reg. Calabria n. 2 del 2007, la resistente ritiene che si tratti di una «semplice “estensione” ai componenti della Consulta della nota insindacabilità già prevista per i consiglieri di tutte le Regioni dall’art. 122, quarto comma, Cost., con l’aggiunta di un avverbio (esclusivamente) e di un aggettivo (stretto) che appunto mirano a restringere ulteriormente l’insindacabilità prevista».
La difesa regionale sostiene che la ratio della norma impugnata sia quella di «mettere i componenti della Consulta nella condizione di non dover subire alcun condizionamento di sorta durante l’esercizio del loro mandato di custodi della legalità statutaria», al fine di assicurare «l’autonomia della Consulta» secondo quanto previsto dall’art. 57, comma 6, della legge della Regione Calabria 19 ottobre 2004, n. 25 (Statuto della Regione Calabria). In proposito, la resistente, dopo aver ricordato che fra le attribuzioni della Consulta rientra la valutazione della compatibilità con lo statuto degli atti (legislativi e regolamentari) del Consiglio regionale, sottolinea che l’estensione dell’insindacabilità ai membri della Consulta risponde all’esigenza di garantire «una qualche “parità delle armi”» fra quest’ultima e il Consiglio regionale.
Pertanto, la norma di cui all’art. 3, comma 1, della legge reg. Calabria n. 2 del 2007 non costituirebbe alcuna «posizione di privilegio» a favore dei componenti della Consulta, né determinerebbe «alcuna illegittima interferenza nella sfera dei poteri esclusivamente riservati alla potestà statuale».
La medesima ratio sarebbe rinvenibile nell’art. 6, comma 2, della legge reg. Calabria n. 2 del 2007; infatti, anche la previsione della possibilità per i membri della Consulta di depositare «motivazioni aggiuntive firmate, diverse (opinioni concorrenti) o contrarie (opinioni dissenzienti)» rispetto a quella assunta collegialmente, sarebbe volta a salvaguardare l’«autonomia valutativa della Consulta».
2.1.1. – Secondo la difesa regionale, inoltre, «se da un lato parrebbe che l’orientamento della Corte sulla materia sia stabile nel negare competenza alle Regioni quanto alle fattispecie incriminatrici, comprese le esimenti, è pur vero che, dall’altro, la questione resta in dottrina, per molti versi, ancora controversa». Al riguardo, la resistente ricorda come non manchino «tentativi di attenuare la rigidità della riserva statale» in materia penale, dopo la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione.
Per le ragioni anzidette, la Regione Calabria ritiene che, nel caso di specie, sia «eccessivo» invocare «il generale principio del monopolio statale della giurisdizione e dell’organizzazione giudiziaria», evidenziando come sia «nota la debolezza logico-teorica della preclusione di un qualche potere regionale in materia». Si chiede, pertanto, che la questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto la norma di cui all’art. 3, comma 1, della legge reg. Calabria n. 2 del 2007 sia dichiarata infondata.
2.2. – In merito alle altre censure, la resistente rileva l’erroneità dell’indicazione, tra i parametri costituzionali che sarebbero violati, dell’art. 123 Cost., nella parte in cui si occupa del Consiglio delle autonomie locali, sottolineandone la diversità della natura e delle funzioni rispetto alla Consulta statutaria.
In subordine, la difesa regionale ritiene che l’Avvocatura dello Stato, con l’invocazione del parametro suddetto, abbia voluto dimostrare l’impossibilità di una coesistenza dei due organi in seno all’ente regionale, in quanto la presenza del Consiglio delle autonomie locali renderebbe «inutile o illegittima una competenza della Consulta a dirimere i conflitti fra Regione e minori enti locali».
Così inteso il richiamo all’art. 123 Cost., la Regione Calabria evidenzia il contrasto esistente tra tale ricostruzione, «il diritto positivo e la realtà della gran parte degli Statuti regionali», i quali, tra l’altro, spesso configurano il Consiglio delle autonomie locali come «organo di impulso» della valutazione compiuta dall’organo di garanzia statutaria.
2.2.1. – Sempre in relazione alle questioni di legittimità costituzionale aventi ad oggetto gli artt. 6, 7 e 8 della legge reg. Calabria n. 2 del 2007, la difesa regionale contesta il «rigido approccio» seguito dall’Avvocatura generale dello Stato ed osserva che la Corte costituzionale ha «legittimato esplicitamente le Consulte statutarie che accertano la conformità statutaria di atti pubblici regionali, attestando così che la loro esistenza – ove non comporti l’annullamento di leggi, esclusiva spettanza della Corte stessa […] – non viola il principio di unicità della giurisdizione costituzionale […], principio per altro in parte già mitigato nel nostro ordinamento attraverso meccanismi di giustizia costituzionale di tipo “diffuso”».
2.2.2. – La resistente rileva, inoltre, che il Governo, a suo tempo, non ha impugnato gli statuti regionali che prevedono siffatti organi di garanzia statutaria e sottolinea come siano stati gli stessi statuti a fare delle Consulte statutarie, «del tutto legittimamente, degli organi “ibridi”, svolgenti non solo funzioni consultive, ma in grado di prendere anche decisioni, la cui forza vincolante è poi determinata dai diversi Statuti». D’altra parte – aggiunge la Regione – sarebbe «del tutto riduttivo […] sostenere che le Consulte svolgano solamente mere funzioni ausiliarie-consultive (per es., di “consiglio del legislatore”) e non anche funzioni di controllo di superlegalità (di “custodia della rigidità dello Statuto”)».
La difesa regionale ritiene, in proposito, che le censure mosse dal Presidente del Consiglio dei ministri agli artt. 6, 7 e 8 della legge reg. Calabria n. 2 del 2007, investano «superficialmente e indiscriminatamente, sia il regime delle decisioni che quello dei pareri, regime pur chiaramente “distinto” nella legge in esame». In particolare, la differenza tra decisioni e pareri troverebbe la sua ragion d’essere «nel differente tenore dello status dei soggetti ricorrenti» e rientrerebbe «nell’alveo delle competenze riconosciute al legislatore regionale in attuazione/integrazione delle norme statutarie», con «l’unico limite costituzionale (e statutario)» dell’impossibilità di «annullare/invalidare (presunti) atti legittimi».
Per la ragione anzidetta – aggiunge la resistente – l’art. 8, commi 3 e 4, della legge reg. Calabria n. 2 del 2007 prevede che «le decisioni “non” sono vincolanti quando attengono a proposte di legge/regolamento (ricorso preventivo) o leggi/regolamenti del Consiglio (ricorso successivo), proprio perché la Consulta regionale si guarda bene anche solo di dare la sensazione di “annullare” atti regionali, in ogni caso essa limitandosi solo ad esprimere pareri/decisioni, di cui gli organi interessati dovranno tener conto, quanto meno sotto forma di “corretta ed esplicita menzione nell’adozione dei relativi atti”».
2.2.3. – La Regione Calabria ritiene, inoltre, assolutamente infondata la censura statale secondo cui le decisioni della Consulta statutaria avrebbero «contenuto giurisdizionale»; in particolare, il rilievo mosso dal ricorrente non avrebbe fondamento quanto alla forma prevista («decisione»), poiché in altri statuti regionali, non impugnati dal Governo, si parlerebbe di «pronunce» e di «giudizi» in riferimento agli organi di garanzia statutaria. Quanto alla sostanza delle decisioni della Consulta statutaria, la resistente rileva come una «parte motivazionale» sarebbe presente anche nelle decisioni amministrative, oltre che nelle pronunce giudiziarie.
La difesa regionale, pertanto, ritiene che il ricorrente equipari «automaticamente e in modo grossolano l’assunzione, nei limitati casi previsti, di decisioni […] parzialmente vincolanti (ma non di annullamento/invalidazione!) all’essenza “tipica” degli atti a contenuto “giurisdizionale”, mentre tale carattere è proprio di tutti gli atti di esercizio di potere, dunque: anche normativo e amministrativo».
2.2.4. – Altrettanto infondato è, secondo la resistente, l’argomento prospettato dall’Avvocatura generale dello Stato in merito alla presunta violazione degli artt. 102 e 103 Cost. Innanzitutto, la Regione rileva che la previsione contenuta nella legge impugnata di un obbligo di ri-deliberazione a maggioranza assoluta da parte del Consiglio regionale, a seguito di un parere o di una decisione di non conformità allo Statuto, sarebbe già previsto dall’art. 57 della legge reg. Calabria n. 25 del 2004. In secondo luogo, «nulla e nessuno» impedirebbe «all’organo o all’ente che si ritenesse leso da un parere/decisione della Consulta di ricorrere comunque all’autorità giudiziaria che presume competente».
2.2.5. – La difesa regionale contesta, poi, il richiamo, operato nel ricorso governativo, alla sentenza della Corte costituzionale n. 378 del 2004, a proposito dell’impossibilità di prevedere maggioranze qualificate per la nuova deliberazione del Consiglio regionale a seguito di parere negativo dell’organo di garanzia statutaria. In particolare, la resistente ricorda che, con la sentenza n. 12 del 2006, la Corte costituzionale ha esplicitamente riconosciuto che «la materia del procedimento legislativo è interamente di competenza statutaria ex art. 123 Cost.».
Da quanto detto deriverebbe la conformità a Costituzione delle norme di alcuni statuti regionali [sono richiamati l’art. 57, comma 7, della legge reg. Calabria n. 25 del 2004, l’art. 68, comma 8, della legge della Regione Lazio 11 novembre 2004, n. 1 (Nuovo Statuto della Regione Lazio) e l’art. 80, comma 2, dello Statuto 28 dicembre 2006 (Statuto della Regione Abruzzo)] che «“aggravano” il procedimento di formazione della legge regionale (dopo il parere negativo delle Consulte)».
2.2.6. – In conclusione, la Regione Calabria ritiene che le censure mosse dalla difesa erariale non tengano conto della ratio della previsione degli organi di garanzia statutaria, consistente nell’esigenza di assicurare che questi ultimi «siano effettivamente in grado di funzionare come una garanzia/protezione per lo Statuto di fronte alle ipotesi di violazione/elusione che avvengano all’interno della Regione, magari con atti che sfuggono ai controlli ordinari o addirittura non facilmente sanzionabili».
Considerato in diritto1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 1, 6, 7 e 8 della legge della Regione Calabria 5 gennaio 2007, n. 2 (Istituzione e disciplina della Consulta Statutaria), per violazione degli artt. 102, 103, 117, secondo comma, lettera l), e 123, quarto comma, della Costituzione.
2. – Preliminarmente deve essere dichiarata l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 6, 7 e 8 della legge reg. Calabria n. 2 del 2007, promosse in riferimento all’art. 123, quarto comma, Cost.
Tale norma costituzionale prevede l’istituzione in ogni Regione del «Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali». La Consulta statutaria istituita e disciplinata dalla legge della Regione Calabria oggetto del presente giudizio è organo ben diverso da quello previsto dal citato art. 123 Cost., in quanto non svolge funzioni di raccordo e consultazione tra la Regione e gli enti locali, ma, in Calabria come in altre Regioni, esercita funzioni di garanzia e consulenza sull’applicazione e l’interpretazione delle norme statutarie. Il parametro evocato dal ricorrente riguarda pertanto un organo diverso da quello oggetto della legge reg. Calabria n. 2 del 2007, rendendo, di conseguenza, inammissibile la relativa censura di legittimità costituzionale.
3. – La questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, della legge reg. Calabria n. 2 del 2007 è fondata.
La speciale guarentigia, di cui all’art. 122, quarto comma, Cost., collegata a quella prevista dall’art. 68, primo comma, Cost., assicura ai consiglieri regionali l’insindacabilità per i voti dati e le opinioni espresse nell’esercizio delle loro funzioni. La ratio di tale garanzia costituzionale è stata individuata da questa Corte nel «parallelismo con le guarentigie dei membri del Parlamento […] in relazione al nucleo essenziale comune e caratterizzante delle funzioni degli organi “rappresentativi” dello Stato e delle Regioni», per finalità di «tutela delle più elevate funzioni di rappresentanza politica, in primis la funzione legislativa, volendosi garantire da qualsiasi interferenza di altri poteri il libero processo di formazione della volontà politica» (sentenza n. 69 del 1985).
L’esigenza di rango costituzionale sottesa alla guarentigia in questione giustifica «deroghe eccezionali all’attuazione della funzione giurisdizionale». Con riferimento alle Regioni, l’estensione di tale tipo di immunità a soggetti diversi dai consiglieri regionali «contrasta sia con l’interpretazione letterale dell’art. 122 Cost., sia con la ratio dell’istituto» (sentenza n. 81 del 1975: nella specie, si trattava dell’estensione ai componenti della Giunta regionale della garanzia dell’insindacabilità). La norma costituzionale derogatoria, rimasta invariata dopo la riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, è quindi di stretta interpretazione. Ogni sua dilatazione al di là dei limiti precisi voluti dalla Costituzione costituisce una violazione dell’integrità della funzione giurisdizionale, posta a presidio dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
Esorbiterebbe, altresì, in modo palese dalla sfera di competenze legislative costituzionalmente attribuite alle Regioni la possibilità di introdurre nuove cause di esenzione dalla responsabilità penale, civile o amministrativa, trattandosi di materia riservata alla competenza esclusiva del legislatore statale, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
4. – La questione di legittimità costituzionale dell’art. 6 della legge reg. Calabria n. 2 del 2007, sollevata in riferimento agli artt. 102, 103 e 117, secondo comma, lettera l), Cost., non è fondata.
Il ricorrente adduce a sostegno della tesi dell’illegittimità costituzionale della norma censurata la considerazione che la possibilità accordata dalla stessa ai componenti della Consulta statutaria della Regione Calabria di depositare, in relazione alle sole decisioni e non ai pareri, «motivazioni aggiuntive firmate, diverse (opinioni concorrenti) o contrarie (opinioni dissenzienti) a quella assunta collegialmente dalla Consulta a sostegno del dispositivo adottato» (comma 2), sia segno rivelatore della pretesa natura giurisdizionale dell’organo, con la conseguenza dell’illegittimità della sua istituzione con legge regionale.
A prescindere da quanto sarà precisato più avanti circa la natura giuridica della Consulta statutaria de qua, in relazione alle funzioni alla stessa attribuite dalla legge reg. Calabria n. 2 del 2007, si deve osservare che la semplice previsione della possibilità di far risultare in modo ufficiale, da parte dei componenti, i motivi del proprio consenso o dissenso rispetto alla deliberazione assunta, non caratterizza in senso giurisdizionale l’organo in questione, giacché in tutti i collegi amministrativi tale facoltà è riconosciuta ai relativi membri, con modalità diverse di manifestazione e di registrazione. Nel caso di specie, trattandosi di organo della Regione, la disciplina delle modalità di esercizio di questa facoltà rientra nel potere di autoorganizzazione di cui la stessa Regione dispone ai sensi del quarto comma dell’art. 117 Cost.
Risulta inoltre contraddittorio ritenere la natura giurisdizionale di un organo sulla base di una facoltà riconosciuta dalla legge in via generale ai componenti dei collegi amministrativi e riconosciuta invece soltanto in casi limitati e per specifiche finalità ai membri di collegi giurisdizionali.
5. – Le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 7 e 8 della legge reg. Calabria n. 2 del 2007 sono fondate nei limiti di seguito indicati.
5.1. – Questa Corte ha già chiarito che «l’introduzione di un organo di garanzia nell’ordinamento statutario regionale non è, come tale, in contrasto con la Costituzione, ferma restando la necessità di valutare, nei singoli specifici profili, la compatibilità delle norme attributive allo stesso di competenze determinate» (sentenza n. 12 del 2006).
Nessun dubbio che sia ammissibile attribuire a tali organi di garanzia un potere consultivo, ancorché il contenuto negativo del parere reso determini l’obbligo di riesame dell’atto (sentenza n. 378 del 2004). Si tratta, nel caso oggetto del presente giudizio, di stabilire se la previsione, contenuta nelle disposizioni censurate, di «decisioni» su oggetti dalla stessa determinati possa ritenersi compatibile con la natura amministrativa dell’organo o se, invece, il carattere vincolante di tali atti li qualifichi come sostanzialmente giurisdizionali e pertanto estranei alla sfera di competenza del legislatore regionale.
Alla luce dei comuni principi che reggono la qualificazione degli atti dei poteri pubblici, si deve ritenere che la competenza ad emanare atti decisori non è riservata agli organi giurisdizionali, giacché l’ordinamento giuridico italiano conosce da lungo tempo molteplici tipi di atti riconducibili alla categoria delle decisioni amministrative. Queste ultime si caratterizzano per essere atti amministrativi di accertamento, volti a risolvere conflitti, decidendo, in un caso concreto, sull’applicabilità di una norma o sulle modalità di applicazione della stessa.
Se si esaminano in modo specifico le competenze decisorie della Consulta statutaria enumerate dall’art. 7, comma 2, della legge reg. Calabria n. 2 del 2007, si vede che esse riguardano: a) i conflitti tra organi della Regione; b) i conflitti tra gli organi della Regione e gli enti locali; c) la compatibilità di proposte di legge o di regolamento con lo statuto; d) la regolarità e l’ammissibilità delle richieste di referendum.
Come precisato dal successivo art. 8, comma 1, le «decisioni» hanno efficacia vincolante per gli organi regionali e per «gli altri soggetti istituzionali interessati».
Si tratta pertanto di decisioni amministrative che tendono ad eliminare dubbi e controversie sull’interpretazione delle disposizioni statutarie e delle leggi regionali riguardanti i rapporti tra la Regione e gli altri enti che operano nell’ambito del suo territorio. È appena il caso di precisare che tali decisioni non possono né precludere né, in alcun modo, limitare la competenza degli organi giurisdizionali, ordinari o amministrativi, eventualmente richiesti, nei modi rituali, di pronunciarsi sui medesimi atti già oggetto di valutazioni da parte della Consulta statutaria. Le stesse «decisioni» della suddetta Consulta possono ovviamente diventare oggetto di un giudizio di legittimità dei competenti organi giudiziari.
Si deve aggiungere che l’elencazione delle competenze della Consulta statutaria ricalca quella contenuta nell’art. 57, comma 5, dello statuto della Regione Calabria, così come il carattere vincolante delle determinazioni dell’organo di garanzia risulta conforme al comma 7 del medesimo art. 57, che dispone: «Gli organi regionali si attengono alle valutazioni della Consulta. Il Consiglio regionale può comunque deliberare in senso contrario a singole valutazioni, con motivata decisione adottata a maggioranza assoluta». In linea con la norma statutaria da ultima citata, l’art. 8, comma 3, della legge reg. Calabria n. 2 del 2007, dispone infatti: «Ove la Consulta ritenga leso lo Statuto da una semplice proposta di legge o regolamento del Consiglio regionale, quest’ultimo può comunque deliberare in senso contrario alle decisioni della Consulta, con motivata decisione adottata a maggioranza assoluta».
Da quanto osservato si deve concludere che le suindicate competenze della Consulta statutaria, quali previste dalle norme censurate, non hanno natura giurisdizionale e risultano conformi, nei termini appena indicati, alle previsioni statutarie.
Se si interpretano le norme censurate in modo conforme allo statuto, si deve ritenere che il carattere vincolante delle «decisioni» della Consulta statutaria debba mantenersi nell’ambito dell’organizzazione regionale, che comprende «tutti gli enti ed organi della Regione», con la conseguenza che tra gli altri «soggetti interessati», menzionati dal comma 2 dell’art. 8, non possano essere inclusi gli enti locali, la cui autonomia è costituzionalmente garantita dall’art. 114, primo e secondo comma, Cost.
5.2. – Si deve, al contrario, rilevare l’illegittimità costituzionale del comma 4 dell’art. 8 della legge reg. Calabria n. 2 del 2007, giacché ogni valutazione sulle leggi regionali promulgate o sui regolamenti emanati appartiene alla competenza esclusiva rispettivamente della Corte costituzionale e dei giudici comuni, ordinari e amministrativi. Le competenze della Consulta statutaria, per non invadere la sfera di attribuzioni del giudice delle leggi e degli organi giudiziari, devono avere soltanto carattere preventivo ed essere perciò esercitate nel corso dei procedimenti di formazione degli atti. Ogni valutazione sulla legittimità di atti, legislativi o amministrativi, successiva alla loro promulgazione o emanazione è estranea alla sfera delle attribuzioni regionali.
5.3. – Assieme al comma 4 dell’art. 8, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale del comma 3 dell’art. 7, limitatamente alle parole «Ad eccezione del caso di conflitti fra organi della Regione o fra Regione ed Enti locali originati da una legge o da un regolamento, nel quale i soggetti legittimati devono ricorrere alla Consulta entro 30 giorni dalla promulgazione della legge,».
I motivi della declaratoria di illegittimità costituzionale di tale norma sono analoghi a quelli enunciati a proposito del comma 4 dell’art. 8, in quanto la Consulta statutaria non può essere investita di valutazioni di legittimità concernenti leggi regionali promulgate o regolamenti emanati. Nessun ricorso a tale organo è pertanto ammissibile dopo la promulgazione della legge o l’emanazione del regolamento, poiché ogni valutazione di legittimità è riservata, nei termini, nei limiti e con le modalità previsti dalla Costituzione e dalle leggi vigenti, alla Corte costituzionale ed ai giudici ordinari e amministrativi.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, della legge della Regione Calabria 5 gennaio 2007, n. 2 (Istituzione e disciplina della Consulta Statutaria);
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 3, della legge reg. Calabria n. 2 del 2007, limitatamente alle seguenti parole: «Ad eccezione del caso di conflitti fra organi della Regione o fra Regione ed Enti locali originati da una legge o da un regolamento, nel quale i soggetti legittimati devono ricorrere alla Consulta entro 30 giorni dalla promulgazione della legge,»;
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 4, della legge reg. Calabria n. 2 del 2007;
dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 6, 7 e 8 della legge reg. Calabria n. 2 del 2007, promosse, in riferimento all’art. 123, quarto comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6 della legge reg. Calabria n. 2 del 2007, promossa, in riferimento agli artt. 102, 103 e 117, secondo comma, lettera l), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7, commi 1, 2, 4, 5, 6, 7 e 8, della legge reg. Calabria n. 2 del 2007, promosse, in riferimento agli artt. 102, 103 e 117, secondo comma, lettera l), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 8, commi 1, 2 e 3, della legge reg. Calabria n. 2 del 2007, promosse, in riferimento agli artt. 102, 103 e 117, secondo comma, lettera l), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 giugno 2008.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Gaetano SILVESTRI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 giugno 2008.