ORDINANZA N. 61
ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE ”
- Ugo DE SIERVO ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Maria Rita SAULLE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZAnel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della proposta di revoca del Consigliere di amministrazione della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., Prof. Angelo Maria Petroni, presentata dal Ministro dell’economia e delle finanze, anche d’intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri, in data 11 maggio 2007, e di tutti gli atti ad essa connessi e conseguenti, promosso con ricorso della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, depositato in cancelleria l’8 novembre 2007 ed iscritto al n. 16 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2007, fase di ammissibilità.
Udito nella camera di consiglio del 27 febbraio 2008 il Giudice relatore Gaetano Silvestri.
Ritenuto che la Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, in persona del suo Presidente pro-tempore, ha promosso ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato contro il Ministro dell’economia e delle finanze ed il Presidente del Consiglio dei ministri, affinché la Corte costituzionale dichiari che non spettava al Ministro dell’economia e delle finanze, anche d’intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri, richiedere e votare nell’Assemblea degli azionisti della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., la revoca di un consigliere di amministrazione in assenza di conforme deliberazione adottata dalla Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, e, per l’effetto, annulli la proposta di revoca presentata dal Ministro dell’economia e delle finanze in data 11 maggio 2007 e tutti gli atti ad essa connessi e conseguenti;
che la ricorrente Commissione parlamentare sottolinea come il presente conflitto di attribuzione tragga origine dalla violazione delle attribuzioni ad essa costituzionalmente garantite, «dal momento che l’attività radiotelevisiva pubblica non può essere considerata appannaggio esclusivo delle scelte della maggioranza politica, ma deve essere svolta in modo conforme all’indirizzo politico costituzionale, che fa della libera circolazione delle idee e del pluralismo culturale uno degli assi portanti dell’ordinamento»;
che la difesa della Commissione ricorda, in proposito, come tali funzioni di indirizzo e vigilanza siano state attribuite all’organo parlamentare «in considerazione dei caratteri di imparzialità, democraticità e pluralismo che devono informare lo svolgimento dell’attività del servizio pubblico radiotelevisivo» ed al precipuo scopo di evitare nella gestione del servizio «un’ingerenza diretta ed esclusiva dell’Esecutivo»;
che, nel caso di specie, la ricorrente ritiene che le sue attribuzioni siano state lese in occasione della revoca del consigliere di amministrazione della RAI, Prof. Angelo Maria Petroni, da parte della relativa Assemblea degli azionisti, effettuata su richiesta del Ministro dell’economia e delle finanze, nella sua qualità di azionista di maggioranza, «in mancanza della previa necessaria deliberazione della Commissione parlamentare di vigilanza». In particolare, la difesa di quest’ultima deduce che il Ministro dell’economia avrebbe disatteso quanto previsto dall’art. 49, comma 8, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 (Testo unico della radiotelevisione), secondo cui «Il rappresentante del Ministero dell’economia e delle finanze, nelle assemblee della società concessionaria convocate per l’assunzione di deliberazioni di revoca o che comportino la revoca o la promozione di azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, esprime il voto in conformità alla deliberazione della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi comunicata al Ministero medesimo»;
che la difesa della ricorrente ricostruisce la sequenza degli eventi che hanno preceduto la revoca del consigliere Petroni, sottolineando come il Presidente della Commissione parlamentare di vigilanza abbia richiamato, più volte, l’attenzione del Ministro dell’economia e delle finanze «sull’esigenza istituzionale di porre in essere ogni iniziativa utile al più corretto esercizio del ruolo attribuito alla Commissione», con particolare riguardo all’ipotesi di revoca di un componente del consiglio di amministrazione;
che il Ministro dell’economia ha replicato alle osservazioni del Presidente della Commissione, rilevando come il suddetto organo parlamentare sia chiamato a partecipare al solo procedimento di nomina dei membri del consiglio di amministrazione e non anche a quello di revoca o di responsabilità, precisando che il comma 8 dell’art. 49 del d.lgs. n. 177 del 2005, in virtù di quanto previsto dal comma 10 del medesimo articolo, non può trovare applicazione fino al novantesimo giorno successivo alla data di chiusura della prima offerta pubblica di vendita della RAI;
che, secondo la difesa della Commissione, la tesi sostenuta dal Ministro sarebbe il frutto di un’interpretazione formalistica delle disposizioni di cui all’art. 49 del d.lgs. n. 177 del 2005, in contrasto con la ratio dell’intera disciplina recata dal d.lgs. n. 177;
che, dalla ricostruzione degli eventi relativi alla revoca del consigliere Petroni, ed in particolare dal «complessivo comportamento» tenuto dal Ministro dell’economia, la ricorrente deduce una grave lesione delle competenze costituzionalmente garantite della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi;
che la ricorrente individua il parametro costituzionale del conflitto nel principio del pluralismo informativo deducibile dall’art. 21 della Costituzione;
che siffatto principio, secondo la difesa della Commissione parlamentare, «tradotto nell’ambito dell’attività radiotelevisiva pubblica, comporta che essa non può essere considerata appannaggio esclusivo delle scelte di maggioranza (sia pure sotto il controllo parlamentare) ma richiede un adeguato contemperamento di tutti gli interessi in gioco alla luce dell’indirizzo politico costituzionale»;
che, in proposito, la ricorrente ricorda come «l’affermazione della centralità del Parlamento nel governo del sistema radiotelevisivo pubblico» sia presente nella legislazione a partire dalla legge 14 aprile 1975, n. 103 (Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva), oltre che nella giurisprudenza della Corte costituzionale, la quale con la sentenza n. 225 del 1974 «ha definitivamente aperto la strada verso la “parlamentarizzazione” del sistema radiotelevisivo pubblico, spostando il centro di determinazione delle scelte generali in tale settore a favore dell’organo rappresentativo della collettività nazionale»;
che dall’esame di alcune pronunzie della Corte costituzionale, ed in particolare della sentenza n. 194 del 1987, la ricorrente trae la conclusione secondo cui il Parlamento, «e per esso la Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi», costituisce «la sede istituzionale naturale nella quale il principio pluralista, che deve informare l’intero settore radiotelevisivo pubblico, trova la più efficace garanzia, sia con riguardo all’accesso delle formazioni sociali all’uso dei mezzi radiotelevisivi, sia con riguardo a meccanismi che garantiscano la presenza di una pluralità di fonti di informazione»;
che, per queste ragioni, secondo la difesa della Commissione, «la “parlamentarizzazione” del servizio radiotelevisivo […] implica la doverosa vigilanza da parte dell’organo parlamentare su tutte le vicende relative alla RAI da cui potrebbero derivare conseguenze negative per la libera manifestazione del pensiero e per la libera informazione»;
che, in merito alla propria legittimazione al conflitto, la ricorrente sottolinea come le commissioni parlamentari, titolari di specifiche attribuzioni autonomamente esercitate, siano organi legittimati al conflitto, «in quanto organi-potere che, pur facendo parte del più vasto complesso organizzatorio del Parlamento, occupano tuttavia una posizione peculiare e distinta nel sistema costituzionale e sono in grado di dichiarare la volontà dell’organo di cui sono promanazione»;
che, in proposito, sono richiamate la sentenza n. 49 del 1998 e le ordinanze n. 137 del 2000 e n. 171 del 1997 della Corte costituzionale, con le quali è stata riconosciuta la competenza della Commissione parlamentare di vigilanza a dichiarare definitivamente la volontà della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica nella materia attinente all’informazione;
che, in definitiva, la ricorrente ritiene che «proprio i poteri di indirizzo, di controllo, di vigilanza e altre competenze direttamente connesse al valore costituzionale del pluralismo» giustifichino «il compiuto riconoscimento delle attribuzioni di rilevanza costituzionale» della Commissione parlamentare di vigilanza;
che, quanto alla legittimazione passiva del Ministro dell’economia e delle finanze e del Presidente del Consiglio dei ministri, la ricorrente evidenzia come la Corte costituzionale abbia interpretato l’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, «in modo rigoroso ma non tassativo», ritenendo, per un verso, che quello esecutivo non costituisca un “potere diffuso”, e, per altro verso, che siano possibili alcune deroghe nel senso del riconoscimento della legittimazione passiva al singolo ministro;
che, in particolare, secondo la difesa della Commissione, «il requisito indispensabile per la legittimazione sembra […] essere quello dell’esercizio indipendente di attribuzioni di natura costituzionale»;
che la ricorrente deduce l’esistenza di «valide argomentazioni» a sostegno della legittimazione ad essere parte di un conflitto tra poteri dello Stato anche del Ministro dell’economia e delle finanze, sul rilievo che questi, «quale azionista di maggioranza della RAI S.p.a., ricopre una funzione rappresentativa del Governo ma comunque autonoma rispetto allo stesso organo inteso nella sua interezza»;
che, qualora non dovesse essere accolta siffatta tesi estensiva, la ricorrente ritiene sussistente la legittimazione passiva del Presidente del Consiglio dei ministri, «in proprio e quale organo legittimato ad esprimere la volontà dell’intero organo Governo», in virtù dell’art. 95, primo comma, Cost.;
che, al riguardo, la difesa della Commissione sottolinea come il Presidente del Consiglio, in data 11 maggio 2007, abbia informato il Consiglio dei ministri della lettera di pari data, pervenutagli dal Ministro dell’economia, con la quale si proponeva la revoca del consigliere Petroni, ed abbia dichiarato, in una ulteriore missiva dello stesso 11 maggio 2007 indirizzata al Presidente della Commissione di vigilanza, di convenire «pienamente con la valutazione del Ministro dell’economia e delle finanze»;
che, da quanto sopra riportato, la ricorrente trae la conclusione che «il Presidente del Consiglio dei ministri ha pienamente condiviso l’operato del Ministro e ha così dato pieno avallo governativo all’illegittimo comportamento qui contestato»;
che, infine, la difesa della Commissione parlamentare si sofferma sull’oggetto del conflitto tra poteri, ricordando come esso possa consistere, non solo «nella rivendicazione, da parte di un organo, di un potere da altro usurpato», ma anche «nella contestazione, non della titolarità di un potere altrui, quanto della concreta modalità di esercizio dello stesso quando siffatta modalità impedisce, di fatto, all’altro organo il pieno svolgimento di competenze costituzionalmente assegnate»;
che, nel presente conflitto, secondo la ricorrente, «è di tutta evidenza» che il Ministro dell’economia abbia agito «come se fosse l’unico soggetto titolare di poteri nella determinazione della revoca di un consigliere di amministrazione della RAI S.p.a., ignorando le attribuzioni di natura costituzionale spettanti alla ricorrente Commissione di vigilanza»;
che il comportamento del Ministro sarebbe «ancor più grave, e quindi lesivo delle attribuzioni della Commissione di vigilanza, in quanto ha eluso in maniera evidente il rispetto di quel principio di “leale collaborazione”» che la Corte costituzionale ha espressamente prescritto anche nei rapporti tra organi dello Stato quando le reciproche competenze vengono ad intrecciarsi tra loro;
che la difesa della Commissione conclude rilevando come tutto ciò «significhi esautorare il Parlamento rispetto ad una funzione che il sistema costituzionale gli ha limpidamente riconosciuto», così che l’operato del Ministro dell’economia rispecchierebbe «la nitida volontà di riassegnare il ruolo centrale nella gestione della Concessionaria del servizio pubblico all’organo esecutivo, e cioè ad un organo che per sua natura, non può che essere di parte», con conseguente violazione delle competenze costituzionalmente riconosciute alla Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi;
che, in data 21 febbraio 2008, la Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi ha depositato una memoria integrativa, con la quale insiste per l’ammissibilità del conflitto di attribuzione e richiama alcuni nuovi eventi intervenuti dopo la proposizione del presente ricorso;
che, in particolare, la ricorrente fa riferimento alla sentenza del TAR Lazio, sez. III ter, 16 novembre 2007, n. 11271, con la quale è stata ritenuta illegittima, e quindi annullata, la «sequenza di atti» culminata con la revoca del consigliere Petroni, ed all’ordinanza del Consiglio di Stato, sez. IV, 4 dicembre 2007, n. 6284, con la quale è stata respinta l’istanza cautelare di sospensione degli effetti della richiamata sentenza del TAR Lazio ed è stata fissata l’udienza per la discussione del merito all’11 marzo 2008;
che la ricorrente sottolinea come, a seguito delle citate pronunzie, non sia venuto meno l’interesse della Commissione ad agire per conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale; né siffatto interesse verrebbe meno nel caso in cui il giudizio di appello dovesse confermare l’illegittimità degli atti impugnati;
che, al riguardo, la difesa della Commissione precisa come nel giudizio per conflitto di attribuzione venga in rilievo «non tanto e non solo l’illegittimità degli atti posti in essere dal Ministro dell’economia e delle finanze (con l’avallo del Governo nella persona del Presidente del Consiglio dei ministri) finalizzati alla revoca di un membro del Consiglio di amministrazione della RAI, quanto l’usurpazione delle competenze proprie della Commissione parlamentare di vigilanza che il comportamento posto in essere dal Ministro dell’economia e delle finanze ha determinato»;
che, pertanto, secondo la difesa della Commissione, residuerebbe comunque l’interesse della ricorrente ad ottenere quella decisione sulla spettanza delle attribuzioni in contestazione che rappresenta l’oggetto principale del giudizio per conflitto tra poteri dello Stato;
che la stessa difesa precisa come parimenti ininfluente sull’odierno conflitto di attribuzione sia lo scioglimento anticipato delle Camere, disposto con il d.P.R. 6 febbraio 2008, n. 19, poiché lo stesso non determina alcuna interruzione nello svolgimento delle funzioni della Commissione parlamentare di vigilanza, da intendersi comunque prorogata nell’attuale composizione fino alla prima riunione delle nuove Camere, ed anzi alcune delle attribuzioni della Commissione (e precisamente, quelle concernenti la disciplina delle campagne elettorali) «trovano il loro presupposto logico-giuridico proprio nell’avvenuto scioglimento delle Assemblee legislative»;
che irrilevante risulterebbe altresì la circostanza che il mandato del Consiglio di amministrazione della RAI si concluderà nel maggio 2008, posto che, secondo la ricorrente, lo scioglimento anticipato delle Camere e la conseguente fissazione della prima riunione delle stesse per la data del 29 aprile 2008 rendono verosimile l’ipotesi che il Consiglio di amministrazione venga prorogato oltre la scadenza del mandato;
che, per queste ragioni, il termine del mandato triennale – come pure la fine anticipata della legislatura – non può determinare, a detta della difesa della Commissione, «alcuna cessazione della materia oggetto del presente conflitto»;
che, in data 25 febbraio 2008, la difesa della ricorrente ha depositato copia della delibera con la quale la Commissione parlamentare di vigilanza ha deciso la proposizione del presente conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.
Considerato che, in questa fase del giudizio, a norma dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la Corte costituzionale è chiamata a deliberare, senza contraddittorio, circa l’esistenza o meno della «materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza», restando impregiudicata ogni ulteriore decisione, anche in punto di ammissibilità;
che, per quanto riguarda i requisiti soggettivi, deve riconoscersi alla Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi la qualifica di organo competente a dichiarare in via definitiva la volontà della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (sentenze n. 502 del 2000 e n. 49 del 1998 ed ordinanze n. 195 del 2003, n. 137 del 2000 e n. 171 del 1997);
che, ancora sotto il profilo soggettivo, il Ministro dell’economia e delle finanze non è organo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere esecutivo, poiché quest’ultimo «non è un “potere diffuso”, ma si risolve […] nell’intero Governo, in nome dell’unità di indirizzo politico e amministrativo proclamata dall’art. 95, primo comma, Cost.» (ordinanza n. 123 del 1979), con la conseguenza che «i singoli ministri non sono legittimati ad essere parte di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, mentre tale legittimazione è stata riconosciuta nelle ipotesi […] delle competenze direttamente ed esclusivamente conferite al Ministro della giustizia dagli artt. 107, secondo comma, e 110 della Costituzione […] e del voto di sfiducia individuale espresso dal Parlamento nei confronti di un ministro» e che, pertanto, «al di fuori di queste fattispecie, è il Governo a prendere parte – in funzione dell’unità di indirizzo politico e amministrativo proclamata dal primo comma dell’art. 95 Cost. – ai conflitti tra poteri dello Stato» (ordinanza n. 221 del 2004);
che invece il Presidente del Consiglio dei ministri è organo competente a dichiarare in via definitiva la volontà dell’intero Governo, in quanto, ai sensi dell’art. 95, primo comma, della Costituzione, «dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promovendo e coordinando l’attività dei ministri»;
che, pertanto, organi legittimati a stare in giudizio nel presente conflitto di attribuzione sono la Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi ed il Presidente del Consiglio dei ministri;
che, quanto al requisito oggettivo del conflitto, la Commissione di cui sopra è investita di attribuzioni che discendono dall’esigenza di garantire il principio, fondato sull’art. 21 Cost., del pluralismo dell’informazione, in base al quale la presenza di un organo parlamentare di indirizzo e vigilanza serve ad evitare che il servizio pubblico radiotelevisivo venga gestito dal Governo in modo «esclusivo o preponderante» (sentenza n. 225 del 1974);
che le asserite lesioni, prodotte da atti governativi, delle attribuzioni della Commissione parlamentare inciderebbero, secondo la prospettazione della ricorrente, sulla funzione di garanzia di quest’ultima, costituzionalmente fondata e riconosciuta dalla giurisprudenza di questa Corte;
che, in conclusione, in questa fase delibativa, il ricorso va dichiarato ammissibile nei soli confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, salva e impregiudicata la pronuncia definitiva anche sul punto relativo alla ammissibilità;
che il ricorso deve essere conseguentemente notificato al Presidente del Consiglio dei ministri, ma non anche al Ministro per l’economia e delle finanze per i motivi prima enunciati.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto dalla Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi nei confronti del Governo della Repubblica, con il ricorso indicato in epigrafe;
dispone:
a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza alla ricorrente Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi;
b) che, a cura della ricorrente, il ricorso e la presente ordinanza siano notificati al Governo della Repubblica, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere successivamente depositati, con la prova dell’avvenuta notifica, presso la cancelleria di questa Corte entro il termine di venti giorni dalla notificazione, a norma dell’art. 26, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 marzo 2008.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Gaetano SILVESTRI, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 marzo 2008.