ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE ”
- Ugo DE SIERVO ”
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Maria Rita SAULLE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 58-quater, comma 7-bis, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), aggiunto dall'art. 7, comma 7, della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), promossi con ordinanze del 10 febbraio 2006 dal Tribunale di sorveglianza di Catanzaro e del 9 novembre 2006 dalla Corte di cassazione, iscritte, rispettivamente, ai nn. 150 e 265 del registro ordinanze 2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 2007 e nella edizione straordinaria del 26 aprile 2007.
Udito nella camera di consiglio del 30 gennaio 2008 il Giudice relatore Gaetano Silvestri.
Ritenuto che il Tribunale di sorveglianza di Catanzaro, con ordinanza del 10 febbraio 2006 (r.o. n. 150 del 2007), ha sollevato, in riferimento all'art. 27 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 58-quater, comma 7-bis, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), aggiunto dall'art. 7, comma 7, della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), nella parte in cui vieta la concessione per più d'una volta delle misure alternative alla detenzione ai soggetti riconosciuti recidivi reiterati con il titolo in esecuzione, senza tenere conto del grado di rieducazione raggiunto dall'interessato;
che il rimettente riferisce di essere chiamato a provvedere su istanze di applicazione dell'affidamento in prova al servizio sociale, della detenzione domiciliare (ai sensi dell'art. 47-ter, comma 1-bis, della legge n. 354 del 1975) e della semilibertà, trasmesse dalla competente Procura della Repubblica in data 18 giugno 2004;
che dette istanze riguardano l'esecuzione della pena di anni uno e mesi tre di reclusione, inflitta per il reato di furto aggravato, dal Tribunale di Catanzaro, con sentenza del 29 ottobre 2002, ove è stata riconosciuta la sussistenza a carico del reo della recidiva reiterata specifica;
che, secondo quanto riferito dal giudice a quo, l'interessato, ultrasettantenne, gravato soltanto da precedenti penali risalenti, ha beneficiato con esito positivo dell'affidamento in prova al servizio sociale, disposto con provvedimento del 15 marzo 1999, in relazione all'ultima condanna passata in giudicato;
che l'istante inoltre, come emerge dalla relazione dei competenti Uffici, risulta essersi allontanato dall'ambiente criminogeno di provenienza e svolgere attività lavorativa, con la quale provvede al sostentamento del nucleo familiare;
che, pur a fronte di una prognosi complessivamente favorevole ai fini della concessione della misura dell'affidamento in prova al servizio sociale, il Tribunale rimettente ritiene che l'interessato, in quanto riconosciuto recidivo reiterato ai sensi dell'art. 99, quarto comma, del codice penale, non possa accedere nuovamente alla misura alternativa, per effetto della preclusione introdotta con l'art. 7, comma 7, della legge n. 251 del 2005, che ha aggiunto il comma 7-bis all'art. 58-quater della legge n. 354 del 1975;
che infatti, a parere del giudice a quo, la preclusione trova immediata applicazione alla fattispecie in esame, non trattandosi nella specie di successione nel tempo di norme penali sostanziali;
che, secondo il rimettente, l'introdotta restrizione delle opportunità di accesso alle misure alternative non sarebbe conforme al principio sancito dall'art. 27 Cost., in quanto, se è innegabile che il legislatore può scegliere di far prevalere, in un dato contesto temporale, le esigenze di prevenzione generale e di difesa sociale su quelle di prevenzione speciale e di rieducazione, è altresì vero che tale prevalenza non può spingersi fino a pregiudicare la finalità rieducativa della pena (è richiamata la sentenza n. 313 del 1990 della Corte costituzionale);
che, inoltre, a detta del giudice a quo, l'introduzione del limite soggettivo connesso al riconoscimento della recidiva reiterata configurerebbe un «tipo d'autore» al quale deve essere applicato un trattamento esecutivo-penitenziario che esclude, aprioristicamente, che la rieducazione possa avvenire fuori dal percorso carcerario, in evidente contrasto con l'esigenza di adeguamento della pena alla personalità del reo;
che, infine, il rimettente esclude la praticabilità di una lettura costituzionalmente orientata della previsione censurata evidenziando, per un verso, che «se si ritenesse il limite applicabile solo alla singola pena in esecuzione, si perverrebbe ad una interpretazione che rende la norma priva di concreta valenza sino ad abrogarne la portata», e, per altro verso, che il dato letterale, in quanto si riferisce «al condannato e alle misure alternative», impedisce di circoscrivere la preclusione al tipo di misura alternativa già concessa;
che la Corte di cassazione, con ordinanza del 9 novembre 2006 (r.o. n. 265 del 2007), ha sollevato, in riferimento all'art. 27, terzo comma, Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 58-quater, comma 7-bis, della legge n. 354 del 1975, introdotto dall'art. 7, comma 7, della legge n. 251 del 2005, nella parte in cui preclude la nuova concessione dei benefici ai condannati i quali, alla data di entrata in vigore della normativa restrittiva, avevano già raggiunto un grado di rieducazione adeguato alla concessione del beneficio richiesto;
che la Corte rimettente riferisce di essere investita del ricorso proposto avverso l'ordinanza con la quale il Tribunale di sorveglianza di Perugia ha dichiarato inammissibile, ai sensi dell'art. 58-quater della legge n. 354 del 1975, l'istanza di affidamento in prova al servizio sociale, avanzata da un soggetto, riconosciuto recidivo reiterato, il quale aveva già beneficiato della misura alternativa;
che l'istanza, precisa il giudice a quo, riguarda le modalità di esecuzione della pena di un anno di reclusione, inflitta dal Tribunale di Perugia con sentenza in data 28 luglio 2003, per un fatto di ricettazione commesso nel 1996;
che il rimettente, dopo aver affermato la natura processuale della denunciata disposizione restrittiva, ne prospetta il contrasto con il principio di finalizzazione rieducativa della pena, così inscrivendo la questione nel solco già tracciato dalla giurisprudenza costituzionale (sono richiamate le sentenze n. 137 del 1999, n. 445 del 1997, n. 504 del 1995 e n. 306 del 1993), di recente ribadito con la sentenza n. 257 del 2006, secondo la quale «non si può ostacolare il raggiungimento della finalità rieducativa, prescritta dalla Costituzione all'art. 27, con il precludere l'accesso a determinati benefici o a determinate misure alternative in favore di chi, al momento in cui è entrata in vigore una legge restrittiva, abbia già realizzato tutte le condizioni per usufruire di quei benefici o di quelle misure»;
che, con riferimento al caso in esame, la Corte rimettente rileva come anche la preclusione introdotta dall'art. 7, comma 7, della legge n. 251 del 2005, se applicata a soggetti che abbiano già raggiunto un grado di rieducazione adeguato al beneficio richiesto, si risolva in un arresto del percorso di recupero, «pur in difetto di una regressione comportamentale da parte del detenuto», con pregiudizio del principio sancito dall'art. 27, terzo comma, Cost;
che, muovendo dal presupposto della impossibilità di pervenire ad una interpretazione costituzionalmente orientata, il giudice a quo evidenzia che soltanto l'accoglimento della questione consentirebbe l'annullamento della decisione di inammissibilità dell'istanza, ed il conseguente rinvio al Tribunale di sorveglianza, a fini di valutazione del merito dell'istanza medesima.
Considerato che il Tribunale di sorveglianza di Catanzaro, con ordinanza del 10 febbraio 2006 (r.o. n. 150 del 2007), dubita della legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 27 della Costituzione, dell'art. 58-quater, comma 7-bis, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), aggiunto dall'art. 7, comma 7, della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), nella parte in cui vieta la concessione per più d'una volta delle misure alternative alla detenzione ai soggetti riconosciuti recidivi reiterati con il titolo in esecuzione, senza tenere conto del grado di rieducazione raggiunto dall'interessato;
che analoga questione è sollevata dalla Corte di cassazione con ordinanza del 9 novembre 2006 (r.o. n. 265 del 2007);
che questa Corte, successivamente alle ordinanze di rimessione, con la sentenza n. 79 del 2007, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 12 del 21 marzo 2007, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, per violazione dell'art. 27, terzo comma, Cost., dell'art. 58-quater, commi 1 e 7-bis, della legge n. 354 del 1975, introdotti dall'art. 7, commi 6 e 7, della legge n. 251 del 2005, nella parte in cui non prevedono che i benefici in essi indicati possano essere concessi, sulla base della normativa previgente, nei confronti dei condannati che, prima dell'entrata in vigore della citata legge n. 251 del 2005, abbiano raggiunto un grado di rieducazione adeguato ai benefici richiesti;
che, pertanto, va ordinata la restituzione degli atti ai giudici rimettenti, al fine di una nuova valutazione della rilevanza delle sollevate questioni (ex multis, ordinanze nn. 266, 219 e 217 del 2007).
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Catanzaro e alla Corte di cassazione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 febbraio 2008.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Gaetano SILVESTRI, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 21 febbraio 2008.