Ordinanza n. 31 del 2008

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ORDINANZA N. 31

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco            BILE           Presidente

- Giovanni Maria FLICK                    Giudice

- Francesco        AMIRANTE          "

- Ugo                DE SIERVO          "

- Paolo              MADDALENA       "

- Alfio               FINOCCHIARO    "

- Alfonso           QUARANTA                   "

- Franco            GALLO                 "

- Luigi               MAZZELLA          "

- Gaetano          SILVESTRI           "

- Maria Rita       SAULLE               "

- Giuseppe                  TESAURO             "

- Paolo Maria     NAPOLITANO               "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 19, commi 1 e 2, del decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374 (Riordinamento degli istituti doganali e revisione delle procedure di accertamento e controllo in attuazione delle direttive n. 79/695/CEE del 24 luglio 1979 e n. 82/57/CEE del 17 dicembre 1981, in tema di procedure di immissione in libera pratica delle merci, e delle direttive n. 81/177/CEE del 24 febbraio 1981 e n. 82/347/CEE del 23 aprile 1982, in tema di procedure di esportazione delle merci comunitarie), promosso con ordinanza del 9 febbraio 2007 dal Tribunale di Civitavecchia nel procedimento civile vertente tra E.M. ed altri e l'Agenzia delle Dogane – Circoscrizione Doganale di Roma 1, iscritta al n. 575 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell'anno 2007.

    Visti l'atto di costituzione di E.M. ed altri, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

    udito nell'udienza pubblica del 15 gennaio 2008 il Giudice relatore Maria Rita Saulle;

    uditi l'avvocato Giorgio Barili per E.M. ed altri, e l'avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio per il Presidente del Consiglio dei ministri.

    Ritenuto che, con ordinanza del 9 febbraio 2007, il Tribunale di Civitavecchia ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, commi 1 e 2, del d.lgs. 8 novembre 1990, n. 374 (Riordinamento degli istituti doganali e revisione delle procedure di accertamento e controllo in attuazione delle direttive n. 79/695/CEE del 24 luglio 1979 e n. 82/57/CEE del 17 dicembre 1981, in tema di procedure di immissione in libera pratica delle merci, e delle direttive n. 81/177/CEE del 24 febbraio 1981 e n. 82/347/CEE del 23 aprile 1982, in tema di procedure di esportazione delle merci comunitarie), per contrasto con gli artt. 3, 23 e 97 della Costituzione;

    che la disposizione viene censurata «nella parte in cui prevede l'applicazione, da parte del direttore della circoscrizione doganale competente per territorio, di una sanzione amministrativa per la violazione del divieto di eseguire costruzioni ed altre opere di ogni specie, sia provvisorie sia permanenti, in prossimità della linea doganale, senza dettare alcun criterio per la determinazione della nozione di “prossimità” e, conseguentemente, per la individuazione da parte della Pubblica Amministrazione dei comportamenti da sanzionarsi»;

    che il giudizio a quo origina dall'opposizione avverso l'ingiunzione di pagamento della sanzione amministrativa comminata dall'Agenzia delle Dogane, nei confronti di una società in accomandita semplice e dei suoi soci accomandatari, per la realizzazione di un chiosco bar e di un manufatto in lamiera ondulata in assenza della prescritta autorizzazione doganale;

    che, in punto di rilevanza, il rimettente evidenzia, quanto all'elemento oggettivo dell'illecito amministrativo contestato, che non vi è dubbio circa «la realizzazione degli immobili su terreno apparentemente “prossimo” alla linea doganale (costituita nelle specie, dal lido del mare)», nonché, quanto all'elemento soggettivo, che «non appare raggiunta la prova» in ordine all'assenza di colpa degli opponenti, essendo stato dimostrato dalla parte opposta che il competente rappresentante della Circoscrizione doganale aveva rappresentato loro la necessità dell'istanza di autorizzazione ex art. 19 del d.lgs. n. 375 del 1990 in relazione al progetto edificatorio nell'ambito del quale sono stati realizzati i manufatti in questione;

    che, ad avviso del giudice a quo, la disposizione censurata, identificando il comportamento sanzionato nella edificazione (ovvero nella modificazione o variazione di edifici già esistenti), senza la prescritta autorizzazione, “in prossimità” della linea doganale, contrasterebbe innanzitutto con il «principio di riserva di legge relativa» previsto dall'art. 23 Cost., in quanto «l'indeterminatezza del concetto di “prossimità”» non consentirebbe al privato «di verificare a priori il contenuto del comportamento sanzionato», lasciando alla Pubblica Amministrazione «assoluta discrezionalità nella determinazione, in concreto, del comportamento edificatorio da assoggettare a sanzione»;

    che, in secondo luogo, la denunciata indeterminatezza del precetto violerebbe sia l'art. 3 Cost., «sussistendo la possibilità che comportamenti edificatori posti in essere ad analoghe distanze dalla linea doganale vengano o meno sottoposti alla sanzione amministrativa in base a non prevedibili (e non necessariamente identiche) valutazioni della stessa Pubblica Amministrazione», sia il principio di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa sancito dall'art. 97 Cost., «in virtù del possibile trattamento diversificato di situazioni edificatorie realizzate ad identica distanza dalla linea doganale», anche in considerazione della molteplicità, sul territorio, delle Circoscrizioni doganali, che renderebbe «ancor più probabile l'astratta possibilità di determinazioni diverse con riferimento a casi analoghi»;

    che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la sollevata questione di legittimità costituzionale sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata;

    che, secondo la difesa erariale, la disposizione sottoposta al sindacato di questa Corte svolgerebbe «una funzione di prevenzione della violazione delle norme anticontrabbando e di ulteriori interessi pubblici tutelati dalle dogane», avendo il legislatore «inteso impedire la realizzazione di costruzioni non autorizzate lungo la linea doganale terrestre e la riva del mare, attraverso l'espletamento di un controllo preventivo da parte dell'autorità doganale competente»;

    che, in particolare, quanto al primo profilo di censura, l'art. 19 del d.lgs. n. 375 del 1990 risulterebbe pienamente conforme al principio di legalità che − in forza dell'art. 23 Cost. − presiede alle sanzioni amministrative, in quanto «da un lato è norma di legge di rango primario, dall'altro prevede in modo espresso e specifico l'illecito e la misura della sanzione (commisurata al valore dell'opera eventualmente già costruita)»;

    che, sempre ad avviso dell'Avvocatura generale dello Stato, sulla base degli elementi forniti dall'ordinanza di rimessione, non potrebbe dubitarsi della indeterminatezza della formulazione della norma censurata, atteso il fatto che lo stesso giudice a quo afferma testualmente che la realizzazione dei manufatti sanzionata sarebbe avvenuta in terreno “prossimo” alla linea doganale, rendendo così priva di rilevanza la questione sottoposta a questa Corte;

    che, in ogni caso, non potrebbe considerarsi violato il principio di determinatezza dell'illecito amministrativo, dal momento che l'art. 1 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale), fornisce una definizione di “linea doganale”, dettando criteri idonei a individuarla in concreto, cosicché, con l'espressione «in prossimità della linea doganale», il legislatore avrebbe fornito un «criterio di rinvio sufficientemente univoco», idoneo alla sua corretta identificazione «in ragione della complessità geografica e morfologica del territorio»;

    che, quanto alla ipotizzata lesione dell'art. 3 Cost., la difesa erariale deduce l'inammissibilità o comunque l'infondatezza di tale profilo di censura, non avendo il giudice identificato alcun tertium comparationis e considerato che «la diversa regolamentazione di fattispecie apparentemente simili può essere legittimamente determinata dalla estremamente variegata realtà geografica che rende continuamente mutevole la linea doganale»;

    che, infine, con riferimento all'art. 97 Cost., la difesa erariale eccepisce l'inammissibilità della questione sollevata per omessa motivazione del parametro invocato, osservando peraltro che il buon andamento e l'imparzialità della Pubblica Amministrazione risulterebbero assicurati dal procedimento amministrativo in cui si inserisce la sanzione amministrativa in questione, nonché dalla univocità interpretativa con la quale la norma censurata è sempre stata applicata;

    che, con atto depositato il 24 settembre 2007, si sono costituiti in giudizio – in proprio e in qualità di legali rappresentanti pro tempore – tre soci della società in accomandita semplice, opponente nel giudizio principale, chiedendo la dichiarazione di illegittimità costituzionale della disposizione censurata dal giudice rimettente e riservandosi di presentare memorie e documentazione;

    che, con memoria depositata in prossimità dell'udienza pubblica, l'Avvocatura generale dello Stato ha ribadito le considerazioni difensive già svolte, insistendo nella richiesta di declaratoria di inammissibilità ovvero infondatezza della questione di legittimità sollevata;

    che, parimenti, con memoria depositata in prossimità dell'udienza, le parti private hanno svolto considerazioni illustrative del proprio atto di costituzione, aderendo alle argomentazioni poste a fondamento della questione di legittimità costituzionale sollevata dal giudice rimettente ed insistendo nella richiesta di accoglimento.

    Considerato che il Tribunale di Civitavecchia dubita della legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 3, 23 e 97 della Costituzione, dell'art. 19, commi 1 e 2, del d.lgs. 8 novembre 1990, n. 375 (Riordinamento degli istituti doganali e revisione delle procedure di accertamento e controllo in attuazione delle direttive n. 79/695/CEE del 24 luglio 1979 e n. 82/57/CEE del 17 dicembre 1981, in tema di procedure di immissione in libera pratica delle merci, e delle direttive n. 81/177/CEE del 24 febbraio 1981 e n. 82/347/CEE del 23 aprile 1982, in tema di procedure di esportazione delle merci comunitarie), «nella parte in cui prevede l'applicazione, da parte del direttore della circoscrizione doganale competente per territorio, di una sanzione amministrativa per la violazione del divieto di eseguire costruzioni ed altre opere di ogni specie, sia provvisorie sia permanenti, in prossimità della linea doganale, senza dettare alcun criterio per la determinazione della nozione di “prossimità” e, conseguentemente, per la individuazione da parte della Pubblica Amministrazione dei comportamenti da sanzionarsi»;

    che l'assunto da cui muove il giudice rimettente, in relazione alla asserita indeterminatezza della formulazione della disposizione censurata, risulta espressamente contraddetto dalla testuale affermazione secondo la quale  «non può dubitarsi della sussistenza dell'elemento oggettivo dell'illecito, essendo incontestata la realizzazione degli immobili su terreno apparentemente “prossimo” alla linea doganale (costituita, nella specie, dal lido del mare; art. 1, comma 1, del Testo Unico delle disposizioni legislative in materia doganale, n. 43 del 1973)»;

    che, in tal modo, come eccepito dalla stessa Avvocatura generale dello Stato, il rimettente ha reso del tutto ininfluente per il giudizio a quo un'eventuale pronuncia di questa Corte, avendo egli già valutato positivamente l'integrazione in concreto dell'elemento oggettivo dell'illecito amministrativo contestato proprio con riferimento al concetto di “prossimità” degli immobili realizzati e, dunque, avendo dimostrato nei fatti di poter interpretare ed applicare la norma – della cui sufficiente determinatezza dubita – al caso sottoposto al suo giudizio;

    che, sotto tale profilo, la questione sollevata presenta un difetto assoluto di rilevanza che la rende manifestamente inammissibile;

    che, d'altronde, l'intervento additivo che il giudice a quo prospetta è radicalmente precluso a questa Corte, sia in quanto manca nell'ordinanza qualunque indicazione in ordine ai «criteri» che potrebbero rendere la disposizione conforme ai parametri costituzionali invocati, sia in quanto l'individuazione e la specificazione della nozione di «prossimità» alla linea doganale comportano una pluralità di soluzioni in funzione sia della diversa conformazione geografica che assume la linea doganale stessa sia delle molteplici esigenze di interesse pubblico cui è preposta la norma censurata, cosicché manca una soluzione costituzionalmente obbligata idonea a predeterminare in maniera rigida il concetto di «prossimità»;

    che, dunque, anche da tale punto di vista, in conformità con il consolidato orientamento di questa Corte, le questioni devono essere dichiarate manifestamente inammissibili (si vedano, ex plurimis, la sentenza n. 33 del 2007, le ordinanze n. 278 del 2007, nn. 380 e 23 del 2006).

 

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, commi 1 e 2, del d.lgs. 8 novembre 1990, n. 374 (Riordinamento degli istituti doganali e revisione delle procedure di accertamento e controllo in attuazione delle direttive n. 79/695/CEE del 24 luglio 1979 e n. 82/57/CEE del 17 dicembre 1981, in tema di procedure di immissione in libera pratica delle merci, e delle direttive n. 81/177/CEE del 24 febbraio 1981 e n. 82/347/CEE del 23 aprile 1982, in tema di procedure di esportazione delle merci comunitarie), sollevata dal Tribunale di Civitavecchia, in relazione agli artt. 3, 23 e 97 della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe.

    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 febbraio 2008.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Maria Rita SAULLE, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 21 febbraio 2008.