ORDINANZA N. 380
ANNO 2006
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 18, secondo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), promosso con ordinanza del 26 agosto 1996 dal Pretore di Firenze, nel procedimento civile vertente tra Pier Francesco Listri e Giuseppe Comella, iscritta al n. 101 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell’anno 2006.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 25 ottobre 2006 il Giudice relatore Luigi Mazzella.
Ritenuto che, nel corso di un giudizio civile avente ad oggetto la determinazione del canone di locazione relativo ad un immobile adibito ad uso abitazione, il Pretore di Firenze, con ordinanza del 26 agosto 1996 – trasmessa dal Tribunale di Firenze, sostituitosi al Pretore ai sensi dell’art. 1 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado), e pervenuta alla Corte costituzionale il 1° aprile 2006 – ha sollevato, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, secondo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), nella parte in cui esclude in ogni caso che il territorio dei comuni con popolazione non superiore a 20.000 abitanti possa essere ripartito avendo riguardo alla più articolata elencazione di zone di cui al primo comma dello stesso articolo;
che il rimettente, premesso che l’immobile oggetto del contratto di locazione stipulato dalle parti era situato in “zona agricola”, evidenzia che il secondo comma dell’art. 18 della legge n. 392 del 1978 (che disciplina uno dei coefficienti da prendere in considerazione al fine del calcolo del canone e, precisamente, quello relativo alla “ubicazione” dell’immobile) contempla, per i comuni con popolazione non superiore a 20.000 abitanti (qual è quello di Fiesole), la ripartizione del territorio comunale in tre sole zone (zona agricola, centro edificato e centro storico), a differenza di quanto stabilito nel primo comma dello stesso art. 18 che, per i comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti, prevede una ripartizione del territorio comunale in cinque zone (zona agricola, zona edificata periferica, zona edificata compresa tra quella periferica e il centro storico, zone di pregio particolare site nella zona periferica o nella zona agricola, centro storico);
che, secondo il giudice a quo, ove il comune con popolazione non superiore a 20.000 abitanti sia confinante con un comune che abbia popolazione superiore a quel limite (come accade nel caso del Comune di Fiesole, confinante con quello di Firenze), non si potrebbe ritenere ragionevole la scelta del legislatore di non prevedere in assoluto, per il comune più piccolo, le “zone di pregio particolare site nella zona agricola” o la “zona edificata periferica”, poiché, quando si tratta del valore di un’abitazione e della sua utilità abitativa, sarebbe inadeguato avere riguardo al singolo comune e non al più ampio contesto territoriale in cui il comune stesso è inserito, perché, in tal modo, non viene dato rilievo alla vicinanza con la media o grande città e non si considera che zone del comune confinante possono costituire la periferia della media o grande città e che lo sviluppo dei mezzi di trasporto ha eliminato le distanze, parificando la funzionalità delle abitazioni ubicate nelle predette due categorie di centri abitati;
che, in ordine alla rilevanza della questione, il rimettente ha sostenuto che, ove fosse possibile anche per i comuni con popolazione non superiore a 20.000 abitanti una più articolata ripartizione del territorio comunale, la quale permettesse di distinguere tra zone agricole e zone di pregio particolare all’interno delle zone agricole, il luogo ove è ubicato l’immobile oggetto del contratto di locazione stipulato dalle parti del giudizio a quo potrebbe essere ricompreso in “zona agricola di pregio”, oppure in “zona edificata periferica” (neppure essa prevista dal secondo comma dell’art. 18 della legge n. 392 del 1978), con una sostanziale differenza in punto di canone legale;
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri che ha concluso chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata inammissibile o infondata;
che, secondo l’interveniente, la questione sarebbe inammissibile, in quanto, seppure la Corte dovesse dichiarare l’illegittimità della norma così come richiesto dal rimettente, si creerebbe un vuoto normativo che impedirebbe comunque al giudice a quo di decidere la causa, non potendosi estendere automaticamente ai comuni con popolazione non superiore a 20.000 abitanti i coefficienti di cui al primo comma dell’art. 18 della legge n. 392 del 1978, perché altrimenti si verrebbe a determinare un’irragionevole equiparazione del valore locativo degli immobili situati in un piccolo comune a quello degli immobili ubicati in comuni con popolazione molto maggiore;
che, sempre a parere del Presidente del Consiglio dei ministri, la scelta di stabilire parametri uniformi per la determinazione del canone di locazione non potrebbe essere considerata di per sé lesiva del principio di eguaglianza, così come non sarebbe possibile ritenere costituzionalmente dovuta una disciplina legislativa speciale che adottasse un criterio di determinazione del costo base degli immobili adeguato al costo effettivo o che assumesse criteri di calcolo del canone valevoli solamente per alcune parti del territorio nazionale.
Considerato che il Pretore di Firenze dubita, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 18, secondo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), nella parte in cui esclude che il territorio dei comuni con popolazione non superiore a 20.000 abitanti possa essere ripartito avendo riguardo alla più articolata elencazione di zone di cui al primo comma dello stesso articolo e ciò anche nel caso in cui il territorio di tali comuni confini con quello di comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti;
che, successivamente alla pronuncia dell’ordinanza di rimessione, è intervenuta la legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), la quale ha abrogato, tra gli altri, gli articoli della legge n. 392 del 1978 che fissavano i coefficienti di calcolo del canone di locazione, ivi incluso l’art. 18 oggetto della presente questione di costituzionalità (art. 14, comma 4, della legge n. 431 del 1998);
che, tuttavia, è certa la persistente rilevanza della questione rimessa alla Corte, perché l’art. 14, comma 5, della legge n. 431 del 1998 stabilisce che «ai contratti per la loro intera durata ed ai giudizi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi ad ogni effetto le disposizioni normative in materia di locazioni vigenti prima di tale data» ed è indubbio che il giudizio a quo fosse pendente alla data di entrata in vigore della legge n. 431 del 1998;
che questa Corte ha ripetutamente affermato (sentenze n. 308 e 258 del 1994, n. 298 del 1993, tra le altre) che le pronunce additive (come quella richiesta dall’odierno rimettente) sono consentite solamente quando la questione si presenti a rime obbligate, cioè quando la soluzione sia logicamente necessitata ed implicita nello stesso contesto normativo;
che, al contrario, in materia di suddivisione del territorio dei comuni con popolazione non superiore a 20.000 abitanti ai fini della determinazione del canone di locazione degli immobili ad uso abitativo, dall’ordinamento non è possibile estrarre un’univoca e costituzionalmente obbligata soluzione che vada a sostituire quella denunziata come illegittima dal rimettente, dovendosi operare scelte (in ordine alle categorie di zone da introdurre in aggiunta alle tre già contemplate dalla norma denunziata ed al coefficiente di calcolo da attribuire a ciascuna di esse) che implicano valutazioni di plurime circostanze di fatto suscettibili di sfociare in varie e diverse soluzioni;
che questa Corte ha affermato altresì che, in materia di individuazione dei criteri di calcolo dell’equo canone, il legislatore esercitò un’ampia discrezionalità (sentenza n. 55 del 2000, ordinanze nn. 146 del 1991, 17 del 1989, 1084 e 1048 del 1988);
che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, secondo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), sollevata, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, dal Pretore di Firenze con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 novembre 2006.
Franco BILE, Presidente
Luigi MAZZELLA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 14 novembre 2006.