ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art.
3, comma 2, del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180 (Misure urgenti per la
prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da
disastri franosi nella regione Campania), convertito, con modificazioni, dalla
legge 3 agosto 1998, n. 267, dell'art. 8, lettera d) (recte: comma 1, lettera d), del decreto
legislativo 20 settembre 1999, n. 354 (Disposizioni per la definitiva chiusura
del programma di ricostruzione di cui al titolo VIII della legge 14 maggio
1981, n. 219, e successive modificazioni, a norma dell'articolo 42, comma 6,
della legge 17 maggio 1999, n. 144), e dell'art. 1, comma 2-quater, del decreto-legge 7 febbraio
2003, n. 15 (Misure urgenti per il finanziamento di interventi nei territori
colpiti da calamità naturali e per l'attuazione delle disposizioni di cui
all'articolo 13, comma 1, della legge 1° agosto 2002, n. 166. Disposizioni
urgenti per il superamento di situazioni di emergenza ambientale), convertito,
con modificazioni, dalla legge 8 aprile 2003, n. 62, promosso dal Collegio
arbitrale di Napoli, nel procedimento tra il Consorzio CPR2 e
Visti l'atto di costituzione del Consorzio CPR2 nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica dell'11 dicembre 2007 il Giudice relatore Francesco Amirante;
uditi gli avvocati Vincenzo Spagnuolo Vigorita e Massimo Luciani per il Consorzio CPR2 e l'avvocato dello Stato Marco Corsini per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che il Collegio arbitrale di
Napoli costituito per l'arbitrato tra il Consorzio CPR2 e la locale Curia
arcivescovile, con ordinanza dell'11 novembre
che nell'ordinanza di remissione si precisa come il collegio arbitrale, costituitosi in data 25 maggio 2006, nel fissare i termini per lo svolgimento del giudizio, abbia rilevato la necessità di esprimere una valutazione, ai fini della procedibilità dell'arbitrato, in ordine all'applicabilità, nella specie, dell'art. 1, comma 2-quater, del citato d.l. n. 15 del 2003, invitando le parti a dedurre sul punto;
che, conseguentemente, la difesa della parte attrice ha eccepito l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, comma 2, del d.l. n. 180 del 1998 – secondo il quale non possono essere devolute a collegi arbitrali le controversie relative all'esecuzione di opere pubbliche comprese in programmi di ricostruzione di territori colpiti da calamità naturali – la cui vigenza è stata ribadita dal menzionato art. 1, comma 2-quater, del d.l. n. 15 del 2003;
che il Collegio arbitrale, quindi, ha ritenuto di sollevare, in riferimento agli artt. 3, 41 e 42 Cost., una prima questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 2-quater, del d.l. n. 15 del 2003, dell'art. 3, comma 2, del d.l. n. 180 del 1998 e dell'art. 8, comma 1, lettera d), del d.lgs. n. 354 del 1999, nella parte in cui escludono che le controversie relative all'esecuzione di opere pubbliche comprese in programmi di ricostruzione di territori colpiti da calamità naturali possano essere devolute a collegi arbitrali;
che, in punto di rilevanza, il remittente, dopo un excursus sulla normativa in materia, ritiene sicuramente desumibile dalle disposizioni denunciate l'attuale vigenza del divieto di devolvere ad arbitri le controversie attinenti agli interventi di cui al titolo VIII della legge 14 maggio 1981, n. 219, tra le quali rientra la controversia de qua;
che, quanto al merito della questione, il Collegio arbitrale, auspicando una revisione dell'orientamento già espresso da questa Corte nella sentenza n. 376 del 2001 e nelle successive ordinanze n. 11 e n. 122 del 2003, sostiene, in primo luogo, che le disposizioni censurate si pongono in contrasto con l'art. 3 Cost., sotto il profilo della ragionevolezza, perché dettano una disciplina speciale per una determinata classe di ipotesi (controversie riguardanti contratti pubblici aventi ad oggetto la realizzazione di interventi originati da calamità naturali) la quale, all'interno della materia delle opere pubbliche, non si differenzierebbe dalle altre con riguardo alla compatibilità con la ratio sottesa alla disciplina generale dell'arbitrato;
che il remittente sostiene, inoltre, la violazione dell'art. 3 Cost., sotto il profilo del principio di uguaglianza, in quanto le citate disposizioni – attribuendo un regime normativo differenziato ad appalti oggettivamente e soggettivamente identici ed individuando l'illegittima ratio di tale particolare disciplina nella genesi remota della necessità di provvedere all'esecuzione dell'opera (calamità naturale), genesi caratterizzata da un criterio di localizzazione logistica – determinerebbero una discriminazione di tipo territoriale rispetto al regime generale degli appalti di opere pubbliche, non solo in riferimento al più ampio ambito comunitario, ma anche in ambito nazionale;
che, inoltre, il Collegio arbitrale assume la lesione degli artt. 41 e 42 Cost., in quanto le norme censurate limiterebbero la libertà di iniziativa economica attraverso l'illegittima sottrazione di alcuni operatori del settore alla regola generale della derogabilità della giurisdizione statuale in favore degli arbitri;
che, concludendo su tale prima questione, il remittente chiede a questa Corte di valutare se all'eventuale declaratoria d'illegittimità costituzionale della suddetta normativa debba conseguire, in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, analoga pronuncia in riferimento all'art. 253, comma 34, lettera d), secondo periodo, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, il quale ha riaffermato il divieto in argomento, facendo eccezione alla regola generale della compromettibilità in arbitri di tutte le controversie su diritti soggettivi derivanti dall'esecuzione di contratti pubblici di appalto, dettata dall'art. 241 dello stesso d.lgs. n. 163 del 2006;
che, in via subordinata, il Collegio remittente solleva, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 41, 42 e 97 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 2, del d.l. n. 180 del 1998, nella parte relativa all'esclusione dall'applicazione della norma di cui al primo periodo soltanto delle «controversie per le quali sia stata già notificata la domanda di arbitrato alla data di entrata in vigore del presente decreto» e non di tutte quelle relative a contratti già stipulati contenenti clausole compromissorie;
che, in merito a tale questione, il remittente argomenta la violazione dei parametri invocati sulla base dell'irragionevole individuazione, come momento di discrimine tra il vecchio e il nuovo regime, di quello della notificazione della domanda arbitrale anziché di quello della sottoscrizione della clausola compromissoria e, quindi, della determinazione della nullità retroattiva di tutte le clausole compromissorie precedentemente stipulate;
che, in via ulteriormente subordinata, il remittente denuncia il contrasto delle disposizioni in oggetto con gli artt. 117, primo comma, 3 e 41 Cost., in quanto, modificando le condizioni conosciute dalle parti al momento della stipulazione del contratto e prevedendo la salvezza delle sole domande arbitrali già notificate e non di tutti i contratti già stipulati contenenti clausole compromissorie, violerebbero la normativa comunitaria in materia di appalti e, in particolare, i principi di parità di trattamento tra gli operatori, di non discriminazione e di trasparenza cui essa si ispira;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo la declaratoria di manifesta infondatezza delle questioni data la loro analogia, se non addirittura identità, con quelle già scrutinate e respinte nella sentenza n. 376 del 2001 e nelle ordinanze n. 11 e n. 122 del 2003;
che si è costituito il Consorzio CPR2 il quale, anche in una memoria depositata in prossimità dell'udienza, ha aderito, ampliandone le argomentazioni, alle conclusioni dell'ordinanza di rimessione, insistendo per il superamento della precedente giurisprudenza costituzionale in materia.
Considerato che il Collegio arbitrale remittente fonda la sua tesi – ribadita e sviluppata dalla parte privata nelle proprie difese – principalmente, anche se non esclusivamente, sull'assunto che il divieto del giudizio arbitrale per le controversie concernenti rapporti relativi ad appalti per la costruzione di opere pubbliche rese necessarie da calamità naturali è irragionevole e, in quanto tale, contrasta con numerosi parametri costituzionali;
che tale irragionevolezza viene dedotta dal rilievo secondo cui, rispetto al generale principio della compromettibilità in arbitri di tutte le controversie aventi ad oggetto diritti disponibili – ribadito, per quelle nascenti da appalti pubblici, dall'articolo 241 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 – la norma impugnata introdurrebbe un'eccezione riguardante una categoria puramente naturalistica (opere pubbliche rese necessarie da calamità naturali) priva di connotazioni giuridiche (ancorché sia stata confermata dall'art. 253, comma 34, lettera d, secondo periodo, del suddetto d.lgs. n. 163 del 2006, del quale si prefigura un'illegittimità consequenziale);
che, ad avviso del remittente, la disposizione che configura l'eccezione al generale principio della compromettibilità dei diritti disponibili non si fonda sulla identificazione di un ben individuato interesse pubblico prevalente su quello che informa il principio generale suindicato;
che,
successivamente alla proposizione delle questioni ed alla discussione di esse
in pubblica udienza, è stata approvata la legge 24 dicembre 2007, n. 244
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
- legge finanziaria 2008), la quale all'art. 3, commi da
che, pertanto, rispetto alle questioni come proposte e come discusse è mutato il quadro normativo, sicché è necessario che il remittente ne riesamini i termini;
che va, quindi, disposta la restituzione degli atti.
ordina la restituzione degli atti al Collegio arbitrale di Napoli costituito per l'arbitrato tra il Consorzio CPR2 e la locale Curia arcivescovile.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
della Consulta, l'11 febbraio 2008.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Francesco AMIRANTE, Redattore