ORDINANZA N. 421
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Franco BILE Presidente
- Francesco AMIRANTE Giudice
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 155-quater, secondo comma, del codice civile, introdotto dall’art. 1, comma 2, della legge 8 febbraio 2006, n. 54 (Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli), promosso con ordinanza del 25 ottobre 2006 dal Tribunale ordinario di Busto Arsizio sul ricorso proposto da Baruzzo Fabrizio c. Carugati Bianca, iscritta al n. 191 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell’anno 2007.
Udito nella camera di consiglio del 10 ottobre 2007 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro.
Ritenuto che il Tribunale ordinario di Busto Arsizio – nel corso di un giudizio avente ad oggetto la modifica delle condizioni fissate nella sentenza di divorzio, e, in particolare, la revoca dell’assegnazione alla resistente della casa coniugale, ai sensi del disposto di cui al capoverso dell’art. 155-quater del codice civile, inserito dall’art. 1, comma 2, della legge 8 febbraio 2006, n. 54 (Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli), in considerazione del rapporto di convivenza instaurato, a decorrere dal giugno 2004, dalla stessa resistente con altro soggetto – con ordinanza del 20 ottobre 2006, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3 e 30 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 155-quater, secondo comma, cod. civ., nella parte in cui ricollega automaticamente all’inizio di un rapporto di convivenza more uxorio od alla celebrazione di nuove nozze la cessazione del diritto al godimento della casa coniugale in capo all’ex coniuge assegnatario della stessa, con esclusione di ogni valutazione discrezionale da parte del giudice;
che il rimettente, preso atto che il primo comma della norma censurata sancisce il principio secondo cui «il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli», in ciò ponendosi nel solco della ratio sottesa alla previgente normativa ed agli indirizzi giurisprudenziali formatisi sulla stessa, ravvisabile nell’esigenza di «preservare per quanto possibile e opportuno la continuità delle abitudini domestiche», rileva la irrazionalità e la contraddittorietà insite nella scelta legislativa di sacrificare, in modo pressoché automatico e perentorio, l’interesse stesso che la norma si ripromette di tutelare in via primaria, nell’ipotesi di celebrazione di nuove nozze o di inizio di una convivenza more uxorio da parte dell’ex coniuge assegnatario della casa;
che detto automatismo, deduce il rimettente, impedisce al giudice ogni valutazione delle concrete circostanze del caso, nonché ogni bilanciamento tra l’interesse della prole a conservare il proprio habitat domestico e quello del coniuge non assegnatario a riacquistare la libera disponibilità del bene, ossia tra il diritto, di valenza altamente personalistica, dei figli ad usufruire dell’ambiente domestico con cui hanno instaurato un legame affettivo, e quello prettamente patrimoniale del titolare di un diritto dominicale sull’immobile;
che il Tribunale rimettente osserva che la sottrazione al giudice di ogni margine di discrezionalità risulta a maggior ragione di dubbia opportunità e ragionevolezza, alla stregua dell’applicabilità della norma censurata anche in quei casi (come quello oggetto del procedimento a quo) in cui l’instaurazione del rapporto di convivenza more uxorio (ovvero la celebrazione delle nuove nozze) risalga ad epoca anteriore all’entrata in vigore della normativa di cui si tratta, con il conseguente rischio di una destabilizzazione di consolidati vincoli affettivi tra la prole ed il nuovo compagno/coniuge del genitore assegnatario, sorti nel contesto dell’habitat domestico, di tal che la nuova unione del genitore viene automaticamente e drasticamente sanzionata per il solo fatto della sua esistenza, e non già nelle sole ipotesi in cui la stessa rechi disagio, se non pregiudizio, ai figli;
che, ciò posto, il Collegio rimettente ritiene la disposizione in questione di dubbia compatibilità anzitutto con l’art. 2 Cost., giacché la sfera personale del coniuge assegnatario verrebbe a trovarsi gravemente ed ingiustificatamente pregiudicata, sotto il profilo della libertà di contrarre matrimonio o di convivere more uxorio, di fronte alla prospettiva sicura di perdere il godimento della casa coniugale, con conseguente determinazione di un nocumento anche a carico dei figli;
che andrebbe, inoltre, ravvisata la esistenza di un possibile profilo di incostituzionalità della norma censurata in riferimento all’art. 3 Cost., per la introduzione di una inammissibile disparità di trattamento tra la prole di un soggetto che non abbia contratto nuove nozze o iniziato una convivenza e la prole di un soggetto che abbia optato per una nuova unione, in tal modo facendo gravare sui figli le conseguenze pregiudizievoli delle scelte esistenziali dei loro ascendenti;
che si adombra, infine, il contrasto della norma censurata con l’art. 30 Cost., sotto il profilo della violazione del diritto dei figli ad essere mantenuti dai genitori, posto che, proprio nella prospettiva dell’art. 155-quater cod. civ., l’assegnazione della casa familiare assurge a forma di contributo al mantenimento della prole.
Considerato che il Tribunale ordinario di Busto Arsizio dubita della legittimità costituzionale dell’art. 155-quater, secondo comma, del codice civile, inserito dall’art. 1, comma 2, della legge 8 febbraio 2006, n. 54, (Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli), nella parte in cui ricollega automaticamente all’inizio di un rapporto di convivenza more uxorio od alla celebrazione di nuove nozze la cessazione del diritto al godimento della casa coniugale in capo all’ex coniuge assegnatario, con esclusione di ogni valutazione discrezionale da parte del giudice, per violazione: a), dell’art. 2 Cost., per il grave ed ingiustificato pregiudizio alla sfera personale del coniuge assegnatario sotto il profilo della libertà di contrarre matrimonio o di convivere more uxorio di fronte alla prospettiva sicura di perdere il godimento della casa coniugale, con la conseguente determinazione di un nocumento anche a carico dei figli; b), dell’art. 3 Cost. per la introduzione di una inammissibile disparità di trattamento tra la prole di un soggetto che non abbia contratto nuove nozze o iniziato una convivenza e quella di un soggetto che abbia, invece, optato per una nuova unione, in tal modo facendo gravare sui figli le conseguenze pregiudizievoli delle scelte esistenziali dei loro ascendenti; c), dell’art. 30 Cost., per il contrasto con il diritto dei figli ad essere mantenuti dai genitori, posto che, proprio nella prospettiva dell’art. 155-quater cod. civ., l’assegnazione della casa familiare assurge a forma di contributo al mantenimento della prole;
che l’ordinanza di rimessione manca di una compiuta descrizione della fattispecie, non facendosi neppure riferimento, in essa, alla presenza, nella specie, di figli ed alla minore o maggiore età degli stessi;
che, per costante giurisprudenza, è manifestamente inammissibile la questione sollevata ove, come nella ipotesi di omessa descrizione della fattispecie, sia impedito di vagliare l’effettiva applicabilità della norma denunciata al giudizio principale, con conseguente carenza di motivazione sulla rilevanza della questione (ex plurimis, ordinanze n. 132, n. 129, n. 127, n. 92, n. 91, n. 72 del 2007).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 155-quater, secondo comma, del codice civile, introdotto dall’art. 1, comma 2, della legge 8 febbraio 2006, n. 54 (Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli), sollevata, in riferimento agli articoli 2, 3 e 30 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Busto Arsizio, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 novembre 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 5 dicembre 2007.