Ordinanza n. 328 del 2007

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ORDINANZA N. 328

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                              BILE                                                  Presidente

- Giovanni Maria                FLICK                                               Giudice

- Francesco                         AMIRANTE                                            "

- Ugo                                  DE SIERVO                                            "

- Paolo                                MADDALENA                                       "

- Alfio                                FINOCCHIARO                                     "

- Alfonso                            QUARANTA                                          "

- Franco                              GALLO                                                   "

- Luigi                                MAZZELLA                                           "

- Gaetano                           SILVESTRI                                             "

- Sabino                              CASSESE                                                "

- Maria Rita                        SAULLE                                                  "

- Giuseppe                          TESAURO                                               "

- Paolo Maria                     NAPOLITANO                                        "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 593 del codice di procedura penale, come sostituito dall’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), e dell’art. 10 della stessa legge, promossi, nel corso di diversi procedimenti penali, con ordinanze del 15, del 22, del 29 e del 30 maggio, del 1°, del 5, del 6, dell’8 (nn. 2 ordinanze), del 13 e del 15 giugno, del 9 maggio, del 15 (nn. 2 ordinanze) giugno, del 30 (nn. 6 ordinanze) maggio e del 6 luglio 2006 dalla Corte d’appello di Palermo, rispettivamente iscritte ai nn. da 463 a 467, 469, da 471 a 475 e 522 del registro ordinanze 2006 e ai nn. 29, 30, da 151 a 157 del registro ordinanze 2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 44, 45 e 47, prima serie speciale, dell’anno 2006 e nn. 8 e 14, prima serie speciale, dell’anno 2007.

         Udito nella camera di consiglio del 4 luglio 2007 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.

Ritenuto che, con ventuno ordinanze sostanzialmente coincidenti nella parte motiva, la Corte d’appello di Palermo ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 111, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 593 del codice di procedura penale, come sostituito dall’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), nella parte in cui non consente al pubblico ministero di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento, se non nel caso previsto dall’art. 603, comma 2, del codice di procedura penale – ossia quando sopravvengano o si scoprano nuove prove dopo il giudizio di primo grado  e sempre che tali prove risultino decisive − nonché dell’art. 10 della medesima legge;

che la Corte d’appello premette, ai fini della rilevanza, che in forza dell’art. 10 della legge n. 46 del 2006 − il cui art. 1, sostituendo l’art. 593 cod. proc. pen., ha sottratto al pubblico ministero il potere di appellare le sentenze di proscioglimento − gli appelli proposti dal pubblico ministero e da cui traggono origine i giudizi a quibus dovrebbero essere dichiarati inammissibili;

che, tuttavia, la Corte rimettente dubita della legittimità costituzionale della nuova disciplina, immediatamente applicabile ai procedimenti pendenti in forza appunto dell’art. 10 della legge, assumendone il contrasto con gli artt. 3 e 111, secondo comma, della Costituzione per irragionevolezza e violazione del principio della parità tra le parti;

che, richiamata la giurisprudenza costituzionale in tema di giudizio abbreviato (ordinanze n. 165 del 2003, n. 347 del 2002, n. 421 del 2001), si osserva che, sebbene la previsione di limiti al potere di impugnazione del pubblico ministero non si ponga di per sé in contrasto con la Costituzione, la diversità dei poteri processuali riconosciuti alle parti deve pur sempre essere assistita da idonee ragioni giustificatrici: ragioni che la Corte costituzionale ha individuato nella peculiare posizione istituzionale del pubblico ministero, nella funzione allo stesso affidata e nelle esigenze connesse alla corretta amministrazione della giustizia;

che la preclusione all’appello del pubblico ministero avverso le sentenze di proscioglimento introdotta dalla legge n. 46 del 2006 non troverebbe invece «ragionevole giustificazione nei limiti richiesti dalle richiamate pronunce della Corte» e sempre collegati a «istituti deflativi in cui rinunce dell’imputato producono il risultato apprezzabile della definizione più sollecita del processo»;

che la disciplina censurata, nel riservare «esclusivamente all’imputato lo strumento di un nuovo giudizio di merito per vedere riconosciuta la propria innocenza», si porrebbe inoltre in contrasto con il principio di ragionevolezza, tenuto conto di quanto la stessa Corte costituzionale ha finora affermato in ordine alla garanzia del doppio grado di giurisdizione: e cioè che, in un sistema in cui il doppio grado non forma oggetto di garanzia giurisdizionale (ordinanza n. 421 del 2001), «non è la doppia istanza che garantisce la completa difesa, ma piuttosto la possibilità di prospettare al giudice ogni domanda ed ogni ragione che non siano legittimamente precluse» (ordinanza n. 316 del 2002);

che di conseguenza il legislatore non potrebbe che assicurare ad entrambe le parti il potere di sottoporre la decisione ad un «controllo critico da parte di un giudice sovraordinato», salvo che sussistano ragionevoli motivi che giustifichino una diversa disciplina;

che, infine, un ulteriore profilo di irragionevolezza emergerebbe dal raffronto con il potere di proporre appello avverso le sentenze di condanna che il legislatore ha mantenuto in capo al pubblico ministero.

Considerato che il dubbio di costituzionalità sottoposto a questa Corte ha per oggetto la preclusione, conseguente alla modifica dell’art. 593 del codice di procedura penale ad opera dell’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), dell’appello delle sentenze dibattimentali di proscioglimento da parte del pubblico ministero e l’immediata applicabilità di tale regime, in forza dell’art. 10 della legge, ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima;

che, stante l’identità delle questioni proposte, i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica pronuncia;

che, successivamente alle ordinanze di rimessione, questa Corte, con sentenza n. 26 del 2007, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della citata legge n. 46 del 2006, «nella parte in cui, sostituendo l’art. 593 del codice di procedura penale, esclude che il pubblico ministero possa appellare contro le sentenze di proscioglimento, fatta eccezione per le ipotesi previste dall’art. 603, comma 2, del medesimo codice, se la nuova prova è decisiva», e dell’art. 10, comma 2, della medesima legge, «nella parte in cui prevede che l’appello proposto contro una sentenza di proscioglimento dal pubblico ministero prima della data di entrata in vigore della medesima legge è dichiarato inammissibile»;

che, alla stregua della richiamata pronuncia di questa Corte, gli atti devono essere pertanto restituiti ai giudici rimettenti per un nuovo esame della rilevanza delle questioni.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

ordina la restituzione degli atti alla Corte d’appello di Palermo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 luglio 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Giovanni Maria FLICK, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 24 luglio 2007.