Sentenza n. 174 del 2007

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SENTENZA N. 174

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                    BILE                     Presidente

- Giovanni Maria       FLICK                    Giudice

- Francesco               AMIRANTE               "

- Ugo                        DE SIERVO                "

- Paolo                      MADDALENA            "

- Alfio                      FINOCCHIARO          "

- Alfonso                  QUARANTA               "

- Franco                    GALLO                       "

- Luigi                      MAZZELLA                "

- Gaetano                  SILVESTRI                 "

- Sabino                    CASSESE                    "

- Maria Rita              SAULLE                     "

- Giuseppe                TESAURO                   "

- Paolo Maria            NAPOLITANO            "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito della richiesta di rinvio a giudizio della Procura della Repubblica di Venezia del 13 ottobre 2005 e del decreto di fissazione di udienza preliminare del Tribunale di Venezia, ufficio del giudice dell’udienza preliminare, del 20 ottobre 2005 nei confronti del Presidente-consigliere della Regione Veneto Giancarlo Galan per il reato di diffamazione aggravata nei confronti di Diego Gallo, promosso con ricorso della Regione Veneto notificato il 9 dicembre 2005 e il 26 febbraio 2007, depositato in cancelleria il 15 dicembre 2005 e il 1° marzo 2007, iscritto al n. 30 del registro conflitti tra enti 2005.

Udito nell’udienza pubblica dell’8 maggio 2007 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;

uditi gli avvocati Mario Bertolissi e Luigi Manzi per la Regione Veneto.

Ritenuto in fatto

1. – La Regione Veneto, con ricorso notificato il 9 dicembre 2005 e depositato il successivo 15 dicembre, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione alla richiesta di rinvio a giudizio emessa dalla Procura della Repubblica di Venezia il 13 ottobre 2005 nei confronti del dott. Giancarlo Galan e al successivo decreto di fissazione dell’udienza preliminare emesso dal Tribunale di Venezia, ufficio del giudice dell’udienza preliminare, il 20 ottobre 2005, ravvisando nei detti provvedimenti la violazione degli artt. 121, 122, quarto comma, e 123 della Costituzione.

1.2. – La Regione premette, in fatto, che il procedimento penale che ha determinato il conflitto ha ad oggetto la querela sporta dal segretario della camera del lavoro di Venezia, Diego Gallo, nei confronti del Presidente della Regione Veneto Galan per alcune sue dichiarazioni rese agli organi di stampa.

In particolare, riferisce la ricorrente, il Presidente della Regione con le espressioni oggetto della querela aveva inteso rispondere ad alcune affermazioni fatte dal querelante nel corso di una manifestazione di solidarietà tenutasi a Venezia subito dopo l’attentato dell’11 settembre 2001 con la partecipazione delle più alte cariche civili e religiose. Nel corso di tale manifestazione, tra gli altri, prendevano la parola lo stesso Galan, che poneva l’accento sulla differenza tra una società civile e una società fondata sul fanatismo e l’integralismo, e il segretario della camera del lavoro, Diego Gallo, che invece diceva testualmente: «no al fondamentalismo religioso e al fondamentalismo di mercato, non ci sarà mai pace senza giustizia. E’ crollato il mito dell’inviolabilità della più grande potenza del mondo e adesso non possiamo combattere il terrorismo con eserciti fantasma. Servono forme democratiche nuove in cui i popoli possano decidere del loro destino. Finché c’è un Golia ci sarà sempre un Davide».

Il Presidente della Regione in replica a tali affermazioni rilasciava le seguenti dichiarazioni all’emittente televisiva “Televenezia”: «sentire un intervento come quello del rappresentante della CGIL … ecco mi indigno.  Mi indigno perché è un atteggiamento non condivisibile … stupido fino a ieri, da oggi è un atteggiamento demenziale … peggio delinquenziale». Tali parole venivano poi riportate anche il giorno successivo, 13 settembre, sui quotidiani “il Gazzettino” e “la Nuova Venezia”.

A seguito della querela sporta dal segretario della camera del lavoro di Venezia, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Venezia chiedeva il rinvio a giudizio del presidente Galan e il giudice dell’udienza preliminare emanava il decreto di fissazione dell’udienza preliminare.

La Regione Veneto, ritenendo l’iniziativa dell’autorità giudiziaria lesiva dell’autonomia del Presidente della Regione, sancita dagli artt. 121, 122 e 123 Cost., decideva di proporre ricorso per conflitto di attribuzioni avanti la Corte Costituzionale con delibera di Giunta n. 3546/2005.

1.3. – In diritto la ricorrente, dopo aver richiamato i punti fermi della giurisprudenza costituzionale in tema di immunità, evidenzia che, nel caso di specie, quel che rileva è la posizione peculiare del consigliere-Presidente di Regione, figura del tutto diversa da quella del semplice consigliere, in quanto ha la funzione di rappresentanza della Regione e di direzione politica della Giunta, alla quale si accompagna istituzionalmente la possibilità di “esternazione politica”, potere che, tanto più oggi che l’elezione del Presidente avviene a suffragio universale e diretto, va al di là delle puntuali competenze previste per legge. Il Presidente della Regione, ad avviso della ricorrente, avrebbe una sorta di diritto di rendere pubblici il significato e la ragione degli atti propri e del proprio governo dato che ne risponde politicamente. In altri termini, l’esternazione di valutazioni e orientamenti sui temi dell’attualità politica sarebbe diretta espressione del munus publicum di cui egli è titolare.

Su tale base dovrebbero considerarsi coperte dall’immunità le dichiarazioni presidenziali, anche se non ascrivibili a funzioni tipizzate, per il solo fatto di essere riferibili o genericamente connesse alla carica rappresentativa e alla realizzazione dell’indirizzo politico che il corpo elettorale ha scelto quando ha espresso la sua preferenza.

1.4 – La ricorrente, inoltre, sostiene che l’art. 3 della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l'attuazione dell'articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), ha esteso l’applicazione sia dell’art. 68, primo comma, Cost. sia, con i dovuti aggiustamenti, dell’art. 122, quarto comma, Cost. ad ogni attività di ispezione, di divulgazione, di critica e di denuncia politica connessa alla funzione parlamentare, anche se espletata fuori dal Parlamento. Ne consegue che, ai fini dell’applicazione della guarentigia, per il legislatore non ha più rilievo il fatto che si discorra di atti tipici ovvero di atti non tipici e che, quanto a questi ultimi, è sufficiente che essi siano contrassegnati da una semplice connessione (non più da uno specifico nesso funzionale) con la funzione pubblica esercitata.

La legge n. 140 del 2003, continua la Regione, nell’introdurre la cosiddetta “pregiudizialità parlamentare”, ha previsto l’obbligo per il giudice, qualora nel giudizio sia sollevata la relativa eccezione, di investire, previa sospensione del processo, la Camera di appartenenza del parlamentare della decisione circa l’applicabilità dell’art. 68, primo comma, Cost. Del resto, la stessa Corte costituzionale ha affermato che «le prerogative parlamentari non possono non implicare un potere dell’organo a tutela del quale sono disposte», facendone derivare che «la prerogativa in questione attribuisce alla Camera di appartenenza il potere di valutare la condotta addebitata ad un proprio membro, con l’effetto, qualora sia qualificata come esercizio delle funzioni parlamentari, di inibire in ordine ad essa una difforme pronuncia giudiziale di responsabilità» (sentenze n. 265 del 1997, n. 443 del 1993, n. 1150 del 1988).

A parere della ricorrente, sulla base di siffatto impianto normativo-giurisprudenziale, si potrebbe concludere che, analogamente alla delibera della Camera, l’atto con cui la Regione interviene a tutela del consigliere regionale abbia un’efficacia inibitoria del procedimento giurisdizionale in corso.

Tale ultima soluzione sarebbe necessitata perché: a) gli artt. 122, quarto comma, e 68, primo comma, Cost. hanno il medesimo tenore letterale; b) il principio affermato dalla Corte, secondo il quale «le prerogative parlamentari non possono non implicare un potere dell’organo a tutela del quale sono disposte» ha portata generale applicabile tanto all’assemblea legislativa nazionale che a quella regionale; c) attualmente, tutti i soggetti istituzionali che vengono a costituire la Repubblica godono di pari dignità costituzionale (art. 114 della Costituzione).

In ogni caso, sostiene la Regione, le dichiarazioni in oggetto, anche a voler superare tali argomentazioni, sono funzionalmente connesse con l’esercizio della funzione legislativa e di indirizzo e controllo politico oltre che con specifici atti in concreto adottati. La Corte costituzionale più volte ha affermato che l’esonero da responsabilità, previsto dall’art. 122, quarto comma, della Costituzione per la salvaguardia dell’autonomia costituzionalmente riservata al Consiglio regionale, ricomprende tutte quelle attività che costituiscono esplicazione di una funzione affidata a tale organo dalla stessa Costituzione o da altre fonti normative cui questa rinvia. Ha altresì precisato, in via generale, che le funzioni legislative e di indirizzo politico, nonché quelle di controllo e di organizzazione, connotano il livello costituzionale dell’autonomia garantita alle Regioni e che l’esercizio di esse, riservato al Consiglio regionale, non può essere sindacato da organi giudiziari al fine di accertare l’eventuale responsabilità dei soggetti deputati ad adempierle.

Le dichiarazioni del Presidente Galan, pertanto, secondo la Regione, non possono ritenersi estranee alle funzioni e al campo di azione del Presidente della Regione. Non solo per il ruolo istituzionale che questi riveste ma anche perché tali dichiarazioni sono correlate con atti espressi formalmente dalla Regione, subito dopo l’attentato dell’11 settembre 2001, quali: 1) la decisione di tenere le bandiere a mezz’asta in segno di lutto; 2) il telegramma e la nota di solidarietà inviati all’ambasciatore americano in Italia; 3) il documento “la Regione del Veneto per la civiltà” approvato dalla Giunta regionale in composizione allargata con i rappresentanti del Consiglio regionale e dei gruppi consiliari con delibera 12 settembre 2001, n. 2322.

A parere della ricorrente, inoltre, le dichiarazioni di Galan sono oggettivamente correlabili anche alle competenze tipiche dell’ente che rappresenta, stante la competenza concorrente della Regione in materia di “rapporti internazionali”.

1.5. – In prossimità dell’udienza la Regione ha depositato una memoria con la quale chiede che venga dichiarata la cessazione della materia del contendere in quanto il giudizio che ha originato il conflitto si è concluso con sentenza del Giudice dell’udienza preliminare di non luogo a procedere nei confronti di Giancarlo Galan, in ordine al delitto di diffamazione aggravata ascrittogli in danno del Gallo, per essersi lo stesso estinto per intervenuta remissione di querela.

Considerato in diritto

1. – La Regione Veneto ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato per violazione degli artt. 121, 122, quarto comma, e 123 della Costituzione, in relazione alla richiesta di rinvio a giudizio emessa dalla Procura della Repubblica di Venezia, in data 13 ottobre 2005, nei confronti del dott. Giancarlo Galan e al successivo decreto di fissazione dell’udienza preliminare emesso dal Tribunale di Venezia, ufficio del giudice dell’udienza preliminare, in data 20 ottobre 2005.

Ritiene la ricorrente che tali atti siano lesivi della prerogativa di insindacabilità garantita ai componenti del Consiglio regionale dall'art. 122, quarto comma, della Costituzione, nonché, in via mediata, delle attribuzioni regionali in materia di organizzazione e di funzioni degli organi della Regione, riconosciute dagli artt. 121 e 123 della Costituzione.

Ciò, in sintesi, sulla base di tre motivi:

a) perché il Presidente-consigliere della Regione non può essere sottoposto a giudizio per dichiarazioni, rilasciate alla stampa, costituenti valutazioni e orientamenti sui temi dell’attualità politica, in quanto tali attività sono diretta espressione del munus publicum di cui lo stesso è titolare,  e in quanto la partecipazione alla discussione su un tema politico all’ordine del giorno, nella quale viene esternato il punto di vista del Governatore, consigliere del gruppo politico di maggioranza, rientra nelle modalità di esercizio dell’attività politico-istituzionale relativa alla funzione di indirizzo politico, riconducibile alla garanzia sancita dall’art. 122, quarto comma, della Costituzione, anche in relazione agli artt. 121 e 123 della Costituzione;

b) perché l’art. 3 della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), al comma 1, avrebbe esteso l’ambito di applicazione dell’art. 68, primo comma, Cost. e, per analogia, dell’art. 122, quarto comma Cost., ad ogni attività di critica e di denuncia politica attinente ai compiti istituzionali, anche se non in connessione con l’attività consiliare tipica, e, al comma 8, ha previsto il cosiddetto “effetto inibitorio” come conseguenza della delibera parlamentare;

c) perché, in ogni caso, le dichiarazioni del Presidente della Regione sono, nella specie, inscindibilmente connesse con l’esercizio della funzione legislativa e di indirizzo e controllo politico oltre che con atti tipici in concreto adottati dalla Regione.

2. – Il giudizio avente ad oggetto il conflitto di attribuzione in questione è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

La stessa Regione ricorrente, infatti, chiede che la Corte dichiari cessata la materia del contendere, non avendo più alcun interesse ad ottenere una decisione sul merito del conflitto a seguito della sentenza emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Venezia, in data 21 novembre 2006, di non doversi procedere nei confronti di Giancarlo Galan, in ordine al delitto di diffamazione aggravata ascrittogli in danno del Gallo, per essersi lo stesso estinto per intervenuta remissione di querela.

Si deve, pertanto, constatare che, successivamente all'instaurarsi del giudizio, è venuto meno l'interesse delle parti ad avere una pronunzia di merito.

La sopravvenuta carenza di interesse alla pronuncia preclude l'esame del merito del ricorso in relazione alla dichiarazione sulla spettanza delle attribuzioni costituzionalmente garantite ai soggetti confliggenti (sentenza n. 204 del 2005).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara improcedibile il conflitto di attribuzione promosso dalla Regione Veneto nei confronti dello Stato, in relazione alla richiesta di rinvio a giudizio emessa dalla Procura della Repubblica di Venezia in data 13 ottobre 2005, nei confronti del dott. Giancarlo Galan, e al successivo decreto di fissazione dell’udienza preliminare emesso dal Tribunale di Venezia, ufficio del giudice dell’udienza preliminare, in data 20 ottobre 2005, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 maggio 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria l'1 giugno 2007.