ORDINANZA N. 462
ANNO 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giovanni Maria FLICK Presidente
- Francesco AMIRANTE Giudice
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 203, comma 1, e 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promosso con ordinanza del 3 novembre 2005 dal Giudice di pace di Fano nel procedimento civile vertente tra Free Shop s.a. e l’Ufficio territoriale del Governo di Pesaro e Urbino, iscritta al n. 75 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell’anno 2006.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 6 dicembre 2006 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro.
Ritenuto che il Giudice di pace di Fano, con ordinanza del 3 novembre 2005, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 203 (recte: art. 203, comma 1) e 204-bis (recte: art. 204-bis, comma 1) del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione;
che nel giudizio principale è stato impugnato il verbale redatto dalla Polizia stradale di Pesaro in data 4 dicembre 2002, di accertamento dell’infrazione sanzionata dall’art. 142, comma 8, del d.lgs. n. 285 del 1992;
che, secondo il rimettente, a fronte dell’eccezione del convenuto, di inammissibilità dell’opposizione, in quanto proposta oltre il termine di sessanta giorni stabilito dal citato art. 204-bis, comma 1, l’istante ha dedotto che siffatto termine dovrebbe essere raddoppiato qualora, come nella specie, il presunto trasgressore risieda all’estero;
che, quindi, il giudice a quo censura gli artt. 203, comma 1, e 204-bis, comma 1, del d.lgs. n. 285 del 1992, «nella parte in cui non prevedono un termine maggiore per la proposizione dell'opposizione avanti l'autorità giudiziaria (od amministrativa) avverso il verbale di accertamento inerente a violazioni del codice della strada – dalla sua notifica – per l'interessato che risieda all'estero»;
che, a suo avviso, le norme denunciate violerebbero l’art. 3 Cost., in quanto non prevedono «il raddoppio dei termini per l'opposizione per i residenti all'estero», diversamente da quanto stabilito dall’art. 205 dello stesso decreto legislativo;
che, inoltre, l’art. 201, comma 1, del d.lgs. n. 285 del 1992, nel caso in cui il trasgressore risieda all’estero, accorda alla pubblica amministrazione un più ampio termine per la notificazione del verbale di accertamento dell’infrazione, mentre le disposizioni censurate non prevedono un più lungo termine per proporre opposizione, qualora il ricorrente risieda all’estero, realizzando in tal modo una ingiustificata disparità di trattamento tra situazioni omologhe;
che, infine, entrambe le norme in questione, «per i motivi sopra espressi», violerebbero anche l’art. 97 Cost. ed «il principio di imparzialità»;
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo, nell’atto di intervento ed in una successiva memoria, che sia dichiarata manifestamente inammissibile la questione avente ad oggetto l’art. 203, comma 1, del d.lgs. n. 285 del 1992, in quanto la norma non è applicabile alla fattispecie oggetto del giudizio principale;
che, ad avviso della difesa erariale, la questione concernente l’art. 204-bis, comma 1, del medesimo decreto legislativo, sollevata in riferimento all’art. 97 Cost., è manifestamente inammissibile, mentre le censure formulate in relazione all’art. 3 Cost. sono manifestamente infondate, poichè il termine dallo stesso previsto è idoneo a garantire l’esercizio del diritto di difesa – coincidendo peraltro con il «termine raddoppiato» stabilito dall’art. 205 citato – e la fattispecie oggetto della disposizione non è comparabile con quella disciplinata dall’art. 201 del d.lgs. n. 285 del 1992.
Considerato che il Giudice di pace di Fano dubita, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, della legittimità costituzionale degli artt. 203 (recte: art. 203, comma 1) e 204-bis (recte: art. 204-bis, comma 1) del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui, nel disciplinare il termine per la proposizione dell’opposizione «avanti l'autorità giudiziaria (od amministrativa)» avverso il verbale di accertamento di violazioni del codice della strada, non stabiliscono un termine più lungo, qualora il ricorrente risieda all'estero;
che, ad avviso del rimettente, le norme denunciate violerebbero l’art. 3 Cost. sia in quanto, diversamente dall'art. 205 del d.lgs. n. 285 del 1992, non prevedono il raddoppio dei termini per l'impugnazione del verbale di accertamento della violazione di norme del codice della strada, nel caso in cui l’opponente risieda all’estero, sia in quanto l’art. 201 di detto decreto legislativo accorda alla pubblica amministrazione un più lungo termine, qualora detto verbale debba essere notificato ad un soggetto residente all’estero, realizzando in tal modo un’irragionevole disparità di trattamento tra situazioni omologhe;
che, inoltre, secondo il giudice a quo, «per i motivi sopra espressi», entrambe le norme si porrebbero in contrasto con l’art. 97 Cost. e con «il principio di imparzialità»;
che la questione di legittimità costituzionale dell’art. 203, comma 1, del d.lgs. n. 285 del 1992 è manifestamente inammissibile per difetto di rilevanza nel giudizio a quo, nel quale la parte ha proposto opposizione avverso il verbale di accertamento dell’infrazione innanzi all’autorità giudiziaria e, dunque, nel medesimo non è applicabile siffatta disposizione, che disciplina la diversa fattispecie dell’impugnazione di detto verbale mediante ricorso al prefetto;
che le censure concernenti l’art. 204-bis, comma 1, del medesimo decreto legislativo svolte in riferimento all’art. 3 Cost., sono manifestamente infondate, poiché, in virtù di un principio costantemente affermato da questa Corte, le determinazioni in ordine alla fissazione dei termini processuali rientrano nella piena discrezionalità del legislatore, con il solo limite della ragionevolezza (sentenze n. 161 del 2000; n. 134 del 1985; n. 121 del 1984), e l’eventuale irrazionalità intrinseca di un termine, in quanto ritenuto eccessivamente breve, deve essere valutata caso per caso, considerando le particolari caratteristiche di ogni singolo procedimento (sentenze n. 161 del 2000; n. 138 del 1975);
che il termine fissato dal citato art. 204-bis, comma 1, tenuto conto della struttura semplificata del procedimento in esame, non è intrinsecamente irragionevole, non sussistendo neppure la denunciata disparità di trattamento rispetto alla situazione disciplinata dall’art. 205 del d.lgs. n. 285 del 1992, che concerne la diversa, non comparabile, fattispecie dell’opposizione avverso l’ordinanza-ingiunzione e, peraltro, stabilisce in favore del ricorrente che risieda all’estero il termine di sessanta giorni per proporre opposizione, che coincide con quello previsto dalla norma censurata;
che neanche sussiste la dedotta disparità di trattamento rispetto alla fattispecie oggetto dell’art. 201 del d.lgs. n. 285 del 1992, in quanto la regolamentazione dei termini per gli adempimenti interni al procedimento amministrativo e la disciplina concernente l’impugnazione dell’atto della pubblica amministrazione innanzi al giudice riguardano situazioni non omogenee, quindi, non comparabili;
che, infine, la censura svolta in relazione all’art. 97 Cost. è manifestamente infondata, poiché, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il principio di buon andamento della pubblica amministrazione non riguarda l'esercizio della funzione giurisdizionale e può essere invocato soltanto con riferimento all'organizzazione degli uffici giudiziari (tra le più recenti, ordinanze n. 337 e n. 44 del 2006).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 203, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Giudice di pace di Fano, con l’ordinanza in epigrafe;
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 204-bis, comma 1, del citato decreto legislativo n. 285 del 1992, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal medesimo Giudice di pace di Fano, con la stessa ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 dicembre 2006.
F.to:
Giovanni Maria FLICK, Presidente
Giuseppe TESAURO, Redattore
Depositata in Cancelleria il 28 dicembre 2006.