Ordinanza n. 296 del 2006

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ORDINANZA N. 296

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                       BILE                                                   Presidente

- Giovanni Maria         FLICK                                                  Giudice 

- Francesco                  AMIRANTE                                              “

- Ugo                           DE SIERVO                                              “

- Paolo                         MADDALENA                                         “

- Alfio                         FINOCCHIARO                                       “

- Alfonso                     QUARANTA                                            “

- Franco                       GALLO                                                     “

- Luigi                         MAZZELLA                                             “

- Gaetano                    SILVESTRI                                               “

- Sabino                       CASSESE                                                  “

- Maria Rita                 SAULLE                                                   “

- Giuseppe                   TESAURO                                               “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorti in relazione all’articolo 45 della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo), nonché in relazione al provvedimento dell’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione del 6 giugno 2005, a seguito del referendum effettuato nel Comune di San Michele al Tagliamento il 29 e il 30 maggio 2005 e da effettuarsi nei Comuni di Teglio Veneto, Pramaggiore, Gruaro e Cinto Caomaggiore il 26 e il 27 marzo 2006, con contestuale richiesta di giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 45, comma secondo, terzo, quarto, primo inciso e quinto della legge del 25 maggio 1970, n. 352; degli articoli 1 e 5 della legge 27 dicembre 2001, n. 459 (Norme per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’estero); dell’articolo 67 del decreto del Presidente della Repubblica del 5 gennaio 1967, n. 200 (Disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari); dell’articolo 4 della legge 27 ottobre 1988, n. 470 (Anagrafe e censimento degli italiani all’estero); della legge 7 febbraio 1979, n. 40 (Modifiche alle norme sull’elettorato attivo concernenti la iscrizione e la reiscrizione nelle liste elettorali dei cittadini italiani residenti all’estero), e, in particolare, dell’articolo 6; della legge 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), e, in particolare, degli articoli 42, 43 e 44; della legge 23 aprile 1976, n. 136 (Riduzione dei termini e semplificazione del procedimento elettorale), e, in particolare, dell’articolo 9, comma primo e decimo; del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1957, n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati), e, in particolare, dell’articolo 53, promossi nei confronti del Parlamento e dell’Ufficio centrale per il referendum  presso la Corte di cassazione con ricorsi dei signori Bozzato Antonio Michele “delegato supplente” del Comune di Teglio Veneto e Frattolin Francesco «Coordinatore e legale rappresentante dell’Unione Comuni Italiani per cambiare Regione» e “delegato supplente” del Comune di San Michele al Tagliamento; Portello Adelino “delegato supplente” del Comune di Pramaggiore e Frattolin Francesco «Coordinatore dell’Unione Comuni Italiani per cambiare Regione» e “delegato supplente” del Comune di San Michele al Tagliamento; Comin Giovanni “delegato supplente” del Comune di Gruaro e Frattolin Francesco «Coordinatore legale rappresentante dell’Unione Comuni Italiani per cambiare Regione» e “delegato supplente” del Comune di San Michele al Tagliamento; Calabrò Salvatore “delegato effettivo” del Comune di Cinto Caomaggiore e Bortolussi Romano “delegato supplente” del Comune di Cinto Caomaggiore, depositati in cancelleria il 28 marzo 2006 ed iscritti ai numeri 9, 10, 11 e 12 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2006, fase di ammissibilità.

            Udito nella camera di consiglio del 5 luglio 2006 il Giudice relatore Ugo De Siervo.

Ritenuto che, con ricorso depositato in data 28 marzo 2006, il sig. Antonio Michele Bozzato, in qualità di “delegato supplente” del Comune di Teglio Veneto (Ve) per il referendum chiesto dallo stesso Comune con delibera consiliare n. 26 del 19 settembre 2005, ed il sig. Francesco Frattolin, in qualità di coordinatore e legale rappresentante dell’«Unione Comuni Italiani per cambiare Regione», di “delegato supplente” per la procedura d’aggregazione alla Regione Friuli-Venezia Giulia del Comune di San Michele al Tagliamento, nonché di cittadino iscritto nelle liste elettorali del Comune di San Michele al Tagliamento che ha partecipato al referendum del 29 e 30 maggio 2005 per cambiare Regione, hanno sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato contro il Parlamento e l’Ufficio centrale per il referendum;

che il conflitto è proposto in relazione all’art. 45 della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo), che non permetterebbe una corretta applicazione dell’art. 132 della Costituzione, nonché in relazione alla proclamazione dei risultati del referendum di San Michele al Tagliamento del 29 e 30 maggio 2005, in quanto l’Ufficio centrale, «nella sua funzione di garante delle leggi», avrebbe «troppo pedissequamente seguito alla lettera quanto normato per la succitata procedura del referendum in questione»;

che, in particolare, ad avviso dei ricorrenti, l’art. 45 della citata legge n. 352 del 1970 sarebbe censurabile, anzitutto, nella parte in cui, al comma secondo, richiede – per ritenere approvata la proposta sottoposta a referendum – che a votare affermativamente sia la maggioranza non delle «popolazioni», come recita l’art. 132 Cost., bensì degli «elettori iscritti nelle liste elettorali», tra i quali si trovano comprese persone come i «non diciottenni», cioè i diciassettenni che compiono 18 anni nell’anno in corso, ma che non votano se non sono ancora maggiorenni e gli iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero, che non possono votare per posta o ai consolati, e sarebbero obbligati a rientrare nel Comune interessato, così rendendo evidente la «grave ingiustizia e disparità di trattamento che non rispetta neppure gli articoli fondamentali della Costituzione (2, 3 e 48)»;

che, in secondo luogo, sempre ad avviso dei ricorrenti, l’art. 45 sarebbe censurabile anche nella parte in cui, al comma terzo, non prevede la consegna del verbale dell’Ufficio centrale per il referendum ai delegati per il referendum, nominati dai Comuni, così «escludendo i principali artefici ed interessati alla questione»;

che, ancora, l’art. 45 citato sarebbe censurabile nella parte in cui, al primo inciso del comma quarto, blocca la procedura presso l’Ufficio centrale per il referendum se quest’ultimo non è dichiarato approvato, conseguenza che sarebbe estranea al disposto dell’art. 132 Cost., e che a ciò sarebbe collegata, altresì, l’illegittimità costituzionale del comma quinto, il quale, qualora venisse opportunamente modificato il comma quarto, «potrebbe semplicemente significare» proposta «non approvata dal Parlamento»;

che, sulla base di tali premesse, i ricorrenti – in relazione al quorum del referendum tenutosi a San Michele al Tagliamento il 29 e 30 maggio 2005 e di quello da tenersi a Teglio Veneto il 26 e 27 marzo 2006 – chiedono a questa Corte «di pronunciarsi in merito alla questione di legittimità costituzionale» su una molteplicità di leggi e atti aventi valore di legge, «per violazione degli artt. 2, 3, 48 e 132 della Costituzione, in quanto risulta rilevante e non manifestamente infondato chiarire – ai fini della quantificazione del quorum richiesto per i referenda in oggetto – la procedura prevista dall’intrecciarsi di diverse norme che pur legittime ed utili nelle loro singole e specifiche finalità immediate per cui vennero approvate, hanno innescato una ingiustificata quanto penalizzante conseguenza per i referenda di cui trattasi e non tenuti in considerazione al momento dell’approvazione di tali singole normative succedutesi negli anni»;

che, in modo specifico, vengono censurati il Titolo III della legge n. 352 del 1970, in generale e, in particolare, l’art. 45, commi secondo, terzo, primo inciso, quarto e quinto; la legge 27 dicembre 2001, n. 459 (Norme per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’estero), artt. 1 e 5; il d.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200 (Disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari), in generale e, in particolare, l’art. 67; la legge 27 ottobre 1988, n. 470 (Anagrafe e censimento degli italiani all’estero), art. 4; la legge 7 febbraio 1979, n. 40 (Modifiche alle norme sull’elettorato attivo concernenti la iscrizione e la reiscrizione nelle liste elettorali dei cittadini italiani residenti all’estero), in generale e, in particolare, l’art. 6; la legge 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), in generale e, in particolare, gli artt. 42, 43, 44; la legge 23 aprile 1976, n. 136 (Riduzione dei termini e semplificazione del procedimento elettorale), in generale e, in particolare, l’art. 9, commi primo e decimo; nonché, da ultimo, il d.P.R. 30 maggio 1957, n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati), in generale e, in particolare, l’art. 53;

che i ricorrenti concludono affermando di ricorrere a questa Corte per sollevare «questione di “conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato”, contro Parlamento e Ufficio centrale per il referendum, ritenendo manifestamente fondata la questione di legittimità costituzionale delle norme citate (approvate dal Parlamento e applicate dall’Ufficio) lesive delle prerogative citate che la Costituzione riconosce ai cittadini singoli come alle loro comunità nelle questioni qui trattate»;

che, in conseguenza, nel ricorso si chiede «un pronunciamento» sulle leggi indicate, nonché l’annullamento, previa eventuale sospensiva, dell’atto del 6 giugno 2005 con cui l’Ufficio centrale per il referendum ha dichiarato «respinta la proposta di referendum» di San Michele al Tagliamento;

che, infine, i ricorrenti – per il caso in cui «non ottenessero il risultato sperato dal ricorso presentato, per loro mera imperizia nel formularlo, ma sottolineando la evidente gravità dell’ingiustizia innescata» – «fanno voti» affinché questa Corte, «nella sua massima possibilità e capacità di venire incontro alle popolazioni dello Stato che lo necessitano, decida autonomamente di sollevare dinanzi a sé stessa la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni normative che è chiamata ad applicare […] al fine di sentenziare in merito all’oggetto onde fare chiarezza su una tematica normata malamente dal Titolo III della legge 352 del 1970»;

che con tre distinti ricorsi, anch’essi depositati in data 28 marzo 2006, hanno sollevato identici conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato contro il Parlamento e l’Ufficio centrale per il referendum, i seguenti soggetti: il sig. Adelino Portello, in qualità di “delegato effettivo” del Comune di Pramaggiore (Ve) per il referendum chiesto dallo stesso Comune con delibera consiliare n. 26 del 22 giugno 2005, assieme al sig. Francesco Frattolin, in qualità di coordinatore e legale rappresentante dell’«Unione Comuni Italiani per cambiare Regione», di “delegato supplente” per la procedura d’aggregazione alla Regione Friuli-Venezia Giulia del Comune di San Michele al Tagliamento, nonché di cittadino iscritto nelle liste elettorali del Comune di San Michele al Tagliamento che ha partecipato al referendum del 29 e 30 maggio 2005 per cambiare Regione; il sig. Giovanni Comin, in qualità di “delegato supplente” del Comune di Gruaro (Ve) per il referendum chiesto dallo stesso Comune con delibera consiliare n. 19 del 15 ottobre 2005, assieme al suddetto sig. Frattolin nelle sue qualità sopra specificate; il sig. Salvatore Calabrò, in qualità di “delegato effettivo” del Comune di Cinto Caomaggiore (Ve) per il referendum chiesto dallo stesso Comune con delibera consiliare n. 45 del 31 ottobre 2005, assieme al sig. Romano Bortolussi, in qualità di “delegato supplente” del medesimo Comune.

Considerato che i quattro ricorsi presentano identico contenuto e che, pertanto, i relativi giudizi di ammissibilità possono essere riuniti per essere decisi con unica ordinanza;

che, ai sensi dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), questa Corte è chiamata, in via preliminare, a decidere, con ordinanza in camera di consiglio, senza contraddittorio, se i ricorsi siano ammissibili sotto il profilo dell’esistenza della materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza, valutando, in particolare, se sussistano i requisiti oggettivi e soggettivi di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato;

che, quanto ai presupposti soggettivi, va anzitutto rilevato che al sig. Francesco Frattolin, nelle sue affermate qualità di «coordinatore e legale rappresentante dell’Unione Comuni Italiani per cambiare Regione», di «delegato supplente per la procedura d’aggregazione alla Regione Friuli-Venezia Giulia del Comune di San Michele al Tagliamento», nonché di «cittadino iscritto nelle liste elettorali del Comune di San Michele al Tagliamento che ha partecipato al referendum del 29 e 30 maggio 2005 per cambiare Regione», non può certamente essere riconosciuta alcuna attribuzione costituzionale in relazione ai procedimenti referendari concernenti il distacco dalla Regione Veneto dei Comuni di Teglio Veneto, di Pramaggiore e di Gruaro;

che, sempre con riferimento ai presupposti soggettivi, si deve osservare che i ricorsi risultano tutti presentati in data successiva a quella di svolgimento dei referendum nei quattro Comuni interessati e che questa Corte, con l’ordinanza n. 69 del 2006, ha già espressamente chiarito che la legislazione vigente in tema di referendum di cui all’art. 132, secondo comma, della Costituzione non riconosce alcun potere al delegato comunale – tanto “effettivo” quanto “supplente” – nella fase della proclamazione dei risultati referendari da parte dell’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione;

che, in ogni caso, presupposto oggettivo per l’esistenza di un conflitto di attribuzione fra i poteri dello Stato ai sensi dell’art. 134 Cost. è che venga prospettata in termini inequivoci una lesione della sfera delle attribuzioni determinate da norme costituzionali, e che l’eventuale ricomprensione di atti legislativi fra gli atti da cui origini il conflitto è subordinata dalla giurisprudenza di questa Corte al fatto che «da essi possano derivare lesioni dirette dell’ordine costituzionale delle competenze» (v. sentenza n. 284 del 2005, ordinanza n. 69 del 2006 e ordinanza n. 343 del 2003);

che, in relazione alla decisione del 6 giugno 2005 con cui l’Ufficio centrale per il referendum ha proclamato i risultati del referendum di San Michele al Tagliamento del 29 e 30 maggio 2005, i ricorrenti non prospettano in alcun modo una situazione di conflitto nel quale risulti negata la spettanza di attribuzioni costituzionali o ne sia impedito l’esercizio, limitandosi a contestare la «troppo pedissequa» applicazione della legislazione vigente;

che, anche in relazione alle censure rivolte avverso le disposizioni legislative impugnate, i ricorrenti non prospettano una situazione di conflitto tra poteri dello Stato spettante alla giurisdizione di questa Corte, riconoscendo, anzi, espressamente di promuovere una sorta di ricorso diretto per la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle norme indicate;

che, pertanto, i ricorsi in esame non presentano, neppure apparentemente, i requisiti formali e sostanziali necessari alla loro qualificazione in termini di ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, risultando di conseguenza inammissibili.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara inammissibili i ricorsi per conflitto di attribuzione indicati in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2006.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Ugo DE SIERVO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 14 luglio 2006.