ORDINANZA N. 343
ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Riccardo CHIEPPA Presidente
- Valerio ONIDA Giudice
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di ammissibilità del conflitto tra poteri dello Stato sorto a seguito dell’articolo 42 e seguenti della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo), promosso da Bornancin Sergio nella qualità di delegato effettivo del Comune di San Michele al Tagliamento, con ricorso depositato il 29 marzo 2003 ed iscritto al n. 241 del registro ammissibilità conflitti.
Udito nella camera di consiglio del 15 ottobre 2003 il Giudice relatore Ugo De Siervo.
Ritenuto che Sergio Bornancin, in qualità di "delegato effettivo" del Comune di San Michele al Tagliamento ai fini della presentazione della richiesta di referendum ai sensi dell’art. 132, secondo comma, della Costituzione, per il distacco di tale Comune dalla Regione Veneto e la sua aggregazione alla Regione Friuli-Venezia Giulia, con ricorso depositato in data 29 marzo 2003, ha sollevato conflitto di attribuzione contro il Parlamento per aver leso la sfera di attribuzioni costituzionali del Comune che, in base al secondo comma dell’art. 132 della Costituzione, intenda proporre il proprio distacco dalla Regione di appartenenza, nonché della frazione del corpo elettorale chiamata alla relativa deliberazione referendaria;
che, per quanto è possibile dedurre dal ricorso, viene lamentato il mancato adeguamento del Titolo III della legge n. 352 del 25 maggio 1970 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo) ed in particolare degli artt. 42 e seguenti, all’art. 132 della Costituzione, così come modificato dall’art. 9, primo comma, della legge costituzionale 10 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione);
che le disposizioni citate sono censurate nella parte in cui prescrivono che la richiesta di referendum del Comune che intende cambiare Regione deve essere deliberata anche da un certo numero di altri Comuni di entrambe le Regioni, acquisente e cedente, nonché nella parte in cui prevedono che il referendum debba coinvolgere la totalità della popolazione delle due Regioni;
che, in sintesi, le suddette disposizioni sarebbero divenute lesive della sfera di attribuzioni costituzionali dei cittadini direttamente interessati al distacco di un Comune da una Regione, nonché del Comune stesso come soggetto cui spetta l’iniziativa referendaria, poiché la legge costituzionale n. 3 del 2001 avrebbe integrato il secondo comma dell’art. 132 Cost. prevedendo esplicitamente che il referendum si svolga solo nel Comune o nella Provincia interessata;
che il ricorrente fa presente di avere depositato, il 30 ottobre 2002, presso l’Ufficio centrale per il referendum della Corte di cassazione, la delibera del Consiglio comunale di S. Michele al Tagliamento, con cui veniva richiesto il referendum ai sensi dell’art. 132, secondo comma, Cost., per il distacco di tale Comune dalla Regione Veneto e la sua aggregazione alla Regione Friuli-Venezia Giulia;
che lo stesso ricorrente, nel giudizio dinanzi all’Ufficio centrale per il referendum, ha chiesto preliminarmente che venisse sollevata dinanzi la Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale del Titolo III della legge n. 352 del 1970, ed in particolare degli articoli 42 e seguenti, per contrasto con il secondo comma dell’art. 132 Cost, come modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, nella parte in cui tali norme attribuiscono l’iniziativa per il referendum a soggetti diversi dal Comune che chiede la variazione territoriale, nonché nella parte in cui prevedono la partecipazione alla consultazione referendaria anche di elettori estranei al Comune stesso;
che peraltro l’Ufficio centrale per il referendum, con ordinanza 26 novembre 2002, ha ritenuto manifestamente infondata la suddetta questione di costituzionalità, ed ha quindi invitato il delegato comunale a produrre, ai sensi dell’art. 42, secondo comma, della legge n. 352 del 1970, anche le necessarie deliberazioni dei Comuni della Regione Friuli–Venezia Giulia, nonché (con deliberazione del 13 febbraio 2003) le delibere dei Consigli comunali della Regione Veneto che rappresentino almeno un terzo della popolazione di detta Regione.
Considerato che, ai sensi dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87, questa Corte è chiamata in via preliminare a decidere, con ordinanza in camera di consiglio, senza contradditorio, se il ricorso sia ammissibile sotto il profilo dell’esistenza della materia di un conflitto, la cui risoluzione spetti alla sua competenza, con riferimento ai requisiti soggettivi ed oggettivi, di cui al primo comma del medesimo art. 37;
che, anche volendosi prescindere dai problemi relativi alla legittimazione attiva del "delegato effettivo" di un Comune che chiede l’indizione di un referendum popolare ai sensi dell’art. 132, secondo comma, quale modificato ad opera della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3, il conflitto che viene sollevato ha per oggetto alcune disposizioni della legge n. 352 del 25 maggio 1970 "ed in particolare gli art. 42 e seguenti", laddove tuttora prevedono che la richiesta di referendum debba essere presentata anche da Comuni diversi da quello direttamente interessato e che il referendum vada indetto sulla totalità della popolazione delle due Regioni interessate, malgrado l’intervenuta modifica della disposizione costituzionale;
che questa Corte ha riconosciuto che il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sia configurabile anche in relazione ad atti di rango legislativo, ove da essi possano derivare lesioni dirette all’ordine costituzionale delle competenze, ma solo nel caso in cui non esista un giudizio nel quale questi debbano trovare applicazione e quindi possa essere sollevata la questione di legittimità costituzionale in via incidentale (si vedano le sentenze n. 221 del 2002 e n. 457 del 1999);
che peraltro la presentazione di una questione incidentale di legittimità costituzionale all’Ufficio centrale per il referendum rispetto alle disposizioni legislative di attuazione del secondo comma dell’art. 132 Cost., appare non solo possibile, sulla base della natura giuridica dell’Ufficio e della funzione da questo svolta (secondo quanto lo stesso Ufficio ha più volte riconosciuto in passato), ma è stata in concreto posta in essere proprio dal "delegato effettivo" del Comune di San Michele al Tagliamento;
che, nonostante la pur significativa riforma dell’art. 132, secondo comma, della Costituzione introdotta dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, l’Ufficio centrale per il referendum ha ritenuto di affermare la manifesta infondatezza della proposta questione di legittimità costituzionale;
che, comunque, è dimostrata l’esistenza di un giudizio nel quale possa essere sollevata la questione incidentale di legittimità costituzionale sulle disposizioni legislative attuative dell’art. 132, secondo comma, della Costituzione;
che, conseguentemente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 novembre 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Ugo DE SIERVO, Redattore
Depositata in Cancelleria il 25 novembre 2003.