ORDINANZA N. 282
ANNO 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Annibale MARINI Presidente
- Franco BILE Giudice
- Giovanni Maria FLICK ”
- Francesco AMIRANTE ”
- Ugo DE SIERVO ”
- Romano VACCARELLA ”
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Maria Rita SAULLE ”
- Giuseppe TESAURO ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 14 della legge della Regione Veneto 25 febbraio 2005, n. 8 (Disposizioni di riordino e semplificazione normativa – collegato alla legge finanziaria 2004 in materia edilizia residenziale pubblica, viabilità, mobilità, urbanistica ed edilizia), promosso con ordinanza del 28 settembre 2005 dal Tribunale amministrativo regionale del Veneto, sul ricorso proposto dalla Telecom Italia Mobile s.p.a. (TIM) contro il Comune di Sanguinetto e la Regione Veneto, iscritta al n. 551 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell’anno 2005.
Visti l’atto di costituzione della Telecom Italia Mobile s.p.a. (TIM), nonché l’atto di intervento della Regione Veneto;
udito nell’udienza pubblica del 6 giugno 2006 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;
uditi gli avvocati Giuseppe De Vergottini per la Telecom Italia Mobile s.p.a. (TIM) e Mario Bertolissi per la Regione Veneto;
Ritenuto che con ordinanza del 28 settembre 2005 il Tribunale amministrativo regionale del Veneto ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 14 della legge della Regione Veneto 25 febbraio 2005, n. 8 (Disposizioni di riordino e semplificazione normativa – collegato alla legge finanziaria 2004 in materia di edilizia residenziale pubblica, viabilità, mobilità, urbanistica ed edilizia), per violazione degli artt. 11 e 117 della Costituzione;
che tale questione è stata sollevata nel corso di un giudizio promosso da Telecom Italia Mobile s.p.a. (TIM) nei confronti del Comune di Sanguinetto e della Regione Veneto per l’annullamento, tra l’altro, del diniego opposto dal predetto Comune all’installazione da parte della ricorrente della stazione radio base, presso la centrale per le telecomunicazioni di proprietà della stessa ricorrente, a causa della mancanza del permesso di costruire richiesto dalla norma impugnata;
che tale norma prevede, infatti, che per l’autorizzazione all’installazione, modifica ed adeguamento degli impianti di telefonia mobile, il richiedente debba ottenere sia l’autorizzazione, prevista dall’art. 87 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche), «ai fini della verifica di compatibilità igienico-sanitaria», sia il permesso di costruire, ai sensi degli artt. 3 e 10 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), «ai fini della conformità urbanistica ed edilizia»;
che il legislatore regionale avrebbe così previsto la necessità, per il gestore del servizio di telefonia mobile, di ottenere un doppio titolo autorizzatorio per potere realizzare o modificare gli impianti necessari alla fornitura del servizio di comunicazione elettronica;
che, ad avviso del giudice a quo, detta previsione violerebbe gli artt. 11 e 117 della Costituzione, in quanto, determinando un allungamento dei tempi necessari per la realizzazione degli impianti di telefonia mobile e un aggravio del procedimento di rilascio del titolo abilitativo, si porrebbe in contrasto con i principi di concentrazione, tempestività e semplificazione contenuti nella normativa comunitaria (direttive comunitarie del Parlamento europeo e del Consiglio 2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE, 2002/22/CE, tutte del 7 marzo 2002) e nelle norme di recepimento (art. 41 della legge 1° agosto 2002, n. 166, recante “Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti”, e d.lgs. n. 259 del 2003);
che, secondo il Tribunale rimettente, inoltre, l’art. 14 della legge reg. n. 8 del 2005, imponendo «il rilascio del permesso di costruire, come provvedimento distinto e separato all’esito di un autonomo procedimento, depotenzia (…) l’esito della conferenza di servizi» così come disciplinata dall’art. 87, comma 6, del d.lgs. n. 259 del 2003;
che allo stesso modo la norma impugnata si porrebbe in contrasto con l’art. 87, comma 9, del predetto decreto che prevede il silenzio assenso in relazione all’istanza di autorizzazione, nonché la denuncia di inizio attività, istituti ritenuti espressione di un principio fondamentale dalla sentenza n. 336 del 2005 di questa Corte;
che si è costituita in giudizio la Regione Veneto, la quale, innanzitutto, sostiene che con la norma impugnata essa avrebbe esercitato la propria potestà legislativa in materia di “governo del territorio”;
che, in secondo luogo, la medesima assume che lo stesso d.lgs. n. 259 del 2003 prevede l’assimilazione delle infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione alle opere di urbanizzazione primaria, di cui al d.P.R. n. 380 del 2001 e «quindi l’applicazione delle norme edilizie vigenti»;
che si è costituita nel presente giudizio anche TIM s.p.a. la quale, dopo avere premesso di avere un sicuro interesse qualificato in quanto parte del giudizio a quo, chiede che venga dichiarata fondata la questione sollevata;
che nell’imminenza dell’udienza pubblica TIM s.p.a ha depositato una articolata memoria con la quale ha ripreso, ampliandole, le argomentazioni contenute nell’ordinanza di rimessione e ha concluso per l’accoglimento della questione.
Considerato che, successivamente all’ordinanza di rimessione, questa Corte, con la sentenza n. 265 del 2006 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 14 della legge della Regione Veneto 25 febbraio 2005, n. 8 (Disposizioni di riordino e semplificazione normativa – collegato alla legge finanziaria 2004 in materia di edilizia residenziale pubblica, viabilità, mobilità, urbanistica ed edilizia);
che la Corte, con la citata sentenza, ha, in particolare, rilevato come le esigenze di celerità e la riduzione dei termini per la autorizzazione all’installazione delle infrastrutture di comunicazione elettronica, posti alla base dell’art. 87 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche), costituiscono, per finalità di tutela delle esigenze unitarie, “principi fondamentali” operanti nelle materie di competenza ripartita (“ordinamento della comunicazione”, “governo del territorio”, “tutela della salute”: sentenza n. 336 del 2005), che, unitamente ad altri ambiti materiali di esclusiva spettanza statale, rappresentano i titoli di legittimazione ad intervenire nel settore in esame;
che la sussistenza di un unico procedimento, quale prefigurato dall’art. 87 del Codice, cui non si affianca quello in materia edilizia, risponde, pertanto, pienamente ai suddetti principi (sentenze numeri 265 e 129 del 2006; ordinanza n. 203 del 2006);
che «specularmente è contrario agli stessi la previsione contemplata dalla norma impugnata che ritiene necessaria l’attivazione, accanto al procedimento disciplinato dall’art. 87 del Codice, di un ulteriore e autonomo procedimento volto ad ottenere il rilascio di un titolo abilitativo per fini edilizi secondo quanto prescritto dal d.P.R. n. 380 del 2001» (sentenze numeri 265 e 129 del 2006);
che, alla luce delle considerazioni che precedono, gli atti vanno restituiti al giudice rimettente affinché valuti se la sollevata questione di legittimità costituzionale sia tuttora rilevante.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale del Veneto.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 luglio 2006.
F.to:
Annibale MARINI, Presidente
Alfonso QUARANTA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 7 luglio 2006.